MACEDONIA

Enciclopedia Italiana - VI Appendice (2000)

Macedonia

Lucia Betti
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(XXI, p. 750; App. II, ii, p. 237; III, ii, p. 2; V, iii, p. 271; v. anche iugoslavia, XX, p. 15; App. I, p. 767; II, ii, p. 125; III, i, p. 936; IV, ii, p. 275)

Geografia umana ed economica

Stato indipendente dal 1991, ricalca nei suoi confini l'omonima repubblica della vecchia Iugoslavia. La Grecia, che sente propria l'eredità storica dell'antica Macedonia - estesa in gran parte nel suo territorio nazionale - e che teme possibili rivendicazioni, ha ritardato di due anni il riconoscimento ufficiale del nuovo Stato, condizionandolo anche a una ridefinizione formale del nome ('Repubblica ex-iugoslava di Macedonia').

Popolazione

Gli abitanti (1.936.877 al censimento del 1994, saliti nel 1998, secondo una stima dell'ONU, a 1.999.000) sono per due terzi Macedoni etnici, che parlano una lingua slava meridionale (con alfabeto cirillico) e professano la religione ortodossa. Il resto è rappresentato da cospicui gruppi di Albanesi (il 23% della popolazione nel 1994) - che si concentrano soprattutto nelle aree rurali di nord-ovest confinanti con l'Albania e il Kosovo, dove formano la maggioranza assoluta - oltre che da piccole minoranze turche, romene, bosniache e serbe. I Macedoni di etnia albanese, turca e bosniaca seguono nella quasi totalità la religione musulmana, che dunque è professata da circa il 30% della popolazione del paese. La capitale, Skopje, ospita quasi un quarto della popolazione totale, mentre nessuna delle città minori (Bitola, Prilep, Kumanovo) raggiunge i 100.000 abitanti.

Condizioni economiche

L'economia macedone, già tra le più povere della ex Iugoslavia, risente oggi pesantemente, oltre che della frantumazione del vecchio sistema iugoslavo, delle contraddizioni e dei ritardi connessi con l'accelerata ma difficile transizione all'economia di mercato, nonché dell'isolamento derivante dalla posizione interna del paese e dalle difficili relazioni con gli Stati vicini.

Alle lunghe crisi della nuova Iugoslavia a N (con chiusura della frontiera fino al 1995 e riconoscimento reciproco, dopo non pochi contrasti, solo nel 1996) e dell'Albania a O, si aggiunge a S l'ostilità della Grecia, che fino al 1995 ha sottoposto la M. a un blocco economico totale. Nella prima metà degli anni Novanta il paese ha visto contrarsi drasticamente il PIL in condizioni di carenza di capitali, deficit del settore pubblico, aumento della disoccupazione legato alle politiche di privatizzazione, diminuizione degli scambi con l'estero.

L'economia rurale fornisce il 13% del PIL e occupa l'8% della popolazione attiva. A un variegato insieme di colture (cereali, piante sarchiate, tabacco, cotone, alberi da frutta) - che in futuro, migliorando le relazioni con i paesi vicini, potrebbe alimentare anche correnti di esportazione - si affianca un notevole allevamento ovino, il quale utilizza al meglio gli ampi pascoli di bassa e media montagna. Qualche minerale metallico e buone riserve di lignite rappresentano le risorse minerarie e alimentano, con quelle agricole, un'industria abbastanza diversificata, concentrata soprattutto a Skopje.  *

bibliografia

L.M. Danforth, The Macedonian conflict, Princeton 1995.

H. Poulton, Who are the Macedonians?, Bloomington 1995.

C.A. Vasiliadis, A. Kobotis, Spatial analysis. An application of nearest-neighbour analysis to tourism location in Macedonia, in Tourism management, 1999, 1, pp. 141-48.

Storia

di Lucia Betti

Ammesso ufficialmente all'ONU nell'aprile 1993 con il nome di Repubblica iugoslava di Macedonia, il nuovo Stato continuò a dover fronteggiare sia le tensioni interne inerenti le diverse minoranze etniche, soprattutto quella albanese, sia i difficili rapporti con i paesi limitrofi, in particolare Grecia e Bulgaria. Pur avendo riconosciuto lo Stato macedone, Sofia ribadiva l'inesistenza della nazione e della lingua macedone. Le questioni insolute con Atene si incentravano su alcuni articoli della Costituzione macedone interpretati dal governo greco come minaccia all'integrità del proprio Stato. Il fulcro del problema era il fatto che Atene non accettava che comparisse il termine Macedonia nel nome della nuova repubblica e che nella bandiera nazionale ci fosse il Sole di Verghina, simbolo degli antichi re macedoni. Nel 1993 il ritorno di A. Papandreu alla guida del governo greco segnò un peggioramento delle relazioni bilaterali. Atene, infatti, il 16 febbraio 1994, chiuse il suo consolato a Skopje e decretò unilateralmente pesanti sanzioni commerciali, fra cui l'interdizione all'utilizzo del porto di Salonicco, isolando la Macedonia.

La politica interna in questi anni era dominata dal bilanciamento del potere fra la coalizione moderata al governo, da una parte, e fra i partiti nazionalisti slavo-macedoni e albanesi, dall'altra. Al congresso del Partito albanese (PDP), tenutosi nel febbraio 1994, si verificò però una spaccatura fra la parte più moderata, compresi i membri del governo, favorevole alla cooperazione e alle riforme necessarie affinché gli Albanesi divenissero parte costituente dello Stato, e quella più intransigente, a favore dell'autonomia della provincia occidentale popolata da Albanesi, che si riunì nel nuovo Partito per la prosperità democratica degli Albanesi di Macedonia (PDPAM), appoggiato dal governo di Tirana. Ancora più radicali erano le posizioni del Partito democratico albanese-macedone (NPD). La crescente frizione fra Macedoni e Albanesi determinò un nuovo censimento, tenuto nel giugno 1994, che confermò i dati del 1991 con una presenza macedone del 66,6% e una albanese del 22,7%. Il 16 ottobre 1994 si svolsero le elezioni presidenziali e legislative. Denunciate per brogli e boicottate dai due principali partiti di opposizione slavo-macedoni - il VMRO-DPMNE (Organizzazione rivoluzionaria interna macedone-Partito democratico per l'unità nazionale macedone) e il Partito democratico della Macedonia (DPM) - si risolsero con la vittoria della coalizione di governo, Alleanza per la Macedonia, composta da socialdemocratici, socialisti, liberali e dal Partito moderato della minoranza albanese (PDP). K. Gligorov, già presidente del neo-Stato dal 1991, fu riconfermato nella carica presidenziale.

Nel primo anno del nuovo governo i rapporti internazionali della M. registrarono un importante passo avanti nel cammino verso la distensione: il 13 settembre, con la mediazione statunitense, M. e Grecia firmarono a New York un accordo che prevedeva garanzia delle frontiere, revoca dell'embargo (reso effettivo il 15 ottobre), modifica della bandiera macedone (apportata il 5 ottobre), ma rinviava la soluzione del contenzioso sul nome. Sul piano interno si verificarono gravi avvenimenti: il 17 febbraio 1995 venne inaugurata a Tetovo l'università di lingua albanese, ma il governo la dichiarò illegale e ne ordinò la chiusura immediata, scatenando gravi disordini; il 3 ottobre, Gligorov rimase vittima di un attentato nel centro di Skopje. Durante la sua lunga convalescenza la presidenza ad interim fu retta da S. Andov. Il 1996 sembrò l'anno decisivo per la distensione sul piano delle relazioni regionali. In aprile M. e Repubblica Federale di Iugoslavia firmarono un accordo di mutuo riconoscimento e stabilirono l'avvio di relazioni diplomatiche. Mentre s'intensificava l'impegno diplomatico per concludere un accordo di cooperazione con l'Unione Europea, sembrò più vicina la possibilità di giungere a una normalizzazione dei rapporti con la Grecia. Infatti, morto Papandreu (giugno 1996), il nuovo primo ministro greco, C. Simitis, affermò di voler rompere con il passato e perseguire una politica di distensione dei rapporti con Skopje.

In politica interna, Gligorov, tornato alle funzioni presidenziali, aveva scongiurato il rischio di nuove elezioni, profilatosi con la fuoriuscita dei liberali dal governo. Nei primi mesi del 1997 l'acuta crisi dello stato albanese ebbe ripercussioni in M., generando tensione nella parte occidentale del paese confinante con il Kosovo e l'Albania. Sempre nel 1997, però, si giunse al consolidamento dell'accordo fra l'opposizione liberal-democratica e i nazionalisti del VMRO-DPMNE: il legame era rappresentato da una personalità di rilievo, l'ex comunista V. Tupurkovski, appartenente ad Alternativa democratica (DA), formazione che aveva fra le sue fila esponenti Serbi, Rom e Albanesi.

Nel 1998, a livello internazionale, rimanevano ancora insolute quasi tutte le questioni fra la M. e i paesi confinanti. Le relazioni con Atene avevano subito miglioramenti, ma non era ancora stato raggiunto nessun accordo sul nome della repubblica. Con Sofia pendeva inalterata la disputa linguistica. Per quanto riguardava i rapporti con la Repubblica federale di Iugoslavia, restava aperto il problema della delimitazione della linea di confine.

Sul versante della politica interna, fra ottobre e novembre 1998, il paese affrontò le elezioni parlamentari. La vittoria, anche dopo la ripetizione del secondo turno a causa di irregolarità, fu ottenuta dalla coalizione formata dal VMRO-DPMNE guidato da Georgievski, con Alternativa democratica di Tupurkovski, che sconfisse l'Unione socialdemocratica macedone (SDSM) di B. Crvenkovski, prima al governo. Il nuovo governo pose all'ordine del giorno la soluzione dei problemi economici del paese, ma si trovò a dover subire le conseguenze del conflitto scoppiato nel Kosovo fra Kosovari di etnia albanese e Serbi, il cui perpetuarsi portò all'attacco aereo della NATO contro la Iugoslavia (marzo-giugno 1999). Tale conflitto danneggiò fortemente la M. che, seppur con atteggiamenti politici contraddittori, dovette gestire l'arrivo sul suo territorio di oltre 250 mila profughi con ripercussioni importanti anche sull'equilibrio etnico del paese. Nel 1999, fra ottobre e novembre, si tennero le elezioni presidenziali, vinte al secondo turno, con denunce di irregolarità anche da parte dell'OSCE, dal candidato della VMRO-DPMNE B. Trajkovski appoggiato dalla minoranza albanese e più vicino all'Occidente e alla NATO. La vittoria di Trajkovski fu sorprendente perché rovesciò i risultati del primo turno che avevano fatto registrare il successo del candidato del partito di opposizione SDSM, T. Petkovski, molto critico sul ruolo della NATO nei Balcani.

bibliografia

L.M. Danforth, The Macedonian conflict. Ethnic nationalism in a transitional world, Princeton 1995.

M. Glenny, The Macedonian question: still no answer, in Social Research, Summer 1995, pp. 146-49.

S. Bianchini, Sarajevo - le radici dell'odio. Identità e destino dei popoli balcanici, Roma 1996.

S. Bianchini, M. Dassù, Guida ai paesi dell'Europa centrale, orientale e balcanica. Annuario politico-economico 1998, Milano 1998.

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