MAGNESIA AL MEANDRO

Enciclopedia dell' Arte Antica (1995)

MAGNESIA AL MEANDRO (v. vol. IV, p. 776)

O. Bingöl

Secondo un'iscrizione relativa al mito di fondazione, la città sarebbe stata fondata da una popolazione proveniente dalla Tessaglia eolica, attraverso Creta, e per questa ragione sarebbe stata chiamata col nome di una città eolica. I suoi abitanti si vantavano di essere i discendenti dei Greci che per primi migrarono verso l'Anatolia, giunti nella località sotto la guida di Leucippo, seguendo una indicazione dell'oracolo di Delfi. Essi avrebbero conquistato la città di Mandrolytia, successivamente chiamata Magnesia, grazie all'aiuto di (Antemis) Leukophryenè («dalle bianche ciglia») (v. Kern, Die Inschriften von Magnesia a.M., Berlino 1900, n. 17).

Rimane ignota, tuttavia, l'esatta ubicazione dell'insediamento originario della città, distrutto dalle inondazioni del fiume Meandro.

La città nuova fu trasferita (c.a 400 a.C.) nei pressi del Monte Thorax (Gümüs Dağ) lungo l'importante via di comunicazione della Ionia centrale, che collegava Efeso, Priene e Tralles. Come Priene, si trattava di una delle pochissime colonie situate lontano dalla costa. Essa non entrò mai a far parte della Lega Ionica, né di quella Delio-Attica. M. era famosa per la sua abbondanza di grano e, come ancora oggi, per la sua produzione di fichi. Uno dei suoi più famosi artisti fu Anaxenore, cantante e suonatore di lira (kitharoidòs).

La cinta muraria di M. misura c.a 1.300 m di lunghezza da E a O e c.a 1.100 m di larghezza da Ν a S; la pianta della città è basata sul sistema ippodameo, con strade orientate in senso E-O e N-S che si incrociano ortogonalmente.

M. è legata al nome dell'architetto Hermogenes (v.), che Vitruvio ricorda come il progettista e l'esecutore del tempio ottastilo pseudoperiptero di Artemide, eretto sopra le rovine del precedente tempio arcaico, anch'esso ionico, che aveva basi di tipo efesio e colonne con 32 scanalature.

Davanti al tempio sorgeva un altare monumentale e la recente scoperta di due statue che dovevano costituire parte della sua decorazione ne hanno rimesso in discussione forma e datazione.

L'agorà occupava un'area di c.a 26.000 m2, con 420 colonne, 68 botteghe, un pròpylon, il Santuario di Atena e una casa-ninfeo.

Il Tempio di Zeus Sosìpolis nell'agorà, di ordine ionico, prostilo, costituisce il primo esempio in Anatolia di un tempio con opistodomo; il fregio sull'architrave è privo di decorazione. Come ricorda Vitruvio, il ritmo delle colonne, dotate di basi efesie, è eustilo. Il Tempio di Zeus è uno dei primi esempi a presentare i dentelli sul gèison frontonale. Sia l'agorà che il Tempio di Zeus vennero distrutti da un'alluvione del fiume Leteo (Gümüs Çay).

Presso la strada principale rimangono i resti del secondo grande edifìcio di M., la c.d. Caserma che, secondo Staccioli (1957), apparteneva a un edificio termale romano.

Il tipo di capitello ionico ellenistico di Hermogenes risente dell'influenza di Satyros e di Pytheos e può costituire una base per la ricostruzione dell'elice vitruviana. I problemi di cronologia degli edifici di Hermogenes non sono stati ancora completamente risolti, ma in genere si tende ormai ad accettare che egli sia vissuto alla fine del III e nella prima metà del II sec. a.C. (cfr. W. Hoepfner, ed., Hermogenes und die hochhellenistische Architektur, Magonza 1990).

Gli scavi più recenti (1984) sono stati incentrati soprattutto sul ginnasio e sui resti del teatro scoperto recentemente.

L'accesso all’apodytèrion del ginnasio era costituito da quattro porte monumentali. Una parte dell’apodytèrion ha una pianta simile a quella della Sala delle Muse delle Terme di Faustina a Mileto.

Il teatro, che non venne mai completato, si compone probabilmente di cinque kerkìdes di 14 gradini.

Bibl.: R. A. Staccioli, Sulla cosiddetta «Caserma» di Magnesia al Meandro, in ArchCl, IX, 2, 1957, pp. 250-256; H. Drerup, Zum Artemistempel von O. Magnesia, in MarbWPr, 1964, ¡ pp. 13-21; W. Hoepfner, Zum ionischen Kapitell bei Hermogenes und Vitruv, in AM, LXXXIII, 1968, pp. 213-234; D. Pinkwart, Die Gewandstatuen aus Magnesia, in AntPl, XII, 1973, pp. 149-160; A. Linfert, Kunstzentren hellenistischer Zeit, Wiesbaden 1976, pp. 164-177; A. Yaylali, Der Fries des Artemisions von Magnesia am Mäander (IstMitt, Suppl. 15), Tubinga 1976; G. Gruben, Die Tempel der Griechen, Monaco 1980, pp. 385-394; A. Davesne, La frise du temple d'Artémis à Magnésie du Méandre, Parigi 1982 ; R. Özgan, Zur Datierung des Artemisalters in Magnesia am Mäander, in IstMitt, XXXII, 1982, pp. 196-209; O. Bingöl, Zu den neueren Forschungen in Magnesia, in W. Hoepfner (ed.), Hermogenes und die hochhellenistische Architektur. Internationales Kolloquium in Berlin im Rahmen des 13. Internationalen Kongresses für klassische Archäologie, Berlin 1988, Magonza 1990, pp. 63-68; id., Arbeitsphasen des neuen Theatron in Magnesia a. M., in A. Hoffmann (ed.), Bautechnik der Antike. Internationales Kolloquium in Berlin 1990, Magonza 1991, pp. 17-21; id., Das Skyllakapitell von Magnesia am Mäander, in Kotinos. Festschrift für E. Simon, Magonza 1992, pp. 418-423.