Magnetoencefalografia

Dizionario di Medicina (2010)

magnetoencefalografia


Tecnica di diagnostica strumentale neurofisiologica che studia l’attività magnetica cerebrale, e che si basa sulla rilevazione dei debolissimi campi magnetici generati sul cranio dalle correnti elettriche connesse con l’attività della corteccia cerebrale. L’attività della corteccia cerebrale è associata a reazioni chimiche e quindi a spostamenti di ioni che generano correnti elettriche. Tali correnti inducono un campo magnetico perpendicolare alla loro direzione. È un campo debolissimo, un miliardesimo di quello statico terrestre, che è però oggi possibile misurare grazie all’evoluzione degli SQUID (Superconducting QUantum Interference Device, dispositivo superconduttore a interferenza quantistica). Elaborata a partire dalla fine degli anni Sessanta del 20° sec., è stata via via sempre più perfezionata a partire da strumenti monocanali e successivamente a 4, a 7 e infine a 9 canali, che tuttavia non consentivano ancora misure simultanee di tutta l’attività d’interesse, obbligando a una continua correlazione con il corrispondente elettroencefalogramma (➔ elettroencefalografia). Ne conseguiva una compromissione della definizione temporale, risolta solo grazie alla realizzazione di strumentazioni policanali in grado di misurare simultaneamente gran parte dell’attività proveniente dal cervello. Lo strumento di misura, nella sua configurazione elementare, o ‘canale’, è costituito da una bobina di rilevamento collegata allo SQUID e al circuito di amplificazione. La m. ha fornito importanti contributi allo studio dei ritmi cerebrali, primo fra tutti il ritmo alfa (onde sincrone con frequenza compresa tra 8 e 13 Hz), e delle risposte evocate da stimoli, in virtù della sua migliore definizione rispetto alle misure elettriche. In campo clinico l’apporto principale ha riguardato lo studio delle epilessie generalizzate e particolarmente delle epilessie focali.