Cervello, malattie genetiche del

Dizionario di Medicina (2010)

cervello, malattie genetiche del

Marina Frontali

Le malattie genetiche del cervello possono essere già presenti alla nascita (malattie congenite) o insorgere nell’età infantile oppure nell’età adulta. Le cause possono essere mutazioni puntiformi di singoli geni, trasmissibili secondo le leggi dell’eredità mendeliana (autosomica dominante, autosomica recessiva, legata al sesso), oppure anomalie del numero o della struttura dei cromosomi, oppure ancora mutazioni del DNA mitocondriale trasmissibili attraverso una particolare forma di eredità per via esclusivamente materna. Si tratta in tutti i casi di malattie rare, spesso non facilmente distinguibili da forme simili, assai più comuni, ma non dovute a mutazioni genetiche, come nel caso delle forme sporadiche della malattia di Parkinson o della malattia di Alzheimer. Per queste forme comuni le cause possono essere ambientali o multifattoriali, cioè costituite da un insieme di fattori ambientali e di fattori genetici predisponenti. Questi ultimi sono attualmente oggetto di attive ricerche, e alcuni di essi sono già stati individuati.

[➔ corea; demenza; geni omeotici e cervello; microencefalia; morfogenesi del sistema nervoso; movimento, disturbi del; neurofibromatosi; Parkinson, malattia di; ritardo mentale; sclerosi laterale amiotrofica]

Disturbi delle funzioni cognitive Ritardi mentali. Le malattie genetiche che colpiscono prevalentemente le facoltà cognitive fin dalla nascita possono essere dovute a diversi tipi di cause. Mutazioni di geni coinvolti nella embriogenesi del cervello possono determinare quadri malformativi cerebrali con conseguente ritardo mentale. È questo il caso, per es., del gene DCX che codifica una proteina, detta doublecortin, coinvolta nella formazione dei neuriti, nella stabilizzazione dei microtubuli e nella migrazione di neuroni corticali. Mutazioni di questo gene, localizzato sul cromosoma X, determinano un quadro malformativo della corteccia cerebrale nei maschi, noto come lissencefalia (cioè assenza o forte riduzione delle circonvoluzioni cerebrali), che si accompagna ad agenesia del corpo calloso. Nelle femmine l’eterozigosi per una mutazione di DCX causa un quadro malformativo più lieve che va sotto il nome di ‘doppia corteccia’, per la presenza alle neuroimmagini di un doppio strato di sostanza grigia corticale. Il ritardo mentale può anche essere dovuto a ipoplasie cerebrali, senza vere e proprie malformazioni. È il caso delle microcefalie (➔ microencefalia) vere o primitive dovute generalmente a geni coinvolti nella mitosi dei neuroblasti in fasi precoci dello sviluppo. Un ritardo mentale è quasi sempre presente nelle sindromi plurimalformative dovute ad anomalie della struttura o del numero dei cromosomi, come è il caso della sindrome di Down. In questi pazienti è generalmente presente una microcefalia oltre a dismorfismi e malformazioni di altri organi o apparati. Gli errori congeniti del metabolismo, dovuti a mutazioni di geni che codificano enzimi coinvolti in diversi processi cerebrali, sono frequentemente alla base di ritardi mentali puri, o associati ad altri deficit funzionali neurologici e non. È il caso, per es., della fenilchetonuria (➔), una malattia autosomica recessiva dovuta a mutazioni di un enzima, la fenilalanina idrossilasi, che impedisce la conversione di fenilalanina in tirosina. Ne deriva un accumulo di fenilalanina e la formazione di acido piruvico che alterano la permeabilità della barriera ematoencefalica, permettendo il passaggio di grandi amminoacidi con azione tossica sui neuroni. Nei processi neurodegenerativi che iniziano nell’infanzia si assiste a una regressione dello sviluppo cognitivo non ancora completato. È il caso, per es., della leucodistrofia (➔) metacromatica, malattia autosomica recessiva dovuta a mutazioni dell’arilsolfatasi A, un enzima coinvolto nei processi di mielinizzazione, danneggiati dalla sua riduzione o assenza. Una delle cause più frequenti di ritardo mentale genetico è la sindrome dell’X-fragile, dovuta a una mutazione che silenzia il gene FMR1. Questo gene codifica una proteina coinvolta nel trasporto e traduzione degli RNA di altre proteine attive a livello sinaptico. La mutazione responsabile è dovuta all’aumento del numero di triplette CGG ripetute in serie in una regione a monte del gene, che impedisce la trascrizione e dunque la formazione della proteina. Il numero normale di triplette CGG varia da poche unità fino a 50, mentre un’espansione da 200 fino a qualche migliaio è la causa della sindrome. Essa viene trasmessa da madri portatrici di una premutazione, cioè di un numero di triplette CGG che può variare tra le 55 e le 200. Un’altra causa di ritardi mentali è da attribuire alle mutazioni di geni che regolano l’attivazione o l’inibizione di altri geni coinvolti in diverse funzioni cerebrali, attraverso processi detti epigenetici (la metilazione del DNA e le modificazioni istoniche e cromatiniche), come, per es., nella sindrome di Rett, caratterizzata da un arresto e una regressione dello sviluppo cognitivo tra i 6 e i 18 mesi, spesso associati ad autismo.

Demenze. Le demenze (➔) di origine genetica sono relativemente rare. Nella malattia di Alzheimer (MA) solo l’1% circa dei pazienti ha una forma ereditaria, e si tratta generalmente di forme che insorgono prima dei 65 anni con una trasmissione autosomica dominante. Il 78% dei casi genetici è dovuto a mutazioni del gene della presenilina 1, il 17% a quelle del gene della proteina precursore dell’amiloide e il 5% a quelle della presenilina 2. Le mutazioni in questi geni portano a uno squilibrio tra produzione, maturazione e smaltimento della sostanza β-amiloide, che si accumula nei tessuti cerebrali. Nelle forme di MA a insorgenza tardiva, prevalentemente sporadiche, sono stati individuati fattori genetici predisponenti, come per es. l’allele ε4 dell’apolipoproteina E: i portatori di una singola copia di questo allele hanno 3 volte il rischio di MA della popolazione generale e 15 volte se sono portatori di una doppia copia dell’allele. Un altro tipo di demenza che può essere di origine genetica è la demenza frontotemporale. In questo caso ca. il 20÷30% dei pazienti ha una forma genetica dovuta a mutazioni della progranulina (un fattore di crescita con funzioni anche neuroprotettive) o della proteina T associata ai microtubuli (coinvolta nel traffico di vescicole lungo i microtubuli e nella sopravvivenza neuronale).

Disturbi del movimento

I disturbi del movimento (➔) vanno distinti in quelli che colpiscono i motoneuroni del sistema piramidale e quelli che colpiscono invece il sistema extrapiramidale (ossia i nuclei della base) o il cervelletto.

Malattie del sistema piramidale. In questo gruppo le malattie genetiche più frequenti sono la (➔) sclerosi laterale amiotrofica (SLA) e le paraplegie spastiche ereditarie (PSE). La SLA, caratterizzata da una progressiva perdita di controllo dei muscoli scheletrici, è una malattia generalmente sporadica e solo un 5÷10% dei casi presenta una familiarità. Le forme genetiche possono avere una trasmissione autosomica dominante o recessiva. Il 15÷20% delle forme autosomiche dominanti è dovuto a mutazioni del gene SOD1, che conferiscono un’azione tossica all’enzima superossidodismutasi 1, coinvolto nella conversione di radicali superossidi in ossigeno e idrogeno. Più raramente mutazioni dello stesso gene sono responsabili anche di forme sporadiche di SLA. A oggi (2010) sono noti altri 6 geni che causano forme di SLA autosomiche dominanti. Esistono anche geni responsabili di rare forme giovanili a eredità autosomica recessiva. Le PSE sono un gruppo di malattie clinicamente e geneticamente assai eterogeneo, caratterizzato da insorgenza di spasticità soprattutto agli arti inferiori, associata o meno ad altri deficit neurologici. A oggi (2010) varie diecine di geni sono risultate implicate in questo tipo di patologia, tutti potenzialmente coinvolti nella funzionalità dei lunghi assoni dei motoneuroni corticali. Di questi geni, 8 risultano in un modo o nell’altro coinvolti nel trasporto assonale e nel traffico di vescicole, che viene alterato dalle loro mutazioni. In altri 3 geni le mutazioni causano invece una disfunzione dei mitocondri, dalla cui efficienza dipende il trasporto lungo gli assoni. Infine altri 3 geni sono espressi nelle cellule di Schwann e sono coinvolti nella mielinizzazione delle fibre nervose. Per i restanti geni il meccanismo patogenetico non è ancora stato del tutto chiarito, non essendo sufficientemente nota la funzione della proteina codificata.

Malattie del sistema extrapiramidale. Il sistema extrapiramidale ha funzioni di controllo dei movimenti e del tono muscolare. La sua alterazione più frequente e conosciuta è la malattia di Parkinson (➔ Parkinson, malattia di), o MP, caratterizzata da tremore, rigidità e lentezza nei movimenti. Forme familiari della MP sono presenti nel 10÷25% dei pazienti. Sono stati attualmente identificati 6 geni responsabili di forme genetiche della MP, ma ne esistono probabilmente altri. Il gene più frequentemente coinvolto è quello della dardarina (LRRK2), reponsabile di una forma autosomica dominante (PARK8), nel 6% circa dei casi familiari. Tale frequenza è notevolmente superiore in particolari gruppi etnici (29% tra gli ebrei askenaziti, 37% tra gli arabi dell’Africa settentrionale). Alcune mutazioni di questo gene sono presenti anche nell’1,6% dei casi sporadici. Mutazioni della α-sinucleina sono alla base di rare forme dominanti di MP, oltre che di rari casi sporadici. Mutazioni di altri geni (PARK2, PINK1 e DJ-1) sono la causa di forme di parkinsonismo autosomico recessivo a esordio precoce. Mutazioni del gene PARK2 sono presenti in circa il 50% delle forme giovanili con trasmissione autosomica recessiva e nel 77% dei casi sporadici a esordio prima dei 20 anni. La patogenesi di queste forme genetiche è ancora (2010) poco chiara. Esistono evidenze, tuttavia, che alcuni di questi geni interagiscano tra loro ed è quindi possibile che appartengano a uno stesso sistema di segnalazione, a livello dei mitocondri, della risposta allo stress ossidativo, o dello smaltimento delle proteine. Sono stati identificati inoltre fattori genetici di predisposizione per le forme sporadiche di MP: per es., mutazioni con perdita di funzione del gene per l’enzima glucocerebrosidasi aumentano il rischio di MP più di 5 volte quando sono in eterozigosi, mentre in omozigosi causano la malattia di Gaucher, una forma infantile associata a neurodegenerazione. Altre degenerazioni del sistema extrapiramidale di origine genetica sono le coree (➔), disturbi caratterizzati da movimenti involontari, improvvisi, rapidi ed erratici, spesso associati ad altri deficit neurologici. La forma più frequente tra queste è la malattia (o corea) di Huntington, a trasmissione autosomica dominante, caratterizzata da demenza e disturbi psichiatrici, oltre che da movimenti coreici. Malattie del cervelletto. Il cervelletto (➔) svolge una complessa funzione di integratore dei dati in entrata provenienti dagli organi di senso con quelli in uscita provenienti dai centri superiori, effettuando una calibrazione di questi ultimi sui primi e rendendo in tal modo efficaci e armoniosi i movimenti muscolari. I disturbi di questa funzione cerebellare costituiscono le atassie (➔), caratterizzate da incoordinamento motorio. Le forme genetiche di atassia sono molteplici e si distinguono in base al loro tipo di trasmissione ereditaria in autosomiche recessive, autosomiche dominanti, legate al sesso e mitocondriali. Tra le prime le forme più frequenti sono l’atassia di Friedreich e l’atassia-teleangectasia, che insorge generalmente prima dei 20 anni. La prima è dovuta a mutazioni genetiche che causano la mancata produzione di una proteina, la fratassina, essenziale per il corretto funzionamento dei mitocondri e per la loro capacità di produrre energia e di rispondere allo stress ossidativo. Nell’atassia-teleangectasia le mutazioni sono a carico di un enzima, la fosfatidilinositol chinasi, coinvolto nel controllo del ciclo cellulare eucariotico e nella riparazione del DNA. Esistono molteplici altre forme di atassia a trasmissione autosomica recessiva, tutte assai rare e che generalmente insorgono prima dei 20 anni. Le forme autosomiche dominanti sono una trentina e per 16 di queste è attualmente noto (2010) il gene responsabile. Si tratta di forme con neurodegenerazione del cervelletto e di solito insorgono nell’età adulta. I quadri clinici sono eterogenei e possono includere disturbi della motilità oculare, degenerazione retinica, neuropatia periferica, demenza e sintomi extrapiramidali. Tra le forme con eredità legata al sesso va menzionata la sindrome tremore/atassia con X-fragile dovuta alla presenza di premutazioni del gene FMR1 (➔ ritardo mentale). Esistono infine alcune forme congenite di atassia genetica dovute a mancata oppure a incompleta formazione della struttura centrale del cervelletto, cioè il verme cerebellare, come è il caso della sindrome di Joubert, malattia a trasmissione autosomica recessiva: si tratta di agenesia o ipoplasia del verme cerebellare associata a malformazione del tronco cerebrale e ritardo dello sviluppo, con sintomi respiratori e oculari.

Epilessie di origine genetica

Ci sono più di 200 malattie genetiche che includono nel loro quadro clinico qualche forma di epilessia (➔) (per es. la sindrome di Rett, varie malattie metaboliche, difetti strutturali del cervello), ma esse rendono conto solo dell’1% di tutte le epilessie. Forme pure di epilessia di origine genetica sono estremamente rare. Sono stati finora (2010) individuati 11 geni responsabili di queste forme e si tratta, in quasi tutti i casi, di geni che codificano proteine dei canali ionici neuronali (del sodio o del potassio) o di recettori dei neurotrasmettitori (recettore nicotinico dell’acetilcolina, recettore di GABAA). Mutazioni di queste proteine possono alterare gli scambi di elettroliti tra l’interno e l’esterno dei neuroni, incrementando la loro eccitabilità. Per es. nel caso del gene SCN1A, responsabile della grave sindrome di Dravet e di altre forme di epilessia, le mutazioni che troncano la proteina producono una diminuzione del flusso di sodio negli interneuroni GABAergici che hanno una funzione inbitoria sui neuroni piramidali. Questo determina un’ipereccitabilità di tutta la corteccia cerebrale.

Disturbi psichiatrici

Nonostante molte malattie genetiche neurodegenerative possano essere accompagnate da manifestazioni psichiatriche di vario tipo (basti ricordare la depressione nella MP, la psicosi schizofrenica o depressiva nella malattia di Huntington, l’autismo nella sindrome di Rett o nella sindrome da X-fragile), per nessuna delle malattie psichiatriche ‘pure’, cioè non associate a sintomi neurologici, è sta­to possibile individuare uno o più geni direttamente responsabili. L’aggregazione familiare nelle malattie psichiatriche è spesso presente, ma questo non è necessariamente indice di eredità genetica: nei disturbi psichiatrici l’ambiente, l’educazione e la trasmissione culturale possono giocare un ruolo importante, non sempre facilmente separabile dall’eredità genetica. La stima dell’ereditabilità di vari caratteri psichiatrici, ottenuta da correlazioni tra individui con diverso grado di parentela e con diversa condivisione delle caratteristiche ambientali, indicherebbe una componente genetica rilevante. La ricerca di specifici geni coinvolti ha dato però risultati estremamente deludenti o non ripetibili, nonostante la straordinaria profusione di fondi e di nuove tecnologie a essa dedicati. Oggi la ricerca è orientata soprattutto all’identificazione di fattori genetici di suscettibilità a queste malattie; tuttavia, mentre, per es., per la schizofrenia sono noti fattori ambientali di rischio come l’essere immigrato (che triplica il rischio rispetto alla popolazione generale) e specialmente immigrato di seconda generazione (4 volte il rischio di popolazione) e di essere immigrato di colore (5 volte il rischio di popolazione), i fattori genetici predisponenti finora noti sono molteplici, ma hanno ciascuno un’associazione relativamente debole con la malattia, e quindi uno scarso valore predittivo. Successive ricerche potranno evidenziare varianti geniche più strettamente associate alla malattia e più rilevanti ai fini della valutazione della suscettibilità. Una situazione analoga vale per altri tipi di disturbi psichiatrici come la sindrome maniaco-depressiva, l’autismo, o la sindrome iperattività/deficit di attenzione.

Altre malattie genetiche del cervello

Sono ancora da menzionare rare forme genetiche di disordini vascolari e di tumori cerebrali a carattere autosomico dominante. I primi possono essere dovuti a mutazioni che accumulano materiali anomali sulle pareti delle arterie cerebrali, riducendone il lume, come è il caso del CADASIL (Cerebral Autosomal Dominant Arteriopathy with Subcortical Infarcts and Leukoencephalopathy) o dell’angiopatia amiloide cerebrale. Malformazioni arterovenose (per es. la malattia di Rendu-Osler) o angiomi cavernosi sono malattie genetiche che possono condurre a emorragie cerebrali. Forme tumorali possono essere causate da mutazioni di geni che codificano proteine che inibiscono i tumori, come nel caso della neurofibromatosi (➔) di tipo 1, della malattia di Von Hippel Lindau o della sindrome di Li-Fraumeni. Va infine ricordato che anche tra le malattie da prioni, o encefalopatie spongiformi trasmissibili, vi possono essere varie forme genetiche, oltre a quelle sporadiche e a quelle infettive acquisite attraverso la contaminazione con carni di animali infetti (encefalopatia spongiforme bovina, o malattia della mucca pazza). Nel caso, per es., della malattia di Creutzfeldt-Jakob, il 10÷20% dei pazienti ha una forma genetica a trasmissione autosomica dominante dovuta a mutazioni della proteina prionica. È certamente presente una predisposizione genetica alle forme sporadiche o infettive, e uno dei fattori di rischio è, per es., il tipo di amminoacido che si trova in posizione 129 della stessa proteina prionica. Marina Frontali