mana Termine diffuso in molte lingue austronesiane della
Nel contesto dell’evoluzionismo antropologico, che mirava a definire le forme elementari della vita religiosa, il m. era una forza impersonale tipica delle religioni pre-animiste o delle credenze magiche. C. Lévi-Strauss, riprendendo l’analisi di H. Hubert e M. Mauss che avevano sottolineato come il termine apparisse di volta in volta un sostantivo, un aggettivo o ancora un verbo, considerò il m. come un concetto ‘vuoto’, che può tuttavia rivestirsi di molteplici significati: sarebbe il prodotto di una forma di pensiero «universale e permanente». R. Firth criticò viceversa le interpretazioni astratte del termine, sostenendo che esso è legato a situazioni specifiche della vita quotidiana.
Più di recente l’antropologo R. Keesing ha rianalizzato, alla luce di ricerche storiche, etnografiche e comparative, i vari usi del termine nelle società melanesiane e polinesiane: viene usato come verbo per indicare «l’essere efficace», «l’essere potente» o il «rendere efficace»; come un sostantivo indicante «l’efficacia», il «potere», la «benedizione», la «potenza». Keesing sottolinea l’ambivalenza e la molteplicità dei significati di m. nelle lingue locali, criticando antropologi e storici delle religioni per aver tentato di definire in maniera eccessivamente rigida e teorica un concetto legato a particolari azioni e pratiche (curare una malattia, avviare una coltivazione, pescare ecc.). In ogni caso appare oggi estremamente problematico risalire ai significati originali di m.: la diffusione del cristianesimo, gli stessi significati che gli antropologi hanno conferito al m. hanno portato a una sua radicale trasformazione, anche nelle lingue locali. Oggi i Melanesiani parlano del m. soprattutto in riferimento alla potenza di Dio o alla sacralità dei capi tradizionali. L’uso del termine m. nelle traduzioni locali della Bibbia ha contribuito ad affermare localmente l’idea di m. come attributo della divinità cristiana.