ROSSI-DORIA, Manlio

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 88 (2017)

ROSSI-DORIA, Manlio

Emanuele Bernardi

– Nacque a Roma il 25 maggio 1905. Il padre, Tullio (1865-1937), era un medico, di orientamento socialista; la madre, Carola Grilli (1869-1934), di profonda fede cattolica, era impegnata in attività socioassistenziali, quali le scuole rurali e le campagne antimalariche.

Nella sua formazione, oltre ai genitori e alle tre sorelle, Lidia, Fulvia e Velia, ebbero peso le frequentazioni con la famiglia Sereni (in particolare i tre fratelli Emilio, Enrico ed Enzo) e l’influenza di alcuni intellettuali, come lo storico del cristianesimo Ernesto Bonaiuti. Compiuti gli studi liceali, nel 1924 si iscrisse al corso di scienze agrarie dell’Istituto superiore di agricoltura di Portici, insieme a Emilio Sereni: la scelta, già consapevolmente politica, fu di dedicare il proprio impegno al mondo agricolo e al Mezzogiorno. Gli studi, le letture e gli scambi del giovane Rossi-Doria furono ampi: svariarono dalla bonifica integrale teorizzata da Arrigo Serpieri – concepita come complesso di interventi per la trasformazione di un territorio – alle inchieste agrarie; dalla ‘questione’ meridionale dibattuta tra Eugenio Azimonti, Guido Dorso, Giustino Fortunato e Gaetano Salvemini, a materie tecnico-scientifiche come la chimica, la botanica e l’entomologia.

Gli anni di Portici, prima come studente, poi come borsista dell’Osservatorio di economia e politica agraria, furono quelli in cui abbandonò la pratica religiosa per la laicità e il suo antifascismo sfociò politicamente nell’adesione al Partito comunista.

Nel 1930 fu arrestato per aver contribuito all’organizzazione di una ‘cellula’ comunista a Napoli e condannato a quindici anni di carcere; grazie a due amnistie, tornò in libertà vigilata nel 1935 e iniziò a collaborare, sotto pseudonimo o in forma anonima, alla rivista Bonifica e colonizzazione. Nell’agosto del 1936 sposò Irene Nunberg, dalla quale, due anni dopo, ebbe la prima figlia, Anna. Maturò frattanto un graduale distacco dal Partito comunista, da cui venne espulso alla fine degli anni Trenta, formalmente per aver fatto al momento dell’arresto il nome di Sereni. Nel giugno del 1940, nuovamente arrestato, fu inviato al confino in Basilicata, da dove partecipò alle discussioni preparatorie del Manifesto di Ventotene con Altiero Spinelli, Ernesto Rossi ed Eugenio Colorni, e alla fondazione del Partito d’azione. In quel periodo strinse anche relazioni con Ugo La Malfa e una profonda amicizia con Leone Ginzburg. Liberato alla caduta del fascismo, tornò a Roma dandosi all’attività politica. Dopo l’8 settembre, attivo nella Resistenza romana, venne nuovamente arrestato e rinchiuso nel carcere di Regina Coeli, da dove riuscì a evadere nel maggio successivo.

Nel 1944, in un’Italia ancora solo parzialmente liberata dal nazifascismo, venne nominato commissario straordinario dell’Istituto nazionale di economia agraria e ricevette l’incarico di insegnamento di economia e politica agraria alla facoltà di Portici. Collaborò alle attività della commissione economica del ministero per la Costituente e si presentò, senza successo, in una lista azionista guidata da Dorso alle elezioni del 2 giugno 1946.

Abbandonata la militanza politica con la definitiva crisi del Partito d’azione e l’inizio della guerra fredda, in favore della «politica del mestiere» (D’Antone, 1999), si dedicò allo studio dei piani di trasformazione agricolo-industriale in alcune aree del Mezzogiorno, in collaborazione con la Svimez (Associazione per lo sviluppo dell’industria nel Mezzogiorno) e con il ministero dell’Agricoltura, per dare una risposta costruttiva ai movimenti rivendicativi che in quegli anni attraversarono le campagne meridionali.

I temi affrontati nello studio della nuova ‘questione meridionale’ e le diverse collaborazioni tecnico-scientifiche portate avanti con i governi a guida democristiana nella fase del disimpegno politico, dalla fine degli anni Quaranta ai primi anni Sessanta, furono i più diversi: dall’impiego dei fondi del Piano Marshall lanciato dagli Stati Uniti alle attività della FAO (Food and Agriculture Organization) e dell’UNESCO (United Nations Educational Scientific and Cultural Organization), dalla riforma agraria in Calabria – seguita in prima persona – alla Cassa per il Mezzogiorno, varate nel 1950, Rossi-Doria fu un ‘tecnico’ ascoltato presso l’amministrazione degli Stati Uniti presieduta dal democratico Harry Truman e da un’ampia parte della classe dirigente italiana.

Si recò in America più volte durante gli anni Cinquanta, a partire dal 1951, quando, superati i problemi della concessione del passaporto sorti per la sua precedente militanza comunista, partecipò con una relazione sulla riforma agraria italiana alla World Conference on Land Reform, organizzata nel Wisconsin (Bernardi, 2010). Sul piano personale, in quei viaggi ebbe modo di conoscere Anne Lengyel, figlia dello scrittore, drammaturgo e sceneggiatore ebreo ungherese Melchior, sposata in seconde nozze nel 1953 e con la quale ebbe due figli, Marco e Matteo. Negli anni successivi, si recò in Messico e in Brasile e tornò poi più volte ancora negli Stati Uniti. Nel 1959, grazie ai finanziamenti ottenuti dalla Fondazione Ford e dalla Cassa per il Mezzogiorno, nacque a Portici il Centro di specializzazione e ricerche economico-agrarie per il Mezzogiorno, che assunse un ruolo guida nei campi della formazione postlaurea e della ricerca in economia agraria e in economia dello sviluppo. Sotto l’egida interdisciplinare di Rossi-Doria vi si sarebbero formate e affermate figure di rilievo, tra le quali Michele De Benedictis, Guido Fabiani, Augusto Graziani ed Enrico Pugliese. Nominato consigliere della Cassa per il Mezzogiorno nel 1965, ebbe modo di intensificare gli scambi scientifici con economisti come Albert Hirschman e Pasquale Saraceno, affinando allo stesso tempo un consolidato interesse per le materie umanistiche, dalla storia all’antropologia.

Entrato a militare all’inizio degli anni Sessanta nel Partito socialista italiano, dopo aver collaborato da tecnico con i governi di centrosinistra – famosa la sua inchiesta sulla Federconsorzi (Federazione italiana dei consorzi agrari) –, nel 1968 venne eletto senatore per il collegio di Sant’Angelo dei Lombardi. Per alcuni anni (1968-72) ricoprì la carica di presidente della commissione Agricoltura e Foreste del Senato della Repubblica e per un breve periodo (1968-69) fu anche membro della Giunta consultiva per gli Affari delle Comunità europee. Muovendosi tra Roma, Parigi, Strasburgo e Bruxelles, entrò in stretto contatto con la nascente classe dirigente europea, fatta di politici, economisti e tecnici. Da quel punto di vista privilegiato, seguì e partecipò criticamente alle discussioni sulla riforma della PAC (Politica Agricola Comune) e sugli squilibri esistenti tra i Paesi del Nord e del Sud del mondo, pur mantenendo sempre un giudizio positivo sull’Europa in costruzione e auspicando un suo allargamento anche verso i Paesi dell’Est.

I temi e le proposte avanzate in Senato e presso i suoi interlocutori europei per spostare in favore dei contadini l’«impronta capitalistica» dell’Europa (Rossi-Doria a Francesco De Martino, 23 novembre 1970, in M. Rossi-Doria, Mezzogiorno d’Europa..., Roma 2014, p. 144) e affrontare le contraddizioni del modello di sviluppo italiano furono vari: l’adeguamento – non la sospensione – delle direttive comunitarie alla situazione territoriale ed economico-sociale italiana; la programmazione (o pianificazione) in opposizione al liberismo; la diffusione delle cooperative per contrastare i monopoli finanziari; la riforma dei contratti agrari; la predisposizione di provvedimenti in favore della difesa del suolo e contro un’urbanizzazione sregolata; lo sviluppo di energie alternative al nucleare; il contenimento delle correnti migratorie tramite progetti di sviluppo; un miglior funzionamento dell’amministrazione italiana ed europea nella concessione e nell’impiego dei fondi strutturali e del fondo sociale.

Portare la questione meridionale entro lo spazio europeo, come sostenuto, fra gli altri, anche da personaggi di altro orientamento politico come i liberali Francesco Compagna e Rosario Romeo, e rilanciare su nuove basi il percorso di sviluppo economico-sociale per alcune aree del Mezzogiorno maggiormente colpite dagli squilibri dell’accelerata industrializzazione economica italiana, furono tra gli obiettivi più alti della fase finale della sua attività politica e della sua riflessione scientifica. Tanto dal punto di vista storico e sociale, negli scambi epistolari con Nuto Revelli e Franco Venturi, quanto nello studio di analisi macroeconomiche come quelle di Augusto Graziani, Rossi-Doria individuò nella crisi della ‘civiltà contadina’ un punto nodale della storia dell’Italia novecentesca: quello stesso processo di sviluppo che aveva definitivamente sconfitto la povertà al Sud e ne aveva avviato la modernizzazione tecnologica, aveva anche generato nuove importanti contraddizioni sociali (Bernardi, 2010, pp. 326 e ss).

Rieletto senatore nel 1972, venne chiamato come consulente per la Commissione europea da Spinelli e Antonio Giolitti, per l’applicazione e la riforma delle direttive europee, nonché per lo studio di interventi coordinati a Bruxelles in grado di perseguire la convergenza delle aree del Sud dell’Italia con quelle del Nord. Nel quadro di una grave crisi economica internazionale, Rossi-Doria portò avanti l’idea di un ‘progetto globale di sviluppo’ dell’alta Irpinia, da finanziare tramite i fondi FEOGA (Fondo Europeo di Orientamento e Garanzia per l’Agricoltura), che costituì una delle riflessioni meno note, ma forse più ambiziose del suo impegno scientifico: infrastrutture, valorizzazione dell’agricoltura locale, ritorno degli emigrati dall’estero, sviluppo industriale decentrato ne furono alcuni dei pilastri principali (M. Rossi-Doria, Mezzogiorno d’Europa..., cit., pp. 235-249).

Nel pieno di quelle attività, nel 1976, per ragioni di salute, Rossi-Doria abbandonò la vita politica, pur continuando a seguire con curiosità le vicende nazionali e internazionali del suo tempo. Nel 1981 divenne presidente dell’Associazione nazionale per gli interessi del Mezzogiorno d’Italia, curando numerose pubblicazioni a carattere storico sui meridionalisti d’Italia e una meditata autobiografia, pubblicata postuma (La gioia tranquilla del ricordo. Memorie 1905-1934, Bologna 1991).

Morì a Roma il 5 giugno 1988.

Opere. Di seguito una selezione delle sue opere, studi ed epistolari: Riforma agraria e azione meridionalista, Roma-Bari 1948 (riedita con introduzione di G. Fabiani, Napoli 2003); Dieci anni di politica agraria nel Mezzogiorno, Bari 1958 (riedita con introduzione di F. De Stefano, Napoli 2004); Rapporto sulla Federconsorzi, Bari 1963 (riedita con introduzione di R. Fanfani, Napoli 2003); Scritti sul Mezzogiorno, Torino 1982 (riedita con introduzione di A. Graziani, Napoli 2003); Gli uomini e la storia. Ricordi di contemporanei, a cura di P. Bevilacqua, Roma-Bari 1990; La polpa e l’osso. Scritti su agricoltura, risorse naturali e ambiente, a cura di M. Gorgoni, Napoli 2005; Un paese di Calabria, a cura di M. De Benedictis, Napoli 2007; Una vita per il sud. Dialoghi epistolari (1944-1987), a cura di E. Bernardi, Roma 2011; Mezzogiorno d’Europa 1945-1987, a cura di E. Bernardi, introduzione di U. Gentiloni-Silveri, Roma 2014.

Fonti e Bibl.: M. De Benedictis, M. R.-D., in Belfagor, 1990, n. 3 (31 maggio), pp. 273-292; R.-D. ed il Mezzogiorno. Atti della Giornata di studio..., Portici... 1989, Napoli 1990; L. D’Antone, M. R.-D. e la politica del mestiere, in Meridiana, 1999, n. 32, pp. 207-232; M. R.-D. e le trasformazioni del Mezzogiorno d’Italia, a cura di M. De Benedictis - F. De Filippis, Manduria-Bari-Roma 1999; G. Galasso, Il Mezzogiorno da «questione» a «problema aperto», Manduria-Bari-Roma 2005; E. Bernardi, Riforme e democrazia. M. R.-D. dal fascismo al centro-sinistra, Soveria Mannelli 2010; S. Misiani, M. R.-D. Un riformatore del Novecento, Soveria Mannelli 2010; M. R.-D. negli Stati Uniti, 1951-1952, a cura di E. Bernardi, in QA. Rivista dell’Associazione Rossi-Doria, 2010, n. 2, pp. 7-83.

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