GRIGO, Marc'Antonio

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 59 (2002)

GRIGO, Marc'Antonio

Maria Grazia Ercolino

Architetto originario di Muggio, nel Canton Ticino, nato in data sconosciuta, fu attivo in Liguria e nella Francia meridionale nella seconda metà del XVII secolo (Foussard - Barbier, p. 66).

L'equivoco creato dalla storiografia, che ne ha ignorato l'individualità, confondendo il suo operato con quello del lombardo Giovan Battista Ghiso (o Grigo), ha reso ancora più arduo delineare la sua biografia. L'analogia compositiva di alcune opere, del resto, ha portato anche a supporre l'esistenza di un rapporto di parentela tra i due, ma, la diversa origine, luganese per il G. e comasca per Giovan Battista, sembrerebbe smentirlo, dimostrando però come le maestranze originarie di quell'area fossero ancora le protagoniste delle nuove tematiche barocche in Liguria (Pazzini Paglieri - Paglieri, p. 132).

Ignoti restano il periodo della formazione artistica e l'attività del G. prima del suo arrivo a Monaco, capitale del Principato, nel settembre del 1665. Fu proprio il principe Luigi I Grimaldi a invitare il G., che in quel momento si trovava a Genova, per affidargli il progetto e la costruzione in città del convento della Visitazione (Labande, pp. 181 s.). Il fatto che egli avesse ricevuto questo incarico su espresso desiderio del principe lascia supporre che la sua precedente attività, a noi sconosciuta, avesse già contribuito a far conoscere e apprezzare il suo valore.

Il convento fu fondato nel 1663 da Luigi I per desiderio di sua moglie Carlotta de Gramont. Le prime religiose, arrivate a Monaco in quello stesso anno, trovarono una sistemazione provvisoria in una casa privata antistante il palazzo, e ciò rese l'edificazione del complesso particolarmente urgente. La ricerca di un sito idoneo alla nuova fabbrica si rivelò abbastanza difficile, essendo estremamente limitate le aree libere all'interno della città vecchia; alla fine si decise di realizzare la costruzione all'esterno delle mura urbane in una zona collocata a oriente della porta.

Il cantiere, che durò circa dieci anni, è l'unica opera documentata come interamente realizzata dal G. nell'ambito dell'architettura religiosa. Il complesso ha subito nel corso dei secoli numerose trasformazioni che hanno modificato la distribuzione interna dei volumi e probabilmente anche le partiture architettoniche dei prospetti. Tutto ciò ha reso estremamente difficoltoso stabilire cosa resta dell'originale opera del Grigo. Per avere un'idea del primitivo aspetto del complesso ci si può rifare a una veduta della città del XVIII secolo, la Vue de Monaco du côté de Sainte-Dévotte en venant de Menton, conservata al Cabinet des estampes della Bibliothèque nationale di Parigi, che evidenzia la sua funzione urbanistica di chiusura dello spazio urbano residenziale rispetto all'antistante blocco di fortificazioni in difesa della punta Rocher. La cappella, sul lato destro dell'isolato conventuale, rappresentò la prima esperienza d'inserimento nel tessuto urbano della città medievale e rinascimentale di un volume propriamente barocco (Foussard - Barbier, p. 63). La sua impostazione planimetrica e spaziale, una combinazione di schema centrale e longitudinale che tende ad assumere una forma a ottagono allungato, rappresentò nella regione il primo esempio di un gruppo di chiese successivamente realizzate nella zona; analoghe testimonianze si ritrovano anche in Liguria, in particolare nella chiesa di S. Antonio Abate a Ventimiglia.

Sebbene non sia stata rintracciata al momento alcuna documentazione sui lavori eseguiti dal G. nel palazzo di Monaco, al suo operato sono comunque tradizionalmente attribuiti la realizzazione della porta Maestra e dello scalone nel cortile d'onore, interventi databili entrambi intorno al 1675 (ibid., pp. 71-73). La nuova porta, aperta nella facciata orientale della costruzione, consentì l'accesso diretto al cortile d'onore e favorì in questo modo la diffusione a livello urbanistico del processo di modernizzazione in atto all'interno del palazzo. Il suo aspetto mostra un particolare connubio tra un'orditura architettonica di chiara ispirazione manierista con evidenti richiami nel disegno delle colonne e nel timpano curvilineo a modelli michelangioleschi e un imponente inserimento scultoreo in chiave araldica la cui composizione denota un'opulenza decisamente barocca. Elementi analoghi si ritrovano anche nella grande scala del cortile, in particolare nel contrasto tra le poderose bugne del basamento e l'andamento sinuoso della rampa, scandita da balaustri ispirati a quelli della retrostante galleria d'Ercole.

Nell'agosto del 1679 il G., la cui notorietà in seguito agli interventi monegaschi aveva evidentemente raggiunto il confinante Ducato di Savoia, fu incaricato dagli edili nizzardi di studiare nuove soluzioni per il portale monumentale e il nuovo scalone del palazzo comunale che necessitava di una entrata più solenne. L'edificio, realizzato nella principale piazza della città tra il 1574 e il 1580, fu più volte oggetto di trasformazioni volute dalle autorità municipali per mantenere la costruzione in armonia con la parallela evoluzione urbana di Nizza. Il G. preparò i progetti che furono successivamente realizzati, tra il 1680 e il 1684, dagli scultori monegaschi D. e F. Mulciano (ibid., p. 78); anche queste creazioni, sebbene in misura meno evidente che a Monaco, non sono esenti da arcaismi e testimoniano dell'attaccamento dell'architetto ai modelli manieristici del secolo precedente.

Nel corso dello stesso 1679 il G. tornò a lavorare anche in Liguria; nell'Archivio di Stato di Imperia infatti si conserva un contratto con il quale i gesuiti di Sanremo gli affidavano la decorazione delle partiture architettoniche della chiesa di S. Stefano. Questo atto è particolarmente interessante perché, documentando la sua presenza a San Remo, potrebbe avvalorare l'ipotesi che egli abbia partecipato anche al cantiere della coeva chiesa della Visitazione delle monache salesiane, distrutta nel dopoguerra e attribuita dalla storiografia a G.B. Ghiso (Pazzini Paglieri - Paglieri, p. 148).

A partire dal 1680 il G. subentrò a J.-A. Guibert nella direzione del cantiere della cattedrale di Ste-Réparate a Nizza; l'edificio, del XIII secolo, era ormai di dimensioni modeste e il vescovo D. Palletis aveva incaricato nel 1649 l'ingegnere Guibert di progettare una nuova e più imponente costruzione che fosse consona all'importanza raggiunta dalla città. I lavori, più volte interrotti, si protrassero fino al 1685.

Nello stesso 1680 il G. fu coinvolto a Nizza nell'importante progetto di un nuovo grande porto in città. La corte sabauda, nell'ambito di un più ampio programma di espansione urbana, ritenne giunto il momento di dotare Nizza di un approdo adeguato all'importanza dei suoi commerci e per questo motivo incaricò Guibert di radunare tutti i progetti esistenti su questo tema e parimenti sollecitare la realizzazione di nuovi da parte di professionisti affermati: tra questi fu invitato anche il Grigo. Alla fine nessuno di quei progetti fu attuato, ma molte delle idee in essi contenute servirono di spunto per la realizzazione, nel secolo successivo, del nuovo "port Lympia" (Foussard - Barbier, p. 47).

Evidenti affinità con le opere documentate del G. consentono di ipotizzare il suo intervento in una serie di altre realizzazioni. In particolare, si riscontrano nella cappella del castello di S. Andrea, nei pressi di Nizza, numerose analogie planimetriche e stilistiche con la chiesa monegasca della Visitazione (ibid., p. 53). Sempre il modello della Visitazione potrebbe costituire la possibile origine del disegno realizzato nella chiesa nizzarda di St-Augustin, i cui problemi di attribuzione non sono stati risolti. Analogamente la chiesa di St-Jacques a Nizza (attualmente conosciuta come Ste-Rita), realizzata a partire dal 1677, presenta similitudini strutturali e ornamentali con la cattedrale di Ste-Réparate tali da farla supporre opera diretta o indiretta della collaborazione tra Guibert e il G. (ibid., p. 95).

Infine la tradizione attribuisce a un suo progetto la costruzione nel 1681 del complesso delle antiche caserme monegasche, oggi distrutte.

Non si hanno ulteriori notizie del G.; si ignorano il luogo e la data della sua morte.

L'architetto Giovanni Battista Ghiso, probabilmente originario di Torre nel Comasco, attivo in Liguria intorno alla metà del XVII secolo, conosciuto da G.C. Ratti in poi con il cognome di Grigo, nei documenti noti è sempre indicato come il Ghiso.

È forse il Ghiso l'autore della chiesa del monastero di S. Chiara a Genova, sulla collina di Carignano, edificato tra il 1647 e il 1649 (Pazzini Paglieri - Paglieri, p. 106).

Nel luglio del 1650 i padri scolopi di Savona, intenzionati a ricostruire il loro convento e l'annessa chiesa, affidarono al Ghiso la progettazione del nuovo complesso (demolito nel 1944).

Durante la stessa estate il Ghiso, insieme con altri architetti, fu invitato a Lavagna allo scopo di studiare nuove soluzioni per la ricostruzione della chiesa parrocchiale di S. Stefano; il suo disegno, che prevedeva la realizzazione di una chiesa a tre navate con transetto e cupola e con un orientamento opposto rispetto alla antica costruzione, fu subito approvato dall'arcivescovo di Genova S. Durazzo, e il 15 ag. 1650 fu posta la prima pietra. Al di là della scontata soluzione planimetrica, il tema delle colonne binate ivi proposto e ripreso in alcuni suoi successivi progetti conferì all'ambiente un sicuro effetto di monumentalità grazie all'accentuata e plastica sottolineatura dei partiti architettonici (ibid., p. 89).

Due anni dopo la realizzazione della chiesa di Lavagna, nella primavera del 1652, il Ghiso si trovava a Voltri per sovrintendere alla costruzione della nuova chiesa dei Ss. Nicolò ed Erasmo, dovuta anche in questo caso al probabile interessamento di Durazzo.

Al febbraio del 1654 risale la posa della prima pietra della ricostruzione del santuario di Nostra Signora del Monte in Val Bisagno su progetto del Ghiso; poiché la vecchia chiesa minacciava di rovinare, i lavori furono intrapresi molto celermente e dopo pochi mesi, in ottobre, la costruzione era già arrivata al livello del tetto (Parma Armani, 1979, p. 10).

Allo stesso gruppo omogeneo di chiese a tre navate con colonne binate, tutte riedificate sotto il controllo del cardinale Durazzo, appartiene anche la parrocchiale di Nostra Signora della Rosa a Santa Margherita Ligure, il cui progetto, approvato dal cardinale il 31 giugno 1656, viene tradizionalmente attribuito alla mano del Ghiso (Molteni, p. 135).

Nel 1656 prese avvio a Genova uno dei più importanti progetti di architettura civile del secolo, la costruzione dell'albergo dei poveri, le cui vicende, nonostante i numerosi studi, rimangono comunque ancora confuse.

Le ipotesi sostenute dalla storiografia tradizionale sulla paternità del progetto dell'albergo sono due: in un caso sarebbe stato frutto della collaborazione di un gruppo di architetti (G. Gandolfo, il Ghiso, P.A. Corradi, A. Torriglia e S. Scaniglia), i quali elaborarono un unico disegno che fu poi rispettato fino al completamento della costruzione; nell'altro il disegno definitivo sarebbe stato redatto dal solo Scaniglia e successivamente modificato dal Ghiso (Soprani - Ratti, p. 351; Banchero, p. 5).

L'esame dei documenti, pur non fornendo alcuna indicazione sull'eventuale autore del progetto, dimostra tuttavia che probabilmente solo i primi due architetti, Gandolfo e il Ghiso, lavorarono in collaborazione durante i primi anni della costruzione; mentre gli altri si avvicendarono successivamente nella conduzione del cantiere (Molteni, pp. 12-15).

Nel corso del 1656 il Ghiso fu incaricato dalla magistratura urbanistica dei Padri del Comune con altri sette architetti (G.B. Garrè, S. Scaniglia, Corradi, G.B. Bianco, A. Torriglia, G.B. Storasio, G.B. Torriglia) del rilievo della città di Genova entro le antiche mura rinforzate nel 1536. Il disegno, conservato nella collezione topografica del Comune, rappresenta il primo rilievo ufficiale che si conosca, datato al 21 dic. 1656.

Non si hanno notizie del Ghiso dopo il 1657. Secondo Alizeri (p. 60) il suo nome compariva nella cronaca manoscritta da fra Dionisio da Genova tra coloro che furono colti dalla peste mentre lavoravano alla ricostruzione del santuario del Monte.

Fonti e Bibl.: R. Soprani - C.G. Ratti, Vite de' pittori, scultori ed architetti genovesi…, I, Genova 1768, pp. 315, 420, 438 (per il Ghiso); G. Banchero, Genova e le due Riviere, Genova 1846, p. 5 n. 1 (per il Ghiso); F. Alizeri, Notizie dei professori di disegno in Liguria dalle origini al secolo XVI, I, Genova 1864, p. 60 (per il Ghiso); L.-H. Labande, Histoire de la Principauté de Monaco (1934), Marseille 1980, pp. 181 s.; A. Di Raimondo, Maestri muratori lombardi a Genova: 1596-1637, Genova 1976, pp. 20 s. (per il Ghiso); E. Poleggi, Iconografia di Genova e delle Riviere, Genova 1976, pp. 98 s. (per il Ghiso); E. Parma Armani, Santuario di Nostra Signora del Monte, Genova 1979, p. 10 (per il Ghiso); M. Ricchebono, Architettura religiosa del Seicento a Savona, in Atti e memorie della Soc. savonese di storia patria, XIII (1979), pp. 86 s. (per il Ghiso); D. Foussard - G. Barbier, Baroque niçois et monégasque, Paris 1988, pp. 13, 35, 47, 53 s., 64, 66-73, 79-81, 84, 95, 108, 110, 124, 138, 203 s., 258, 303, 310; E. Molteni, L'albergo dei poveri a Genova, tesi di dottorato di ricerca in storia dell'architettura e dell'urbanistica, Università di Venezia, 1992, pp. 12-17, 25, 33, 113, 132-136 (per il Ghiso); N. Pazzini Paglieri - R. Paglieri, Chiese barocche a Genova e in Liguria, Genova 1992, ad indicem (anche per il Ghiso); A. Guerra - E. Molteni - P. Nicoloso, Il trionfo della miseria. Gli alberghi dei poveri di Genova, Palermo, Napoli, Milano 1995, pp. 36, 42 (per il Ghiso); U. Thieme - F. Becker, Künstlerlexikon, XV, p. 33 (per il Ghiso); Diz. encicl. di architettura e urbanistica, III, p. 45 (per il Ghiso).

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