CORRADO, marchese di Toscana

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 29 (1983)

CORRADO, marchese di Toscana

Gerhard Baaken

Nacque presumibilmente verso la fine del sec. XII, ma non è noto dove, né a quale famiglia appartenesse. Più tardi, mentre era marchese di Toscana, C. donò al monastero di S. Ulrico e Afra ad Augusta terre site in Baviera, e questa circostanza ha sempre fatto pensare che fosse di origine bavarese, ma non è stato possibile stabilire finora con sicurezza a quale famiglia appartenesse. La posizione delle terre donate al monastero di S. Ulrico e Afra ha fatto supporre che discendesse dalla famiglia dei conti di Scheyern strettamente imparentata con i conti palatini e futuri duchi di Baviera. Ma un'annotazione dorsale al diploma di Corrado III, che conferma la donazione di C. (Hausmann, n. 78), lascia pensare che egli appartenesse invece ad una famiglia di ministeriali la quale traeva il proprio nome dal villaggio di Weilach presso Schrobenhausen nell'Alta Baviera. Se fosse effettivamente così, il suo caso costituirebbe un'analogia con quello di un altro ministeriale, di nome Guarnerius, che fu insediato da Enrico V nella marca d'Ancona. È del tutto oscuro il motivo per cui l'imperatore scelse proprio C. per la carica di marchese di Toscana. Niente lasciapensare che egli fosse particolarmente preparato per il compito che lo attendeva, né che avesse una conoscenza più approfondita della regione che era chiamato a reggere.

Quando C. diventò marchese di Toscana la contessa Matilde di Canossa era morta da sei anni soltanto, e non era certamente facile sostituire una donna di qualità così eccezionali (il suo successore diretto, il marchese Rapoto, non aveva svolto alcun ruolo di rilievo). Tanto più che in quegli anni le numerose tensioni esistenti in Toscana avrebbero reso difficile il compito anche ad un marchese con maggiori risorse finanziarie e maggiore abilità politica.

Un problema di natura più propriamente regionale era l'aspro conflitto per l'eredità dei Cadolingi. L'ultimo discendente della casata, il conte Ugo, aveva lasciato i suoi immensi beni, sparsi in tutte le contee della Toscana, in parte ai suoi creditori, in parte alla moglie Cecilia, a condizione che essa non si risposasse. Le disposizioni alquanto sommarie del testamento erano già di per sé causa di numerose controversie; ma la questione divenne ancora più complessa quando anche i quattro figli di primo letto di Cecilia e il suo nuovo marito entrarono in lizza per accaparrarsi una parte della ricca eredità. Il problema diventò infine inestricabile, quando entrarono in scena anche i Comuni, che proprio allora stavano iniziando ovunque la loro ascesa politica, Firenze, Genova, Lucca, Pisa e Siena in particolare. Per i propri interessi e per quelli dei rispettivi cittadini più influenti essi erano coinvolti in numerosi conflitti tra Comuni, e contro o a fianco di singole fazioni nobiliari ed è quasi impossibile poter seguire in tutti i particolari gli scontri, i cambiamenti di parte e le alleanze conseguenti. Già la contessa Matilde non aveva bene capito questo nuovo fenomeno e tale incomprensione era stata in parte motivo del suo fallimento politico. Non può quindi stupire che C., il quale non aveva nessuna familiarità con il mondo urbano e comunale della Toscana, fosse del tutto impreparato ad esercitare il dominio in questa regione. Il suo governo si svolse, inoltre, all'ombra degli ultimi conflitti della lotta per le investiture.

Quando nel 1120 C. comparve per la prima volta in Toscana fu subito evidente che egli non disponeva di mezzi sufficienti per assumere il ruolo di arbitro al di sopra delle fazioni. Al contrario egli dovette subito intervenire nella contesa in atto per esercitare una qualche influenza. Fuimmediatamente trascinato nelle lotte tra Alberti e Guidi per il possesso di Pontormo, lotte che erano motivate, in ultima analisi, dagli interessi di Lucca e di Firenze. Il conte Guido Guidi detto Guerra e C. assediarono il castello con l'aiuto di Lucca e il marchese concesse a questo Comune - forse non del tutto volontariamente - privilegi ai danni di Pisa. Nello stesso tempo C. fu sollecitato a prendere posizione nel conflitto tra i due papi. Callisto II aveva finalmente potuto trasferire la sua sede a Roma, mentre il papa imperiale, Gregorio VIII, sollecitava aiuti in Germania. Ai marchesi in Italia fu perciò ordinato di sostenerlo. C. si recò con il nipote Federico a Sutri, senza però potere (o volere) impedire che l'antipapa venisse infine catturato dalle truppe di Callisto II ed incarcerato, dopo aver subito un trattamento indegno, nel monastero di Cava.

Nel frattempo in Toscana le lotte erano continuate. Nel 1121 gli scontri tra il marchese e gli Alberti, alleati di Firenze, si concentrarono nella zona di Passignano in Val di Pesa. Anche se non è noto l'esito dei singoli combattimenti, resta tuttavia indubbio che C. non era in grado di esercitare la minima influenza su Firenze: lo testimonia, tra l'altro, la circostanza che C. non sembra aver preso parte al conflitto tra Firenze e Fiesole che si protrasse dal 1123 al 1126, concludendosi con la sottomissione dell'antica rivale di Firenze, conflitto che costituì un momento di notevole importanza per la storia della città e della Toscana. Sembra invece che C. fosse saldamente legato al conte Guido Guerra, suo alleato contro gli Alberti, al cui fianco lo troviamo nella guerra contro i conti di Cuneo in Romagna. È tuttavia possibile che C. avesse partecipato a questa campagna perché gli era stato conferito anche il ducato di Ravenna: in un documento del 31 marzo 1121 viene infatti qualificato come "Ravennatum dux et Tuscie preses et marchio". Ma è questa l'unica occasione in cui compare in tale zona. Dall'itinerario seguito in detta occasione non è neanche possibile dedurre che C. avesse potuto disporre dei beni di Matilde, anche se alcuni indizi potrebbero parlare a favore di questa ipotesi.

Anche negli, ultimi anni della sua attività in Toscana troviamo C. coinvolto nei conflitti tra le forze locali, in cui egli si mantenne di solito dalla parte di Lucca. Forse tentò per brevi periodi di avvicinarsi a Firenze per conquistare una certa indipendenza, come potrebbe far pensare un privilegio del 1127 a favore del vescovo di Firenze. Nella guerra economica tra Lucca e Pisa, interrotta solo da brevi intervalli di pace, C. stette dalla parte di Lucca e anche nella guerra del 1128 entrò a far parte della lega con Siena e conquistò il castello di Bolgheri, tenuto dai Della Gherardesca.

Dopo la morte di Enrico V. in Germania scoppiarono conflitti per la sua successione. Gli avversari di re Lotario, che era sostenuto dai Guelfi, elessero nel 1127 come antiré lo svevo Corrado. Dato che la base politica e patrimoniale del suo potere in Germania era debole, Corrado cercò di rafforzare la propria posizione in Italia ed inizialmente, dopo la sua incoronazione, vi riuscì con l'aiuto di Milano. È indicativo della situazione aggrovigliata in Toscana, che dalle fonti non risulti neanche la posizione assunta sulla questione da C., non sia chiaro, cioè, se egli si sia pronunciato a favore di Lotario o di Corrado. Non sono noti né il luogo né la data di morte di C., che comunque nel 1131 era già morto.

Praticamente nulla sappiamo della vita personale di Corrado. Le fonti non riferiscono niente di un suo eventuale matrimonio né risulta che egli lasciasse eredi. Sono stati conservati alcuni diplomi rilasciati da lui personalmente - relativamente molti in confronto con quelli rilasciati da altri marchesi nel corso del secolo XII - quasi tutti a favore di destinatari lucchesi. La sua persona fu ben presto dimenticata, tanto da essere scambiata più tardi con quella dell'antire svevo Corrado. Il suo governo non ha lasciato tracce di rilievo nella storia della Toscana. Non va comunque sottovalutato che la mera occupazione della carica assicurava di già una presenza del potere imperiale tale da offrire a Federico I ed Enrico VI una base su cui costruire nella seconda metà del secolo XII.

Fonti e Bibl.: Magistri Tolosani Chronicon Faventinum, in Rer. Ital. Script., 2 ed., XXVIII, 1, a cura di G. Rossini, p. 28; P. Scheffer - Boichorst, Die Urkunden des Markgrafen Konrad von Tuscien, in Zur Gesch. des XII. und XIII. Jahrhunderts, Berlin 1897, pp. 60 ss.; F. Hausmann, Die Urkunden der deutschen Könige und Kaiser, in Monumenta Germaniae Historica, Diplomata, IX, Wien-Köln - Graz 1869, n. 78, pp. 138 s.; J. Ficker, Forsch. zur Reichs - und Rechtsgesch. Italiens, II, Innsbruck 1869, pp. 224 s.; W. Bernhardi, Lothar von Supplinburg, Leipzig 1879, pp. 139 s., 197 ss.; R. Davidsohn, Geschichte von Florenz, I, Berlin 1896, pp. 387 ss., 393-396, 405 s.; Id., Forsch. zur älteren Geschichte von Florenz, I, Berlin 1896, pp. 83 ss.;P. Villari, I primi due secoli della storia di Firenze, Firenze 1967, pp. 106 s.; H. Schwarztnaier, Lucca und das Reich bis zum Ende des 11. Jahrhunderts, Tübingen 1972, pp. 316, 330.

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