MARCHISIO

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 69 (2007)

MARCHISIO

Saverio Lamacchia

Famiglia di musicisti piemontesi, originaria di Buttigliera d'Asti, trasferitasi a Torino.

Antonino nacque a Buttigliera d'Asti il 19 febbr. 1817, figlio di Pierantonio, fabbricante di pianoforti. Compiuti gli studi musicali nel conservatorio di Milano, tornò a Torino, divenendo capofamiglia dopo la morte precoce del padre. Dedicatosi all'insegnamento del pianoforte, ebbe tra gli allievi anche la futura regina d'Italia Margherita di Savoia. Compose opere didattiche per il suo strumento e alcuni melodrammi: Il marito della vedova (Torino 1841), Un matrimonio a tre (ibid. 1851), Piccarda Donati (Parma 1860), e due non rappresentate, Gli ussiti e Cristoforo Colombo. Antonino ebbe primaria importanza nell'organizzazione della vita musicale di Torino: fu fondatore della Società piofilarmonica (1852) e del liceo musicale; dal 1854 nella casa dei M. in piazza Vittorio 11 si tenevano incontri domenicali di musica strumentale e vocale aperti a tutti coloro - come si diceva - che "masticavano semicrome", fossero essi torinesi o, sempre più spesso, musicisti di fama di passaggio a Torino (Gorin Marchisio, p. 23). Antonino morì a Torino il 4 ag. 1875.

Giuseppe Enrico, fratello di Antonino, nacque a Torino l'8 marzo 1831. Pianista e didatta, studiò prevalentemente sotto la guida del fratello maggiore. Conosciuto e ammirato da Franz Liszt, fu anch'egli maestro di pianoforte di casa Savoia. Fondò con Antonino la Sala Marchisio, una scuola di musica che nelle loro intenzioni avrebbe dovuto rappresentare il corrispettivo della Salle Érard di Parigi. Compose un gran numero di brani dedicati al pianoforte. Giuseppe Enrico morì a Torino il 25 maggio 1903.

Massimo, figlio di Giuseppe Enrico, nacque il 17 apr. 1860. Formatosi musicalmente sotto la guida del padre, fu anch'egli insegnante di canto e di pianoforte. Inventò e commercializzò nel 1900 lo "slegadita", un congegno da applicarsi al pianoforte finalizzato al miglioramento della tecnica pianistica; fondò inoltre a Torino la scuola di canto ecclesiastico Laudate Pueri. Morì il 17 genn. 1948 a San Maurizio Canavese.

Carriera internazionale di altissimo livello ebbero Barbara, nata a Torino il 6 dic. 1833, e Carlotta, nata a Torino l'8 dic. 1835. Sorelle di Antonino e Giuseppe Enrico, furono tra le più acclamate cantanti della seconda metà dell'Ottocento, la prima contralto, la seconda soprano, note per aver fatto vivere un'ultima stagione di fulgore allo stile belcantistico rossiniano e belliniano, ormai superato dal canto declamato di forza donizettiano e verdiano.

Studiarono entrambe canto e arte scenica con Carlotta Marchionni, e completarono la loro eccellente formazione musicale studiando pianoforte con i fratelli. Pare che Barbara fosse dotata di una memoria musicale prodigiosa e di notevole estensione vocale (dal Fa2 al Si4 bemolle). Debuttò nel 1856, cogliendo i primi successi come Rosina nel Barbiere di Siviglia di G. Rossini (teatro Real di Madrid, dicembre), insieme con il baritono Felice Varesi, grande interprete di Figaro (qualche anno prima Varesi aveva creato la parte di Rigoletto). Nello stesso teatro, Carlotta debuttò nel marzo 1857 come Adalgisa nella Norma di V. Bellini. Cantarono per la prima volta insieme nel gennaio 1858 a Torino, al teatro Vittorio Emanuele, in Matilde di Shabran, opera rossiniana desueta e tuttavia per loro molto adatta.

Interpreti aperte alle novità oltre che alle opere di repertorio, le sorelle M. si dimostrarono artiste particolarmente versatili: le cronache del tempo ne lodano le interpretazioni verdiane non meno delle rossiniane. Barbara in particolare stupiva come Azucena (nel Trovatore) oltre che come Arsace (nella Semiramide), nonostante Rossini le suggerisse scherzosamente di guardarsi "dai bambini arrostiti" (Gorin Marchisio, p. 145), che rischiano di far finire arrostita anche la voce (l'allusione è al Trovatore; com'è noto, Rossini ammirava sinceramente Verdi, ma non amava il suo stile di canto spinto e ipercinetico).

L'elenco non esaustivo delle opere che cantarono, sia insieme sia individualmente, comprende: D. Cimarosa: Il matrimonio segreto; W.A. Mozart: Le nozze di Figaro, Don Giovanni; G. Rossini: Tancredi, L'italiana in Algeri, Il barbiere di Siviglia, Otello, Cenerentola, Mosè, Matilde di Shabran, Semiramide, Guglielmo Tell; G. Meyerbeer: Il crociato in Egitto, Roberto il diavolo, Gli ugonotti, Dinorah, Il profeta, L'africana; C.M. von Weber: Il franco cacciatore; V. Bellini: I Capuleti e i Montecchi, La sonnambula, Norma, I puritani; G. Donizetti: Lucrezia Borgia, Lucia di Lammermoor, Poliuto, La favorita; S. Mercadante: Il giuramento; G. Pacini: Saffo; Fr. von Flotow: Marta; G. Verdi: Macbeth, La battaglia di Legnano, Luisa Miller, Rigoletto, Il trovatore, Un ballo in maschera, La forza del destino; F. Asioli: Maria de' Ricci; E. Petrella: Il duca di Scilla, Isabella d'Aragona; Ch. Gounod: Faust; A. Marchisio: Piccarda Donati; V.N. Kasperov: Cola di Rienzi; O. Carlini: Gabriella di Falesia; R. Gentili: Rosamonda.

Il cavallo di battaglia della coppia M. fu Semiramide.

Gorin Marchisio sostiene che l'idea di abbinare le sorelle nella vecchia opera seria di Rossini fu del compositore Luigi Fabbrica. Cantata per la prima volta al Vittorio Emanuele di Torino nella primavera del 1858, e poi in tutta Europa, Semiramide con le M. costituiva un successo sicuro, cui gli impresari ricorrevano per risollevare le sorti d'una stagione sfortunata a causa d'un titolo sbagliato. Come riferisce Gorin Marchisio, in questi casi si decideva sempre di "tornare in Babilonia": con Carlotta interprete della regina e Barbara della parte en travesti di Arsace, Semiramide assunse per qualche tempo la funzione che Il barbiere ebbe praticamente dalla sua nascita. Con Semiramide le sorelle debuttarono alla Scala il 29 dic. 1858 e vi cantarono fino in primavera: l'opera ebbe 33 recite, quasi tre volte più del recentissimo Simon Boccanegra verdiano: "Carlotta e Barbara Marchisio non sono meno celebri, meno sublimi, meno immortali d'una Pasta, d'una Grisi, d'una Persiani, d'una Malibran ecc., e sentite nella Semiramide fanno obbliare il passato con tutte le sue glorie e per soprammercato si fanno proclamare Une, Perfette, Inimitabili!" (recensione in Gazzetta dei teatri, 26 sett. 1858).

Le Marchisio - la cui bellezza della voce era in grado di riscattare la scarsa avvenenza (vedi l'esplicito titolo di Tegani) - avevano perfetta padronanza dello stile belcantistico: numerose cronache riferiscono che sfoggiavano cadenze sempre diverse nei bis. Altro loro cavallo di battaglia fu Norma. Come al teatro Mauroner di Trieste qualche mese prima, nelle recite scaligere (1859) Carlotta cedette alla sorella la parte di Adalgisa e assunse con successo quella della protagonista.

Altra opera che cantarono a Trieste e poi dappertutto fu Il trovatore di Verdi.

Barbara doveva sempre bissare, a volte trissare, la canzone di Azucena, in conclusione della quale sfoggiava uno stupefacente e lunghissimo trillo. Nondimeno, Carlotta era superba nella parte di Leonora. L'energia, la convincente declamazione di Barbara e il metallo brunito degli affondi nel registro grave potevano far scoppiare un'ovazione anche su un mero recitativo, come nell'accompagnato che precede la cavatina di Arsace nella Semiramide, alle parole "di Belo il tempio".

Nel 1858 le M. furono contattate dall'Opéra di Parigi per essere scritturate a qualunque condizione. Vi giunsero tuttavia solo due anni più tardi, non prima di aver mietuto allori in altri importanti teatri italiani come l'Apollo di Roma, il Regio di Parma, il Grande di Trieste.

In quest'ultimo, nell'autunno 1858 Carlotta fece meraviglie nella parte di Gilda nel Rigoletto. A detta di Gorin Marchisio, alla fine della celebre aria Caro nome, Carlotta era stanca e Barbara le andò in soccorso nascosta dall'interno. Nessuno s'accorse dello scambio vocale, e Carlotta poté riprendere fiato e chiudere con un trillo magistrale. Nella stessa opera Barbara interpretava la parte secondaria di Maddalena e fu particolarmente applaudita nel celebre quartetto, mancando al suo personaggio una grande aria solista. A Trieste e poi dappertutto Barbara trionfò come protagonista della Cenerentola rossiniana: era dunque versatile al punto di sbalordire nelle vecchie parti en travesti, o moderne e vigorose come Azucena, e nel contempo nei panni dell'ingenua Angelina. In quest'opera toccò a Carlotta interpretare una particina, una delle sorellastre di Cenerentola. Il sestetto comunque veniva replicato a ogni recita.

Accompagnate dal fratello Giuseppe Enrico, alla metà d'aprile del 1860 partirono alla volta di Parigi per cantare Semiramide all'Opéra, tradotta in francese. Conobbero Rossini, che affidò la responsabilità dell'allestimento all'amico Michele Carafa, altro compositore italiano trapiantato Oltralpe, che lavorò a qualche adattamento e compose la musica di un ballo all'interno dell'opera, obbligatorio in quel teatro.

Com'era consuetudine nel tempio dell'opera francese, le prove furono lunghissime - al confronto con le abitudini italiane -, l'allestimento sfarzoso e curato nei minimi particolari. Si andò in scena con enorme successo il 9 luglio alla presenza di Napoleone III, dell'imperatrice Eugenia e del bel mondo parigino. Carlotta cantò come Matilde nel Guglielmo Tell, mentre Barbara cantò nel Trovatore. L'amicizia con Rossini si consolidò: ogni sabato non gravato da incombenze, le due sorelle pranzavano con lui nella villa di Passy, dove il compositore risiedeva da anni. Rossini regalò alle M. una copia dello spartito del Guglielmo Tell, pubblicato nello stesso anno dall'editore parigino Heugel, con la seguente dedica: "Alle mie dilette amiche ed incomparabili interpreti, Carlotta e Barbara Marchisio, posseditrici di quel cantare che nell'anima si sente".

Da Parigi (dove cantarono anche al Théâtre-Italien) le sorelle girarono tutta l'Europa, da Bruxelles a Berlino e poi in Inghilterra, Irlanda, Scozia, Mosca, San Pietroburgo, sempre osannate dal pubblico e ricoperte d'oro e di preziosi regali dai sovrani.

In quegli anni i teatri stranieri garantivano, generalmente, paghe migliori dei teatri italiani: a questo si deve se Carlotta e Barbara tornarono più volte in Russia affrontando anche i 25 gradi sotto zero della stagione invernale, dei quali parlano con orrore nelle lettere. Per motivazioni analoghe Verdi accettò di creare La forza del destino a San Pietroburgo nel 1862.

Tuttavia non mancarono apparizioni importanti anche in Italia, per esempio nella prima di Don Alvaro, la versione pietroburghese della Forza del destino, tenuta in Roma al teatro Apollo (carnevale 1863), con Barbara incomparabile Preziosilla, che dovette bissare la canzone e trissare il "rataplan".

Il vecchio Rossini, dal canto suo, pur non componendo opere da decenni, scrisse espressamente alcuni brani per le M.: un pezzo d'occasione, Le gittane (poi confluito nell'Album italiano), e il suo estremo capolavoro, La petite messe solennelle.

Il primo è un duetto su poesia di Giuseppe Torre, nel quale si celebra la vita spensierata delle zingare che passano di piacere in piacere. In realtà l'edizione critica dell'Album italiano (si veda Musique anodine - Album italiano, a cura di M. Tartak, Pesaro 1995) ha evidenziato che la musica era preesistente, cioè una delle tante intonazioni della quartina metastasiana Mi lagnerò tacendo, adattata al nuovo testo e con l'aggiunta d'una dedica alle due sorelle. Nuova fu invece la musica della Petite messe solennelle, per dodici voci (quattro solisti e otto coristi), eseguita per la prima volta la sera del 14 marzo 1864 in casa del conte Alexis e della contessa Louise Pillet-Will, banchieri di Rossini nonché suoi amici intimi, alla presenza dell'élite aristocratica e intellettuale parigina (tra i musicisti, D.-Fr.-E. Auber, J.-Fr.-Fr. Halévy, Meyerbeer). Dopo una sola esecuzione le M. partirono per una tournée nell'Europa dell'Est, e tornarono l'anno successivo a Parigi per una nuova esecuzione della messa, che si tenne nello stesso luogo della prima, il 24 apr. 1865.

Carlotta morì di parto a Torino il 28 giugno 1872 a soli 36 anni. Aveva sposato il basso viennese E. Kuhn, in arte Eugenio Cosselli.

Pochi anni dopo (1876) Barbara concluse la sua carriera e accettò di tornare a cantare, a Firenze, solo nell'ambito delle cerimonie per il trasporto del feretro di Rossini da Parigi in S. Croce (cantò lo Stabat Mater, che era stato un altro cavallo di battaglia in coppia con la sorella). Nel 1892 le fu offerta la cattedra di canto nel conservatorio S. Pietro a Majella di Napoli; insegnò a future stelle come Virginia Ferni Germano e Toti Dal Monte. Pubblicò per Ricordi alcuni quaderni di solfeggi ed esercizi vocali.

Barbara morì a Mira (Venezia) il 19 apr. 1919.

Fonti e Bibl.: F. Regli, Diz. biografico dei più celebri poeti ed artisti melodrammatici…, Torino 1860 (ed. anast., Bologna 1990, pp. 304 s.); E. Gorin Marchisio, Le sorelle M.: ricordi, Milano 1930; U. Tegani, Le brutte e belle sorelle M., in Id., Cantanti di una volta, Milano 1945, pp. 55-63; A. Basso, Il conservatorio di musica "G. Verdi" di Torino: storia e documenti dalle origini al 1970, Torino 1971, pp. 44, 55-62, 87, 253-257 e passim; Storia del teatro Regio di Torino, II, A. Basso, Il teatro della città dal 1788 al 1936, Torino 1976, pp. 281, 327, 338; G. Pestelli, Beethoven a Torino e in Piemonte nell'Ottocento, Torino 1982, pp. 18-25 e passim; G. Appolonia, Le voci di Rossini, Torino 1992, pp. 393-408; C. Schmidl, Diz. univ. dei musicisti, II, p. 35; Suppl., pp. 505 s.; Enc. dello spettacolo, VII, coll. 108-110; Diz. encicl. univ. della musica e dei musicisti, Le biografie, IV, pp. 643 s.; K.J. Kutsch - L. Riemens, Grosses Sängerlexikon, II, coll. 1843 s.; The New Grove Dict. of music and musicians, XV, pp. 828 s.; Die Musik in Geschichte und Gegenwart, Personenteil, XI (2004), p. 1055.

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