MARCO da Nizza

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 69 (2007)

MARCO da Nizza

Margherita Palumbo

Non se ne conosce la data di nascita, avvenuta con ogni probabilità a Nizza, tra la fine del XV e l'inizio del XVI secolo. M. apparteneva alla provincia francescana del Piemonte e le prime notizie biografiche certe su di lui risalgono al 1531, data in cui un gruppo di membri dell'Ordine - tra cui M. - raggiunse l'isola di Hispaniola, l'odierna Santo Domingo. Nel 1532 fu incaricato di seguire, come commissario dell'Ordine francescano, la spedizione organizzata da Sebastián Moyano de Benalcázar alla volta del Perù. Imbarcatosi in Nicaragua, nel 1534 giunse a Quito, poco dopo l'avvenuta esecuzione di Atahualpa, sovrano degli Inca. Durante la permanenza nella città peruviana M. ebbe modo di entrare in stretto rapporto con alcuni dei protagonisti della conquista - Francisco Pizarro, Pedro de Alvarado, Diego de Almagro -, ma anche di assistere ai massacri perpetrati dagli Spagnoli. Delle violenze commesse ai danni di una popolazione che M. descrive pacifica e amica dei cristiani, nonché della distruzione di una terra che, riteneva, avrebbe potuto sfamare l'intera Castiglia, offrì drammatica testimonianza in un memoriale inviato nei primi mesi del 1537 a Juan de Zumárraga, vescovo di Città del Messico, e in seguito trasmesso a Bartolomeo de Las Casas, che lo diede alle stampe nella sua Brevísima relación de la destrucción de las Indias del 1552. Zumárraga rimase colpito da quanto riferito da M., tanto da manifestare, in una lettera del 4 apr. 1537, la necessità di rendere noto il memoriale a Carlo V perché inducesse il viceré Antonio de Mendoza a condurre "apostólicamente o cristianamente" la conquista delle terre americane (Cuevas - García, pp. 83 s.).

Lo sdegno per le atrocità delle quali M. era stato testimone lo aveva indotto ad abbandonare il Perù per seguire Alvarado in Guatemala e raggiungere poi il Messico, dove si stabilì nel convento della provincia del Santo Evangelio. Tenuto in grande considerazione non solo per le sue qualità morali, ma anche per le conoscenze geografiche e la vasta esperienza maturata nei rapporti con gli Indios, nel 1538 il provinciale Antonio de Ciudad-Rodrigo lo segnalò per una spedizione promossa dal viceré Mendoza, il cui scopo era esplorare le regioni situate a nord del Messico, in direzione di Cíbola (probabilmente l'attuale valle del Rio Zuñi, in Nuovo Messico), dove si riteneva fossero ubicate le "sette città" che la leggenda voleva fondate da sette vescovi fuggiti dalla Spagna all'epoca dei Mori, e sulle quali alcune informazioni erano state riferite da Álvaro Núñez Cabeza de Vaca nel 1536, al ritorno dello sfortunato viaggio di Pánfilo de Narváez. Nel novembre 1538 Mendoza consegnò precise istruzioni a M., al quale si raccomandava in particolare di comunicare in via del tutto riservata i risultati della missione (Pacheco - Cárdenas, III, pp. 325-328). La spedizione partì da San Miguel, nella provincia di Culiacán, il 7 marzo 1539, e come guida fu scelto - così scrive M. nella cronaca del viaggio - "Stephano di Dorante negro" (Ramusio, c. 356r). Dopo una faticosa marcia, il 28 marzo M. raggiunse Vacapa (oggi Las Trincheras), dalla quale Estebán de Dorantes andò in ricognizione verso Cíbola, ma il 21 maggio il resto della spedizione fu raggiunto dalla notizia della morte di Estebán de Dorantes, avvenuta durante il tentativo di penetrare nella città. M. decise però di proseguire, arrivando in vista di Cíbola, "più bel sito […] che in queste parti io habbia veduto", con oltre ventimila case, e i cui abitanti "hanno molti smeraldi, & altre gioie, anchor che non apprezzino se non turchese, con le quali adornano li pareti delle portali delle case" (ibid., c. 359r). Obbedendo alle istruzioni di Mendoza, M. prese possesso in nome della Corona di Spagna delle terre scoperte, a cui impose il nome di "nuovo regno di San Francesco", ma preferì non spingersi oltre nell'esplorazione, temendo per la propria vita, e "se io morivo, non si poteva aver relatione di questa terra che […] è la maggior, & miglior di tutte le discoperte" (ibid.). Intorno al 24 maggio iniziò la lunga marcia di ritorno, conclusasi nell'agosto, quando M. rientrò nel convento del Santo Evangelio per dedicarsi alla stesura della relazione richiestagli da Mendoza.

Il testo originale, redatto in castigliano, è conservato presso l'Archivo general de Indias di Siviglia (Patronato, Descubrimiento, Nueva España, f. 20) in due copie non autografe, ma corredate dal sigillo di M., designato come "Generalis Comissarius Omnium Indiarum Maris Occidentalis". La prima edizione, in versione italiana, fu pubblicata da G.B. Ramusio nel III libro delle Navigationi et viaggi… (Venetia, Heredi di L.A. Giunti, 1565, cc. 356-359), preceduta dalle istruzioni di Mendoza e da due lettere di Francisco Vásquez de Coronado, governatore della Nuova Galizia (cc. 354-355). Nel 1600 R. Hackluyt incluse la traduzione inglese del testo edito da Ramusio nel III tomo di The principal voyages, navigations, traffiques, and discoveries (London 1600, pp. 366-373). Una traduzione francese fu inserita da H. Ternaux-Compans nella raccolta Voyages, relations et mémoires originaux pour servir à l'histoire de la découverte de l'Amérique (IX, Paris 1838, pp. 256-284). La relazione originale - in parte resa nota da A. de Herrera nella Historia general de los hechos de los Castellanos en las islas y tierra firme del mar Océano (VI, Madrid 1615, pp. 199-205) - è stata infine edita da Pacheco e de Cárdenas nel III volume della Coleccíon de documentos inéditos (pp. 328-351).

Le notizie sulle nuove terre ebbero immediata risonanza, tanto da aprire un'aspra contesa tra Mendoza e il conquistador H. Cortés riguardo al privilegio della loro colonizzazione. Cortés non esitò, in un memoriale del 25 giugno 1540, a sostenere che M. fosse solo un impostore e la sua relazione del viaggio a Cíbola un insieme di menzogne concordate con Mendoza stesso per riservare al viceré il diritto esclusivo di colonizzare la regione (Nueva colección, pp. 194 s.). Il sospetto che M. non fosse in realtà mai giunto nelle terre che aveva pur accuratamente descritto sembrò trovare nuovi argomenti nella cronaca redatta da Pedro de Castañeda della successiva esplorazione organizzata, nel 1540, dal Coronado e in cui a proposito di Cíbola si osserva che "il padre […] in niuna cosa che disse, ha detto il vero, ma è stato tutto al rovescio, eccetto nel nome della città" (Ramusio, 1565, c. 361r). Ciò contribuì ad alimentare la discussione, proseguita fino a oggi e sostanzialmente irrisolta, sia sul grado di veridicità della relazione, sia sull'itinerario effettivamente seguito.

La lunghissima marcia, condotta spesso in condizioni climatiche estreme, finì per minare la salute di M. che, amareggiato dalle tante polemiche, trascorse gli ultimi anni di vita nel convento del S. Evangelio (si tratta probabilmente di quello fondato a México-Tenochtitlan, l'odierna Città di Messico), del quale nel 1540 era stato nominato provinciale.

M. morì nel marzo del 1548, dopo lunga malattia, come testimonia una lettera di Zumárraga del 27 febbr. 1546, in cui il vescovo accoglie la sua supplica di poter ricevere una fornitura di vino, necessario "por ser mi enfermedad falta de sangre y de calor natural" (Nueva colección, p. 293).

Di M. non sono conservati altri scritti, anche se sono noti i titoli di alcune descrizioni del Perù, probabilmente andate perdute: Conquista de la provincia de Quito; Ritos y ceremonias de los Indios; Las dos líneas de los Incas y de los Serys en las provincias del Perú y del Quito; Cartas informativas de lo obrado en las provincias del Perú y del Cuzco (de Velasco).

Fonti e Bibl.: Colección de documentos inéditos relativos al descubrimiento, conquista y organización de las posesiones españolas en América y Oceanía, a cura di F.J. Pacheco - F. de Cárdenas, III, Madrid 1864, pp. 325-351; Nueva colección de documentos para la historia de México, a cura di J. García Icazbalceta, II, México 1889, pp. 194 s., 293; Documentos inéditos del siglo XVI para la historia de México, a cura di M. Cuevas - G. García, México 1914, pp. 83 s.; P. Oroz - J. de Mendieta - Fr. Suárez, Relación de la descripción de la provincia del Santo Evangelio que es en la Indias Occidentales que llaman La Nueva España, hecha en el año de 1585, a cura di F. de J. Chauvet, México 1947, pp. 87 s.; F. Gonzaga, De origine seraphicae religionis Franciscanae, Venetiis 1603, p. 1245; Martyrologium Franciscanum, Parisiis 1653, pp. 132 s.; A. Rossotti, Syllabus scriptorum Pedemontii, Monteregali 1667, pp. 413 s.; L. Wadding, Annales minorum, XVI, Romae 1736, p. 309; J. de Velasco, Historia del Reino de Quito…, I, Quito 1841, p. 307; Marcellino da Civezza, Storia universale delle missioni francescane, VI, Prato 1881, pp. 661-663, 684-714; A.F.A. Bandelier, La découverte du Nouveau-Mexique par… frère Marcos de Nice en 1539, in Revue d'ethnographie, I-III (1886), pp. 31-48, 117-134, 193-212; J.G. Shea, The catholic Church in colonial days, 1521-1763, New York 1886, pp. 114-118; W. Lowery, The Spanish settlements within the present limits of the United States (1513-1561), New York-London, 1911, pp. 260-286; L.B. Bloom, Who discovered New Mexico?, in New Mexico Historical Review, XV (1940), pp. 101-132; C.O. Saur, The credibility of the fray M. account, ibid., XVI (1941), pp. 233-246; I.U. Faralli, Italiani nel Perù, Roma 1941, p. 11; G.J. Undreiner, Fray Marcos de Niza and his journey to Cíbola, in The Americas, III (1947), pp. 415-486; R. Vargas Ugarte, Historia de la Iglesia en el Perú (1511-1568), I, Lima 1953, pp. 203, 210 s.; I. Luzzana Caraci, Fra M. da N. scopritore del Nuovo Messico, in Boll. della Soc. geografica italiana, IV (1975), pp. 91-111; A.F.A. Bandelier, The discovery of New Mexico by the Franciscan monk, friar Marcos de Niza in 1539, a cura di M. Turrell Rodack, Tucson, AZ, 1981; C. Aguirre - L. Tormo, Algunas caracteristicas de los franciscanos en Nuevo Mexico durante el primer siglo (1535-1635), in Actas del I Congreso internacional sobre los franciscanos…, La Rábida… 1985, Madrid 1985, pp. 727-733; M. Cuesta Domingo, Aportacíon franciscana a la geografía de America, ibid., pp. 563-565.

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