Manìlio, Marco

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Poeta latino (sec. 1º a. C. - 1º d. C.), di cui non si conosce né la patria né la vita, autore di un poema Astronomica, interrotto al 5º libro, la cui cronologia si può fissare sulla base di riferimenti alla battaglia di Teutoburgo (9 d. C.), ad Augusto e, probabilmente, a Tiberio. Il titolo conviene solo al primo libro, di cosmologia e cosmogonia; il resto è astrologico. M. ritiene la vita umana predestinata, secondo gli stoici, e dipendente dai movimenti degli astri. M. si vanta di trattare per primo materia nuova per i Romani, ma si valse, come si ammette modernamente (e la ricerca delle sue fonti è stata oggetto di molti studî), delle opere di Posidonio, dei Fenomeni di Arato e, per la parte astrologica, dell'opera di Asclepiade di Mirlea, di Nechepso e di Petosiride. Formalmente M. imita Lucrezio, specialmente nel proemio ai singoli libri, pur essendo all'opposto della dottrina epicurea; frequenti sono le imitazioni virgiliane, ma M. resta molto inferiore a Lucrezio e a Virgilio, non riuscendo a padroneggiare poeticamente l'arida materia. Il poema di M. fu dagli antichi ammirato (pur se il nome dell'autore non si trova ricordato presso gli scrittori): nel sec. 4º Firmico Materno ne riprodusse il 5º libro nell'8º dei suoi Matheseos libri: rimase poi quasi sconosciuto finché nel sec. 15º fu riscoperto, studiato e diffuso.

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