NERO, MARE

Enciclopedia Italiana (1934)

NERO, MARE (antico Pontus Euxinus; turco Kara Deniz; russo Černoe More; bulgaro, Černo More; romeno Marea Neagră; A. T., 71-72)

Raffaele ISSEL
Plinio FRACCARO
Giovanni PLATANIA
Giuseppe MORANDINI
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Appartiene ai mari tipicamente intracontinentali o mediterranei e costituisce un'appendice del Mare Mediterraneo, ben distinta tuttavia per le sue condizioni fisiche. È situato tra i paralleli di 41° e 46°35′ N. e tra i meridiani di 27° 30′ e 41° 40′ E. La forma e l'origine sono collegate con quelle di tutto il Mediterraneo, così da poterlo considerare come un mare terziario, dovuto a fenomeni tettonici di sprofondamento. Secondo alcuni autori sarebbe però di epoca molto più recente (diluviale); ma le opinioni in proposito sono ancora molto discordi (v. mediterraneo, mare).

È limitato dalla Bulgaria, dalla Romania, dall'Ucraina, dalla Russia meridionale, dalla Caucasia e dall'Anatolia; la comunicazione col resto del Mediterraneo è assai ristretta (Bosforo 3 km.) e altrettanto angusta è quella con il Mare di Azov (Stretto di Kerč).

Grandi fiumi, quali il Danubio e il Dnestr a O., il Bug, il Dnepr e il Kuban′ a N., il Rion a E., il Kizil Irmak a S., vi apportano una notevole quantità di acqua dolce che contribuisce a determinare condizioni di salinità molto diverse da quelle del Mediterraneo. Presenta una povertà assoluta d'isole (Anastasia nel Golfo di Burgas, Insula Serpilor di fronte alle foci del Danubio, Berezan al largo di quelle del Dnestr, Kirpe a circa 80 km. a E. del Bosforo). Vario è l'aspetto delle coste, generalmente contornate da alture, più o meno elevate propaggini di gruppi montuosi che si spingono fin quasi sul mare; parte della costa di O. e NO., peraltro, è bassa e piatta, soprattutto in corrispondenza del delta del Danubio, e vi si estendono grandi lagune (liman) assai importanti per la pesca.

La superficie del Mar Nero è di 420.000 kmq. e il volume di 514.500 kmc.; la profondità media di 1225 m. (Kossinna). Eccetto che nella parte NO., tra Varna e Sebastopoli, le profondità vanno rapidamente crescendo; la pendenza dello zoccolo continentale a sud della Crimea raggiunge valori notevoli (14°) e lungo la costa orientale dell'Anatolia arriva fino a 18°. Una vasta platea, che occupa circa i due terzi della parte profonda, sta fra 2000 e 2200 m.; la massima profondità è di m. 2245.

Particolari si presentano le condizioni dei sedimenti di fondo, caratterizzati soprattutto dalla rarità di elementi calcarei di origine inorganica e dall'abbondanza di quelli ferrosi, di colore vario, da quasi neri, per la presenza di solfuro di ferro, nella parte meno profonda, a grigi più o meno chiari, con qualche resto di organismi semifossili.

Le condizioni climatiche sono caratterizzate da inverni rigidi e da estati a temperatura mite, specialmente sulle coste orientali della Crimea, dove il clima è favorevole alla coltivazione della vite, e su quelle della Caucasia. La parte occidentale è dominata, durante i periodi equinoziali, dai venti di S. e SE., mentre nella parte settentrionale, in primavera, predominano quelli di NE. e SO., talvolta violenti e pericolosi.

Anche le condizioni fisico-chimiche delle acque si presentano affatto singolari e fondamentalmente diverse da quelle del Mediterraneo, caratterizzate anzitutto dall'esistenza di una notevole quantità d'idrogeno sofforato, nell'esteso strato di acque profonde al di sotto di circa 200 m., fatto messo già in luce dalle ricerche di A. Makaroff (1880), di I. B. Špindler, F. Vrangel′ (Wrangel) e A. Lebedincov (Lebedinzeff; 1890-1892); quest'ultimo trovò i seguenti valori:

Tali risultati sono stati riconfermati anche dalle spedizioni posteriori, quale quella di A. Schmidt (1908-10) e J. Schokalsky (Šokalskij, 1924-27); secondo una delle ipotesi fatte, la grande quantità d'idrogeno solforato sarebbe dovuta alla morte improvvisa degli organismi viventi nell'antico bacino poco salato, al momento della sua unione col Mediterraneo, di salinità più alta. A tale ipotesi furono fatte varie obiezioni e ora si propende piuttosto verso una spiegazione chimica del problema (riduzione dei solfati per opera di batterî).

La temperatura dell'acqua in superficie subisce notevoli oscillazioni stagionali, mantenendosi di poco superiore a quella dell'aria, con una media di 6°; l'escursione annua è di 20°. In profondità presenta un comportamento del tutto peculiare; infatti essa decresce regolarmente fino a un minimo che si trova a profondità variabili tra i 45 e i 90 m. e che si sposta verso la superficie in vicinanza delle coste; il valore di questo minimo sta tra 6,4° e 7,3°, alquanto più alta a E. che a O.; da 200 m. a 2000 m. la temperatura aumenta fin verso i 9°. Tale andamento generale è risultato anche dalle osservazioni dello Schmidt che a due miglia dall'imboccatura del Bosforo trovò un minimo di temperatura (8°,5) a 40 m., ma a circa 60 m. riscontrò uno strato d'acqua a temperatura (15°,3) e salsedine molto più elevate, proveniente dall'Egeo.

In relazione con la distribuzione della temperatura è anche quella della salinità, che tuttavia, come si è già accennato, è influenzata dai ricchi apporti di acqua dolce. Pertanto i valori si discostano molto da quelli del Mediterraneo; per la superficie variano tra 18 e 18,5‰, mentre sono appena tra 8 e 9‰ nella zona d'influenza dei fiumi; in profondità aumentano fin verso i 700 m. dove toccano il 22,5‰ per poi mantenersi costanti. La distribuzione dell'ossigeno è stata messa in rilievo dalle ultime ricerche e si è mostrata particolarmente collegata non solo con quella dell'idrogeno solforato ma anche con il sistema delle correnti subacquee, che è assai poco sviluppato, sì da impedire la diretta ossigenazione degli strati più profondi, tanto che verso i 200 m. esso scompare quasi completamente.

Una causa delle particolari condizioni del Mar Nero è il sistema di correnti del Bosforo: la superficiale che va verso il Mare di Marmara e una sottocorrente in senso inverso. Essa fu messa in evidenza già nel sec. XVII da L. F. Marsigli; fu poi negata dallo Spratt (1891); ma tanto le ricerche del Wharton, quanto quelle accuratissime del Magnaghi confermarono l'esattezza delle osservazioni del Marsigli.

I grandi fiumi versano in questo bacino una quantità d'acqua dolce superiore a quella perduta per evaporazione superficiale, e l'eccesso deve defluire per il Bosforo. In conseguenza di questo deflusso sorgono differenze di pressione in acque profonde allo stesso livello, che producono un afflusso di acque più salse dal Mar di Marmara nel Mar Nero. Lo spessore della corrente superficiale, secondo lo Špindler, è vario nei diversi luoghi (fra 12 e 22 m.) e presenta notevoli differenze di temperatura e salinità. Dai calcoli sull'evaporazione superficiale e sul volume dell'acqua entrante e uscente, lo Špindler conclude che almeno tanta acqua affluisce attraverso il Bosforo quanta ne giunge dai fiumi al Mar Nero; la quantità che defluisce come corrente superficiale è circa doppia di quella della sottocorrente.

Il sistema di correnti superficiali ha, nelle grandi linee, un andamento inverso a quello delle lancette dell'orologio. Una corrente proviene costantemente dal Mar d'Azov, attraversa lo stretto di Kerč e prende la direzione SO. lungo le coste della Crimea. A O. del capo Chersoneso essa si dirama in diverse direzioni: il ramo principale di essa, volgendo verso N., superato il capo Tarkhan, piega verso O. e incontra le acque del Dnepr, del Bug e del Dnestr, che la spingono verso S. e infine, mescolata con le acque del Danubio, raggiunge il Bosforo e vi penetra verso il Mar di Marmara. Una parte di questa corrente, superato il Bosforo, volge verso le coste dell'Anatolia, dove forma una corrente litoranea diretta verso E., NE. e infine verso NO. lungo le coste orientali, chiudendo così il circuito. Queste correnti possono occasionalmente essere annullate o anche invertite da venti forti e persistenti.

Nello strato profondo lo Špindler suppose l'esistenza di una corrente orizzontale, in base ai risultati di ricerche sulla salsedine nelle adiacenze del Bosforo. Lo Schokalsky ha precisato l'andamento di questa corrente profonda, dimostrata dalla distribuzione dell'ossigeno alla profondità di 100 e 150 m., da cui risulta che la corrente sottomarina del Bosforo volge subito ad E., corre lungo le coste dell'Anatolia fino verso Sinope e poi si dirige verso NE. Il sistema di correnti verticali, per quanto si è detto, è assai poco sviluppato e riguarda un sottile strato superficiale.

Le maree sono poco sensibili, le oscillazioni non raggiungendo 10 cm. in nessun luogo. R. v. Sterneck (1922) ha fatto ricerche sulle maree e dalle ore di porto ha ammesso l'esistenza di un'anfidromia nel senso orario. Kurčatov (1925) ha eseguito osservazioni sulla sovrapposizione di oscillazioni stazionarie (sesse) di carattere locale. A. Endrös (1932) ha fatto uno studio accurato sulle sesse del Mar Nero, stabilendo che in esso avvengono tre diverse oscillazioni stazionarie principali; le loro direzioni, da un punto dell'estremità orientale, ove concidono (Poti), puntano su Odessa, Costanza e un terzo punto a poca distanza dal Bosforo con periodi rispettivamente di 7h,4; 6h,4; 5h5.

Fauna e Flora. - Il Mar Nero si distingue fra i mari che bagnano l'Europa anche per talune caratteristiche biologiche in parte comuni ad altri bacini salmastri. Ricorderemo le principali: a) ingente riduzione qualitativa della flora e della fauna, talvolta compensata da ricchezza quantitativa delle medesime e imputabile alla debole salinità. Tale impoverimento giunge sino all'esclusione totale d'importanti gruppi zoologici (classi e ordini), come gli Zoantarî fra i Celenterati, gli Echinoidi fra gli Echinodermi; i Pteropodi e i Cefalopodi fra i Molluschi. Le specie di Alghe finora segnalate nel Mar Nero ammontano appena a 206; b) assenza di vita nella zona profonda, al disotto di 200-300 metri, dove, causa la mancanza di circolazione verticale, l'acqua difetta di ossigeno ed è, per contro, ricchissima d'idrogeno solforato; c) presenza di elementi faunistici che si debbono considerare quali relitti dell'immenso lago salmastro miopliocenico, detto dai geologi Bacino ponto-aralo-caspico, e che risultano uguali o simili a specie relitte attualmente nel Mar Caspio. Mentre nelle zone centrali del Mar Nero si rinvengono specie prevalentemente mediterranee, le caspiche popolano soprattutto i golfi più o meno fortemente diluiti della costa N. O. del Mar d'Azov, i liman del Dnepr e del Dnestr, nonché gli stagni d'acqua dolce che, lungo il corso inferiore del Danubio, rappresentano i residui di un grande estuario di tale fiume. Conviene segnalare, fra gli elementi caspici, i generi Adacna e Monodacna (Molluschi lamellibranchi), Caspialosa e Harengula (Pesci). Fitoplancton e zooplancton sono qualitativamente assai poveri e abbondano soltanto nella zona superiore fino a 40-50 metri di profondità.

L'importanza del Mar Nero nel traffico marittimo europeo attualmente non è molto rilevante; è stata molto maggiore nell'antichità e nel Medioevo fin verso il secolo XV; tuttavia anche ora Odessa, il maggior centro marittimo, è d'importanza non regionale, ma europea per il notevole traffico che di qui irradia verso varî paesi. Assai meno importanti sono gli altri centri portuali, di cui i più noti sono: Sinope, Samsun, Ineboli e Trebisonda, già centro di transito tra la Persia e l'Europa, nell'Anatolia; Batum, centro di esportazione del petrolio e dei minerali di manganese, Poti, Tuapse e Novorossijsk, nella Caucasia; Teodosia, Jalta e Sebastopoli, nella Crimea; Cherson e Nicolaev nell'Ucraina; Sulina e Costanza in Romania; Varna e Burgas in Bulgaria. I porti più settentrionali soffrono una contrazione invernale del traffico per il congelamento del mare, poiché non sempre le navi rompighiaccio riescono a liberare la rotta delle navi.

Bibl.: A. Lebedinzeff, Chemische Untersuchungen in dem Schwarzen und Azowschen Meere, in Ann. der Hydrographie, ecc., 1893, p. 420; I. B. Spindler e F. Wrangell, Résumé des observations hydrologiques dans la Mer Noire et la Mer d'Azov pendant les expeditions du 1890 et 1891, Pietroburgo 1899; J. Schmidt, Report on the Danish oceanographical expeditions to the Mediterranean and adiacent seas, I, Copenaghen 1912; O. Krümmel, Handbuch der Ozeanographie, I e II, Stoccarda 1907 e 1911; C. Vallaux, Géographie géérale des mers, Parigi 1933. - Sulla fauna e flora v.: U. D'Ancona, Faune et Flore des eaux saumâtres, in Rapports et procès verb. Commis. internat. explorat. de la Méditerranée, I, Parigi 1931, n. 5; L. Cuénot, La génèse des espèces animales, 3ª ed., Parigi 1932, pp. 619-620.

Storia.

I Greci chiamarono dapprima l'inclemente mare oltre gli stretti della Tracia, sulle cui sponde vivevano tutte popolazioni barbare, "l'inospitale mare" (Πόντος ἄξεινος); ma quando essi ebbero costellato di fondazioni greche buona parte delle sue coste, esso divenne "il mare ospitale", εὔξεινος, lat. pontus Euxīnus. Il più ristretto mare all'ingresso del Ponto, fra i Dardanelli e il Bosforo, fu invece detto Προποντίς, Propontide.

Due regioni litoranee del Mar Nero erano destinate dalla natura ad assumere notevole importanza nella storia del mondo antico: la regione sud-orientale, fra i monti della Paflagonia, i monti Paryadres, il Caucaso e il mare (che sarà poi il Ponto e la Colchide), ricchissima di metalli, e la regione settentrionale, l'attuale Russia meridionale, produttrice inesausta di grano, presso le cui rive la pesca è abbondantissima. Alla prima regione pervennero sin da epoca remota (inizio del II millennio) gli Assiri in cerca di rame e d'argento e specialmente di ferro; anzi gli antichi dicevano che il ferro sarebbe stato trovato per la prima volta dai famosi fabbri della gente dei Chalybes, che ivi abitavano. E per secoli le carovane trasportarono da questa regione metalli per tutta l'Asia anteriore, fino all'Egitto, e ad occidente sino all'Egeo. La leggenda, forse d'origine caria, degli Argonauti e del vello d'oro è certo in relazione con questo commercio dei metalli del Ponto e della Colchide; e sulle rive del Termodonte, fiume pontico, si localizzarono le guerriere Amazzoni, forse sacerdotesse guerriere della Grande Dea Madre anatolica. I Minoici e i Micenei non fecero però del Mar Nero campo di una loro intensa attività commerciale. Nella regione a settentrione, una notevole civiltà agricola s'era sviluppata fin dall'età neolitica; poi, nel sec. VIII all'incirca, erano sopraggiunte le tribù dei Cimmerî, forse Traci di stirpe, e più tardi gli Sciti, iranici: essi stabilirono il loro dominio sulle popolazioni che già abitavano e coltivavano il paese e assimilarono molti elementi della loro civiltà. I Greci ebbero dapprima di queste regioni notizie vaghe; nel lontano paese dei Cimmerî essi collocavano la sede degli spiriti dei morti.

Intorno al 1000 a. C., a quanto pare, Carî e Achei cominciarono a spingersi lungo la costa meridionale del Mar Nero e a fondarvi delle stazioni per il commercio e la pesca; passo passo, essi raggiunsero il Bosforo Cimmerio e le foci dei grandi fiumi della Russia. Li seguirono gli Ioni, in prima linea i Milesî, e altri Greci, e numerose colonie furono fondate nei secoli VIII, VII e VI tutto intorno alla Propontide e al Ponto Eusino, tranne che sull'inospitale tratto di costa a oriente, fra la Colchide e la penisola di Taman (v. colonizzazione). Queste colonie si possono dividere in tre gruppi: quelle della costa meridionale (le più importanti Sinope, Trapezunte, il porto del distretto minerario, Amiso, Eraclea Pontica), quelle della costa ovest e nord-ovest (notevoli Istro, Tira, specialmente Olbia, alle foci del Bug e del Dnepr) e quelle infine del Chersoneso Taurico (Crimea) e delle due sponde del Bosforo Cimmerio, lo stretto che metteva dal Ponto Eusino al pescosissimo mare d'Azov, la Palude Meotide (le più importanti Chersoneso nella Crimea, Panticapeo e Fanagoria sullo stretto).

Queste colonie divennero presto fiorenti. La sicurezza del traffico nel retroterra delle colonie meridionali era assicurata dal regno di Lidia e poi dall'impero persiano; in quello delle colonie settentrionali dall'impero degli Sciti. Gl'indigeni della Russia meridionale portavano alle città greche il loro grano, che prendeva la via della madre patria greca, nella quale la popolazione cresceva e non poteva essere nutrita coi prodotti del paese; inoltre pesce, pelli, schiavi; fino dai lontani Urali giungeva l'oro. I Greci davano in cambio specialmente i loro manufatti, oggetti di metallo, vasi, tessuti. Dell'intensità di questi scambî dànno un'idea le suppellettili greche trovate in tanta copia nelle tombe dei signori sciti nella Russia meridionale.

Nel sec. VI, il Ponto Eusino fu dominio quasi esclusivo di Mileto; ma dopo le guerre persiane, Atene, divenuta la più grande potenza marittima greca, sottentrò ai Milesî, collegò al suo impero le più importanti città pontiche e stabilì sue colonie dirette sulla costa meridionale e settentrionale; Pericle stesso fece una spedizione nel Ponto. Atene aveva bisogno soprattutto del grano scitico per mantenere la sua popolazione artigiana e per ragioni di supremazia politica; perciò pretese il monopolio del commercio del Mar Nero. La supremazia ateniese nell'Eusino crollò con la guerra del Peloponneso, la quale fu decisa appunto negli stretti della Propontide (distruzione della flotta ateniese a Egospotami nel 405). Acquistò allora piena indipendenza e supremazia sul Mar Nero settentrionale il regno del Bosforo Cimmerio. Infatti dal 438 s'era stabilita a Panticapeo una dinastia greco-cimmeria di tiranni, che si chiamavano arconti di Panticapeo e re dei Sindî e dei Meoti; essi riunirono tutte le città greche sul Bosforo in un solo stato indipendente dagli Sciti, che nel sec. IV fu molto fiorente. I rapporti commerciali con Atene continuarono molto intensi, nonostante la mutata situazione politica; degli 800.000 medimni circa di grano, che verso la metà del sec. IV entravano annualmente al Pireo, una metà proveniva dal Ponto Eusino. Questa florida condizione durò sino a quando l'impero degli Sciti fu abbattuto nel sec. III dalle invasioni dei Sarmati e di altri barbari e le condizioni di ordine e di pace cessarono nella Russia meridionale. Gli Sciti, ripiegando verso la costa, premevano sulle città greche, la cui situazione divenne sempre più critica; finché esse furono costrette, già nel sec. II, a chiedere aiuto ai re del Ponto. In questa regione, una dinastia di nobili persiani, i Mitridatidi, avevano intorno al 300 a. C. fondato un regno, che andò gradatamente estendendosi a est sino a comprendere la Colchide, a ovest sino ai confini della Bitinia; una dopo l'altra, le città greche della costa erano state sottomesse dai re, i quali si servivano di elementi greci per l'organizzazione dell'esercito e della flotta e per dare una vernice di civiltà ellenica alla struttura orientale del loro stato. Il più famoso di questi re, Mitridate VI Eupatore (115-63 a. C.), fu il più tenace avversario che i Romani abbiano trovato in Asia, e riuscì a portare i suoi soldati sotto le mura di Atene e a spingere le sue navi nello Ionio. Qui interessa notare che egli diede un'unità politica alla maggior parte dei paesi intorno al Mar Nero. Infatti, a richiesta degli abitanti di Chersoneso e del Bosforo, egli inviò il suo generale Diofanto, che in due spedizioni sconfisse Sciti e Sarmati, ma fece delle città greche della costa settentrionale, compresa Olbia, una provincia del regno del Ponto, governata da un viceré, che aveva la sua sede a Panticapeo. Grande importanza avevano per Mitridate, oltre alle altre rendite, i 180.000 medimni di grano che il Bosforo gli forniva per la flotta e l'esercito e soprattutto la possibilità di reclutare a volontà mercenarî fra tutte le popolazioni barbariche a nord del Mar Nero, dal Caucaso al Danubio, o di spingere queste popolazioni contro i confini della provincia romana di Macedonia.

Durante le guerre mitridatiche, le regioni a sud dell'Eusino vennero in potere dei Romani: la Bitinia, nel 74, per testamento dell'ultimo re; la costa della Paflagonia e del Ponto sino oltre il fiume Iris, in seguito alle campagne di Pompeo e all'ordinamento da lui dato all'Asia (63). Invece la costa del Ponto Cappadocico e della Colchide fu lasciata a dinasti vassalli. Il regno del Bosforo rimase a Farnace figlio di Mitridate, che s'era ribellato al padre quando questi cercò rifugio nel Bosforo, ove morì. Intanto nel 71 il governatore della Macedonia, M. Varrone Lucullo, assoggettò le città greche della costa occidentale, che divennero federate dei Romani. Così intorno a quasi tutto l'Eusino stavano ora paesi direttamente o indirettamente dominati dai Romani. Le guerre civili ebbero per conseguenza disordini anche sul Mar Nero, fra altro un tentativo di Farnace di riconquistare il Ponto, che fu stroncato da Cesare a Zela. Cesare aveva compreso anche la Russia meridionale nel suo progetto di conquiste orientali, troncato dalla sua morte. Augusto costrinse l'energica regina del Bosforo Dynamis, figlia di Farnace, a riconoscere la supremazia di Roma e l'indipendenza delle città greche. Così il regno bosporano rimase vassallo di Roma fino al sec. III d. C.; il suo grano era necessario per l'approvvigionamento degli eserciti romani d'Anatolia. La sua dipendenza da Roma fu resa più stretta da Claudio e poi da Nerone, il quale aveva concepito di conquistare tutte le regioni a nord e ad est dell'Eusino, e aveva ridotto a provincia, nel 63 d. C., il Ponto, lasciato da Pompeo a principi vassalli. I Romani o sussidiarono il regno bosporano o vi posero presidî forniti dall'esercito della Mesia, che già nel 57 d. C. aveva occupato Tira, mentre, per la polizia del mare, una squadra romana stazionava a Chersoneso. Ma per la grave crisi che l'impero ebbe a sostenere nel sec. III, dopo i Severi non fu più possibile mantenere l'occupazione delle coste settentrionali del Mar Nero, che caddero in dominio dei Sarmati e dei Goti. Olbia divenne un villaggio, Panticapeo perdette ogni carattere greco, e solo Chersoneso fu più a lungo difesa dai Romani. Sulle coste occidentali e meridionali del Mar Nero il dominio di Roma e di Bisanzio durò invece ancora per secoli.

Sotto l'impero bizantino dal sec. VI all'XI il Mar Nero ebbe notevole importanza come tramite fra il mondo bizantino e il mondo slavo, e come una delle vie del commercio mondiale dei prodotti dell'Estremo Oriente. Cherson nella penisola di Crimea e Trebisonda sulla costa anatolica furono i centri dove questi contatti commerciali furono più frequenti e attivi. I popoli slavi della Russia meridionale, o i nuovi popoli d'origine turca quali gli Uzî, i Cumani, i Pecceneghi, accampati sulle rive del Mar Nero, portavano a Cherson pellicce, pesce salato, caviale, a Trebisonda i prodotti della Cina e dell'India provenienti per via di terra dal Turkestān e dall'India, e tali prodotti figuravano poi tra i più notevoli contingenti del commercio bizantino. Ma il Mar Nero entrò in sempre più intimi contatti col mondo mediterraneo verso il principio del sec. XIII per merito delle repubbliche marinare italiane: Venezia e specialmente Genova, che cinse il Mar Nero di una corona di colonie, quale aveva creato in altri tempi nel Mediterraneo, solo la colonizzazione fenicia e greca. La lotta tra le due grandi repubbliche per impadronirsi degli stretti del Bosforo e quindi dell'accesso al Mar Nero parve, subito dopo la quarta crociata e la creazione dall'impero latino d'Oriente, decisa in favore di Venezia, ma col trattato di Ninfeo del 1261 Genova riuscì a ottenere un territorio sul Bosforo al di là del Corno d'Oro, e creò quella fiorente città di Pera o Galata che fu la sentinella avanzata dei Genovesi sullo stretto che portava dal Mar di Marmara al Mar Nero. Nel sec. XIII tutta la penisola di Crimea si copre di colonie genovesi: Soldaia, Cembalo, Gazzaria, Moncastro, Caffa e sul mare d'Azov, alle foci del Don, Tana. Bloccata dai Turchi la via dei commerci con l'Oriente dalla parte della Siria e della Palestina, attraverso il Mar Nero i Genovesi riescono così a riprendere contatto diretto con le grandi vie carovaniere, che attraverso l'Asia, portano i prodotti dell'Estremo Oriente. Naturalmente la caduta di Costantinopoli sotto i Turchi portò la caduta di tutto l'impero coloniale genovese nel Mar Nero. Prima cadde Galata, e, abbandonate a sé stesse, senza più comunicazioni con la madre patria, caddero di lì a poco tutte le altre colonie già così fiorenti.

Dominato da allora dai Turchi, il Mar Nero doveva ritornare a essere centro d'importanti vicende storiche soltanto quando contro i Turchi si avanzò una grande potenza, per la quale il dominio del Mar Nero rappresentava una condizione essenziale di vita, vale a dire la Russia. Dall'inizio del sec. XVIII, mentre l'Austria avanza contro i Turchi, nei Balcani occidentali, la Russia - legatasi allora con la prima con l'alleanza difensiva del 1726, - cerca di avanzare sia in direzione della Moldavia e Valacchia, sia, al centro stesso del Mar Nero, nella Crimea sia, ad est, nel Kuban. Già allo scoppio della guerra russo-turca, i Russi mettono innanzi la richiesta della libertà di navigazione del Mar Nero: quella richiesta che doveva rimaner costante mira della loro politica di espansione a sud, e che si doveva naturalmente collegare con l'altra richiesta, della libertà di navigazione attraverso gli Stretti, Bosforo e Dardanelli, per sboccare nel Mediterraneo. La questione del Mar Nero diveniva così parte inscindibile di quella che si denomina comunemente questione d'Oriente (v.).

Bibl.: E. H. Minns, Scythians and Greeks, Cambridge 1913; E. v. Stern, Die politische und soziale Struktur der Griechenkolonien am Nordufer des Schwarzmeergebietes, in Hermes, L (1915), p. 161; M. Ebert, Südrussland im Altertum, Lipsia 1921; M. Rostovtzeff, Iranians and Greeks in South Russia, Oxford 1922; Skythien und der Bosphorus, Berlino 1930, e i capitoli The Bosparan Kingdom e Pontus and its neighbours, in Cambridge ancient History, VIII (1930), p. 561, e IX (1932), p. 211, e la ricca letteratura data rispettivamente a pp. 784 e 924 (cfr. nella stessa History anche III, cap. 9°; IV, cap. 4°, 6) e Storia economica e sociale dell'impero romano, Firenze 1933, pp. 284, 307; C. Patsch, Beiträge zur Völkerkunde von Südosteuropa, in Sitzungsber. d. Wiener Akademie, 1928, 1929 e 1932; E. Meyer e C. G. Brandis, s. v. Bithynia, in Pauly-Wissowa, Real-Encycl., III, col. 507 segg.; R. Leonhard, Paphlagonia, Berlino 1915.