MARIA MADDALENA d’Austria, granduchessa di Toscana

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 70 (2008)

MARIA MADDALENA d’Austria, granduchessa di Toscana

Nacque a Graz il 7 ott. 1587 (Arch. di Stato di Firenze, Mediceo del principato, 6068, c. 123r; Pieraccini, p. 345). Il padre, Carlo II d’Asburgo, arciduca d’Austria e duca di Stiria, era figlio cadetto dell’imperatore Ferdinando I; la madre, Maria di Baviera, era a sua volta strettamente imparentata con gli Asburgo, in quanto nipote di Ferdinando I.

La famiglia di origine di M. si caratterizzava per l’incondizionata adesione all’ortodossia cattolica, tanto che Carlo d’Asburgo si vantava di aver contribuito a soffocare sul nascere qualsiasi fermento riformistico in Stiria. Quando questi morì, nel 1590, M. aveva soltanto tre anni; da allora le figure di riferimento per la sua educazione rimasero la madre e il fratello maggiore Ferdinando, futuro imperatore, anch’egli pervaso di fervore controriformista, tanto da essere definito, dopo la sua ascesa al trono, «il gesuita coronato» (Galasso Calderara, p. 13). In questo clima M. formò la sua indole, profondamente religiosa ma portata a privilegiare gli aspetti esteriori e cerimoniali del culto. Le prime notizie relative a M., risalenti a quando aveva circa diciassette anni, evidenziano un’altra delle sue caratteristiche: l’ingordigia, tanto che l’oratore toscano in Austria, quasi scandalizzato, annotava che M. e le sue sorelle «mangiano troppo» (ibid.). La buona tavola e la caccia rimasero le due grandi passioni della sua vita, mentre dall’orgogliosa consapevolezza del rango della famiglia di origine scaturirono quegli atteggiamenti altezzosi e protervi, in seguito stigmatizzati dai sudditi fiorentini (Pieraccini, p. 346). A far da contraltare a questi elementi negativi, venivano sottolineati dagli inviati toscani in Austria, almeno in questa prima fase della sua vita, l’umore allegro e la forte costituzione fisica.

Dal 1602 il granduca di Toscana Ferdinando I de’ Medici cominciò a cercare moglie per il figlio primogenito Cosimo, allora dodicenne. L’ambito della scelta si restrinse sin dal principio a una delle arciduchesse asburgiche. Il granduca aveva infatti necessità di rinsaldare le relazioni con la Spagna di Filippo III e nello stesso tempo desiderava mettersi sotto la diretta protezione del ramo imperiale degli Asburgo, in modo da bilanciare il predominio spagnolo sugli Stati italiani (in particolare sul Principato di Piombino, che i Medici aspiravano ad annettere al Granducato di Toscana fino dai tempi di Cosimo I). Le trattative matrimoniali, affidate dai Medici ai cardinali Francesco Maria Del Monte e Ottavio Paravicino e dagli Asburgo a don Francisco Gómez de Sandoval, marchese di Denia e poi duca di Lerma, plenipotenziario del re di Spagna, furono lunghe e complesse, senza specificare se la candidata alle nozze sarebbe stata M. oppure la sorella Costanza. Finalmente il 28 giugno 1608 a Madrid venne steso il contratto matrimoniale, sottoscritto per conto della famiglia granducale da monsignor Sallustio Tarugi, mentre per la sposa era stato delegato il re di Spagna suo cognato; i contraenti si accordarono sul fatto che M. avesse una dote in tutto uguale a quella ricevuta dalla sorella Costanza in occasione delle sue recenti nozze con il re di Polonia (nonostante che di questi atti siano rimaste parecchie redazioni, l’ammontare esatto della dote non risulta mai specificato: Arch. di Stato di Firenze, Mediceo del principato, 6355, cc. 250-390; 6356, ins. n. 4) e che potesse portare con sé a Firenze una propria corte.

Il matrimonio fu celebrato per procura a Graz il 14 sett. 1608 nella chiesa dei Gesuiti, annessa al palazzo arciducale; lo sposo era rappresentato da Paolo Giordano Orsini, figlio del duca di Bracciano. Il 22 settembre M. partì da Graz, accompagnata dal fratello Massimiliano e da un numeroso seguito, per raggiungere Firenze.

La comitiva s’imbarcò a Trieste per Ravenna su sei galere; da qui proseguì per via di terra verso la Toscana. Il 15 ottobre a Ronta, in prossimità di Firenze, M. incontrò per la prima volta lo sposo. Il fatto che questi conoscesse un po’ il tedesco dovette senza dubbio facilitare i primi approcci; comunque, Cosimo la sera stessa fece ritorno a Firenze, mentre M. proseguì da sola il viaggio a piccole tappe, fermandosi nelle principali residenze medicee che incontrava sul suo cammino. Il 18 ottobre dalla porta a Prato entrò finalmente in città, sontuosamente parata di archi trionfali, realizzati da Lorenzo Franceschi, scese dalla carrozza per mostrarsi alla folla e poi, sotto un baldacchino predisposto per l’occasione, fu incoronata dal granduca in persona principessa di Toscana. Il cammino proseguì a cavallo di una giumenta fino al duomo e poi a palazzo Pitti, residenza granducale e da quel momento le feste, le cerimonie e i banchetti, che avevano richiesto mesi di preparativi, si susseguirono a ritmo vertiginoso.

Le fastose celebrazioni erano state organizzate dallo stesso granduca, che intendeva con questo mezzo esaltare la dinastia medicea e i suoi legami con le principali case regnanti d’Europa. La gioia ebbe però breve durata, in quanto nel mese di dicembre egli si ammalò gravemente, tanto che morì il successivo 7 febbr. 1609. Con la sua morte si chiuse un’epoca, quella della fase più dinamica del governo mediceo. Gli successe Cosimo II, marito di M., la quale, pertanto, appena pochi mesi dopo il suo arrivo in Toscana diveniva granduchessa.

Il matrimonio con Cosimo II fece una buona riuscita, cementato da legami di stima e affetto, nonostante la fragile salute del marito, e allietato dalla nascita di otto figli a distanza piuttosto ravvicinata l’uno dall’altro.

A poco più di dieci mesi dal matrimonio, il 24 ag. 1609, venne al mondo la primogenita Maria Cristina, che sembra avesse imperfezioni fisiche, morta nubile il 9 ag. 1632; il 14 luglio 1610 nacque il primo maschio, cui venne imposto il nome dell’avo paterno, Ferdinando, e che succedette al padre sul trono di Toscana con il nome di Ferdinando II; il 3 giugno 1611 fu la volta del terzo figlio, Giovan Carlo, futuro cardinale. A essi fecero seguito nel maggio del 1612 la quarta figlia, che ebbe nome Margherita, in memoria della regina di Spagna, sorella di M., che sposò Odoardo Farnese; il 9 maggio 1613 il quinto figlio, Mattias, così chiamato in omaggio a uno dei fratelli della madre; nell’ottobre 1614 Francesco, che ripeteva il nome dello zio paterno, morto poco prima della sua nascita; il 21 luglio 1616 Anna, maritata con Ferdinando Carlo d’Asburgo, duca del Tirolo; e infine, nell’autunno del 1617, l’ultimo figlio Leopoldo, poi cardinale.

La giovane coppia aveva ereditato un ricco patrimonio e uno Stato sostanzialmente florido e ben organizzato, ma il carattere incerto e le cattive condizioni di salute di Cosimo II non permisero una gestione così incisiva ed energica del potere quale era stata quella del padre. Durante il suo regno si aprì un più ampio spazio di azione per i suoi consiglieri, fra i quali spiccava la presenza della madre, Cristina di Lorena e poi, dopo la nascita del secondo figlio maschio, quella della stessa Maria Maddalena.

La condivisione delle funzioni di governo da parte della granduchessa costituiva un fatto insolito per il Granducato, preceduto in tempi recenti dall’esempio della suocera di M., Cristina di Lorena. Quest’ultima ebbe modo di illustrare bene la situazione in una lettera inviata nel 1611 all’ambasciatore a Madrid, Orso Pannocchieschi d’Elci: «Doppo la morte del Granduca i negotii di Spagna et d’Alemagna si partecipano sempre con la Serenissima Arciduchessa et si va tuttavia istruendola nel maneggio del governo della Casa, et inoltre, doppo questo parto, il Granduca et noi [riteniamo] essere bene di farla intervenire alla Consulta, accioché tanto più S.A. venga a praticarsi in tutte queste cose, sebene non solito qua, et noi non havemmo dal nostro marito il governo della Casa se non doppo haver partorito quattro figlioli et nelle Consulte non intervenimmo se non quando havevamo tutti li maschi» (Arch. di Stato di Firenze, Acquisti e doni, 242, ins. 2).

M., che aveva imparato piuttosto in fretta a esprimersi correttamente in italiano, venne così introdotta nella vita politica e amministrativa del Granducato. In primo luogo si prese l’abitudine di consultarla sulle questioni concernenti i rapporti con l’Impero e il Regno di Spagna, in virtù dei suoi legami di parentela con le rispettive case regnanti; poi si cominciò a farla presenziare alle riunioni della Consulta, organo collegiale che affiancava il sovrano nell’esame delle suppliche inoltrate dai sudditi, in particolare quelle ricadenti nella sfera dell’amministrazione della giustizia.

La crescente influenza di M. negli affari pubblici si avvertì in primo luogo nel campo della politica estera, cui cercò, con alterna fortuna, di imprimere un più deciso indirizzo filoimperiale. Degno di nota a questo proposito fu il reclutamento, a spese del granduca, nel 1619 di un reggimento da inviare in Germania in appoggio al fratello, l’imperatore Ferdinando II, impegnato nella guerra dei Trent’anni. Se questa iniziativa fu presa indubbiamente per impulso di M., è vero anche che Cosimo II se ne riprometteva vantaggi politici, segnatamente nella questione della destinazione di Piombino, tanto è vero che quando le speranze di annettersi questo territorio sfumarono, il reggimento fu ritirato, nonostante le proteste di Maria Maddalena. Altro campo di azione privilegiato fu quello delle alleanze matrimoniali: M. profuse infatti molti sforzi e intrattenne fitte corrispondenze per accasare le cognate Caterina e Claudia de’ Medici, maritate rispettivamente a Ferdinando Gonzaga, duca di Mantova e del Monferrato, nel 1617, e a Federico Della Rovere, duca di Urbino, nel 1621, e per trovare una consorte di adeguato livello per alcuni dei suoi fratelli.

Il suo sentimento religioso, così attento agli aspetti cerimoniali, lasciò un segno duraturo sulla cultura e la vita sociale del Granducato, ove trovò un terreno fertile sia per la massiccia presenza degli ordini religiosi, sia per il tradizionale ossequio professato dalla corte di Firenze alla Curia pontificia e alla monarchia spagnola. Un primo effetto dell’influenza di M. fu l’aumento del numero degli enti religiosi e degli esponenti del clero, con i quali intrattenne fittissime relazioni e fu molto prodiga di elargizioni. Impressionante anche la quantità di reliquie delle quali fece incetta; per la loro conservazione venne fatta appositamente costruire, come appendice del suo appartamento in palazzo Pitti, la «cappella delle reliquie», in seguito adibita a deposito delle reliquie di famiglia. Gli unici viaggi di M., da sola o insieme con il consorte, furono costituiti da pellegrinaggi: nel settembre-ottobre 1612 a Cortona e alla Verna, luoghi di culto di s. Margherita e di s. Francesco; nell’ottobre 1613 a Loreto. Intraprese anche, in accordo con il pontefice e con il S. Uffizio, una battaglia contro le pratiche magiche e i sospetti di stregoneria. Complessivamente impresse alla corte toscana un aspetto fastoso e solenne, dandole inoltre nuove sedi, come il palazzo della Crocetta a Firenze e la vecchia villa sul Poggio dei Baroncelli, presso Arcetri, che M. fece ristrutturare e decorare da Giulio Parigi, ribattezzandola poi «villa di Poggio Imperiale», in omaggio alla sua famiglia di origine. L’edificio, circondato da un vasto parco, fu il teatro preferito degli svaghi di M., come la caccia e la pesca, le cavalcate e la rappresentazione di spettacoli teatrali e musicali. Nonostante il suo conformismo religioso e l’acquiescenza verso la Curia pontificia, M. continuò anche dopo la morte del marito a intrattenere rapporti di familiarità con Galileo Galilei, benché questi fosse guardato con sospetto dalla S. Sede.

Alla morte del marito, il 28 febbr. 1621, M. fu nominata, in virtù del testamento di questo, redatto sin dal 1615, tutrice dei figli e reggente del Granducato, in concorso con la suocera Cristina di Lorena e con l’assistenza di un Consiglio, fino al raggiungimento della maggiore età del figlio primogenito Ferdinando, nel 1628. Il Consiglio di reggenza era formato, oltre che dalle due granduchesse, da Niccolò Dell’Antella, Fabrizio Colloredo, l’arcivescovo di Pisa Giuliano de’ Medici e Orso Pannocchieschi d’Elci. Quest’ultimo era stato fin dall’inizio il collaboratore preferito di M., che se ne valse anche come educatore dei figli, in particolare del primogenito. Per tutto l’arco della sua esistenza questo Consiglio si trovò diviso in due fazioni, ognuna delle quali faceva capo a una delle due granduchesse, in contrasto tra loro riguardo ai metodi da seguire, sia pure nella comune aspirazione alla salvaguardia degli interessi del Granducato. Si può tuttavia affermare che quasi sempre M. vi ebbe la prevalenza, in virtù del fatto di essere la madre del granduca. Si vide inoltre affidare, sempre in virtù del testamento di Cosimo II, «perdurante la sua vita naturale» l’amministrazione e il governo delle città di San Miniato e Colle di Val d’Elsa e dei territori annessi, con facoltà di nominarvi «ministri et ufficiali di giustizia e guerra» (Arch. di Stato di Firenze, Trattati internazionali, XVI, I, c. 8). Le vennero inoltre interamente devolute le entrate di questi due territori, stimate in 10.000 scudi l’anno, destinate a integrare la rendita assegnatale dal marito, consistente in 30.000 scudi annui.

Il periodo della reggenza si caratterizzò come l’inizio della parabola discendente del governo mediceo, sulla cui decadenza pesò non poco l’azione personale di Maria Maddalena. La sua volontà di grandezza fece aumentare notevolmente le spese di rappresentanza, mentre il suo fervore nelle opere di carità generò un vero e proprio parassitismo intorno alla corte. Alla situazione economica del paese non giovò l’immobilismo del governo e il disinteresse della famiglia granducale verso le attività mercantili e imprenditoriali, che avevano in passato fatto la grandezza di Firenze e della stessa casata Medici. La politica estera fu caratterizzata da un progressivo distacco dai grandi avvenimenti internazionali, cui fece riscontro un’eccessiva attenzione per le questioni di precedenza e le trattative matrimoniali, oltre che un sostanziale asservimento alla Curia pontificia e agli interessi della casa d’Austria. Le stesse tendenze spinsero M. ad affidare l’educazione dei figli a esponenti del più antico patriziato e ad alti prelati, privilegiando gli aspetti formali e le questioni di etichetta, piuttosto che le discipline più strettamente connesse con i futuri incarichi di governo.

Il memoriale da lei inviato al figlio Mattias, in procinto di insediarsi come governatore di Siena nel 1629, costituisce la «summa» della sua filosofia di vita: affidarsi negli studi alla «discreta prudenza» dei padri gesuiti, evitare di giocare a carte per non rischiare di perdere, essere assiduo nelle cerimonie religiose, soprattutto a quelle con più affluenza di pubblico; accompagnarsi esclusivamente con «persone che risplendano per la nobiltà del sangue» (Nardi Dei, p. 126).

Tra le iniziative politiche intraprese con successo da M. ci fu l’erezione di San Miniato a diocesi autonoma, conseguita nel 1622 mediante l’appoggio del pontefice Gregorio XV.

Il 31 maggio 1631 le giunse l’invito del fratello imperatore a recarsi a Vienna. Pronta a rispondere al richiamo affettivo, ma anche desiderosa di ottenere l’appoggio imperiale in alcune questioni (le trattative per il matrimonio del figlio Giovan Carlo con Anna Carafa di Stigliano, poi fallite, e la sperata sistemazione dei figli Francesco e Mattias nell’esercito imperiale), M. decise di partire, anche se in molte zone imperversava la peste. I preparativi durarono alcuni mesi e finalmente il 6 settembre M. lasciò Firenze con un imponente seguito, del quale facevano parte i figli minori. Dopo aver fatto tappa a Verona e in altre città dell’Italia settentrionale, il 17 ottobre giunse a Innsbruck, dove si fermò alcuni giorni ospite del fratello Leopoldo V, arciduca d’Austria-Tirolo, che aveva sposato Claudia de’ Medici, già vedova di Federico Della Rovere. La notte fra il 30 e il 31, mentre la comitiva sostava a Passavia, M. si ammalò. Si trattava probabilmente di un edema polmonare, che il suo medico personale non riuscì a curare.

M. morì a Passavia il 31 ott. 1631. Il suo corpo, imbalsamato in tutta fretta, fu accompagnato a Firenze, dove giunse il successivo 13 dicembre, per essere sepolto nelle cappelle medicee della chiesa di S. Lorenzo.

Fonti e Bibl.: Arch. di Stato di Firenze, Mediceo del principato, 1493, 6038, 6068-6094, 6097-6099, 6100-6103, 6108, 6355-6357, 6379; Misc. Medicea, ff. 9, c. 72; 18, c. 2; 30, c. 32; 97, c. 53; 100, c. 27; 105, c. 15; 206, c. 6; 293, c. 32; Guardaroba Medicea, 348, 404, 405; Acquisti e doni, 59, 4; 142, 8; 242, ins. 3; 243, 5; Carte Strozziane, serie I, 181, c. 56; 183, cc. 92, 198; 320, cc. 139-141; 361, cc. 50-61. Fanno riferimento a M. tutte le biografie del marito Cosimo II e del figlio primogenito Ferdinando II, nonché le storie generali del periodo, a cominciare da R. Galluzzi, Istoria del Granducato di Toscana sotto il governo della casa Medici, III, Firenze 1781, (in partic. pp. 293-393 e 495), fino a F. Diaz, Il Granducato di Toscana. I Medici, Firenze 1980, ad ind. Altre opere: L. Grottanelli, Claudia de’ Medici e i suoi tempi, Firenze 1896, p. 29; M. Nardi Dei, Precetti materni al principe don Mattias, governatore di Siena, in Bull. senese di storia patria, IV (1897), pp. 211-235; G. Bandini, Un episodio mediceo della guerra dei Trent’anni, Firenze 1901; Ed. naz. delle Opere di G. Galilei, XX, Firenze 1909, p. 378; G. Pieraccini, La stirpe dei Medici di Cafaggiolo, Firenze 1924, pp. 345-354; E. Galasso Calderara, La granduchessa M.M. d’A.: un’amazzone tedesca nella Firenze medicea del ’600, Genova 1985; F. Bigazzi, Orso d’Elci, due granduchesse e un segretario, in Le donne Medici nel sistema europeo delle corti. Atti del Convegno, Firenze… 2005 (in corso di stampa, e comprendente inoltre: R. Menicucci, Il viaggio di M.M. a Vienna: politica e cerimoniale; R. Spinelli, Simbologia dinastica e legittimazione del potere: M.M. e le decorazioni del Poggio Imperiale; F. Angiolini, Le donne e il governo del territorio: M.M. governatrice di Colle e di San Miniato).

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