TROMBETTA, Maria Teresa

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 97 (2020)

TROMBETTA, Maria Teresa

Saverio Lamacchia

TROMBETTA, Maria Teresa (Giorgi Belloc). – Nacque a San Benigno, nel Canavese, il 2 luglio 1784 da Carlo e da Agnese Arutin, originaria di Tiflis in Georgia (Della Croce, 1978, p. 57).

Il padre, appartenente a una famiglia borghese, fu un fervente giacobino, vicino a personalità e intellettuali come Carlo Botta e Carlo Giulio; nel 1799 dovette temporaneamente riparare in Francia con la famiglia. Non si sa con certezza se Teresa iniziò gli studi musicali in Italia o in Francia. Il debutto documentato avvenne a Torino nell’autunno del 1801 nel Grande teatro delle Arti (temporanea denominazione repubblicana del teatro Regio), dove cantò le riprese di quattro opere: L’equivoco ossia Le bizzarrie d’amore di Giovanni Simone Mayr, La Griselda ossia La virtù al cimento di Ferdinando Paer, Il fuoruscito di Vincenzo Pucitta, L’astuta in amore ossia Il furbo malaccorto di Valentino Fioravanti. Della compagnia faceva parte il grande buffo Luigi Pacini. Nei libretti stampati per l’occasione la giovane cantante compare come Maria Teresa Giorgi, forse in omaggio alla madre georgiana, e presumibilmente per evitare un cognome, quello del genitore, poco consono ai cartelloni operistici. Poco dopo sposò Angelo Belloc, chirurgo e medico militare, anch’egli giacobino. Da allora si presentò come Teresa Giorgi Belloc o Teresa Belloc; se l’occultamento del cognome paterno evitò imbarazzi d’ordine sociale, il cognome posticcio Giorgi ne procurò poi di lessicografici a musicografi come Francesco Regli (1860, p. 53), che la confuse con altre cantanti di fama come Gertrude Righetti Giorgi e Brigida Giorgi Banti.

Nel 1802 venne scritturata al teatro Ducale di Parma, indi al Nuovo di Trieste. Non ancora ventenne, aveva ben tredici opere in repertorio (specie buffe) e aveva raggiunto una certa notorietà, tanto da essere ingaggiata nella primavera del 1803 al Théâtre-Italien di Parigi, dove si segnalò nella Nina ossia La pazza per amore di Giovanni Paisiello, in Griselda e nel Principe di Taranto di Paer: «sa figure a de la douceur et du charme, sa voix est expressive et touchante» (Mongrédien, 2008, p. 75). I critici francesi individuarono sin da subito le caratteristiche del suo registro vocale, poi confermate in seguito: «c’est un contralto plutôt qu’un soprano»; e sottolinearono altresì la «faiblesse [...] dans les tons élevés» (pp. 195, 197).

Dopo un solo anno tornò in Italia e nell’aprile del 1804 debuttò alla Scala di Milano, dove cantò molte altre volte durante una lunga carriera. Dopo le riprese dei già citati Equivoco e Nina, cantò in una prima assoluta di Mayr, ancora al fianco di Pacini: Amor non ha ritegno, «melodramma eroicomico». Il Corriere milanese del 21 maggio scrisse: «la signora Giorgi Belloc, all’incanto di una dolcissima voce armoniosa e sommamente pieghevole, unisce tutti i vezzi dell’arte e la maestria di un’azione sempre vera e interessante».

Dopo essersi esibita al S. Moisè di Venezia e al Nazionale di Brescia nel 1805-06, inaugurò il 26 dicembre 1806 la stagione di Carnevale della Scala come eroina eponima nell’Adelasia ed Aleramo, musica nuova di Mayr, libretto di Luigi Romanelli: segnò il suo debutto nel «melodramma serio», dopo tante opere comiche e semiserie, e fu un trionfo, dato che l’opera ebbe cinquantaquattro recite e poi circolò negli anni seguenti.

Così il Giornale italiano del 29 dicembre: «La signora Belloc ha una maestrevole abilità, una voce, benché forse alcun poco debole per il nostro teatro, d’una estensione però grandissima e d’una flessibilità assai rara. A meraviglia poi ella possiede la sì difficil arte dello sceneggiare». L’orgoglio della cantante per il successo traspare dalla lettera che indirizzò a Mayr il 17 gennaio 1807: «Il teatro è sempre pieno e zeppo [...] la musica dell’Adelasia è un vero trionfo per lui [i.e. Mayr], siamo tutti chiamati fuori ogni sera dopo finita l’opera» (Il carteggio Mayr, 2010, pp. 138 s.); altre lettere documentano l’amicizia e l’alta considerazione che di lei aveva l’allora principale operista d’Italia.

Ancora alla Scala Belloc cantò nell’autunno del 1807 La scuola degli amanti, cioè Così fan tutte di Wolfgang Amadeus Mozart (Fiordiligi), che ebbe trentanove recite; chiuse la stagione con il successo di un’altra opera di repertorio, Il sotterraneo (cioè Camilla) di Paer.

Nel Carnevale del 1807-08 tornò a Torino: il 26 dicembre nel teatro imperiale prese parte all’Incoronazione, cantata di Bernardino Maria Ottani (testo di Paolo Luigi Raby) per celebrare il passaggio di Napoleone Bonaparte in città. Successivamente, la Gazzetta di Genova del 28 gennaio 1809 riferisce di una gravidanza sfortunata.

Nel 1810 l’impresario Domenico Barbaja la scritturò a Napoli, all’epoca la piazza teatrale più importante d’Italia: debuttò al teatro del Fondo con opere di repertorio (Griselda e Camilla di Paer) e al San Carlo con un «dramma per musica» appositamente composto per il genetliaco di Napoleone (15 agosto), Marco Albino in Siria, musica di Giacomo Tritto.

Così il Corriere delle dame del 14 luglio 1810 su Griselda: «la signora Bellocchi ottiene particolarmente gli applausi colla sua voce melodiosa e toccante. È difficile che possa cantarsi con più di verità, e che possano esprimersi con più d’arte ed incanto le passioni ed i movimenti dell’animo».

Il 1° dicembre 1810 cantò in prima assoluta Odoardo e Cristina, «dramma per musica» di Giovanni Schmidt con musica di Stefano Pavesi (il libretto fu poi messo in musica da Gioachino Rossini qualche anno dopo).

Nel 1811 Belloc prese residenza stabile a S. Giorgio Canavese in una villa tuttora esistente (l’odierna villa Malfatti), dove teneva concerti da arpista e da pianista. Dall’autunno del 1811 al Carnevale del 1812 fu ingaggiata al S. Moisè di Venezia, dove cantò opere buffe e semiserie al fianco di Filippo Galli e Luigi Raffanelli. Tra queste, L’inganno felice (8 gennaio 1812; Isabella), «farsa per musica» di Giuseppe Foppa e prima opera composta per lei dal ventenne Rossini: ancora una storia d’innocenza calunniata, sul genere della Griselda e della Camilla, e ancora una volta un trionfo, dell’opera e della cantante.

Nella primavera del 1816 cantò alla Scala, per trentotto recite, Il flauto magico di Mozart come Pamina.

Così La gazzetta di Milano del 2 aprile: «La vera eroina e meritatamente la più gradita è la Belloc che da lungo tempo non era comparsa sui nostri teatri. Un bel metodo di canto, una voce agile e distesa, un sillabare preciso ed un’espressione non affettata sono i pregi che il pubblico riconosce ed applaude in questa virtuosa».

Indi cantò L’inganno felice e La roccia di Frauenstein di Mayr, risalente al 1805, a proposito della quale la cantante rivolse al musicista bergamasco una richiesta in vista della composizione di pezzi nuovi per la ripresa scaligera: gli chiese «di non estendermi più che all’alamirè [la acuto] nei pezzi che comporrà per me, poiché le corde superiori a questa mi stancano senza produrre dei suoni grati, facili, e sonori. Dall’alamirè in discendendo V.S. sa quali sieno le corde mie più favorite, dunque mi raccomando a lui per il più vantaggioso impiego di queste» (lettera del 4 maggio 1816, in Il carteggio Mayr, 2013, p. 401).

L’anno dopo creò la parte di Ninetta alla ‘prima’ scaligera della Gazza ladra, «melodramma» semiserio di Giovanni Gherardini per Rossini (31 maggio 1817): fu l’episodio più rilevante della sua carriera, considerato l’immenso successo del capolavoro rossiniano. La parte conferma nella sostanza i limiti nel registro acuto, per quanto Rossini la spinga anche al si acuto, ma solo come picco estremo in un ‘tutti’ (a piena orchestra) in un pezzo d’assieme.

Rossini scrisse alla madre il 3 giugno 1817 che «la Compagnia cantò benissimo» (Rossini, 2004, p. 175). Così si espresse Stendhal (1824): «Madame Belloc chanta celui [i.e. il ruolo] de la pauvre Ninetta avec sa voix magnifique et pure qui semble rajeunir tous les ans; elle jouait ce rôle facile avec infiniment d’esprit» (p. 340). La Gazzetta di Milano del 7 giugno annotò che «la signora Belloc è continuamente sulla scena; è necessario un polmone di ferro per resistere a tanta fatica. Ella disimpegna la sua parte con altrettanto zelo che abilità. La strepitosa istrumentazione non vince la forza della sua voce».

La carriera di Belloc ebbe un’altra importante parentesi internazionale nel 1819-20, quando cantò al King’s Theatre di Londra. Fu particolarmente apprezzata nell’Italiana in Algeri, come attesta il Times del 27 gennaio 1819: «nature has gifted her with an agreeable and flexible voice, and its cultivation has been carried to the highest perfection; it is of the class called mezzo soprano, but combines in a remarkable degree many of the peculiar qualities and facilities of the common soprano or treble» (Smith, 1955, pp. 156 s.). Mieté il plauso dei critici nella Zerlina nel Don Giovanni di Mozart: «Mad. Bellochi [...] presented a union of vocal and dramatic talent, such as we have rarely seen surpassed: the action was even better than the singing, and exhibited so lively a portrait of the simple, yet artful peasant girl, the coquette of instinct rather than premeditation, that her every look and every motion were filled with meaning»; e cantò ancora Le nozze di Figaro (Susanna), Camilla, Il barbiere di Siviglia (Rosina), Il flauto magico (Pamina), L’inganno felice, La Cenerentola, Tancredi; in quest’ultima opera cantò nel ruolo eponimo en travesti.

Tornata in Italia, si esibì alla Scala dal Carnevale del 1820-21 all’estate del 1824. Tra le opere nuove, cantò in Fedra (26 dicembre 1820; ruolo eponimo), una delle ultime di Mayr, «melodramma serio» di Romanelli: «tornata fra noi ci fece udire di bel nuovo un canto tutta energia, tutto affetto ed ispirato da quella forza drammatica che nella Belloc anima e colorisce anche la musica più fredda» (Gazzetta di Milano, 28 dicembre 1820); indi Elisa e Claudio o sia L’amore protetto dall’amicizia, «melodramma semiserio» di Saverio Mercadante e Romanelli (30 ottobre 1821; Elisa) e Amleto, «melodramma tragico» di Mercadante e Felice Romani (26 dicembre 1822; Geltrude), La vestale, «melodramma serio»di Giovanni Pacini e Romanelli (6 febbraio 1823; Giulia). Il cartellone della Scala in quegli anni era dominato da Rossini: numerosissime furono le recite nella Donna del lago (l’eroina eponima, Elena; ma a Bergamo, teatro Riccardi, fiera del 1824, cantò la parte en travesti di Malcolm), e poi Cenerentola, La pietra del paragone, Ricciardo e Zoraide, L’inganno felice, Zelmira, Semiramide.

Dopo Elena e Malvina, «melodramma semiserio» di Romani con musica di Carlo Evasio Soliva (22 maggio 1824), annunciò il ritiro dalle scene e tornò a S. Giorgio, ma comparve per qualche altra stagione in teatri di provincia. Concluse la carriera all’Eretenio di Vicenza nell’estate del 1828, con due ruoli en travesti: ancora Malcolm nella Donna del lago e il protagonista di Giulietta e Romeo di Nicola Vaccaj (Commons, 2008, Appendice I, p. 37), estrema dimostrazione della sua versatilità, come interprete vocale e drammatica. Negli anni successivi fece vita riservata e si dedicò a opere di beneficenza, godendosi l’ingente patrimonio accumulato. Nel 1832 le morì la figlia Faustina, sedicenne, nel 1842 la madre, nel 1845 il marito.

Morì il 13 maggio 1855 e fu sepolta nel piccolo cimitero adiacente al santuario di Misobolo. Non avendo eredi, i suoi averi andarono a un domestico, che li dilapidò ben presto, compreso il materiale documentario contenuto nella villa, andato disperso o distrutto. Scarsa anche l’iconografia nota, di sole quattro immagini (Della Croce, 1978, pp. 149-155).

Fonti e Bibl.: Stendhal, Vie de Rossini, Paris 1824, pp. 163, 166, 318, 340, 347 s.; F. Regli, Dizionario biografico dei più celebri poeti ed artisti melodrammatici [...] che fiorirono in Italia dal 1800 al 1860, Torino 1860, pp. 52 s.; W.C. Smith, The Italian opera and contemporary ballet in London, 1789-1820, London 1955, ad ind.; A. Basso, Storia del Teatro Regio di Torino, II, Il teatro della città dal 1788 al 1936, Torino 1976, ad ind.; V. Della Croce, Una giacobina piemontese alla Scala. La primadonna Teresa Belloc, Torino 1978 (in appendice, repertorio e cronologia degli impegni teatrali, pp. 163-191); G. Appolonia, Le voci di Rossini, Torino 1992, pp. 140-153; G. Rossini, Lettere e documenti, a cura di B. Cagli - S. Ragni, I, 29 febbraio 1792-17 marzo 1822, Pesaro 1992, IIIa, Lettere ai genitori, 18 febbraio 1812-22 giugno 1830, 2004, ad ind.; J. Commons, Il carteggio personale di Nicola Vaccaj, I-II, Torino 2008, Appendice I in cd-rom (Le opere di Vaccaj), p. 37 e ad ind.; J. Mongrédien, Le Théâtre-Italien de Paris (1801-1831). Chronologie et documents, II, Lyon 2008, ad ind.; Il carteggio Mayr, II (1805-1810), a cura di P. Fabbri, Bergamo 2010, III (1810-1817), a cura di P. Ravasio, 2013, ad ind.; A. Salvagno, La vita e l’opera di Stefano Pavesi, Lucca 2016, ad indicem. 

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