APPELIUS, Mario

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 3 (1961)

APPELIUS, Mario

Gaspare De Caro

Nacque ad Arezzo da Giuseppe il 29 luglio 1892; a quindici anni, interrompendo gli studi liceali, si imbarcò come mozzo su una nave mercantile, da cui fuggì per insofferenza della disciplina di bordo. Peregrinò per l'Africa e l'Estremo Oriente, esercitando vari mestieri: cameriere, impiegato, commesso viaggiatore; in Egitto, ventenne, esordì nel giomalismo, collaborando al Messaggero Egiziano.

Tornato in Italia durante la prima guerra mondiale, si arruolò nella marina; nel 1922 aderì al fascismo ed entrò nella redazione de Il Popolo d'Italia; sia per la protezione di A. Mussolini sia per la vivacità della sua prosa, divenne uno degli esponenti più in vista del giornalismo del regime. Fu così redattore, collaboratore o corrispondente di alcuni tra i maggiori giornali e periodici italiani: oltre che de Il Popolo d'Italia, Il Mattino, La Nazione, La Gazzetta del Mezzogiorno, L'illustrazione Italiana, Augustea. Pubblicò numerosi libri di viaggio e romanzi esotici, che ebbero larga popolarità. Nel 1930 egli venne inviato a Buenos Aires per fondarvi Il Mattino d'Italia, che diresse sino all'anno 1933.

Come corrispondente di guerra de Il Popolo d'Italia, l'A. partecipò alle campagne di Etiopia e di Spagna; poi riprese i viaggi nell'Estremo Oriente; le corrispondenze e i libri, in cui raccoglieva e rielaborava gli articoli, tendevano a rendere popolari in Italia quei paesi verso i quali l'interesse politico del fascismo si andava orientando con l'adesione al Patto anticomintem.

Durante la seconda guerra mondiale l'A. fu corrispondente della Agenzia Stefani in Polonia e in Francia, quindi ebbe l'incarico, insieme con Giovanni Ansaldo, dei quotidiani commenti radiofonici ai "fatti del giorno", poi raccolti in volume (Parole dure e chiare, Roma 1942).

L'attività giornalistica dell'A. in questo periodo si adeguò totalmente alle necessità propagandistiche del fascismo, anche ricorrendo ad una sistematica deformazione dei fatti bellici, nell'intento di esaltare la condotta di guerra dell'Asse e di impedire lo scoraggiamento del "fronte interno". Tipica in questo senso fu la notizia, completamente inventata dall'A. nell'aprile del 1940, di una gigantesca battaglia dello Skagerrak e del Kattegat, in cui mille aereoplani tedeschi avrebbero riportato la vittoria su cinquecento navi da guerra inglesi.

Dopo la fine della guerra, l'A. fu processato per apologia del fascismo e condannato, fruendo poi dell'amnistia.

Egli morì in Roma il 27 dic. 1946.

Degli scritti dell'A. si ricordano: La sfinge nera, Milano 1924; India, ibid. 1925; Asia gialla, ibid. 1926; Cina, ibid. 1927; Nel paese degli uomini nudi, ibid. 1928; Il cimitero degli elefanti, ibid. 1928; L'aquila di Chapultepec, ibid. 1929; Le isole del raggio verde, ibid. 1929; Cile e Patagonia, ibid. 1930; Da mozzo a scrittore, ibid. 1934; La crisi di Budda, ibid. 1935; Il crollo dell'impero del Negus, ibid. 1937; Yu-Ri-San la pittrice di crisantemi, ibid. 1938; Una guerra di trenta giorni. La tragedia della Polonia, ibid. 1940; La tragedia della Francia, ibid. 1940; Tragico bilancio del brigantaggio inglese, Roma 1940; La guerra dell'Asse e il mondo di domani, Roma 1941; Vincere, Roma 1942; La vittoria liberatrice, Roma 1943.

Bibl.: E. Savino, La Nazione operante..., Milano 1934, p. 1013; I. Montanelli, Fui l'unica vittima della battaglia del Kattegat, in Oggi, XVI (1960), n. 8, pp. 8-10.

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