TOBINO, Mario

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 95 (2019)

TOBINO, Mario (Mario Pierippolito). – Secondogenito di quattro figli (a Clotilde e Mario fecero seguito Pietro e Maria Luisa)

Monica Venturini

, nacque a Viareggio il 16 gennaio 1910. La madre, Maria Biassoli Ottaviani, originaria di Vezzano Ligure, era di famiglia benestante. Il padre, Candido, proveniente da Tellaro, un piccolo centro di pescatori, era farmacista.

Per il lavoro del padre, la famiglia si trasferì a Viareggio, dove Mario trascorse l’infanzia e l’adolescenza, e dove frequentò le elementari e quattro anni di ginnasio, mostrando subito atteggiamenti irrequieti e ribelli che segnarono poi le sue scelte politiche in direzione anarchica e antifascista. L’ultimo anno di scuole superiori lo trascorse al liceo di Pistoia da dove, però, venne espulso, dopo essere stato sorpreso dalle forze dell’ordine in una casa di tolleranza abusiva. Fu per un periodo in collegio presso i padri Salesiani a Collesalvetti e, nell’estate del 1927, lavorò nella farmacia paterna come garzone. Quindi, nell’ottobre dello stesso anno, si iscrisse al liceo Pellegrino Rossi di Massa, che abbandonò poi nel 1931, conseguendo la licenza da privatista a Pisa.

A quegli anni, risalgono le letture decisive per la sua formazione: da Dante a Machiavelli, da Tacito a Orazio, e poi i russi, i francesi, gli americani e più avanti Arthur Rimbaud e Friedrich Nietzsche. Con Mario Marcucci e Luca Ghiselli strinse una forte amicizia, condividendo letture e prime prove di scrittura. Nonostante la già forte vocazione letteraria, si iscrisse nel 1931 alla facoltà di medicina dell’Università di Pisa, che frequentò per i primi due anni. Nel frattempo, cominciò a proporre i suoi versi – Giuseppe Ungaretti lo incoraggiò, mentre Enrico Falqui cercò di dissuaderlo – e a leggere numerose riviste, tra cui quelle di stampo frondista come L’Italiano di Leo Longanesi e Il Selvaggio di Mino Maccari. Collaborò con numerosi periodici, tra cui Sotto zero, Ventuno, Il Mare, Circoli, Cronache, Espero. Nel 1933 si trasferì all’Università di Bologna, dove ebbe per compagni Mario Pasi e Aldo Cucchi e conobbe Giuseppe Raimondi, amico di Vincenzo Cardarelli e Giorgio Morandi. L’anno successivo, per le edizioni di Cronache di Bergamo, uscì la sua prima raccolta di versi, Poesie, precedentemente rifiutata da Vallecchi. La prima recensione fu di Carlo Betocchi nel numero di Frontespizio del luglio 1935.

Nel 1936 morì il padre; nello stesso anno, si laureò in medicina e chirurgia con la votazione di 100/110, sostenendo poi l’esame di abilitazione presso l’Università di Perugia.

Nel febbraio del 1937 venne ammesso ai corsi per allievo ufficiale di complemento del corpo sanitario, conseguendo la nomina in aprile.

Il 1° gennaio 1939 entrò in servizio presso l’ospedale psichiatrico di Ancona dove rimase per un anno. Sempre nel 1939 uscì a Bologna la sua seconda raccolta di versi presso Vighi & Rizzoli, Amicizia. Seguì, nel 1940, l’incarico di primario ricoperto all’ospedale psichiatrico di Gorizia. Il 23 maggio di quell’anno, ancor prima dell’entrata in guerra dell’Italia, Tobino venne richiamato alle armi presso l’ospedale militare di Ancona e, il 4 giugno, partì per la Libia dove rimase sino a fine ottobre 1941. Sempre nel 1941 conobbe la contessina Lelè Augusta Bonasi Bonarelli, crocerossina con cui ebbe una relazione narrata poi nel Perduto amore (Milano 1979); seguì un periodo di ricovero presso l’ospedale militare di Napoli. L’anno successivo, Tobino concluse la convalescenza e poi lavorò a Firenze presso l’ospedale psichiatrico San Salvi. Frequentò il caffè Giubbe Rosse dove conobbe Elio Vittorini, Giorgio Zampa, Arturo Loria, Eugenio Montale. Nello stesso anno, passò all’ospedale psichiatrico di Maggiano in provincia di Lucca e, in novembre, conseguì la specializzazione in clinica delle malattie nervose e mentali, sostenendo nella sua tesi la necessità di una rifondazione umanizzante della psichiatria contemporanea.

Uscirono nel 1942, insieme a un altro libro di versi, Veleno e amore, presso le fiorentine Edizioni di Rivoluzione, le prime prove in prosa: Il figlio del farmacista (Milano, per le Edizioni di Corrente) e il volume di racconti La gelosia del marinaio (Roma, Tumminelli). Alcuni temi fondamentali sono già presenti in queste prime opere: il legame con la propria terra e con la famiglia, la passione politica, il forte riferimento autobiografico, la tensione lirica.

In questo periodo scrisse numerose lettere a Elena (Leli) Franchetti, allieva viareggina di Giuseppe De Robertis, con cui ebbe una relazione e con la quale condivise l’ambizione letteraria. L’anno successivo conobbe Paola Levi, sorella di Natalia Ginzburg e moglie di Adriano Olivetti, con cui ebbe una lunga relazione, a causa della quale mise fine nel 1944 alla storia con Leli. Da marzo a settembre di quell’anno partecipò alla guerra partigiana, esperienza che confluì poi nel Clandestino (Milano 1962), opera ispirata ai modelli di Lev Tolstoj e Alessandro Manzoni e che, insignita con il premio Strega, assicurò a Tobino il successo letterario a lungo atteso.

Nel 1945 l’amico partigiano Mario Pasi fu impiccato dai tedeschi: la notizia sconvolse Tobino che a lui dedicò molti scritti, fino all’omaggio di Tre amici (Milano 1988).

Nel 1946 finì di scrivere Bandiera nera, «apologo civile che affronta la realtà storica e politica del fascismo» (cfr. C. Marabini, Introduzione, in M. Tobino, Sulla spiaggia e di là dal molo, Milano 1966, p. 10), dedicato ad Aldo Cucchi e allo stesso Pasi, ma il libro fu inizialmente rifiutato da Longanesi, Mondadori, Bompiani e Vallecchi; nel 1948 uscì la prima puntata su Costume politico e letterario, nel 1950 per i tipi dell’Istituto grafico tiberino di Roma, poi ancora in volume nel 1951 per Vallecchi (insieme con L’angelo del Liponard) e nel 1962 per Mondadori.

Dal settembre del 1946 strinse una relazione destinata a concludersi rapidamente con Dina Giuliani. Il 4 ottobre 1947 morì la madre, dopo una malattia raccontata nel romanzo La brace dei Biassoli (Torino 1956, premio internazionale Veillon di Losanna). Nel 1948 divenne primario all’ospedale psichiatrico di Maggiano, esperienza centrale per le opere successive, in cui il manicomio non è solo sfondo, ma elemento chiave della narrazione e motivo costante di riflessione.

Nel 1949, anno di uscita, per le milanesi Edizioni della Meridiana delle liriche titolate ’44-’48, si dedicò al Libro della Libia, che poi divenne per Einaudi Il deserto della Libia (Torino 1952), nato dall’esperienza del periodo trascorso nel Paese africano dal 6 giugno 1940 al 30 ottobre 1941. Nello stesso anno, fece un viaggio a Parigi che rappresentò poi la base per scrivere Due italiani a Parigi (Firenze 1954). Nel 1953 pubblicò con Vallecchi, Le libere donne di Magliano, l’opera divenuta poi la più nota dello scrittore, preparata a lungo tramite appunti e riflessioni, che riscosse il tanto atteso successo, a partire da una recensione di Emilio Cecchi (in Corriere della sera, 22 maggio 1953). Il lettore, si legge nella sovraccoperta del libro, è trasportato fuori dal mondo comune, «nel territorio della cosiddetta pazzia [...]. In queste pagine, per la prima volta, i “pazzi” son personaggi vivi, con le loro passioni e le loro ragioni».

Seguì, presso Vallecchi, la nuova raccolta poetica, L’asso di picche (Firenze 1955).

Dopo la tiepida accoglienza dei suoi scritti di viaggio (Passione per l’Italia, Torino 1958), pubblicati con Einaudi, s’incrinarono i rapporti già tesi con la casa editrice, alla quale subentrò nel 1961, come principale riferimento, Mondadori. Nello stesso anno, iniziò a collaborare con il Corriere della sera, per cui scrisse un pezzo al mese fino al 1985. Nel 1966 pubblicò Sulla spiaggia e di là dal molo (premio selezione Campiello), vera e propria dichiarazione d’amore per Viareggio. Nello stesso anno ebbe un infarto e fu costretto ad affrontare una lunga convalescenza.

Seguirono, presso Bompiani, Una giornata con Dufenne (Milano 1968) che raccolse giudizi per lo più positivi e, con Mondadori, Per le antiche scale: una storia (Milano 1972): l’opera – da cui l’omonimo film del 1975 di Mauro Bolognini, interpretato da Marcello Mastroianni – vinse il Campiello, riscuotendo un grande successo. Tobino narra qui, tramite la figura del dottor Anselmo, la lunga esperienza in manicomio fino all’intenso dibattito che avrebbe portato alla legge 180, proposta da Franco Basaglia.

Finì nel 1973 di lavorare a una vita di Dante, che intitolò Biondo era e bello (Milano 1974) e, nell’estate di quell’anno, iniziò ad approntare la raccolta definitiva delle poesie. L’insegnamento della Commedia permea tutta l’opera dello scrittore e fa di Dante un modello profondo e motivo d’ispirazione costante.

Nel 1976 vinse il premio Viareggio, cui teneva particolarmente, con la raccolta di racconti La bella degli specchi (Milano); l’anno successivo ricevette il premio Freud per la letteratura insieme, tra gli altri, ad Anna Freud, Eduardo De Filippo e Claudio Abbado, e venne nominato grand’ufficiale dell’Ordine al merito della Repubblica.

Dal 1980, ormai in pensione, si dedicò esclusivamente a progetti letterari, dando alle stampe Gli ultimi giorni di Magliano (Milano 1982; premio Aquileia e premio Branca) e quindi il racconto lungo La ladra (Milano 1984), positivamente accolto dalla critica, dove, attraverso la figura della protagonista, si traccia un quadro delle speranze che avevano animato il socialismo umanitario.

Il 1° luglio 1986 morì a Firenze Paola Levi Olivetti. Il 1988 è l’anno di pubblicazione del già ricordato Tre amici, romanzo in forma di autobiografia collettiva che ripercorre uno spaccato di storia italiana.

In questo periodo, ricevette, inoltre, la cittadinanza onoraria del Comune di Lucca e vinse il concorso internazionale di poesia Città di Piacenza. Con Il manicomio di Pechino (Milano 1990), in cui si ripercorre l’esperienza di direttore dell’ospedale psichiatrico di Maggiano negli anni Cinquanta, vinse il premio Isola d’Elba. A Lucca, nel palazzo ducale, ricevette un omaggio da intellettuali e critici, tra cui Cesare Garboli, Giuseppe Nava e Giacomo Magrini.

Il 10 dicembre 1991 si recò ad Agrigento, accompagnato dal nipote Michele Zappella, per ritirare il premio Pirandello. Morì il giorno successivo, mentre si trovava ancora nella città siciliana, per un attacco cardiaco e venne sepolto nella sua amata Viareggio, nel cimitero della Misericordia.

Fonti e Bibl.: Le carte di Tobino sono conservate rispettivamente: a Firenze nel Fondo Mario Tobino, presso l’Archivio Alessandro Bonsanti del Gabinetto G.P. Vieusseux; a Milano, presso la Fondazione Arnoldo e Alberto Mondadori; a Torino, nell’Archivio Einaudi; e a Siena, presso gli eredi. Si segnalano inoltre l’Archivio multimediale della Fondazione Mario Tobino (Lucca) e la Fondazione Ragghianti, dove è conservata anche la sua biblioteca. Un’ampia selezione delle sue opere è raccolta nel Meridiano Mondadori delle Opere scelte, a cura di P. Italia, con un saggio introduttivo di G. Magrini e uno scritto di E. Borgna, Milano 2007.

Per la bibliografia critica si vedano almeno: M. Grillandi, Invito alla lettura di M. T., Milano 1975, 1980; G.E. Bonura - G. Contiero - P. Italia, M. T. Bibliografia testuale e critica (1931-2009), Pontedera 2010; La biblioteca di M. T, a cura di E. Tintori, introduzione di P. Italia, Pontedera 2012. Si vedano, inoltre: Premio Pirandello 1991. Omaggio a M. T., in Rivista di studi pirandelliani, s. 3, X (1992), 8-9, pp. 117-144; Per M. T., in Nuovi Argomenti, s. 5, 2001, n. 14, pp. 254-297; M. T. oggi (catal., Viareggio), Siena 2001.

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