MAINARDINI, Marsilio (Marsilio da Padova). - Nacque a Padova in una famiglia di giudici e notai che vivevano nella contrada di S. Andrea. Del padre, Bonmatteo, sopravvivono repertori di atti rogati fra il 1264 e il 1310. Un Giovanni, fratello del M., era iscritto nel 1295 nel Collegio dei giudici di Padova. La data di nascita è incerta. Ha ancora una discreta diffusione l'ipotesi che conduce al periodo racchiuso fra gli anni 1275 e 1280; tuttavia ulteriori analisi hanno portato a ringiovanire il M. di almeno due lustri: la sua nascita sarebbe avvenuta verso il 1284 e non oltre il 1287 (Dolcini, 1995).
Per ottenere questo risultato si parte da una epistola metrica inviata dal più celebre dei preumanisti, Albertino Mussato, al "Magistrum Marsilium physicum paduanum" (questo significa che il M. era medico o che per lo meno fosse dal Mussato conosciuto come scolaro di medicina), epistola sicuramente posteriore al 1315 e probabilmente anche al 1320. Mussato esortava l'amico a tornare agli studi poiché aveva ancora una bella e fiorente giovinezza (cfr. Pincin, 1967, pp. 36-40). Si potrebbe allora pensare che il M. non doveva essere oltre la quarantina, visto che secondo la mentalità classica e medievale la senectus cominciava dopo i quarantacinque anni. Proprio all'esordio dell'epistola metrica il Mussato riprendeva la voce per la quale il M. aveva abbandonato gli studi di teologia e girava per l'Europa con elmo, corazza e spada tedesca. Risaliva infatti al 1324 la sua adesione a Ludovico il Bavaro, l'unico sovrano per il quale potevano valere le metafore del Mussato. Se intorno a quella data il poeta raccomandava al M. di non dissipare la sua fiorente giovinezza, ne consegue che la sua data di nascita non era di molto anteriore al 1284 e non posteriore al 1287, come si ricava dalla sua elezione a rettore della facoltà parigina delle arti nel 1312, là dove era necessario possedere la maggiore età prevista dal diritto romano: venticinque anni.
Se, come appare dal cartolario dell'Università di Parigi, il governo rettorale fu dal M. sostenuto dal Natale 1312 alla primavera del 1313, la sua carriera di scolaro deve essersi svolta nel decennio anteriore.
Dopo il rettorato del M. a Parigi acquistarono considerevole valore la frequentazione e l'amicizia di due aristotelici eterodossi, Pietro d'Abano e Giovanni di Jandun.
Il 24 maggio 1315 il medico e filosofo Pietro d'Abano, già celebre per i suoi studi di cosmologia e di fisica aristotelica, fece testamento nella sua abitazione di Padova. Fra i testimoni vi era il M. che nel ritornare a Parigi volle portare in dono a Giovanni di Jandun un manoscritto con il commento di Pietro d'Abano ai Problemata pseudoaristotelici. Tra i due maestri parigini crebbe in seguito un sodalizio intellettuale così intenso da portare a una coesione di idee, testimoniata dal nome dei due autori nelle stesse opere.
Intanto il M., preconizzato per un titolo canonicale a Padova nel 1316 e confermato nel 1318, tornava a mescolarsi nelle alterne vicende politiche dell'Italia padana, tra i Visconti e Cangrande Della Scala, presso il quale potrebbe anche avere incontrato di nuovo lo stesso Dante, ormai giunto alla fine della Monarchia. Due lettere di Giovanni XXII (29 apr. 1319) avevano rivelato forti timori al riguardo del M. che si era presentato in nome dei ghibellini italiani al conte Charles de la Marche, il futuro Carlo IV di Francia, per convincerlo ad accettare l'offerta del comando di una lega militare da condurre in Italia.
Il M. tornò a Parigi dove si dedicò alla pratica della medicina e ai nuovi studi di teologia. Da un verbale della Inquisizione del 20 maggio 1328 contro un Francesco da Venezia, accusato di essere stato il domestico del M. e di averlo aiutato a scrivere la sua opera politica più nota, il Defensor pacis, risulta infatti che nel 1324 il M. si preparava a insegnare teologia (cfr. Pincin, in Defensor pacis nella traduzione in volgare(); per quel fine quindi sarebbe stato necessario frequentare a Parigi il corso di baccellierato già negli anni 1320-21. A conferma di quel progetto, il luogo ove dimorava il M. quando terminò il Defensor pacis, il 24 giugno 1324, era la casa degli studenti in sacra teologia, nel vico della Sorbona.
A Parigi si rinsaldò il sodalizio del M. con Giovanni di Jandun proprio nel preparare il Defensor pacis. Tutti i manoscritti tramandano il solo nome del M. e tuttavia per Giovanni di Jandun rivestono valore di corresponsabilità il paritetico abbandono dell'insegnamento parigino dopo la fine dell'opera, il comune rifugio presso Ludovico il Bavaro e le esplicite condanne papali che li colpirono nel 1327.
Scomunicati, decaduti dalle loro dignità accademiche e convocati ad Avignone entro quattro mesi, il M. e Giovanni di Jandun erano poco tempo dopo al sicuro a Monaco presso Ludovico duca di Baviera. Era lo stesso personaggio eletto a maggioranza re di Germania e d'Italia nell'ottobre 1314, in costante antagonismo con Giovanni XXII che mai volle conferirgli la approvazione papale.
Alla spedizione militare di Ludovico in Italia concorsero anche il M. e Giovanni di Jandun. Il 17 genn. 1328, a Roma, Ludovico fu coronato imperatore dai rappresentanti del popolo romano. Per quanto non sia direttamente testimoniata la presenza del M. in quella cerimonia, non più rinnovata fin dai tempi della dinastia ottoniana, il suo significato politico corrispondeva sostanzialmente con gli argomenti riuniti dal M. in un breve trattato (De translatione Imperii) con il quale si annullava il valore storico e istituzionale dei diversi trasferimenti della corona imperiale (Jeudy - Quillet).
Il M., nominato vicario spirituale in Roma, fu tra gli artefici di una sentenza (18 apr. 1328) che destò un grande clamore nella Europa cristiana, la deposizione di Giovanni XXII da parte dell'imperatore. È stato possibile isolare in quel testo argomenti letteralmente presi dal Defensor pacis, nel quadro di una inattesa sinergia di contrastanti motivi ideologici. A Roma era comparso il francescano spirituale Ubertino da Casale, del quale più nulla si sapeva dopo la sua fuga da Avignone nel 1325. Dalla mente di Ubertino uscì l'accusa a Giovanni XXII di essere il mistico anticristo, mentre alla città di Roma si attribuiva il titolo di regale sacerdozio. Poi di Ubertino si perse, e per sempre, ogni traccia.
Il 12 maggio 1328, per consiglio e intervento del M., fu eletto pontefice il francescano Pietro Rainalducci di Corvara con il nome di Niccolò V. Malgrado l'impegno del M., quando aveva scritto il Defensor pacis, nel recuperare tesi a favore del controllo imperiale del pontefice attraverso la Panormia di Ivo di Chartres (secolo XII) e la versione "lunga" del decreto di elezione papale di Niccolò II (1059), fu presto evidente la dimensione scialba e insostenibile del nuovo pontefice. Rimaneva nella impresa romana del M. il segno di una personalità non racchiusa entro schemi lineari, ma che prorompeva con sconcertante energia, in una misura incommensurabile rispetto alla mentalità comune del suo tempo. In altre parole, era sorto nel M. un contrasto violento fra mondo teoretico e mondo pratico. Anche con i suoi errori di strategia politica, le sue novità erano in anticipo rispetto alle esperienze del secolo seguente, in età conciliare.
Lasciata Roma a causa della pressione militare esercitata dal Regno angioino di Napoli, l'esercito imperiale prese a risalire l'Italia. A Todi, nell'agosto 1328, sarebbe morto "il perfido eretico e conducitore del Bavero, maestro Marsilio da Padova" (G. Villani, Nuova cronica, cit., p. 44 [l. XI, cap. 101]); ma era un singolare abbaglio del Villani che aveva scambiato Giovanni di Jandun con il Mainardini. A Pisa, il 21 sett. 1328, questi poté incontrarsi con i francescani dissidenti contro Giovanni XXII in merito alla povertà dell'Ordine dei minori: il ministro generale Michele da Cesena e Guglielmo d'Ockham. Il fronte comune contro il pontefice si sarebbe tuttavia saldato in una sola occasione, dopo il ritorno a Monaco, al seguito dell'imperatore.
Ma prima dell'arrivo in Baviera, avvenuto nel 1329, le idee del M. sul governo della Chiesa avrebbero innestato radici brevi ma non effimere in Lombardia. Attraverso una recente analisi di fonti precedentemente ignote della Chiesa ambrosiana è apparsa la notizia in merito al M. che già nel 1327 era divenuto per nomina imperiale iudex clericorum e amministratore della arcidiocesi milanese (Cadili).
Una memoria politica anonima, Quoniam scriptura, scritta nel 1331 per convincere l'imperatore a desistere dalle trattative con Avignone, conteneva argomenti desunti dalle opere di Michele da Cesena e in particolar modo di Guglielmo d'Ockham e nondimeno per otto volte il Defensor pacis si è scoperto come fonte letterale della memoria politica. Quella convergenza di idee non sarebbe più ritornata. All'impressionante silenzio delle fonti pubbliche e private sul M., che tuttavia non si riesce a immaginare al di fuori del sicuro Ducato di Baviera, si contrapponeva il favore accordato dall'imperatore a Guglielmo d'Ockham, ormai tenacemente impegnato per circa un ventennio a costruire grandi opere politiche e trattati polemici contro i pontefici.
Nell'autunno 1336, durante i tentativi per un accordo fra Ludovico il Bavaro e il nuovo pontefice Benedetto XII, riapparve il nome del M., in declino di fortuna presso l'imperatore che diceva di averlo accolto perché era un buon medico e pareva molto esperto dei diritti dell'Impero. Anche negli anni seguenti rimane nel buio l'esistenza del M., assente o comunque non registrato nel corso delle Diete imperiali del 1338, quando Ockham e gli altri francescani dissidenti avevano teorizzato l'indipendenza dell'Impero.
Ma l'ultima parola del M. doveva ancora venire, entro una particolare dimensione che sarebbe rimasta quasi invisibile al suo tempo. Un manoscritto ha infatti salvato la sua opera finale, il Defensor minor. Identificato e riconosciuto solamente verso la fine del secolo XIX, se si esclude una limitata circolazione in area veneta verso la fine del secolo XV, il Defensor minor non era una ripetizione o un riassunto dell'opera maggiore. In una cornice più aspra e radicale il M. riapriva le questioni della legge e del governo civile, dell'Impero e della Chiesa. Con un sistema criptico e allusivo, senza fare il nome di Ockham, erano rovesciate le sue idee sul primato della Chiesa romana e sul concilio. L'ultima parte del Defensor minor fu poi trasposta all'interno di tre formae o sentenze scritte intorno al 1341-42 dal M. in occasione dello scioglimento del matrimonio della contessa del Tirolo, Margherita Maultasch con Giovanni di Boemia.
In Avignone, nel corso di un concistoro del 10 apr. 1343, il nuovo papa Clemente VI dette notizia della morte del M. e, dopo avere estratto da un suo libro più di duecentoquaranta articoli ereticali, affermò di non avere mai conosciuto un eretico peggiore di lui. La data della morte del M., di cui non è noto il luogo, deve quindi essere collocata tra la redazione delle sentenze (1341-42) e i primi mesi del 1343.
Opere. Le opere del M. riferibili alla sua attività presso la facoltà delle arti sono ancora poco conosciute, presentano problemi di attribuzione e una esigua tradizione manoscritta. Può essere considerato autentico al di là di ogni dubbio il sophisma Omne factum habet principium (Mantova, Biblioteca comunale, Mss., D.III.19 [445], cc. 1vb-3ra), disputato, secondo il colophon, a Parigi.
Ci sono validi motivi per inserire solo in modo dubitativo tra le opere del M. il sophisma Caius est universale, dedicato alla questione dei termini accidentali concreti (Biblioteca apostolica Vaticana, Vat. lat., 6768, cc. 221vb-223va; Vat. lat., 3061, cc. 29rb-31rb, dove però è attribuito a un non meglio noto Petrus de Colonia).
Assai più complesso appare il caso del già ricordato commento per questioni alla Metafisica di Aristotele (Firenze, Biblioteca Medicea Laurenziana, Fiesol., 161, cc. 1ra-41va), frammentario, in quanto si interrompe alla q. 8 del VI libro. In questo manoscritto il commento è attribuito al M. e spesso è stato utilizzato come fonte per il suo pensiero, alla ricerca di premesse filosofiche che avrebbero poi potuto essere sviluppate (o abbandonate) nel Defensor pacis.
Pare ormai tramontata l'ipotesi, ventilata da J. Hamesse, di considerare il M. come l'autore del florilegio di citazioni aristoteliche noto con il titolo di Parvi flores.
Significativo per le ragioni della fortuna del M. il fatto che, passando alla produzione più prettamente politica, si abbandona il terreno dell'inedito. L'opera che segna la svolta nella vicenda intellettuale e biografica del M. è il Defensor pacis, non solo opera maggiore del M., ma anche uno dei capolavori del pensiero politico medievale. Anche se la condanna papale del 1327 ne considera corresponsabile Giovanni di Jandun, al punto di estendere anche a questo la scomunica relativa, non è stato possibile individuare segni inequivocabili - a livello letterario - dell'intervento di Giovanni di Jandun. Si potrà pensare allora a una "corresponsabilità ideologica" (Dolcini, 1995).
I trenta capitoli della seconda dictio vogliono dimostrare che una corretta interpretazione dei testi fondanti della rivelazione cristiana non contraddice i risultati dell'indagine filosofica, ma anzi concorda con essa nel dimostrare infondate le pretese di pienezza dei poteri avanzate dal Papato. Costruita secondo il modello logico della quaestio medievale, in cui dopo avere esposto il significato dei termini in discussione si procede all'illustrazione delle tesi avverse e alla loro puntuale confutazione, la più lunga sezione del Defensor pacis contiene le affermazioni che più colpirono i lettori medievali e suscitarono la recisa condanna da parte dell'autorità ecclesiastica (Dolcini, 1988, pp. 296 s.). Oltre a negare che le autorità ecclesiastiche possano esercitare una giurisdizione coattiva nei confronti di alcuno, se non per delega imperiale, il M. contesta il carattere rivelato della gerarchia ecclesiastica, asserendo la sostanziale uguaglianza di tutti i sacerdoti. Cristo non avrebbe quindi identificato in Pietro un vicario dotato di poteri superiori a quelli degli altri apostoli. Al vertice della Chiesa e a garanzia della ortodossia della sua fede è posto invece il concilio generale, espressione della totalità dei fedeli. La seconda dictio del Defensor pacis contiene anche molti altri spunti rilevanti per la discussione ecclesiologica del Trecento: come esempio siano sufficienti i capitoli XII-XIV, che affrontano la questione della povertà evangelica, opponendosi alle decisioni assunte negli anni immediatamente precedenti (1322 e 1323) da Giovanni XXII. La brevissima terza dictio del Defensor pacis, in particolare nel suo cap. II, caratterizzata da una struttura che ricorda quella di alcune tabulae di opere medievali, consta di un riassunto delle tesi principali in forma di conclusiones, con il rimando alle parti dell'opera in cui esse sono dimostrate.
Edizioni, volgarizzamenti e traduzioni: Defensor pacis of Marsilius of Padua, a cura di C.W. Previté Orton, Cambridge 1928; Defensor pacis, a cura di R. Scholz, in Mon. Germ. Hist., Fontes iuris Germanici antiqui, VII, Hannoverae-Lipsiae 1932-33; Defensor pacis nella traduzione in volgare fiorentino del 1363, a cura di C. Pincin, Torino 1966; Marsilius of Padua, II, The Defensor pacis, a cura di A.J. Gewirth, New York 1956; Defensor pacis, a cura di H. Kusch, Darmstadt 1958; Il difensore della pace, a cura di C. Vasoli, Torino 1960 (2a ed., ibid. 1975); Marsile de Padoue, Le défenseur de la paix, a cura di J. Quillet, Paris 1968; Marsilio de Padua, El defensor de la paz, a cura di L. Martinez Gómez, Madrid 1989; Il difensore della pace. Primo discorso, a cura di C. Vasoli (con testo dell'edizione Scholz a fronte), Padova 1991; Il difensore della pace, a cura di M.T. Fumagalli Beonio Brocchieri et al. (con testo dell'edizione Scholz a fronte), I-II, Milano 2001; The defender of the peace, a cura di A. Brett, Cambridge 2005.
Il breve trattato intitolato De translatione Imperii, tramandatoci in 20 manoscritti, non è databile, se si prescinde dal fatto che il terminus post quem è costituito dal Defensor pacis, terminato come già ricordato nel 1324, che è citato nell'opera e a sua volta la preannuncia.
Edizioni e traduzioni: De translatione Imperii, in Marsile de Padoue, Oeuvres mineures, a cura di C. Jeudy - J. Quillet, Paris 1979, pp. 371-433 (ed. con trad. francese a fronte); De translatione Imperii, trad. a cura di F. Watson, in Defensor minor and De translatione Imperii, a cura di C.J. Nederman, Cambridge 1993.
Al periodo in cui il M. fu attivo a fianco dell'imperatore risalgono due scritti, in cui è possibile ravvisare un'influenza delle tesi del M., anche se non sono attribuiti a lui in modo esplicito, come ha mostrato Dolcini (1981, 1988, 1995).
Il secondo, databile con minor precisione, risale al periodo di Monaco successivo alla discesa in Italia. Intitolato Quoniam scriptura, è volto a dissuadere Ludovico dal cercare una composizione con il Papato avignonese. Secondo l'editore (Dolcini, 1988, pp. 414-426), questa memoria politica potrebbe risalire a un lavoro congiunto dei minoriti rifugiati a Monaco e del M. stesso.
Il capolavoro politico dell'ultimo M. è intitolato dall'autore stesso Defensor minor. Tramandato in un solo e tardo manoscritto (Oxford, Bodleian Library, Canonici miscell., 188), ha ricevuto una collocazione dopo la scoperta, da parte di Dolcini (1988) di una polemica del M. contro la terza parte del Dialogus de imperatorum et pontificum potestate di Guglielmo di Ockham. Si colloca quindi tra il 1340-41 e la morte del Mainardini.
Edizioni e traduzioni. Defensor minor, a cura di C.K. Brampton, Birmingham 1922; Defensor minor, in Marsile de Padoue, Oeuvres mineures, cit., pp. 167-311 (con trad. francese a fronte); Il difensore minore, a cura di C. Vasoli, Napoli 1975; Defensor minor, a cura di J.A. de Camargo Rodríguez de Souza, Petrópolis 1991; Defensor minor, a cura di C.J. Nederman, in Defensor minor and De translatione Imperii, Cambridge 1993.
La "fortuna" del M., che quasi totalmente si identifica nella sostanza con quella del Defensor pacis (benché anche il De translatione sia stato letto e citato) a partire dalla versione in volgare italico del 1363, tra condanne postume e riprese attualizzanti, è capitolo ricchissimo che si intreccia profondamente non solo con i dibattiti conciliaristi del Quattrocento (esempio fra tutti ne sia Niccolò Cusano nel De concordantia catholica), ma con molti dei dibattiti religioso-politici che hanno segnato la storia d'Europa dopo il Medioevo. Al tema sono state dedicate monografie (Piaia, 1977; Simonetta, 2001) e raccolte di studi (cfr. Piaia, 1999), ma non poco rimane da esplorare in modo critico.
Fonti e Bibl.: Per la biografia del M. utili le premesse delle edizioni critiche del Defensor pacis e del Defensor minor, nonché la nota critica di C. Pincin in Marsilio da Padova, Defensor pacis nella traduzione in volgare fiorentino, cit.; e inoltre: C. Pincin, Marsilio, Torino 1967; C. Dolcini, Introduzione a Marsilio da Padova, Roma-Bari 1995 (con bibliogr.); Id., Nuove ipotesi e scoperte su Dante, Marsilio e Michele da Cesena. Il nodo degli anni 1324 e 1330, in Etica e politica: le teorie dei frati mendicanti nel Due e Trecento. Atti del XXVI Convegno, Assisi, 1998, Spoleto 1999, pp. 279-297; A. Cadili, Marsilio da Padova amministratore della Chiesa ambrosiana, in Pensiero politico medievale, III (2005-6), pp. 187-219. Sulle Quaestiones super Metaphysicam cfr. J. Quillet, Brèves remarques sur les Quaestiones super Metaphysicae libros I-VI (Codex Fesulano 161, fol. 1ra-41va), in Die Auseinandersetzungen an der Pariser Universität im XIII. Jahrhundert, a cura di A. Zimmermann, Berlin-New York 1976, pp. 361-385. P. Di Vona, L'ontologia di Marsilio da Padova nelle Quaestiones I-II super IV librum Metaphysicae, in Atti dell'Accademia di scienze morali e politiche, LXXIX (1978), pp. 251-281; C. Dolcini, Aspetti del pensiero politico in età avignonese: dalla teocrazia ad un nuovo concetto di sovranità (1981), in Id., Crisi di poteri e politologia in crisi. Da Sinibaldo Fieschi a Guglielmo d'Ockham, Bologna 1988, pp. 234-237; R. Lambertini - A. Tabarroni, Le Quaestiones super Metaphysicam attribuite a Giovanni di Jandun, in Medioevo. Rivista di storia della filosofia medievale, X (1984), pp. 70-93; R. Lambertini, Felicitas politica und Speculatio, in Was ist Philosophie im Mittelalter, a cura di J.A. Aertsen - A. Speer, Berlin-New York 1998, pp. 984-990.
Per l'attribuzione al M. dei Parvi flores, J. Hamesse, Marsile de Padoue peut-il être consideré l'auteur(?, in Medioevo. Riv. di storia della filosofia medievale, VI (1980), pp. 491-500.
Sul pensiero del M.: F. Battaglia, Marsilio da Padova e la filosofia politica del Medio Evo, Bologna 1928; A.J. Gewirth, The defender of peace, I, Marsilius of Padua and Medieval political philosophy, New York 1951 (e successive ristampe); G. de Lagarde, La naissance de l'esprit laïque au déclin du Moyen Âge, III, Le Defensor pacis, Paris-Bruxelles 1970; P. Di Vona, I principî del Defensor pacis, Napoli 1974; G. Piaia, Marsilio da Padova nella Riforma e nella Controriforma. Fortuna ed interpretazione, Padova 1977; C. Dolcini, Marsilio contro Ockham. Intorno a una recente edizione del Defensor minor, in Quaderno 12 della Rubiconia Accademia dei Filopatridi, Savignano sul Rubicone 1980, pp. 251-268 (rist., in Dolcini, Crisi di poteri, cit., 1988, pp. 269-289); Marsilio, ieri e oggi. Simposio su Marsilio da Padova nel VII centenario della nascita, a cura di G. Piaia, Padova 1980; D. Sternberger, Die Stadt und das Reich in der Verfassungslehre des Marsilius von Padua, in Sitzungsberichte der Wissenschaftl. Gesellschaft an der J.W. Goethe-Universität, XVIII (1981), 3, pp. 87-149 (rist., in Id., Die Stadt als Urbild. Sieben politische Beiträge, Frankfurt a.M. 1985, pp. 76-142); C. Dolcini, Marsilio e Ockham. Il diploma imperiale Gloriosus Deus, la memoria politica Quoniam scriptura, il Defensor minor (1981), in Id., Crisi di poteri, cit., 1988, pp. 291-426; C. Flüeler, Rezeption und Interpretation der Aristotelischen Politica im späten Mittelalter, Amsterdam-Philadelphia 1992, pp. 120-131; S.F. Torraco, The priests as physicians of souls in Marsilius of Padua's Defensor pacis, San Francisco 1992; C.J. Nederman, Community and consent. The secular political theory of Marsiglio of Padua's Defensor pacis, Lanham, MD, 1995; G. Piaia, Marsilio e dintorni. Contributi alla storia delle idee, Padova 1999; R. Lambertini, La povertà pensata. Evoluzione storica della definizione dell'identità minoritica da Bonaventura ad Ockham, Modena 2000, pp. 289-304; J. Miethke, De potestate papae. Die päpstliche Amtskompetenz im Widerstreit der politischen Theorie von Thomas von Aquin bis Wilhelm von Ockham, Tübingen 2000, pp. 204-247 (trad it., Ai confini del potere. Il dibattito sulla potestas papale da Tommaso d'Aquino a Guglielmo d'Ockham, Padova 2005, pp. 227-275); S. Simonetta, Marsilio in Inghilterra. Stato e Chiesa nel pensiero politico inglese tra XIV e XVII secolo, Milano 2001; M. Merlo, Marsilio da Padova: il linguaggio della politica come grammatica del mutamento, Milano 2003; R. Battocchio, Ecclesiologia e politica in Marsilio da Padova, Padova 2005; The world of Marsilius of Padua, a cura di G. Moreno-Riano, Turnhout 2006; J. Miethke, Literaturbericht über Marsilius von Padua (1958-1992), in Bulletin de philosophie médiévale, XXXV (1993), pp. 150-165; Lexikon des Mittelalters, VI, coll. 332-334; Theologische Realenzyklopädie, XXII, pp. 183-190; C. Fiocchi, in www.swif.uniba.it/lei/ filosofi/autori/ marsiliodapadovascheda.htm (9 marzo 2004); E. Ancona in www.sifp.it/classici2.php?id=64&ct (gennaio 2006).
C. Dolcini -