MARTINELLI, Nicolò, detto il Trometta

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 71 (2008)

MARTINELLI, Nicolò, detto il Trometta

Bernardetta Nicastro

Figlio di Michele, nacque a Pesaro nel 1535 circa.

Il M. viene ricordato dalle fonti con differenti appellativi: Becci (p. 30) lo chiama «Nicolò da Pesaro di cognome Trometta»; nel ms. 378 della Biblioteca Oliveriana di Pesaro (I, 25, cc. 335 s.) è detto semplicemente «Nicolò Martinelli da Pesaro»; l’appellativo di «Nicolò Severi» è usato solamente da Lanciarini e non si ritrova in altre testimonianze.

Scarse sono le notizie biografiche su di lui: Bertolotti (p. 26) sostiene erroneamente l’esistenza di due differenti personaggi. Il M. si chiamava sicuramente «Nicollaus Martinellis», come lui stesso si firma negli affreschi di S. Maria in Aracoeli; e Trometta (o Trombetta) sarebbe stato il soprannome di suo nonno, come documenta Antaldi. Le sue origini sono chiaramente documentate dall’appellativo «Pisaurensis» ricorrente nei contratti di committenza e nelle firme da lui stesso apposte sulle opere. B. Montevecchi ipotizza una presenza del M. tra gli apprendisti di Federico Brandani, cosa che gli avrebbe permesso di conoscere Taddeo Zuccari e di frequentarne la bottega a Roma. Baglione segnala erroneamente che il M. si trasferì «da giovane in Roma mentre regnava nella chiesa di Dio Gregorio XIII» (1572-85); in realtà la sua attività è documentata già dal 1561 quando egli risulta essere attivo nella cerchia degli Zuccari e lavorare al casino di Pio IV in Vaticano. Nel 1562 fu tra i soci fondatori della Compagnia dei pittori che diventerà l’Accademia di S. Luca, di cui sarà console (1575, 1594) e rettore (1593).

Del 2 giugno 1563 è il contratto fra il M. e Giovanni Pietro di Cordova per la realizzazione di una cappella, di cui non restano tracce, nella chiesa di S. Giuliano a Monte Giordano. Il lavoro, concluso prima del 26 luglio, dovette riuscire bene poiché il committente «contentus fuit et bene satisfactus» (Masetti Zannini, p. 56). Il 6 genn. 1565 gli fu assegnata la decorazione della cappella di Paolo De Castro nella chiesa romana di S. Maria della Consolazione. Forse il M. non ultimò il lavoro, poiché il 30 gennaio dello stesso anno gli venne richiesta da Flaminia Margani la decorazione dell’abside della chiesa di S. Maria in Aracoeli a sostituzione degli affreschi di Pietro Cavallini, distrutti nel rifacimento voluto nel 1561 da Pio IV.

Il prezzo stabilito fu di 350 scudi; la committente ne avrebbe aggiunti altri 50 se l’opera fosse risultata gradita. Soggetto del lavoro è la leggenda medievale dell’apparizione della Vergine all’imperatore Augusto, in seguito alla profezia della Sibilla Tiburtina. Il pittore stabilì di dividere la volta in una complessa serie di riquadri con Storie della vita della Vergine e della leggenda augustea inquadrati da cornici di stucco. Sulla pergamena posta tra i libri ai piedi dell’evangelista Marco si trova la firma dell’artista «Nicollaus Martinellis Pisaurensis». Nella volta è apposta la data di conclusione della decorazione: 1568. Della decorazione esiste anche la serie dei disegni progettuali (Gere). La sensibilità con la quale venne realizzato il lavoro risentiva del gusto del tardo manierismo romano e dell’operato degli Zuccari. L’opera, definita dal Baglione «la migliore che mai egli colorisse», ricevette molti elogi e contribuì ad accrescere la fama dell’autore. Bertolotti (p. 26) riporta un documento dell’8 dic. 1566 in cui si racconta un episodio avvenuto mentre il M. lavorava in Aracoeli: un certo frate Alberto che aveva realizzato la volta in muratura, urtato dal fatto che il pittore scalpellasse l’intonaco per apporvi stucco e colori, gli nascose «il mortaio et certe scaglie di marmo». I due si scontrarono violentemente, non solo a parole. L’episodio pone l’accento sulle pratiche operative dell’artista che eseguiva personalmente la realizzazione degli stucchi e degli affreschi.

Nella stessa chiesa il M. fu chiamato a decorare la cappella di S. Antonio (la terza nella navata sinistra) con Il paradiso (1570) e quella di Vittoria Orsini (la sesta sempre nella navata sinistra) con L’Ascensione sulla volta e personificazioni (La Vittoria, La Gloria, La Perseveranza, La Prudenza) sulle pareti (1582-84). Dopo il 1568 eseguì L’Ultima Cena per la chiesa della Confraternita del Ss. Sacramento di Pesaro (oggi a Tavullia nella chiesa di S. Lorenzo).

Nello spazio del dipinto alto più di 4 m è sintetizzata la maniera dell’ultimo M.: l’insistenza per i dettagli risente della lezione nordica, la visione dall’alto della scena crea un’antinaturalistica prospettiva cara al tardo manierismo romano e alla corrente del «manierismo metaurense». Per la sua città natale dipinse inoltre La Vergine e santi, oggi nel Museo di belle arti di Budapest, un S. Michele Arcangelo e un S. Antonio Abate per la chiesa di S. Arcangelo (poi S. Giuseppe); nella chiesa di s. Francesco c’è una Trinità venerata dalle ss. Elisabetta d’Ungheria, Margherita da Cortona e Francesca Romana.

Del 31 maggio 1584 è il contratto per la decorazione della prima cappella a sinistra nella chiesa romana di S. Omobono: il M. promise di eseguire a sue spese tutto il lavoro. Il 18 giugno 1585 il nome dell’artista è indicato in un contratto per la decorazione di «quattro stanze del Palazzo di Borgovecchio del Cardinale Cesi» con grottesche e allegorie dei mesi. Gli affreschi, oggi di difficile lettura, dovevano essere completati entro tre mesi «al prezzo di scudi 200» (Bertolotti, p. 27). Agli anni 1591-95 risale la decorazione pittorica di due cappelle, oggi deteriorate, nella chiesa romana di S. Maria dell’Orto (cappella del Crocifisso con Storie della Passione e cappella di S. Francesco con Storie della vita del santo). Nel 1599 collaborò, con Giacomo Stella, Ferdinando Sermei e Sebastiano Bartolucci, alla decorazione della corsia sistina dell’ospedale di S. Spirito in Sassia con scene raffiguranti il pontificato di Sisto IV. Tre anni dopo per la chiesa di s. Maria in Trastevere eseguì la decorazione della volta della cappella di s. Giovanni Battista: in loco resta solo una Madonna col Bambino molto deteriorata.

Tra i lavori del M. non più esistenti vi erano la realizzazione nella navata sinistra della chiesa di S. Francesco a Ripa di un’opera formata da una Pietà a olio e Santi laterali ad affresco e di un’altra nella cappella a destra dell’ingresso laterale nella basilica di S. Giovanni in Laterano. Di questa commissione resta un’Adorazione dei pastori a olio ritrovata da L. Barroero in una sagrestia della basilica. Perduti sono gli affreschi in una cappella nella basilica dei Ss. Apostoli, le Storie della Vergine nel chiostro della chiesa di S. Maria della Pace, i dipinti nella tribuna della basilica di S. Croce in Gerusalemme e quelli in una cappella della chiesa di S. Rocco.

Il M. morì a Roma nel 1611, come risulta da un documento dell’Archivio della Congregazione dei Virtuosi al Pantheon (Turrio Baldassarri, p. 281).

Baglione dà un giudizio amaro sugli ultimi anni dell’artista: «arrivò all’età di 70 anni e per haver perduta quell’aura, che da giovane guadagnato si aveva, sempre affaticassi; ma non fu molto comodo di facoltà; e mentre regnava il pontefice Paolo V finalmente cessò dal lavoro, e dalla vita».

Fonti e Bibl.: G. Baglione, Le vite de’ pittori, scultori et architetti dal pontificato di Gregorio XIII fino a tutto quello di Urbano VIII, I, Roma 1642, pp. 119 s.; D. Bonamini, Abecedario degli architetti e pittori pesaresi (fine del sec. XVIII), a cura di G. Patrignani, in Pesaro città e contà, VI (1996), pp. 139-141; A. Becci, Catalogo delle pitture che si conservano nelle chiese di Pesaro, Pesaro 1783, pp. 30 s. e passim; A. Antaldi, Notizie di alcuni architetti, pittori, scultori di Urbino, Pesaro e de’ luoghi circonvicini… (1805), a cura di A. Cerboni Baiardi, Ancona 1996, p. 91; A. Bertolotti, Artisti urbinati in Roma prima del secolo XVIII. Notizie e documenti raccolti negli archivi romani, Urbino 1881, pp. 26 s.; V. Lanciarini, Dei pittori Taddeo e Federico Zuccari da Sant’Angelo in Vado, in Nuova Riv. misena, VI (1893), 9, pp. 153-155; C. Astolfi, La chiesa di S. Omobono e un documento che la riguarda, in L’Osservatore romano, 8 apr. 1937; J.A. Gere, Drawings by N. M., il Trometta, in Master Drawings, I (1963), 4, pp. 3-18; G.L. Masetti Zannini, Pittori della seconda metà del Cinquecento in Roma, Roma 1974, pp. 56 s.; B. Montevecchi, N. M. da Pesaro detto il Trometta, in Un omaggio ai Della Rovere: 1631-1981, Urbino 1981, pp. 65-69; M. Turrio Baldassarri, N. M. da Pesaro detto «Trometta», tesi di laurea, Università degli studi di Roma «La Sapienza», a.a. 1988-89; L. Barroero, S. Giovanni in Laterano, Firenze 1990, p. 147; B. Montevecchi, N. M. da Pesaro detto il Trometta, in Pesaro nell’età dei Della Rovere, III, 2, Venezia 2001, pp. 149-164; Id., N. M. detto il Trometta, in Nel segno di Barocci: allievi e seguaci tra Marche, Umbria, Siena, a cura di A. Ambrosini Massari - M. Cellini, Milano-Jesi 2005, pp. 142-157; U. Thieme - F. Becker, Künstlerlexikon, XXIV, p. 165.