MARZABOTTO

Enciclopedia dell' Arte Antica (1961)

Vedi MARZABOTTO dell'anno: 1961 - 1973 - 1995

MARZABOTTO

P. E. Arias
G. A. Mansuelli

Città etrusca situata nella zona subappenninica tosco-emiliana, (media valle del Reno), della quale non si hanno menzioni nelle fonti storiche antiche. L'ansa a S dell'abitato attuale di M. circoscrive un terrazzo, che il fiume è andato progressivamente erodendo, Pian di Misano, al quale si raccorda ad O l'altura di Misanello. L'etimologia è oltremodo incerta e puramente ipotetico il toponimo etrusco Misa, ricostruito attraverso un intermedio latino Misanum, peraltro non documentato. Da Casalecchio alle vicinanze di Porretta, nel fondovalle e sulle alture si ha una documentazione abbastanza consistente delle civiltà dell'Eneolitico e del Bronzo e specialmente delle protostoriche dal Villanoviano in poi. A M. sono attestate tracce non ancora ben chiare di uno stanziamento eneolitico e di uno villanoviano, ma la documentazione è soprattutto dell'età etrusca, dalla fine del VI al IV sec. a. C., quando M. ha svolto la funzione di centro della valle, senza escludere più ampi rapporti.

Gli scavi sono stati condotti regolarmente dal 1862 da P. Aria e G. Gozzadini (ma le prime notizie di rinvenimenti risalgono a L. Alberti attorno al 1550), e ripresi nel 1888 da E. Brizio. Il museo locale, assai ricco prima della distruzione dovuta a cause belliche, stette a lungo nella villa Aria; passò poi nel 1928 allo Stato, con l'intera zona archeologica per donazione fatta dai proprietari. Dopo lavori di sistemazione diretti successivamente da da S. Aurigemma e G. Mancini, gli scavi ripresero regolarmente dal 1950 per opera di P. E. Arias e furono continuati da G. A. Mansuelli.

Già il Brizio riconobbe i principali elementi di un grande complesso urbanistico, occupante sia l'altura di Misanello che il Pian di Misano, con un circuito di quasi tre km. L'acropoli (Misanello) aveva esclusivamente carattere sacro, con una serie di monumenti fra le più complete, ma anche le più discusse per le testimonianze dell'architettura religiosa etrusca. L'orientazione di tutti i monumenti è rigorosamente stabilita con le fronti a s; il solo avanzo che diverge da questa norma, il lungo muro del cosiddetto Tempio E, non era quasi certamente altro che un sostegno di terrazzamento con contrafforti. Gli edifici sicuramente identificabili come costruzioni sacre sono, da E ad O: il tempietto A, di cui rimangono gli ortostati di rivestimento in travertino dell'angolo N-O; l'altare B, quadrato, con pozzo centrale, insistente su di una fondazione che scende fino a sei m al di sotto del piano di calpestio; il grande tempio C ed il cosiddetto altare, ma più probabilmente tempio, D. Di questi due edifici rimangono soltanto le fondazioni e i podî: del tempio C resta solo la struttura interna dei muri in ciottoli; di quello D si conserva per m 1,15 quasi integralmente il rivestimento in travertino del podio con grandi cornici a due tori fra due lunghi listelli piatti e un abaco superiore. Analoga modanatura limita ai lati la scaletta frontale di accesso. Il tempio C, conservato per una larghezza di m 21,40 e una lunghezza di 17,30, comprende un reticolato di murature interne che scompartono la pianta in modo da dare effettivamente l'impressione che l'edificio fosse a tre celle, come ritennero il Brizio, il Grenier, il Dejeriuj, il Ducati, in rapporto ai dati riferiti da Vitruvio (De arch., iv, 7, i). A. Kivsopp Lake ha pensato, invece, ad una sola cella con due ali (v. etrusca, arte). Il problema è pressoché insolubile, non tanto per il carattere inconsistente della struttura, quanto perché i resti sicuri si riferiscono solo alla parte bassa del podio, senza indizi utili per congetture concernenti l'elevato. Le fondazioni, ricontrollate più volte, comprovano la tripartizione in senso longitudinale in una zona centrale più larga e due laterali più strette; tutte sono a loro volta suddivise da muri ortogonali. È difficile pensare che le concamerazioni risultanti costituissero delle favissae, perché i muretti perimetrali e divisori difficilmente avrebbero sopportato il peso delle strutture dell'elevato; è quindi più logico pensare che i vani fossero in origine riempiti di terra stipata. Non si ha notizia di materiali rinvenuti all'interno dei templi; la stipe sacra arcaica dell'acropoli quasi certamente fu rinvenuta fra i templi C e D. Per il tempio D non è attestata alcuna partizione interna.

L'orientazione degli edifici della "terrazza dei templi" è la stessa delle vie e degli isolati della città, sicché tutto l'impianto urbano si deve pensate realizzato secondo un unico piano regolatore. L'impianto si articola su una sola strada in senso S-N, che divide l'area della città in due parti approssimativamente eguali, e su tre strade che incrociano ortogonalmente la prima a intervalli regolari. La più settentrionale delle tre collegava molto probabilmente l'abitato con l'acropoli, giacché la sua prosecuzione ideale costeggerebbe le falde della terrazza dei templi. Tutte queste strade sono larghe 15 m (5 di sede carreggiabile più due marciapiedi laterali), mentre 5 m sono larghe le vie secondarie che erano tracciate solo in senso S-N. Ai lati di ciascuna strada corrono due canaletti per lo smaltimento delle acque. Il reticolato stradale divide l'area urbana in isolati che hanno i lati larghi in senso S-N, di identica lunghezza, ma di larghezza variabile. Nonostante la povertà del materiale, colpisce l'estrema regolarità con cui l'impianto urbano è stato attuato, regolarità che si è ripercossa nella suddivisione interna delle insulae (v.), ognuna delle quali comprendeva più proprietà divise fra loro da canaletti.

L'icnografia delle case è grandemente confusa nei vecchi scavi dove non si vede che un intrico di muretti ortogonali che racchiudono vani piccoli o piccolissimi, la cui funzionalità è molto difficile da riconoscere, tanto più che delle case si conservano solo le fondazioni fino al livello del piano stradale e quindi presumibilmente al di sotto di quello dei pavimenti. I nuovi scavi hanno messo in chiaro diversi punti su questo argomento: lungo l'arteria S-N si sono scoperti diversi complessi i quali presentano elementi comuni: un corridoio d'accesso sovrastante una canalizzazione e una corte centrale quadrilatera entro cui è il pozzo; intorno a questi due elementi si articola tutto il sistema degli ambienti, affiancati in maniera paratattica. P. E. Arias ha riscontrato analogie fra le case di M. e quelle di Olinto (v.). Taluni di questi complessi hanno all'interno complicate canalizzazioni; in esse lo scavo ha accertato l'esistenza di notevoli quantità di scorie di lavorazione di metalli; si tratta quindi probabilmente di case-officine, ubicate proprio al centro della città. Questo addensamento al centro di attività produttive spiegherebbe anche la larghezza delle strade. Non si sa ancora se a M. esistesse o meno una piazza.

L'urbanistica di M. rientra nel vasto campo delle esperienze antiche sul tema dei sistemi ortogonali, largamente effettuate anche prima della formulazione di Ippodamo di Mileto (v.) e che in Italia settentrionale si spiegano con i larghi contatti che la sfera etrusco-padana ha avuto col mondo greco; l'inserimento dell'abitato e dell'acropoli nello stesso ordine di orientazione costituisce una testimonianza dell'interpretazione etrusca del sistema. Il reticolato ortogonale è stato imposto al terreno trascurandone la configurazione: il perimetro della città, quasi certamente murato, era perciò molto irregolare. Necropoli sono state identificate a N, sulla prosecuzione dell'asse stradale S-N, e ad E, sulla prosecuzione del più meridionale dei tre assi trasversali (il cosiddetto decumanus dei vecchi scavi); sono costituite da tombe a cassa di lastroni di travertino, sormontate da ciottoli o segnacoli in forma di colonna o di cippo, in un solo caso da stele.

L'area urbana è stata contratta in seguito all'occupazione, nel corso del IV sec., da parte dei Galli, i quali hanno seppellito fra le case etrusche; forse a questo periodo sono da riferire resti di costruzioni quadrangolari che hanno occupato il tratto più settentrionale della grande arteria S-N.

La cronologia dell'insediamento è data dai materiali rinvenuti sia nell'area urbana che nelle necropoli e soprattutto dalla ceramica attica: il termine più alto è l'ultimo quarto del VI sec.; la ceramica più diffusa è della metà e della fine del V secolo. Contemporaneamente si diffonde un tipo di ceramica locale grigia senza decorazione, cui succede la ceramica campana del tipo più antico. Agli inizî del III sec. sembra che ogni forma di vita urbana sia cessata. La tecnica delle costruzioni dell'età etrusca è molto semplice: le fondazioni (e nei templi anche una parte dell'elevato) in ciottoli fluviali legati con fango. Nei templi il rivestimento del podio era in opera isodoma di travertino, l'elevato in parte certamente in legno con rivestimenti fittili policromi (antepagmenta, elementi di colonna); nelle case l'elevato era, almeno in parte, come hanno dimostrato i recenti scavi, in grossi elementi di argilla cotta imperfettamente; si devono escludere per le case intelaiature lignee, salvo che i coperti.

La cultura rivelata dagli scavi di M. è diversa da quella di Bologna etrusca per alcuni aspetti formali: non esistono a M. i grandi segnacoli figurati; le tombe sono costantemente a cremazione; la produzione della ceramica locale è molto intensa; si trovano talvolta iscrizioni su oggetti di instrumentum. Di un'arte di M. non è il caso di parlare; mancano documenti di un'arte locale, quali sono a Bologna le grandi stele figurate. I bronzetti arcaici della stipe dell'acropoli sono privi di carattere, quelli più recenti, della fine del V e del principio del IV sec., sono certamente importati. Fra essi si distingue il noto gruppo del guerriero con la dama, della Collezione Aria, di fabbrica dell'Etruria centrale, importante per la qualità artistica e la finezza di esecuzione. L'importazione di opere d'arte e di artigianato a M. è attestata, del resto, da altri insigni documenti: un gruppetto arcaico di un efebo con cavallo, dell'Etruria meridionale e soprattutto la testa di koùros, greca, della fine del VI secolo. Una testa bronzea ed una fittile attestano una corrente popolareggiante. Il rimanente è semplice artigianato, sviluppatissimo specialmente nel settore dei laterizi, di otttima tecnica e qualità. Numerosi resti si hanno di terrecotte architettoniche, gli antepagmenta dipinti a motivi geometrici e vegetali dall'acropoli, costituenti il gruppo più antico, le antefisse a palmette a rilievo e dipinte, dalla città, alquanto più tarde. Recentemente si sono recuperati anche resti di plastica fittile fra cui una notevole testina di Gorgone e un frammento di matrice.

Bibl.: Frà L. Alberti, Descrizione di tutta l'Italia, Bologna 1550; A. Micali, Monumenti inediti a illustrazione della storia degli antichi popoli italici, Firenze 1844; G. Gozzadini, Di un'antica necropoli a M. nel Bolognese, Bologna 1865; id., Di ulteriori scoperte nella necropoli a M., Bologna 1870; E. Brizio, Notizie e scoperte archeologiche, in Atti Mem. Romagne, S. III, IV, 1886, pp. 232 ss.; id., Guida alle antichità della Villa e del Museo etrusco di M., Bologna 1886; id., Tombe e necropoli galliche della Provincia di Bologna, in Atti Mem. Romagne, S. III, V, 1887, pp. 502-532; id., Relazione sugli scavi eseguiti a M. presso Bologna dal novembre 1888 a tutto maggio 1889, in Mon. Ant. Lincei, I, 1890; O. Montelius, Civilisation primitive en Italie, Stoccolma 1895, c. 495 ss.; J. Degering, Ueber d. etrusk. Tempelbau, in Goettinger Nachrichten, 1897, I, pp. 137 ss.; A. Grenier, Bologne Villanovienne et étrusque, Parigi 1912, pp. 98 ss., (Bibliothèque de l'École française d'Athènes et Rome, CVI); P. Ducati, Contributo allo studio dell'arte etrusca di M., in Atti Mem. Romagne, S. IV, XIII, 1923, pp. 69-106; id., Storia di Bologna, I: I tempi antichi, passim; Bologna 1928; P. E. Arias, Considerazioni sulla città etrusca di Pian di Misano, in Atti Mem. Romagne, III, 1953; id., in Fasti Arch., IX, 1954, 2904.

(P. E. Arias - G. A. Mansuelli)