PLASTICHE, MASSE

Enciclopedia Italiana (1935)

PLASTICHE, MASSE

Tullio Guido LEVI
Antonio BOSCHI

. Si chiamano masse plastiche quelle sostanze o miscele di sostanze, che, sotto certe influenze, sono rese plastiche e suscettibili di ricevere una forma solida permanente. Si dividono in naturali e artificiali.

Le masse plastiche naturali sono il corno, l'avorio, le unghie, le scaglie di testuggine, ecc., ossia in genere albuminoidi prodotti dagli animali, e la cellulosa dei vegetali, per quanto quest'ultima sia più una materia prima per fare masse plastiche che un materiale plastico essa stessa. Queste materie plastiche naturali sono descritte alle singole voci. Ricordiamo soltanto che le scaglie di testuggine, siccome rammolliscono sotto l'azione del calore, possono saldarsi a caldo e quindi venire stampate a caldo, lavorate al tornio, ecc., e che il corno possiede le stesse proprietà delle scaglie sopraddette e può esser lavorato come le precedenti per stampaggio.

Le masse plastiche artificiali derivano da un gran numero di prodotti organici diversi o di miscele di questi. I principali di questi prodotti sono gli albuminoidi, l'amido, la cellulosa e i suoi esteri ed eteri, il caucciù e i suoi derivati, le resine naturali e sintetiche.

Masse plastiche artificiali derivate da albuminoidi. - Sono a base di albumina, caseina, colla, gelatina, cheratina.

La caseina (v.) è prima polverizzata e poi impastata a caldo con liquidi alcalini con successiva aggiunta dei coloranti voluti e di eventuali cariche; la pasta così ottenuta viene laminata alla calandra in modo da ottenere placche che servono a stampare oggetti, previa insolubilizzazione in un bagno di formaldeide; tale bagno può essere fatto dopo la stampatura. I prodotti industriali più conosciuti a base di caseina sono: la galatite, la cornalite, ecc. Se la materia prima è la gelatina, o colla d'ossa, questa viene dapprima rigonfiata in poca acqua e poi addizionata di glicerina per toglierle la fragilità, e di eventuali cariche e coloranti. Alla pasta così ottenuta si aggiunge formaldeide contenente bicromato potassico o allume di cromo per insolubilizzarla e ottenere che il materiale non sia più sensibile all'umidità; quindi la pasta viene versata direttamente negli stampi. Si hanno così prodotti succedanei della celluloide affatto ininfiammabili.

Masse plastiche derivate dall'amido. - Si ottengono dall'amido o dalla fecola per trattamento a caldo con soluzione di soda, di cloruro di calcio o di zinco, sino a ottenere masse dure che, però, non hanno notevole importanza.

Masse plastiche derivate dalla cellulosa e dai suoi esteri ed eteri. - Saldando insieme le fibre della cellulosa si ottiene un materiale omogeneo che, sotto l'azione del calore e dell'umidità, può esser stampato. Così la fibra vulcanizzata (v.), che è carta trattata in un bagno concentrato di cloruro di zinco a 40°, costituisce una cellulosa gelatinizzata omogenea che si pressa e si calandra. Lo stesso dicasi della viscosa o xantogenato di cellulosa che si ottiene (v. cellulosio) per trattamento della cellulosa con soda e poi con solfuro di carbonio dell'alcalicellulosa ottenuta. Ora, mentre la viscosa lasciata a sé per breve tempo è ancora solubile in acqua e può venir separata per salatura, costituendo la modificazione adatta per fare fili e film, quando è lasciata più a lungo a sé diventa insolubile in acqua, passando a un'altra fase detta viscoid, che è adatta per fare il rayon e prodotti simili al corno. Di questa viscoid che è poi idrocellulosa sono state preparate diverse masse artificiali come la cosiddetta monite che può sostituire il corno naturale, l'ebanite e la fibra vulcanizzata.

Anche il cellophane è un materiale ottenuto dalla viscosa e precisamente un'idrocellulosa; esso è separato dalla viscosa per trattamento con cloruro ammonico e, tirato in fogli sottilissimi, serve ad avvolgere sostanze alimentari e come sostituto della celluloide e della guttaperca.

Gli esteri della cellulosa, e cioè la nitrocellulosa e l'acetilcellulosa gelatinizzate con prodotti organici diversi, sono masse solide e dure a freddo e molli a caldo, ottime sostanze plastiche; questi prodotti sono la canfora per la nitrocellulosa e la triacetina per l'acetilcellulosa; esse permettono di trasformare gli esteri cellulosici in materie plastiche e cioè rispettivamente in celluloide e in acetilcellulosa plastificata.

La celluloide (v.) si prepara dalla nitrocellulosa (v.) mediante impasto con la canfora (dal 23% al 32% sulla nitrocellulosa), eseguito a 50° in speciali mescolatori chiusi, riscaldati a vapore, all'uscita dei quali la celluloide si presenta come una massa semielastica, giallastra e traslucida. La celluloide viene quindi filtrata in speciali presse del tipo di quelle di filtrazione della guttaperca, per liberarla dalle impurità di lavorazione. I pani di celluloide filtrata vengono mescolati, con i coloranti desiderati e con eventuali ingredienti di carica, in mescolatori a cilindri caldi del tipo per gomma, e tirati in grosse foglie. Tolte dai mescolatori, le foglie vengono poste in cassoni a doppia parete, per il riscaldamento a vapore, montati su torchi idraulici, ove, per azione del calore e della pressione, si saldano fortemente formando grossi blocchi che vengono poi tagliati secondo il bisogno.

La grande infiammabilità della celluloide ha condotto a ricercare altre masse plastiche di proprietà analoghe ma meno infiammabili. Si è così ottenuto dall'acetilazione della cellulosa, l'acetilcellulosa (cellite), la quale, però, non è un prodotto plastico ed è solo aggiungendo a essa dei succedanei della canfora (p. es., il trifenilfosfato) che si sono ottenuti dei sostituti della celluloide (cellon). I suoi nomi convenzionali sono Sicoid, Siniloid, ecc.

La formilcellulosa, o più propriamente formiato di cellulosa prodotto che si prepara da cellulosa e acido formico in presenza di cloruro di calcio o di zinco e che è solubile in acido formico acetico, e cloruro di zinco, può servire a ottenere masse plastiche quando la sua soluzione in acido formico è trattata con acido lattico o con succedanei della canfora. Si tratta però di prodotti poco stabili e che non presentano solubilità nei solventi organici comuni.

Anche da altri eteri sali della cellulosa si possono ricavare masse plastiche: così gli acetonitrati di cellulosa di cui è stata preparata un'intera gamma a diverso numero di gruppi acetilici a partire dalla nitrocellulosa per trattamento con anidride acetica e acido solforico: le masse plastiche preparate con questi prodotti rassomigliano assai alla celluloide e cioè sono più elastiche e più plastiche dei materiali a base di acetilcellulosa. Gli acetonitrati di cellulosa hanno avuto diverse applicazioni; per es., nella preparazione dei film cinematografici.

Anche da eteri ossidi misti alcoolici e cellulosici si possono ottenere masse plastiche; facendo agire il solfato di etile, ad es., sull'alcalicellulosa, si ottengono prodotti infiammabili solubili nei solventi organici e assai stabili (acetilcellulosa). Questi materiali plastificati con eteri fenolici o eteri fosforici dei fenoli dànno masse plastiche che si usano di solito in miscele con nitro- o acetilcellulosa, perché da sole sono troppo fragili.

Masse plastiche ottenute dal caucciù e dai suoi derivati. - Dal caucciù si ottiene l'ebanite (v.) e la polvere di ebanite vulcanizzata, utilizzabile per stampatura diretta. Il clorocaucciù si ottiene per trattamento prolungato con cloro d'una soluzione di gomma disciolta in tetracloruro di carbonio; è un materiale termoplastico oltreché un buon materiale per la preparazione di vernici, particolarmente antiacide, data la sua perfetta resistenza agli acidi anche concentrati.

Masse plastiche a base di resine naturali e sintetiche. - Le resine naturali impiegate come masse plastiche sono la resina di pino, il dammara, il copale, l'elemi, la gomma lacca, la gomma mastice, nonché prodotti derivati, come la colofonia (v. alle singole voci; cfr. resina). I principali prodotti derivati dalle resine naturali sono i seguenti: dal copale, sciolto in acetone e vȧriamente colorato, si ottiene un'imitazione dell'ambra, e lo stesso si ha dalla fusione di una miscela di trementina, gomma lacca e colofonia. Da una miscela di resine dure, principalmente copale, si ottiene per stampaggio l'ambroina, che si trova in commercio in placche, bastoni e articoli modellati; si tratta di prodotto ad alto punto di fusione, che trova applicazioni per la sua resistenza agli acidi e per le sue proprietà isolanti. Colofonia e cere, insieme con materiali di riempimento, come cellulosa, segatura, ingredienti, servono pure a preparare articoli stampati e anche da resine indurite, che sono poi resine naturali fuse insieme con calce ed essiccativi per innalzare il punto di fusione, si ottengono oggetti stampati.

Le resine sintetiche impiegate come masse plastiche si possono classificare e riassumere come segue.

Resine sintetiche ottenute per polimerizzazione di composti organici. - a) Da acetilene per condensazione in presenza di rame si ottiene il cuprene, che serve a preparare masse plastiche. b) Da stirolo e stirolene per polimerizzazione col calore in presenza di alcali, chetoni, si ottengono dei polimeri che convenientemente plastificati sono dei sostituti della celluloide, ebanite, ecc. c) Da esteri vinilici per polimerizzazione col calore in presenza di catalizzatori. d) Da cumarone e indene per polimerizzazione con acido solforico o sali diversi; sono le cosiddette resine del cumarone che si classificano per grado di durezza e per colore.

Resine sintetiche ottenute per condensazione di composti organici. - a) Prodotti di condensazione di aldeidi con fenoli come derivati del fenolo o cresolo con formaldeide: tali prodotti si ottengono: 1. per condensazione in ambiente acido (noiolac, sibolit, laccain, ecc., sostituti dello shellac); 2. per condensazione in ambiente alcalino (bakelite A, resinite, sipilite e in genere resoli o resine capaci d'indurire, usate come materiale legante o adesivo o in aggiunta a resine naturali); 3. per indurimento dei prodotti indicati in 2. in seguito a riscaldamento (bakelizzazione: bakelite C, iuvelite, resan, ecc.); questi prodotti si usano come isolanti, come sostituti di prodotti naturali diversi, di esteri della cellulosa, ecc. Le resine chiamate albertoli sono ottenute per aggiunta di colofonia ai prodotti fenoloformaldeide e successivo riscaldamento e sono sostituti del copale. b) Prodotti di condensazione di aldeidi superiori con il fenolo (resine fenolo-furfurolo, fenolo-acroleina, fenolo-acetaldeide, ecc.). c) Prodotti di condensazione di aldeidi con ammine (formaldeide con anilina, formaldeide con naftilamina, acetaldeide con ammine diverse). d) Prodotti di condensazione di aldeidi con uree (come formaldeide e urea a caldo o tiourea o tiouree sostituite in presenza di condensanti acidi o alcalini: aldur, priscal, shehan, pollopas; si usano come mezzo legante impregnante; come materiale incolore e trasparente prende il nome di vetro organico ed è sostituto del quarzo). e) Prodotti di condensazione di aldeidi con idrocarburi aromatici come formaldeide con toluolo, formaldeide con naftilamina, benzaldeide con toluolo, formaldeide con stirolo, ecc.; sono prodotti resinosi duri simili alla colofonia. f) Prodotti di condensazione di fenoli con alcoli, come alcool isobutilico con fenolo, glicerina con fenolo in presenza di disidratanti; così l'acrolit sostituto dei resoli. g) Prodotti di condensazione di acidi polibasici con alcoli o poli-alcoli, come anidride ftalica con glicerina a caldo (gliptal; servono per preparare lacche e per sostituire le lacche alla nitrocellulosa). h) Condensazione di aldeidi da sole particolarmente da acetaldeide in presenza di alcali o di acidi (resine di aldeide gialla e rossa); servono per preparare lacche e mastici al posto dello shellac naturale.

Masse agglomerate di tipo litoide ottenute a mezzo di adatti leganti. - La xilolite è una massa dura simile alla pietra che si ottiene agglutinando la segatura di legno con ossicloruro di magnesio (ossido e cloruro di magnesio).

Talora si aggiungono nell'impasto sostanze minerali e coloranti; in ogni caso si versa l'impasto negli stampi nei quali poi indurisce per stampaggio sotto pressione.

E un sostituto economico del marmo e del musaico e possiede buone caratteristiche isolanti. La beerite, che si modella per colatura, è un impasto di polvere di marmo, calce, polvere di vetro e soluzione di silicato sodico. Vi sono ancora molti altri materiali di questo tipo che però rientrano più fra le pietre artificiali che fra le masse plastiche.

Come detto nella definizione, le masse plastiche comprendono le sostanze sopra classificate (leganti) e le loro mescolanze con ingredienti vari (riempitivi). Gl'ingredienti possono essere "inerti" cioè non avere alcuna funzione particolare sulle caratteristiche finali del prodotto, oppure avere funzioni precise e importanti, come la colorazione, la resistenza a particolari sollecitazioni meccaniche, termiche o chimiche. Ricordiamo tra gl'ingredienti più importanti la polvere di legno, l'amianto, le fibre tessili e i loro cascami. La preparazione delle mescolanze è fatta in modi varî a seconda della massa e dell'ingrediente: una macchina di uso molto diffuso a tale scopo è il mescolatore del tipo a cilindri già esaminato alla voce gomma, oppure a eliche aperto o chiuso (fig. 1).

Lavorazioni e applicazioni.

Le lavorazioni delle masse plastiche consistono nei trattamenti necessari per ottenere gli oggetti desiderati modificandone la forma senza variazioni delle loro caratteristiche fisico-meccaniche oppure con variazioni più o meno profonde di queste: come solidificazioni, agglutinazioni, fusioni, trasformazioni chimiche. Tali lavorazioni sono tutte basate sulla "plasticità" delle masse, la quale permette di ottenere la forma voluta, ed è proprietà comune alle numerose sostanze sopra esaminate, quantunque tra loro molto differenti per origine, composizione chimica e preparazione. La plasticità non si presenta però nella stessa misura e nelle stesse condizioni nelle diverse masse: ne conseguono differenze nelle lavorazioni, dovute a cause che si possono dire "interne", dipendenti cioè dai materiali lavorati. Altre differenze nelle lavorazioni provengono poi da cause "esterne", in dipendenza cioè delle applicazioni che si vogliono fare.

Rispetto alle prime le masse plastiche si possono raggruppare nel seguente modo:

a) masse infusibili o reversibili, cioè puramente termoplastiche. Mentre sono solide a temperatura ordinaria, divengono più o meno plastiche a temperatura elevata, senza alcun cambiamento strutturale. Col raffreddamento ridivengono solide; con eventuali nuovi riscaldamenti ridivengono plastiche.

Tali sono le masse a base di shellac, resine naturali, catrami, bitumi, esteri della cellulosa;

b) masse fusibili o irreversibili. - Mentre sono in un primo tempo termoplastiche, si trasformano poi, sotto l'azione del calore, in sostanze. non più, o almeno in grado molto minore, termoplastiche. Con eventuali successivi riscaldamenti non ritornano alla forma iniziale. Appartengono a questo secondo gruppo le masse a base di resine sintetiche e di gomma (ebanite);

c) masse contenenti solventi da evaporare per mezzo del calore dopo la conformazione;

d) masse contenenti solventi da evaporare a bassa temperatura (stagionatura): quelle a base di nitrocellulosa e acetilcellulosa lavorate a umido, nonché alcune a base di caseina;

e) masse indurentisi per azione dell'acqua: composte di materiali fibrosi con leganti o cementi inorganici.

Rispetto alle lavorazioni, le applicazioni si possono così raggruppare: 1. fogli trasparenti, lisci e decorati; 2. pezzi di dimensioni piccole o medie, in medie, grandi e grandissime serie; 3. fogli, piastre, tubi, bastoni; 4. pezzi sagomati di grandi dimensioni; 5. pezzi di dimensioni varie in piccole serie, e pezzi di precisione.

Fogli trasparenti, lisci e decorati. - Si ottengono da masse a base di cellulosa o di gelatina. Le prime possono essere da idrocellulosa (cellophane, transparit, heliozel, sidac, ecc.) o da esteri della cellulosa (acetilcellulosa, nitrocellulosa).

La preparazione dei fogli da viscosa avviene per coagulazione diretta. La viscosa viene colata o trafilata per mezzo di un'apposita testa nello spessore e nella larghezza desiderati: o direttamente nel bagno coagulante (fig. 2) o su un tamburo che, ruotando, la trasporta nel bagno coagulante (fig. 3). Dopo la coagulazione il foglio passa in modo continuo in altri bagni di neutralizzazione, di desolforazione, di lavaggio, ecc., e finalmente in un apparecchio asciugatore. La preparazione dei fogli da acetilcellulosa e da nitrocellulosa (celluloide) può avvenire in due modi: il primo consiste nella tranciatura dei blocchi per mezzo di apposite trance piane, successivo asciugamento in essiccatoi, e raddrizzamento, con eventuale lucidatura della superficie e asportazione dei segni della tranciatura, eseguito in presse a caldo (circa 750); i fogli devono essere raffreddati prima dell'estrazione dalla pressa. Per migliorare il rendimento del macchinario si adoperano presse idrauliche a molti piani. generalmente riscaldati e raffreddati con circolazione di vapore o d'acqua (fig. 4). Il secondo tipo di lavorazione permette invece di ottenere fogli continui (in particolare le pellicole per fotografia e cinematografia) e consiste nella deposizione d'una soluzione delle masse nello spessore e nella larghezza desiderati, e nel successivo indurimento per evaporazione del solvente. La deposizione può essere eseguita su lastre di vetro fisse per mezzo d'un carrello mobile portante una tramoggia munita di fessura regolabile, oppure su macchine rotative a tamburo (fig. 5), o a nastro metallico (figura 6), il quale può essere o no rivestito di gelatina. L'asciugamento viene eseguito: dapprima con circolazione, in apposita intercapedine della macchina, di aria accuratamente filtrata e seccata, e riscaldata a una temperatura compatibile col solvente impiegato, e alla fine per mezzo di rulli riscaldati sui quali si avvolge la pellicola.

La preparazione dei fogli da gelatina animale avviene per deposizione della gelatina sciolta su supporti adatti fissi (lastre di vetro) o mobili in forma continua (nastri metallici). Quest'ultimo sistema è il più usato e permette anche di eseguire la deposizione in forma continua su entrambe le facce del nastro, fino a una larghezza utile di un metro. Uno dei principali usi della gelatina è quello per la preparazione delle emulsioni fotografiche. Tali emulsioni vengono deposte direttamente sul supporto costituito da fogli in celluloide o in aceticellulosa oppure da lastre di vetro.

I fogli finiti possono essere sottoposti a lavorazioni successive o per migliorarne le caratteristiche, o per ottenere effetti decorativi o per prepararli nelle dimensioni volute.

La colorazione, oltre che nella massa, prima della preparazione del foglio, può essere eseguita sui fogli di viscosa già preparati. Questi vengono allora passati successivamente in bagni d'acqua, del colorante adatto, di glicerina e infine nell'asciugatoio. Più difficile è quella dei fogli d'acetilcellulosa per la maggior resistenza all'acqua. La stampa in nero o a colori dei fogli in viscosa e in acetilcellulosa può pure essere eseguita con procedimenti adatti. Altri effetti decorativi (seta, lino, moiré, ecc.) possono essere ottenuti pressando la superficie dei fogli tra cilindri opportunamente incisi. Si è pure ottenuta la crespatura con macchine simili a quelle usate per la carta.

L'asportazione del lucido per ottenere superficie "mat" è ottenuta con pressatura dei fogli tra cilindri a superficie ruvida, oppure per trattamento con sabbia finissima. Quando si desiderino fogli opachi anziché trasparenti non si ricorre a lavorazioni successive dei fogli, ma ad aggiunta di ingredienti opportuni nella massa.

Maggiore resistenza all'umidità può essere ottenuta per i fogli in viscosa con rivestimento di vernici adatte (nitro- o acetilcellulosa); per quelli in gelatina in modo simile, oppure per trattamento con formaldeide.

La tranciatura e la tagliatura, in strisce, nastri, fogli, vengono eseguite per mezzo di macchine apposite, generalmente continue (fig. 7).

I fogli trasparenti sono oggi usati in prevalenza per avvolgere o impacchettare gli articoli più varî. S'adoperano poi come pellicole fotografiche e cinematografiche, come sostituti dei vetri, come schermi trasparenti, come strato intermedio dei vetri di sicurezza, come rivestimento a scopo protettivo o semplicemente decorativo di altri materiali: carta, legno, pelle, fogli metallici, ecc., e infine nell'abbigliamento femminile e per articoli fantasia.

Pezzi di dimensioni piccole o medie, in medie, grandi e grandissime serie. - Costituiscono il grosso delle applicazioni odierne delle masse plastiche. Il loro principale sistema di lavorazione, la stampatura, è quello più caratteristico, e più sviluppato negli ultimi anni. Sono svariatissimi: piccoli oggetti di merceria e di chincaglieria (bottoni, fibbie, ecc.), oggetti casalinghi (tazze, bicchieri, piatti, manici di posate, vassoi, ecc.), oggetti decorativi, parti isolanti elettriche per impianti a corrente forte (interruttori, prese di corrente, ecc.) a corrente debole (parti di ricevitori e di trasmettitori telefonici, contatti per telefonia automatica, ecc.), per apparecchi radio, per impianti elettrici per automobili e aeronautica (distributori per magneti e spinterogeni, quadretti, interruttori prese, ecc.).

Il processo di stampatura consiste nel disporre la massa in uno stampo, nel fornire il calore sufficiente per ottenere la plasticità, e la pressione necessaria per obbligarla ad assumere la forma della cavità dello stampo. Per le masse irreversibili il calore fornito deve essere poi sufficiente a eseguire la trasformazione fisico-chimica necessaria (vulcanizzazione per l'ebanite, trasformazione nella forma C per la bakelite). Per le masse reversibili è necessario un raffreddamento dell'oggetto stampato prima dell'estrazione dallo stampo per conferirgli la rigidità necessaria a mantenere la forma; per quelle irreversibili tale raffreddamento non è strettamente indispensabile, ma risulta spesso utile per facilitare l'estrazione e per evitare difetti: principalmente bolle o spugnosità d'aria o gas occlusi.

Per la realizzazione del processo di stampatura occorrono quindi: gli stampi, i mezzi di caricamento della massa, quelli di riscaldamento, quelli di pressatura, quelli di raffreddamento e quelli di estrazione.

Stampi. - Si dividono in due categorie principali: aperti e a pistone.

I primi (fig. 8) servono solamente per le masse la cui densità apparente rimane pressoché invariata durante la stampatura. I secondi sono indispensabili per quelle che subiscono notevoli aumenti di densità apparente (si arriva a rapporti di 1 a 4), essendo caricate allo stato di polvere. Di questi ultimi esistono poi diverse varietà secondo che l'arresto del pistone sia determinato solo dalla reazione della massa stampata (fig. 9) oppure da risalti ricavati nello stampo (fig. 10) oppure che sotto a una cavità comune di caricamento siano ricavate diverse cavità-stampo (fig. 11) oppure che la cavità-stampo sia delimitata non da uno, ma da due pistoni (fig. 12).

Altri tipi caratteristici sono quelli a pistone parziale (fig. 13), quelli per "iniezione" (variante del processo di stampatura che vedremo più avanti) che sono essenzialmente stampi aperti nei quali sono previsti ugelli conici per l'iniezione sotto pressione della massa; e quelli per pezzi "cavi": ottenuti cioè pressando la massa plastica caricata in forma di lastre o di tubi contro le pareti dello stampo per mezzo d'un fluido in pressione generato nell'interno stesso del "crudo" per mezzo di opportuni reagenti occlusi (in tal caso lo stampo è del tipo aperto), oppure immessovi dall'esterno attraverso opportuni raccordi previsti nello stampo (figg. 14 e 15).

Tutti i tipi sopra citati possono poi essere eventualmente provvisti dei mezzi necessarî (avvitature, chiavette, spine, ecc.) per ottenere nei pezzi fori o cavità aperte oppure per tenere in posto parti metalliche che devono rimanere inserite nel pezzo stampato: possibilità preziosissima questa, che allarga moltissimo il campo delle applicazioni dei pezzi stampati, e che è dovuta alla contrazione che le masse plastiche subiscono dopo la stampatura. Gli stampi possono pure essere provvisti di eiettore, cioè di una parte mobile per l'espulsione del pezzo stampato, e dei mezzi per il riscaldamento e il raffreddamento diretto (canali di circolazione oppure resistenze elettriche), come vedremo in seguito.

Gli stampi unitarî possono essere accoppiati in numero più o meno grande, da determinare soprattutto secondo il programma di produzione, in modo da formare stampi multipli. Questi possono poi essere progettati in modo da permettere il ricambio delle cavità-stampo sulla medesima base (fig. 16).

Uno stampo, specialmente se multiplo, provvisto di eiettore e dei mezzi di riscaldamento e di raffreddamento, risulta una vera e propria macchina richiedente tempo di lavorazione e costo notevoli. È per tale motivo che il processo di stampatura meccanico è riservato agli articoli da produrre in serie almeno media, mentre per quelli da produrre in numero piccolo bisogna ricorrere alle lavorazioni a freddo, che vedremo in seguito.

Importanza particolare ha per gli stampi il materiale adoperato e il suo finisaggio. Il pezzo stampato ricopia in generale con un'esattezza impressionante la superficie dello stampo, al punto che anche la lucentezza della superficie è quasi sempre ottenuta direttamente per stampatura, senza operazioni successive: fatto, questo, d'importanza fondamentale per il costo di produzione.

La scelta del materiale dello stampo dipende quindi in primo luogo dai requisiti imposti all'articolo prodotto. Mentre bronzo, alluminio, metallo bianco fusi eventualmente sotto pressione, possono essere sufficienti per articoli correnti di celluloide, oppure d'ebanite da lucidare successivamente, acciai temperati e lucidati sono necessarî là dove siano richieste precisione di forma e nettezza di finitura. La maggior parte delle masse plastiche è chimicamente inerte e non produce abrasione notevole: non impone quindi requisiti particolari al materiale degli stampi, anzi coopera spesso a mantenerne il lucido, con la leggerissima abrasione prodotta. Alcune masse però non sono chimicamente inerti e richiedono stampi in acciai inossidabili oppure cromati.

Mezzi di caricamento della massa nello stampo. - La massa si presenta in forma polverulenta, oppure solida, più o meno plastica a freddo.

Nel primo caso può essere caricata tal quale e richiede allora una semplice dosatura a peso o a volume. A causa della densità apparente generalmente molto bassa, sono però necessarî in tal caso serbatoi piuttosto ampî nello stampo con conseguente aumento d'ingombro, di peso, di costo. Quando la forma dell'articolo e il tipo di massa lo consentano, si evitano tali inconvenienti con una pressatura preventiva della polvere in pastiglie per mezzo delle comuni presse a freddo usate a tale scopo. Per gli stampi multipli a forte numero di posti, s'adoperano caricatori che si preparano a parte in modo da ridurre al minimo il tempo d'inattività dello stampo. Per le masse che si presentano solide a crudo, il caricamento dello stampo è eseguito coi cosiddetti "semilavorati" che sono generalmente foglie, placche, oppure tubi o altri corpi cilindrici pieni o cavi a sezione varia, ottenuti per trafilatura: tutti opportunamente ritagliati e dosati.

Mezzi di riscaldamento. - Il riscaldamento della massa può essere fatto o tutto prima o tutto dopo il caricamento nello stampo, oppure parte prima e parte dopo. Il riscaldamento eseguito completamente prima del caricamento è possibile solamente per alcune masse reversibili (shellac, resine naturali, catrami, bitumi, esteri della cellulosa) e avviene per mezzo d'immersione in acqua calda, oppure per mezzo di tavole calde o di stufe. Il riscaldamento dello stampo può essere fatto o direttamente oppure per contatto con i piani della pressa. Quest'ultimo è in generale più lento e meno uniforme. Come mezzi di riscaldamento s'impiegano fluidi (in generale vapor d'acqua o acqua calda) circolanti in canali opportunamente disposti per assicurare la maggiore uniformità di temperatura e la maggiore rapidità di riscaldamento, oppure resistenze elettriche. Ottimo si presenta il vapor d'acqua saturo perché col suo calore di vaporizzazione assicura l'autoregolazione della temperatura.

Per le masse che richiedono riscaldamenti piuttosto lunghi (come l'ebanite), allo scopo di aumentare il rendimento degli stampi e delle presse, si può estrarre il pezzo dallo stampo quando la trasformazione fisico-chimica non è terminata, ma è già sufficiente a mantenere la forma, e terminare il riscaldamento dei pezzi disponendoli su supporti adatti (spine, letto di talco, ecc.) in stufe ad aria calda o in caldaie autoclavi a riscaldamento diretto oppure a intercapedine o a serpentino. Si ricorre pure al riscaldamento in stufa o in caldaia, quando lo stampo sia serrato non già dalla pressa, ma da bulloni, ecc. (vedi appresso). Nel caso di stampi di forte spessore il riscaldamento può essere eseguito in caldaie speciali portanti nel loro interno i piani d'una pressa idraulica il cui cilindro sporge all'esterno (fig. 17).

Mezzi di pressatura. - Sono costituiti, per la quasi totalità, da presse che possono essere: a mano, meccaniche o idrauliche. I primi due tipi sono usati quasi esclusivamente per articoli a finitura greggia, che richiedano un brevissimo raffreddamento sotto pressione, in masse reversibili (shellac, resine naturali, catrame, bitume, ecc.) oppure in masse da stagionare poi in stufa. Le presse idrauliche sono invece adoperate in tutti gli altri casi, sia con piani a circolazione per il riscaldamento e il raffreddamento, sia con piani termicamente isolati. I tipi sono varî: quello semplice a uno o più piani, quello semiautomatico con cilindro per l'apertura e comando dell'espulsore, con piano mobile superiore (fig. 18) o inferiore, quello a piano ribaltabile per dare la massima accessibilità allo stampo come richiesto per l'ispezione e la pulizia nel caso di stampi a gran numero di posti, quello ad angolo (fig. 19), necessario per stampi a due piani ortogonali di chiusura.

In luogo delle presse si può anche serrare lo stampo direttamente, per mezzo di bulloni, staffe, cunei. Il sistema viene usato in varî casi di stampi di grandi dimensioni, quando la massa lo permetta.

Completamente diverso è il meccanismo di pressatura nel caso degli oggetti cavi. La pressione efficace è allora ottenuta, come sopra esposto, per mezzo di fluidi immessi o generati nell'interno di essi. Occorre però tener chiuso lo stampo in modo che non si apra sotto la pressione interna; e questo è ottenuto come negli altri casi, con la differenza che è in generale molto minore la pressione necessaria.

Mezzi di raffreddamento. Analogamente al riscaldamento, il raffreddamento dello stampo può essere eseguito o per contatto con i piani della pressa, oppure direttamente. ln generale è ottenuto con circolazione d'acqua fredda negli stessi canali che servono per il riscaldamento.

In alcuni casi si trova però più conveniente eseguire il raffreddamento in una pressa apposita mantenuta costantemente fredda. In tal caso, lo stampo, a stampatura eseguita, viene posto nella pressa fredda. Per oggetti piccoli o a finitura greggia, in masse reversibili, che possono essere preriscaldate fuori dello stampo, può essere sufficiente il raffreddamento prodotto dallo stampo che nella successione delle operazioni di stampatura viene mantenuto a una temperatura media di regime, alcune volte anche senza alcuna speciale provvidenza.

Mezzi di espulsione. - Già abbiamo visto quelli predisposti negli stampi e nelle presse. Restano solo da ricordare quelli esterni: morse, pinze, ritegni, ecc., richiesti volta a volta dai tipi di oggetti.

Altri sistemi di lavorazione. - Un sistema di lavorazione adatto particolarmente alla preparazione degli oggetti piccoli è quello della iniezione, che è anch'esso sostanzialmente un processo di stampatura, con la variante che, invece di riempire lo stampo con la massa e poi pressarlo, riscaldarlo e raffreddarlo, si inietta sotto pressione la massa preriscaldata nello stampo chiuso e mantenuto a una temperatura sufficientemente bassa così da poter eseguire il necessario raffreddamento. La differenza sostanziale sta quindi nel pressare non già lo stampo, ma la massa. Per la sua esecuzione occorre quindi che la massa sia reversibile oppure, se irreversibile, possa mantenersi plastica per un periodo sufficientemente lungo così da poter essere preriscaldata nel cilindro nel quale si esercita la pressione d'iniezione. Questa può essere data per mezzo d'una pressa a mano o meccanica (fig. 20). Il sistema ha come caratteristica principale la rapidità di produzione e si presta egregiamente per pezzi piccoli (bobine per telefonia) o di forma piuttosto difficile per la stampatura normale.

Altra variante dei processi di stampatura è quella, eseguita a freddo, per mezzo di presse a mano o meccaniche, delle masse delle categorie c) e d). Dopo la stampatura i pezzi sono riscaldati in stufa per alcune ore per evaporare il solvente nel caso delle masse c), oppure lasciati stagionare per lungo periodo nel caso delle masse d). Con tale sistema e con le masse c) si fabbricano articoli economici, a finitura piuttosto greggia, con buona resistenza al calore e al fuoco e buone proprietà elettriche.

Altro sistema di lavorazione della categoria di pezzi in esame è quello della colata della massa allo stato liquido in stampi della forma desiderata, e successivo indurimento in autoclave o in stufa. Le masse che si prestano a tale lavorazione sono essenzialmente le resine sintetiche che, colate nella prima fase di condensazione (bakelite A e simili) vengono poi indurite col riscaldamento trasformandosi nella fase finale di condensazione (bakelite C e simili). Gli articoli prodotti con tale sistema sono in generale quelli decorativi (coppe, vasi, vaschette, ecc.), o tecnicodecorativi, come alcuni pezzi isolanti per apparecchi radio.

Per pezzi di piccolo spessore (tubi, capsule), è poi particolarmente indicato il processo a immersione. Forme del pezzo desiderato vengono immerse nella massa liquida in modo da trattenerne aderente un sottile strato il quale viene poi indurito con i mezzi adatti per la massa adoperata: per es., coagulazione in apposito bagno per la viscosa; evaporazione del solvente per l'acetilcellulosa; raffreddamento per la gelatina. Le forme possono essere di vetro, di porcellana, ecc. Vengono impiegate isolate, oppure montate in numero anche rilevante (fino a centinaia) su telai. L'immersione può essere fatta sia a mano, sia meccanicamente. La regolazione dello spessore è ottenuta agendo sulla viscosità del bagno, sulla temperatura del bagno e delle forme, sulla durata e sul numero delle immersioni. Le forme possono essere piene o cave; in quest'ultimo caso possono essere a circolazione di fluidi raffreddanti o riscaldanti.

Fogli, piastre, tubi, bastoni. - Nelle lavorazioni di questi articoli, che possono essere adoperati tal quali oppure servire per successive lavorazioni, si trovano più nettamente separate che nella stampatura le due fasi fondamentali: la formatura e l'indurimento.

Per la formatura sono in uso i seguenti sistemi:

Tranciatura dei fogli, dei bastoni, ecc., dai blocchi della massa: come già visto per la celluloide.

Trafilatura dei tubi e in genere dei corpi cilindrici, pieni o cavi, a sezione varia, eseguita per mezzo di trafile a pistone come per la celluloide oppure a elica come per l'ebanite.

Calandratura come per l'ebanite. Le calandre sono del tipo usato per la gomma.

Deposizione, come per i fogli trasparenti.

Colatura in stampi di forma elementare (tubi, parallelepipedi, piastre), come per le resine sintetiche.

Bisogna inoltre ricordare l'impregnazione e la frizionatura di materiali varî per formare articoli stratificati, importantissimi in molte applicazioni per le loro alte caratteristiche meccaniche. La frizionatura viene eseguita a calandra per rivestire tessuti con ebanite. L'impregnazione in soluzioni di resine sintetiche (bakelite A e simili), aiutata eventualmente da una depressione nel recipiente prima dell'introduzione della soluzione o da una sovrapressione successiva, viene eseguita per materiali varî (tessuti, carta, cartone, legno). Gli strati così ottenuti vengono poi addoppiati fino a formare lo spessore richiesto.

L'indurimento degli articoli richiede come al solito: raffreddamento per le masse reversibili, evaporazione dei solventi per quelle in soluzione, riscaldamento per quelle irreversibili. Nulla di sostanziale da aggiungere a quanto visto nel caso dei fogli trasparenti per i primi due casi. Il riscaldamento necessario per compiere le trasformazioni richieste viene eseguito in caldaie autoclavi o in stufe o in presse. In presse viene eseguito generalmente per le placche e avviene allora sotto pressione meccanica, cioè in condizioni simili alla stampatura: i piani stessi della pressa oppure lamiere interposte funzionando da stampi. Il riscaldamento in caldaie autoclavi non impone limitazione di forma. Può essere eseguito direttamente, per es., per mezzo di vapore, oppure con circolazione del fluido riscaldante in intercapedini o in serpentini. In questi ultimi casi la caldaia può essere riempita d'acqua (ebanite) oppure d'aria oppure di gas inerti come CO2 (bakelite). In tutti i casi il fluido che riempie la caldaia può essere portato a una pressione superiore a quella corrispondente al vapor d'acqua alla temperatura di riscaldamento (2 ÷ 40 anche più kg./cmq.) per impedire formazione di bolle nell'interno dei pezzi. Una certa pressione può essere ottenuta meccanicamente, oltreché con gli stampi serrati con bulloni, già ricordati, anche con fasciature di tessuti, di nastri, di corde, là dove la forma dell'oggetto lo consenta, come ad es., nei tubi. Le stufe adoperate sono generalmente a circolazione d'aria calda. Le masse usate per queste applicazioni richiedono generalmente riscaldamenti piuttosto lunghi fino a qualche ora per le caldaie, con temperature di 110° ÷ 180° circa, fino a 6-10 e più ore per le stufe, con temperature di 70° ÷ 90°.

Pezzi sagomati di grandi dimensioni. - Sono in generale recipienti, tubi cassette, coperchi, sia per applicazioni tecniche (cassoni per accumulatori, camicie isolanti, ecc.) sia per oggetti decorativi.

Dal punto di vista della lavorazione, la separazione tra questi e i pezzi piccoli e medî, sopra esaminati, non è molto netta, giacché è determinata non dal tipo, ma dalle dimensioni del macchinario. Un contenitore per accumulatori viene, per es., generalmente stampato. Ma se le sue dimensioni aumentano molto, come, per es., negli accumulatori per sommergibili, si ricorre al sistema di formatura su maschio e d'indurimento in caldaia. Il che non toglie che con presse di dimensioni e potenza sufficienti non possa essere stampato anche in tal caso.

I sistemi di lavorazione dei pezzi in esame sono molto simili a quelli delle foglie, piastre, tubi, ecc., sopra esaminati. Variano solamente quelli di confezione, giacché alla preparazione dei semilavorati (generalmente placche o foglie) segue la formatura eseguita su forme, a mano, oppure meccanicamente per mezzo di avvolgitrici o altre macchine speciali, come nel caso dei tubi, delle guaine, dei recipienti (fig. 21). La confezione può essere completata o integrata da una stampatura parziale.

Pezzi varî in piccole serie e pezzi di precisione. - Quando il programma di produzione non permetta l'ammortamento degli stampi, o quando sia necessaria una precisione superiore a quella ottenibile con la stampatura, intervengono le lavorazioni a freddo, a mano oppure meccaniche. Gli articoli di questa categoria sono molto varî, ma la maggior parte è costituita da quelli decorativi o addirittura artistici. Le masse impiegate sono quelle della categoria b). In particolare per gli oggetti decorativi servono le resine artificiali portate alla loro ultima forma (bakelite C e simili) in forme elementari, come bastoni, parallelepipedi e placche, come sopra ricordato. Le lavorazioni sono del tutto simili a quelle dei metalli, con requisiti particolari per gli utensili a causa della notevole azione abradente che alcune masse hanno.

Prove e caratteristiche.

Le caratteristiche che interessano in relazione alle diverse applicazioni sono: quelle meccaniche, quelle elettriche e quelle chimiche. I metodi di prova di quelle meccaniche ed elettriche sono già stati profondamente studiati e normalizzati a cura degl'istituti appositi di diversi paesi, come il Verband Deutcher Elektrotechniker (V. D. E.), la British Standards Institution, l'American Society for Testing Materials (A. S. T. M.), la British Electrical and Allied Industries Research Association. Per le norme di tali istituti v. la bibliografia.

Per le caratteristiche meccaniche, le norme prevedono in generale la determinazione della durezza e delle resistenze alla trazione, alla compressione, alla flessione, all'urto, al calore, alla fiamma. Per quelle elettriche la determinazione della resistività di massa e superficiale, della resistenza all'arco, della rigidità dielettrica, del fattore di potenza e della costante dielettrica. In generale le prove sono d'esecuzione molto delicata e influenzabili dalle condizioni di preparazione e di condizionatura dei provini. Per essere confrontabili vanno eseguite in condizioni identiche.

Delle prove meccaniche, quella di esecuzione più facile e sicura è forse quella a flessione che viene generalmente eseguita su provini a sbarretta semplicemente appoggiati agli estremi e caricati nel mezzo (V. D. E.), oppure incastrati a un estremo e caricati all'altro (British Standars Ass.).

La resistenza all'urto viene determinata col pendolo; la durezza con una prova simile alla Brinell per i metalli. La resistenza al calore viene misurata o con l'affondamento di una punta (ago di Vicat) sotto un dato carico a temperatura crescente, o, meglio, per mezzo d'una prova di flessione a carico costante e a temperatura crescente, nella quale si determina la temperatura alla quale si raggiunge una determinata freccia, il provino a sbarretta essendo incastrato a un estremo e caricato all'altro, come nella prova Martens prescritta dal V. D. E. (fig. 22), oppure appoggiato agli estremi e caricato al centro come nella prova dell'A. S. T. M. (fig. 23).

Per le prove elettriche sono parimenti minutamente stabiliti i metodi e i provini, con relativa preparazione e condizionatura.

Per i fogli trasparenti si determinano generalmente la resistenza a trazione al dinamometro su strisce di 15 mm. di larghezza e 100 di lunghezza utile (fig. 24), la resistenza alla pressione su un disco per mezzo di aria o acqua compressa o di una sfera premente al centro di esso (figura 25), la resistenza al taglio e alle flessioni ripetute, la trasparenza, la permeabilità all'aria e all'acqua, la resistenza ai grassi.

Il dare un quadro, sia pure sommario, delle caratteristiche delle diverse masse plastiche è molto difficile a causa del grande numero sia dei leganti sia delle cariche impiegate: queste ultime avendo spesso anch'esse un'azione specifica importantissima sulle caratteristiche finali. Daremo quindi solo per le più diffuse un'idea orientativa delle caratteristiche principali.

Così per i fogli trasparenti rispettivamente in viscosa, acetilcellulosa e celluloide si hanno rispettivamente resistenze a trazione di 8-7-7 kg/mmq. con allungamenti di rottura del 20-17-30%.

Rispetto all'infiammabilità, la viscosa brucia lentamente, con piccola fiamma, senza odore, l'acetilcellulosa brucia pochissimo (più che bruciare fonde) con odore di acido acetico più o meno forte, la gelatina brucia con odore molto sgradevole, la celluloide s'infiamma e brucia facilmente. Rispetto all'acqua, la viscosa (non trattata) presenta un forte assorbimento, l'acetilcellulosa non presenta alterazioni notevoli, la gelatina (non trattata) si scioglie, la celluloide presenta un piccolo assorbimento a freddo, si altera invece a caldo.

Per le masse plastiche, destinate alle altre applicazioni, citiamo a solo titolo orientativo le seguenti caratteristiche.

Ebanite. - Stampabilità buona; temperatura di stampatura e vulcanizzazione 110° ÷ 170°; pressione minima di stampatura ~ 10 kg/cmq.; densità 1,1 ÷ 1,5; resistenza a flessione 5 ÷ 12 kg/mmq.; resistenza all'urto 4 ÷ 12 kgcm./cmq.; durezza Brinell, con sfera di 5 mm. ϕ caricata con 50 kg.: 10 ÷ 20; resistenza al calore Martens su freccia di 6 mm.: 60° ÷ 70°; rigidità dielettrica su 1 mm. di spessore 20 ÷ 24 kV, su 2 m/m. 30 ÷ 35 kV, su spessori intorno a 10 mm. 7 ÷ 8 kV/mm.; costante dielettrica a 50 ~ :2,8; alle frequenze radio 3, fattore di potenza alle frequenze radio ~ 0,009; colore nero traslucido caratteristico; caricata può essere variamente colorata; infiammabilità media; resistenza agli acidi, agli alcali, agli olî: buona; lavorabilità a freddo: buona; suscettibile di ottima lucidatura; resistenza all'invecchiamento: buona.

Masse a base, di shellac. - Stampabilità eccellente; temperatura di stampatura ~ 115°; pressione di stampatura 70 ÷ 85 kg/cmq.; densità 1,1 ÷ 2,7; resistenza a trazione 0,6 ÷ 1,4 kg/mmq.; temperatura di rammollimento 70° ÷ 90°; colori opachi, scuri, preferibilmente nero; colori chiari possibili; infiammabilità alta; resistenza agli acidi e agli olî: cattiva; solventi: alcool; lavorabilità a freddo: cattiva.

Celluloide: stampabilità ottima; temperatura di stampatura 90° ÷ 120°; pressione minima di stampatura, 70 kg/cmq.; densità 1,35 ÷ 1,6; resistenza a trazione 2,8 ÷ 7 kg/mmq.; allungamento di rottura 5 ÷ 30%; resistenza all'urto Izod 10 ÷ 11,5; durezza Brinell con sfera di 2,5 mm. ϕ, 25 kg. di carico, affondamenti in 1/200 mm.: 45 ÷ 65; temperatura di rammollimento: 70° ÷ 90°; costante dielettrica a 60 ~: 7,3 ÷ 6,7, a frequenze radio 6,8; fattore di potenza a 60 ~: 0,062 ÷ 0,144, a frequenza radio: 0,074 ÷ 0,097; colori: possibilità estesissime: opachi, traslucidi, trasparenti; infiammabilità molto forte; invecchiamento: indurisce; resistenza agli acidi e agli alcali: se deboli buona, se forti cattiva; solventi: alcool, chetoni, esteri; lavorabili da freddo: buona.

Masse a base di resine fenolo-formaldeide rispettivamente caricate con farina di legno, fibre d'amianto e tessuti. - Stampabilità ottima, sufficiente, discreta; temperatura di stampatura: 175°, 150° ÷ 165°, 150° ÷ 165°; pressione di stampatura: 140, 140 ÷ 175, 200 ÷ 250 kg/cmq.; densità: 1,36, 2,05, 1,39; resistenza a trazione: 6,4, 5,5 kg/mmq.; resistenza all'urto: 5, 4, 45 kgcm/cmq.; temperatura di rammollimento: 150°, 250%, 150°; rigidità dielettrica: 9 ÷ 40 kV/mm. per pezzi stampati; 27 ÷ 45 kV/mm. per pezzi stratificati; costante dielettrica alle frequenze radio: 5,5 4,5 ÷ 20,5; fattore di potenza alle frequenze radio: 0,043, o,06, 0,05.

Colori: la resina pura può essere opaca, traslucida, trasparente; le masse composte sono tutte opache; tutti i colori possibili, meglio quelli scuri. Infiammabilità: molto piccola; le masse con amianto praticamente incombustibili; resistenza all'invecchiamento: ottima; all'acqua: leggiero deterioramento dopo lunga immersione a caldo; resistenza agli acidi: praticamente buona se deboli, cattiva se forti; resistenza agli alcali: cattiva; lavorabilità a freddo: discreta.

Caseina. - Stampabilità discreta; temperatura di stampatura 95° ÷ 110°; pressione di stampatura: 140 - 175 kg/cmq.; densità 1,35; resistenza a trazione: ~ 5 kg/mmq.; resistenza all'urto: cattiva; durezza Brinell con sfera 2,5 mm. ϕ, 25 kg., affondamenti in 1/200 mm., 23; costante dielettrica alle frequenze radio: 6,15; fattore di potenza alle frequenze radio: o,052; colori illimitati, traslucidi e opachi; infiammabile: no; resistenza all'invecchiamento e alla luce: ottime; resistenza all'acqua: assorbe; resistenza agli acidi e agli alcali: cattiva; lavorabilità a freddo: buona.

Massa a base di resine urea-formaldeide. - Stampabilità buona; temperatura di stampatura: 135° ÷ 150°; pressione di stampatura: 175 - 200 kg/cmq.; densità: 1,48 ÷ 1,50; resistenza a trazione: 3,5 ÷ 5 kg/mmq.; resistenza all'urto: 4 ÷ 5 kg. cm cmq.; costante dielettrica a 60 ~: 7,0; fattore di potenza a 60 ~: 0,01 ÷ 0,03. Colori: opachi, traslucidi, trasparenti, possibilità illimitate, particolarmente belle le tinte pastello; infiammabilità molto bassa; resistenza alla luce e all'invecchiamento: ottime; resistenza agli acidi e agli alcali: buona se deboli, cattiva se forti; lavorabilità a freddo: discreta.

Acetilcellulosa trasparente e colorata. - Stampabilità eccellente; temperatura di stampatura 135° ÷ 150°; pressione di stampatura. 140 kg/cmq.; densità 1,29 ÷ 2,4; resistenza a trazione 1,5 ÷ 3 kg/cmq.; resistenza all'urto 7 ÷ 4,5 kg. cm/cmq.; durezza Brinell con sfera 2,5 mm. ϕ., 25 kg., affondamento in 1/200 mm.: 45 ÷ 65; temperatura di rammollimento 60° ÷ 80°; costante dielettrica a 60 ~: 8,4 ÷ 12, a frequenze radio: 4,3 ÷ 4,9; fattore di potenza a 60 ~: 0,07 ÷ 0,15; a frequenza radio: 0,043 ÷ o,039; colori: opachi, traslucidi e trasparenti: possibilità illimitate; infiammabilità molto piccola; resistenza all'invecchiamento: buona (leggiero indurimento); resistenza all'acqua: si altera, specialmente a caldo; resistenza agli acidi e agli alcali: cattiva; solventi: acetone, amil- e metilacetati, olî essenziali, ecc.; lavorabilità a freddo: buona.

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