Materia

Enciclopedia Italiana - VII Appendice (2007)

Materia

Massimo Testa

Il termine materia, pur nella sua semplicità, non è ancora definibile in senso univoco. Esso trova una formale definizione nell'ambito delle tre grandi rivoluzioni scientifiche che ne hanno cambiato la concezione iniziale e hanno fornito le basi per descrivere la m. in maniera nuova: la relatività ristretta, la relatività generale, la meccanica quantistica. Il principio di relatività ristretta afferma che tutte le leggi fisiche si formulano in maniera identica in tutti i sistemi di riferimento inerziali, quelli, cioè, in cui è valido il principio d'inerzia: un punto materiale non soggetto a forze permane nello stato di quiete o di moto rettilineo uniforme. Formulato da A. Einstein, il principio estendeva anche ai fenomeni elettromagnetici, e quindi alle equazioni di Maxwell, il corrispondente principio di relatività galileiana, formulato per la sola meccanica.

La relatività ristretta, con le profonde revisioni dei concetti di spazio e di tempo, descrive fenomeni nei quali sono coinvolte velocità non trascurabili rispetto a quella della luce. Negli altri casi, le sue previsioni non si discostano praticamente da quelle che sono presenti nell'ambito della relatività galileiana.

Il principio di relatività assegna, attraverso la relazione einsteiniana E=mc2 (con E energia, m massa, c velocità della luce nel vuoto), nota fin dal 1905, sia un'energia a una massa inerziale, sia una massa inerziale a una quantità di energia. Si tratta del primo passo verso un'unificazione profonda tra m. ed energia che, dal punto di vista microscopico, rende la loro distinzione puramente convenzionale. In effetti, la successiva fusione tra la relatività ristretta e la meccanica quantistica, che ha portato alla formulazione della cosiddetta teoria dei campi, prevede che a ogni tipo di m. o radiazione corrisponda un campo fondamentale che compare nelle equazioni del moto dell'Universo, facendo così scomparire ogni distinzione fondamentale tra m. ed energia.

Il principio di relatività generale estende l'indipendenza della forma delle leggi fisiche a tutti i sistemi di riferimento. La relatività generale mette in luce l'identità di comportamento delle forze inerziali e di quelle gravitazionali e porta a una revisione dei concetti di spazio e tempo ancora più radicale di quella implicata dalla relatività ristretta: la geometria dello spazio-tempo, in presenza di m. o energia, diventa riemanniana, ossia non euclidea. I corpi che sono soggetti alla sola azione gravitazionale percorrono geodetiche spazio-temporali, che rappresentano la naturale estensione della traiettoria rettilinea della relatività ristretta: la curvatura dello spazio-tempo rende conto dei percorsi non rettilinei dei corpi materiali che sono soggetti all'azione gravitazionale come, per es., le orbite dei pianeti. La gravitazione può non essere vista come una forza, ma come una deformazione dello spazio-tempo indotta dalla presenza di materia. La m. determina la natura geometrica dello spazio-tempo ed è a sua volta determinata, nella sua proprietà massiva, dal moto della medesima.

La relatività generale, nel giro di un secolo, grazie allo sviluppo della tecnologia, è entrata nella nostra vita quotidiana. Il GPS (Global Positioning System), un sistema per rilevare le posizioni sulla superficie terrestre con grande precisione, oggi diffuso su veicoli, aerei e navi, necessita per il suo funzionamento di calcoli relativistici.

La meccanica quantistica rappresenta lo strumento indispensabile per descrivere fenomeni concernenti la cosiddetta microfisica e si discosta in maniera totale dalla concezione quotidiana che si ha della materia. Essa è, molto schematicamente, basata su due principi: linearità e identità delle particelle.

Dati due stati fisici è possibile realizzarne la combinazione lineare. Questa proprietà, che travalica ogni concezione del senso comune, è alla base dei fenomeni di interferenza di particelle microscopiche. L'interferenza si può mettere in evidenza con un apparato in cui una sorgente S emette particelle microscopiche, per es., elettroni, una alla volta. Gli elettroni attraversano uno schermo F su cui sono praticate due fenditure, F1 e F2, e vengono successivamente rivelati dall'annerimento di una lastra L.

Secondo la meccanica classica, poiché ogni elettrone passa attraverso F1 o F2, l'annerimento della lastra L dovrebbe essere lo stesso che si otterrebbe sovrapponendo i risultati degli esperimenti con la fenditura F1 aperta e F2 chiusa e viceversa. Secondo la meccanica quantistica, al contrario, lo stato con le due fenditure aperte è la sovrapposizione lineare degli stati che si realizzano con le fenditure aperte a turno. Ne risulta, seguendo la formulazione quantistica, che, quando F1 e F2 sono entrambe aperte, si formano su L delle frange di interferenza analoghe a quelle che si osserverebbero nel caso di fenomeni ondulatori, quali la luce e il suono. Questo risultato è in completo accordo con l'evidenza sperimentale.

Appare molto importante sottolineare che, poiché S emette una particella alla volta, l'interferenza avviene particella per particella: è come se ogni singola particella emessa da S passasse simultaneamente attraverso F1 e F2. È possibile descrivere matematicamente questi fenomeni di interferenza attribuendo a ogni particella una lunghezza d'onda λ, che è collegata con l'impulso p=mv dalla relazione λ=h/p, con h costante di Planck.

Nella fisica classica l'identità di particelle non comporta alcuna conseguenza rilevante. Se abbiamo, per es., un sistema di particelle con proprietà fisiche identiche (massa, carica ecc.), esse rimangono comunque distinguibili durante tutta la loro evoluzione poiché il loro moto è univocamente determinato dalle condizioni iniziali (posizione e velocità). Le condizioni iniziali rappresentano in un certo senso il nome della particella per tutto il corso della sua storia. Nella meccanica quantistica, al contrario, la posizione e la velocità non sono osservabili simultaneamente e l'identità delle particelle ha conseguenze importanti. Una di queste conseguenze riguarda il cosiddetto teletrasporto, la possibilità, cioè, di disgregare un sistema materiale in un certo luogo e di ricostituirlo nell'identico stato quantistico, in un altro. Il principio di identità garantisce che il corpo così ricostruito sia assolutamente indistinguibile dall'originale. Dalla prospettiva sperimentale il processo di teletrasporto è praticamente limitato a sistemi composti di pochi fotoni o elettroni.

La materia microscopica

Nell'ambito della teoria dei campi, è possibile cercare le equazioni del moto della m., la cui forma e natura sono l'oggetto dell'indagine della fisica delle particelle fondamentali. Questa indagine è giunta a un punto molto avanzato: tutti i fenomeni che hanno luogo a una scala di energia fino all'ordine del TeV trovano oggi una descrizione quantitativamente soddisfacente.

L'attuale descrizione della m. si riconduce così a un numero limitato di interazioni fondamentali: interazioni forti, interazioni elettromagnetiche e deboli (parzialmente unificate dalla cosiddetta teoria elettrodebole), interazioni gravitazionali.

Elementi caratterizzanti le interazioni fondamentali sono la loro intensità e il loro raggio d'azione. Per quanto riguarda l'intensità, prendendo come unità di riferimento quella delle interazioni forti (=1), si ha: elettromagnetica, 10−2; debole, 10−13; gravitazionale, 10−38.

Interazioni forti. - Le interazioni forti sono responsabili dell'esistenza e delle proprietà delle particelle, dette adroni, che costituiscono il nucleo dell'atomo: il protone, il neutrone, i mesoni π. Gli oggetti fondamentali, quelli cioè in termini dei quali si scrivono le equazioni del moto, non sono gli adroni, ma i quarks e i gluoni, che non esistono come particelle fisiche, ma solo in stati permanentemente legati all'interno degli adroni. Le interazioni forti cessano di produrre effetti già a una distanza di circa 10−15 m. I quark sono particelle così fortemente interagenti che non è possibile estrarli dagli adroni: essi portano cariche elettriche che sono frazioni razionali di quella del protone e dell'elettrone. Lo studio di questi fenomeni ha portato alla formulazione della cosiddetta cromodinamica quantistica che descrive le interazioni tra quark e gluoni.

Interazioni elettromagnetiche. - Le interazioni elettromagnetiche hanno un raggio d'azione illimitato: si deve, infatti, pensare che la luce delle stelle, e conseguentemente la parte visibile della loro emissione elettromagnetica, raggiunge i nostri occhi e gli strumenti di rivelazione da distanze enormi che si esprimono in anni luce.

Interazioni deboli. - Come le interazioni forti, anche le interazioni deboli furono scoperte nello studio del nucleo atomico. Il loro nome deriva dall'essere interazioni di intensità molto bassa, che, quindi, come è stato spiegato in precedenza, causano processi che si svolgono lentamente, sulla scala dei tempi caratteristici della microfisica. Le interazioni deboli hanno un raggio d'azione ancora più piccolo di quello delle interazioni forti, dell'ordine di 10−18 m.

Le interazioni deboli furono osservate dapprima nei fenomeni radioattivi, quelli in cui il numero atomico di un elemento può mutare spontaneamente, trasformando così un atomo di un elemento chimico in uno diverso. Alla base di queste trasmutazioni spontanee si trova il decadimento β, che, nella sua forma fondamentale, è osservato nella trasformazione di un neutrone libero in un protone secondo lo schema:

formula

dove

formula

è l'antineutrino elettronico. L'esistenza del neutrino fu inizialmente ipotizzata da W. Pauli in base a considerazioni di conservazione di energia e impulso. Si tratta di una particella neutra, di massa talmente piccola, anche su scala microscopica, che non ne è ancora noto il valore, che recenti sviluppi sperimentali hanno permesso di dimostrare essere diverso da zero.

Il neutrino partecipa essenzialmente solo alle interazioni deboli (oltre, naturalmente, alle interazioni gravitazionali, cui tutte le particelle sono soggette) ed è dunque difficile da rilevare sperimentalmente. Infatti, data la sua debolissima interazione, esso attraversa facilmente grandi quantità di m. senza lasciare traccia. Per osservare i neutrini (o gli antineutrini) è necessario produrne una grande quantità, cosa che è possibile nei moderni acceleratori di particelle, facendoli poi passare attraverso grandi quantità di materia.

Misurando la velocità del processo β sopra menzionato (un neutrone libero sopravvive circa un quarto d'ora, prima di decadere), è possibile stimare l'intensità delle interazioni deboli. Si è scoperto così che molti altri processi microscopici sono causati da interazioni di pari intensità, e sono pertanto riconducibili alle interazioni deboli.

Esiste una grande disparità fra l'intensità delle interazioni deboli e quelle elettromagnetiche. Nel 1968, A. Salam e S. Weinberg proposero un modello che unificava questi tipi di interazioni, prevedendo, fra l'altro, l'esistenza di nuove particelle, molto pesanti, quali mediatori delle interazioni deboli.

Le previsioni di questo modello unificato delle interazioni elettrodeboli sono state confermate sperimentalmente con grandi livelli di precisione, tanto che oggi il modello proposto da Weinberg e Salam ha assunto la denominazione di Modello Standard. - Le nuove particelle, previste e osservate sperimentalmente sono denominate bosoni intermedi. Si tratta del bosone W, che si presenta in due stati di carica (positivo e negativo), e del bosone neutro Z°. Le loro masse sono, rispettivamente, dell'ordine di 80-90 volte la massa del protone.

Simmetrie e leggi di conservazione

Una legge di conservazione consiste nel fatto che, nonostante in una determinata reazione si possa avere una trasformazione di particelle, esistono quantità che non variano nel passaggio dallo stato iniziale a quello finale della reazione stessa. Un esempio può essere il decadimento β descritto in precedenza. In questa reazione, in cui scompare un neutrone e appaiono un protone, un elettrone e un antineutrino, la carica elettrica è conservata. Poiché il neutrone non porta alcuna carica elettrica, si dirà che la carica iniziale è nulla. La legge di conservazione della carica elettrica dice che anche nello stato finale la carica elettrica totale deve essere nulla. In effetti, il protone porta una carica positiva, l'elettrone una carica negativa e l'antineutrino, invece, non porta alcuna carica. Si ha, pertanto, che la somma algebrica delle cariche nello stato finale è nulla, come nello stato iniziale.

Altri esempi da menzionare sono rappresentati dalla legge di conservazione dell'impulso, in base alla quale in ogni reazione la somma degli impulsi delle particelle iniziali è uguale a quella delle particelle finali, e dalla legge di conservazione dell'energia, che garantisce che la somma delle energie iniziali e finali delle particelle che partecipano a una reazione debbano coincidere.

Una conseguenza generale della fisica, sia classica sia moderna, è l'equivalenza tra proprietà di simmetria e leggi di conservazione. Per quanto riguarda la conservazione dell'impulso, per es., si può mostrare che essa discende dalla cosiddetta invarianza per traslazioni spaziali. Questa invarianza ha un significato intuitivo: essa afferma che le proprietà di un sistema isolato, per fare un esempio, un atomo, non dipendono dal laboratorio in cui l'atomo è osservato. In maniera analoga, la conservazione dell'energia discende dall'invarianza per traslazioni temporali, ossia dall'assunzione che le proprietà di un sistema isolato non dipendono dall'istante di tempo in cui sono state osservate.

Alcune simmetrie, e le conseguenti leggi di conservazione, come quelle appena citate, sono considerate assolute, nel senso che esse sono rispettate in tutte le reazioni, indipendentemente dal tipo di interazione che ne è responsabile. Altre leggi di conservazione, invece, sono da considerarsi solo approssimate, nel senso che sono rispettate dalle interazioni più forti, ma non da quelle più deboli. Un noto esempio di questo fatto riguarda la cosiddetta conservazione della parità. I fenomeni fisici a livello macroscopico, per es., quelli che possiamo osservare nella vita quotidiana, hanno la caratteristica di essere invarianti per riflessione. Questo significa che, se un determinato processo fisico è realizzabile, risulta realizzabile anche il processo a esso speculare, osservato, cioè, attraverso uno specchio. Per es., l'immagine speculare di un orologio è senz'altro diversa dall'orologio che teniamo nelle nostre mani, ma si potrebbe - senza violare alcuna legge fisica - costruire un orologio identico all'immagine che si vede nello specchio.

La proprietà di invarianza per riflessione risulta vera per tutti i processi che si svolgono grazie alle interazioni forti ed elettromagnetiche. Costituì pertanto un'enorme sorpresa scoprire che alcuni processi generati dalle interazioni deboli non sono realizzabili in natura nella loro forma speculare. In questo senso, si dice che le interazioni deboli violano la parità.

Oltre alla parità vi sono altre importanti simmetrie: la coniugazione di carica e l'inversione temporale. La coniugazione di carica è una trasformazione matematica che fa corrispondere a una particella un'altra particella con la carica cambiata di segno e le altre proprietà inalterate. L'inversione temporale è una trasformazione matematica che inverte il senso dello scorrimento del tempo e trasforma una data reazione in quella che si ottiene scambiando lo stato iniziale e quello finale. Le interazioni forti ed elettromagnetiche sono invarianti, oltre che sotto trasformazioni di parità, anche per coniugazione di carica e per inversione temporale. Le interazioni deboli, invece, non rispettano alcuna di queste simmetrie.

Un importantissimo teorema della meccanica quantistica relativistica (noto come teorema TCP) garantisce che tutte le interazioni sono invarianti sotto la combinazione delle tre trasformazioni precedenti eseguite simultaneamente. Come conseguenza, la meccanica quantistica relativistica prevede l'esistenza dell'antimateria con proprietà fisiche speculari a quella della m. ordinaria, previsione completamente suffragata dalle osservazioni sperimentali.

L'unificazione delle interazioni

La grande varietà di particelle e interazioni osservate, pone in modo naturale uno dei problemi più interessanti della fisica moderna: il problema dell'unificazione. Con ciò si intende la ricerca di una teoria capace di rendere conto delle interazioni e delle particelle in modo unico e, possibilmente, 'semplice'. Un grande impulso a questo programma è stato dato dalla teoria di Weinberg e Salam. Un'osservazione generale che incoraggia la ricerca di uno schema di unificazione è rappresentata dal fatto che le cariche elettriche di particelle così diverse, come i quark e i leptoni, sono in rapporto razionale tra di loro. Questo fatto, che è del tutto inspiegabile nell'ambito delle teorie attuali, può trovare una ragione probabilmente soltanto in uno schema unificante in cui quark e leptoni siano trattati sullo stesso piano. Dal punto di vista empirico non vi sono tuttavia indicazioni dirette che permettano di decidere se l'unificazione sia un obiettivo ragionevole.

Dal punto di vista della fisica teorica sono possibili molti degli schemi proposti. È possibile chiedersi quale senso abbia parlare di unificazione delle forze, data la grande disparità della loro intensità. La meccanica quantistica relativistica mostra come l'intensità delle interazioni dipenda, in genere, dalle energie alle quali si compie l'osservazione. Da questo punto di vista, dovremmo specificare che le intensità riportate in precedenza sono riferite a reazioni osservate alle energie degli acceleratori attualmente disponibili. Dal punto di vista teorico, suffragato dagli esperimenti effettuati, si trova che, mentre l'intensità delle interazioni forti tende a diminuire con l'energia, l'intensità delle altre interazioni, al contrario, tende a crescere. Ne segue che, a scale di energia sufficientemente elevate, interazioni diverse possono agire con pari intensità.

Posta questa premessa, il programma dell'unificazione si articola in due fasi. Nella prima, la cosiddetta piccola unificazione, si cerca di capire se possa esistere una teoria unitaria che comprenda le interazioni elettrodeboli e quelle forti. La stima della scala di energie a cui si dovrebbe osservare questa prima unificazione è dell'ordine di 1016 GeV. Un ulteriore passo dovrebbe essere compiuto con la cosiddetta grande unificazione, in cui anche le interazioni gravitazionali farebbero parte di uno schema unitario. La scala di energia alle quali questa ulteriore unificazione potrebbe portare conseguenze osservabili è dell'ordine di 1019 GeV. Si tratta, come si vede, di energie estremamente elevate, irraggiungibili nei laboratori terrestri. Eventuali conferme della grande unificazione potranno venire soltanto da osservazioni indirette o da osservazioni di tipo astrofisico.

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