Materialismo storico e dialettico

Dizionario di filosofia (2009)

materialismo storico e dialettico


Dottrine sviluppatesi nell’ambito del pensiero marxista, le cui origini sono negli scritti di Marx e di Engels.

Il materialismo storico

La concezione materialistica della storia fu sviluppata da Marx (➔) e da Engels (➔) nella prima fase della loro collaborazione, in diretta polemica con la filosofia hegeliana. Intimamente collegato con tutta l’elaborazione di Marx, esso divenne parte integrante del marxismo teorico e principale veicolo della sua influenza, grazie soprattutto all’opera editoriale svolta da Engels, il quale, dopo la morte dell’amico, curò la pubblicazione degli scritti (fino a quel momento lasciati inediti) in cui i due pensatori avevano definito la loro posizione filosofica (L’ideologia tedesca e le undici Tesi su Feuerbach). Il nucleo della concezione materialistica della storia sta nell’affermazione che gli uomini, i quali vivono e producono in una data società, si trovano a muoversi entro «determinati rapporti necessari e indipendenti dalla loro volontà», che sono i rapporti di produzione propri di una determinata fase dello sviluppo storico; questi costituiscono la struttura economica della società, la base reale sulla quale si eleva la sovrastruttura dei rapporti giuridici e politici, la vita intellettuale, morale e religiosa, e soprattutto le forme determinate della coscienza sociale. Nelle condizioni materiali, che comprendono l’ambiente naturale geografico e lo sviluppo demografico, determinanti soprattutto sono le forze produttive (strumenti di produzione, gli uomini che li producono e li muovono, le esperienze e le abitudini di lavoro, i beni prodotti) e i rapporti di produzione (sistemi di produzione: bottega, manifattura, industria; e relazioni di lavoro: schiavitù, artigianato, salariato), che nel loro insieme caratterizzano l’ordinamento di una data epoca storica (schiavismo, feudalismo, capitalismo). Sono i contrasti profondi nel campo della vita economica e produttiva, e in dati periodi il contrasto fra le forze produttive e i rapporti di produzione, fra l’accrescimento e il progresso dei mezzi di produzione e degli uomini che li usano e i sistemi di produzione e di lavoro, che soffocano il loro sviluppo, determinano i contrasti e i conflitti nel campo sociale, e, nel caso del contrasto fra forze produttive e rapporti di produzione, caratterizzano un’epoca di rivoluzione, in quanto prima o poi quel contrasto sbocca in rivolgimenti e trasformazioni giuridici e politici. In questi conflitti e rivolgimenti le idee agiscono per il materialismo «come forze materiali», accentuando e organizzando il movimento di trasformazione dell’ordine giuridico, politico, sociale e produttivo esistente. Questa concezione ha il suo fondamento nel principio che «la vita non è determinata dalla coscienza, ma la coscienza è determinata dalla vita», che «la coscienza non può mai essere qualcosa di diverso dell’essere consapevole»; perché anzi «la produzione delle idee, delle rappresentazioni, della coscienza è, in un primo tempo, direttamente intrecciata con la vita materiale» e con l’attività e lo scambio fra gli uomini.

Il materialismo dialettico di Engels

Ancora prima della morte di Marx, mentre questi continuava a lavorare a Il capitale, Engels iniziò a delineare il primo nucleo teorico del cosiddetto materialismo dialettico (ma Engels parlò di preferenza di dialettica materialistica; l’espressione m. dialettico si diffuse in seguito grazie soprattutto all’opera di Plechanov). L’esigenza di fondo era quella di contrastare, sul piano teorico oltre che su quello politico, le posizioni che andavano emergendo all’interno della socialdemocrazia tedesca dalla metà degli anni Settanta (Congresso di Gotha, 1875), dove le posizioni di Lassalle trovavano maggiore accoglienza di quelle marxiane. A partire dall’Anti-Dühring (1878), e poi con L’origine della famiglia, della proprietà privata e dello Stato (1884) e la Dialettica della natura (post., 1934), Engels lavorò quindi a definire i lineamenti di una concezione materialistica che potesse fungere da concezione filosofica del proletariato, sottraendosi tanto al rischio dell’agnosticismo, dello scetticismo e del soggettivismo, quanto alle insufficienze insite del materialismo borghese, in partic. nel meccanicismo, nella concezione astorica della scienza e nell’assunzione acritica di leggi e nozioni scientifiche da parte degli scienziati stessi. In tale prospettiva va inteso il suo richiamo alla metodologia della dialettica, ritenuta indispensabile (una volta «rovesciata», ossia liberata dall’«involucro» idealistico) per dar conto del divenire, della realtà e delle teorie scientifiche, nonché l’enunciazione delle tre leggi generali che regolerebbero lo sviluppo della natura: la legge della trasformazione della quantità in qualità (e viceversa), ovvero conversione dell’una nell’altra, che mira a rivalutare la considerazione della qualità, aliena alla scienza moderna; la legge della mutua compenetrazione degli opposti, volta a contestare e superare ogni forma di dualismo (compreso il meccanicismo); e la legge della negazione della negazione, che mira a meglio comprendere il divenire.

Cenni sugli sviluppi novecenteschi

Dopo la morte di Engels, la tendenza a considerare precipuamente o a isolare dalla concezione marxista del mondo la concezione materialistica della storia si è manifestata in partic. in coloro che l’hanno concepita semplicemente come un canone d’interpretazione storica (la scuola «economico-giuridica» in Italia, e Croce) o di comprensione sociologica. Mentre d’altro canto la riduzione alla tematica di una filosofia generale si è avuta in varia misura nelle tendenze che vanno da una interpretazione spiccatamente naturalistica e meccanicistica (N.I. Bucharin), a quella di una conciliazione con il kantismo (K. Vorländer, Baratono, Bernstein) o con l’hegelismo (Gentile) o con esigenze di pragmatismo critico (Mondolfo), fino alla valutazione del momento materialistico in senso razionalistico-immanentistico (Lefebvre). Più aderenti invece a un’organica concezione del m. s. e d., insieme come metodo e come visione generale del mondo, sono stati considerati, nel 19° sec., pensatori come Plechanov e Labriola, e, nel 20° sec., Gramsci e Lenin. Quest’ultimo, in partic., accentuò l’aspetto materialistico circa il problema della conoscenza in Materialismo ed empiriocriticismo (1909), sia pure senza abbandonare del tutto il riferimento al metodo dialettico di Hegel (come dimostrano i Quaderni filosofici). Dopo la morte di Lenin il materialismo dialettico assurse, per opera soprattutto di Stalin, a ideologia ufficiale dell’URSS e di molti partiti comunisti, trasformandosi in una sistema dogmatico e chiuso (il cosiddetto DIAMAT).

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