Matrimonio. Diritto civile

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Il termine matrimonio in diritto civile può avere due differenti accezioni: con la prima, si intende il matrimonio-atto, ovvero il negozio giuridico con il quale un uomo e una donna dichiarano con le dovute formalità di volersi prendere reciprocamente per marito e moglie, formando così una famiglia (per es., quando si dice: il matrimonio tra Tizio e Caia è stato celebrato il tale giorno); con la seconda, si intende il matrimonio-rapporto, comprensivo di tutti gli effetti di natura sia personale che patrimoniale, che scaturisce dalla celebrazione del negozio matrimoniale (per es., quando si dice: il matrimonio tra Tizio e Caia dura da più di trent’anni). Il matrimonio è innanzitutto regolato dalla Costituzione: in particolare, l’art. 29 dispone che la Repubblica riconosce i diritti della famiglia come società naturale fondata sul matrimonio e che quest’ultimo è ordinato sull’eguaglianza morale e giuridica dei coniugi, mentre l’art. 31 statuisce che la Repubblica agevola con misure economiche e altre provvidenze la formazione della famiglia e l’adempimento dei compiti relativi, con particolare riguardo alle famiglie numerose. Il principio di eguaglianza morale e giuridica dei coniugi non era invece originariamente presente nel codice civile, che disciplina dettagliatamente il m. nel titolo VI del libro I (artt. 79-230 bis) e che è stato infatti ampiamente novellato e modificato per armonizzarlo con la Costituzione (in particolare, con la l. n. 151/1975, che ha riformato il diritto di famiglia). Il matrimonio-atto è un negozio giuridico personalissimo, in quanto può essere posto in essere solo dai diretti interessati (anche nel matrimonio per procura, riservato dall’art. 111 c.c. al caso di militari e persone di servizio al seguito delle forze armate in tempo di guerra, nonché al caso di residenza all’estero di uno degli sposi, concorrendo gravi motivi da valutarsi dal tribunale nella cui circoscrizione risiede l’altro sposo, in quanto chi manifesta la volontà in luogo del nubendo non è un rappresentante ma un mero nuncius); è un negozio puro, in quanto la dichiarazione degli sposi non può essere sottoposta né a termine né a condizione, che, anche laddove fossero introdotti, si avrebbero per non apposti (art. 108 c.c.); è libero, poiché nessuno può essere giuridicamente vincolato a sposarsi (un’eventuale promessa di matrimonio non obbliga a contrarlo né ad eseguire ciò che si fosse convenuto per il caso di non adempimento: art. 79 c.c.); è solenne, in quanto si svolge secondo determinate formalità. In particolare, il matrimonio può essere celebrato secondo tre possibili riti. Il rito canonico-civile, comunemente detto concordatario (disciplinato dal concordato lateranense tra la Santa Sede e l’Italia dell’11 febbraio 1929, modificato dall’accordo del 18 febbraio 1984, ratificato con l. n. 121/1985), ha luogo secondo le norme del diritto canonico e davanti a ministro del medesimo culto; al m. così celebrato sono riconosciuti anche gli effetti civili a condizione che l’atto relativo sia trascritto nei registri dello stato civile, previe pubblicazioni nella casa comunale. Subito dopo la celebrazione, il parroco o il suo delegato spiegherà ai contraenti gli effetti civili del m., dando lettura degli articoli del codice civile riguardanti i diritti e i doveri dei coniugi, e redigerà quindi, in doppio originale, l’atto di matrimonio, nel quale potranno essere inserite le dichiarazioni dei coniugi consentite secondo la legge civile. La trascrizione non potrà avere luogo qualora gli sposi non rispondano ai requisiti della legge civile circa l’età richiesta per la celebrazione o sussista un impedimento che la legge civile considera inderogabile, ma sarà ammessa quando, secondo la legge civile, l’azione di nullità o di annullamento non potrebbe essere più proposta. Il matrimonio produce gli effetti civili dal momento della celebrazione, anche se l’ufficiale dello stato civile, per qualsiasi ragione, abbia effettuato la trascrizione oltre il termine prescritto. Nel caso dei culti acattolici ammessi nello Stato, il rito del matrimonio è celebrato davanti a ministri autorizzati ed è regolato dalle disposizioni relative al matrimonio di rito civile, salvo quanto stabilito nella legge speciale concernente tale matrimonio (art. 83 c.c.). Il ministro celebrante compila l’atto di matrimonio e lo trasmette all’ufficiale dello stato civile per la trascrizione. Il rito civile, infine, è celebrato davanti all’ufficiale dello stato civile, che, alla presenza di due testimoni, legge ai nubendi gli art. 143, 144 e 147 c.c., riceve da ciascuna delle parti personalmente, l’una dopo l’altra, la dichiarazione che esse si vogliono prendere rispettivamente per marito e moglie e di seguito dichiara che esse sono unite in matrimonio (art. 107 c.c.). L’atto di matrimonio deve essere compilato immediatamente dopo la celebrazione. La prova della celebrazione del matrimonio può essere data esclusivamente sulla base dell’atto di matrimonio, salvo il caso di distruzione o smarrimento dei registri dello stato civile; in questo caso la celebrazione del matrimonio può essere provata con ogni mezzo. Non può validamente contrarre matrimonio chi è minorenne (se tuttavia ha compiuto sedici anni e se ricorrono gravi motivi, può essere ammesso al matrimonio con decreto del tribunale, accertata la sua maturità psico-fisica e la fondatezza delle ragioni addotte), chi è vincolato da precedente matrimonio, chi è interdetto per infermità di mente e la donna entro trecento giorni dallo scioglimento, dall’annullamento o dalla cessazione degli effetti civili del precedente matrimonio (il tribunale può tuttavia autorizzare il matrimonio quando è inequivocabilmente escluso lo stato di gravidanza o se risulta da sentenza passata in giudicato che il marito non ha convissuto con la moglie nei trecento giorni precedenti lo scioglimento, l’annullamento o la cessazione degli effetti civili del matrimonio; il divieto cessa dal giorno in cui la gravidanza è terminata). Inoltre, non possono contrarre matrimonio tra loro: ascendenti e discendenti in linea retta; fratelli e sorelle (germani, consanguinei o uterini); lo zio e la nipote, la zia e il nipote; gli affini in linea retta (all’infinito) o collaterale (in secondo grado); l’adottato e i figli dell’adottante; l’adottato e il coniuge dell’adottante, l’adottante e il coniuge dell’adottato; le persone delle quali l’una è stata condannata per omicidio consumato o tentato sul coniuge dell’altra. Il matrimonio-rapporto è regolato dagli artt. 143 ss. c.c., che stabiliscono che con il matrimonio marito e moglie acquistano gli stessi diritti e assumono i medesimi doveri, sia personali che patrimoniali, tra cui l’obbligo reciproco alla fedeltà, all’assistenza morale e materiale, alla collaborazione nell’interesse della famiglia e alla coabitazione; l’obbligo a contribuire ai bisogni della famiglia in relazione alle proprie sostanze e alla propria capacità di lavoro, l’obbligo di mantenere, istruire ed educare la prole tenendo conto delle capacità, dell’inclinazione naturale e delle aspirazioni dei figli. A seguito del matrimonio la moglie aggiunge al proprio cognome quello del marito e lo conserva durante lo stato vedovile, fino a che passi a nuove nozze. I coniugi concordano tra loro l’indirizzo della vita familiare e stabiliscono la residenza della famiglia secondo le esigenze di entrambi e quelle preminenti della famiglia stessa.

Matrimonio tra persone dello stesso sesso. - In alcuni Paesi del mondo è stata recentemente introdotta la possibilità di contrarre matrimonio tra persone dello stesso sesso. La fattispecie, tradizionalmente inquadrata come esempio di negozio giuridico inesistente (v. Inesistenza. Diritto civile), è inammissibile nel nostro diritto, in quanto urta contro il principio del matrimonio come “società naturale”, fondata sull’unione di un uomo e una donna, accolto nell’art. 29 Cost. ed ancor più esplicitamente in tutte le disposizioni legislative ove si parla espressamente di “marito” e “moglie” (ad es., artt. 107, 108, 143, 143 bis, 294 c.c. e così via). È conseguentemente vietata (v. infatti la Circ. Min. Interno 26.3.2001, n. 2 e, più di recente, la Circ. Min. Interno 18.10.2007, n. 55) anche la trascrizione di un matrimonio celebrato all’estero tra persone dello stesso sesso perché “in contrasto con l’ordine pubblico interno”.

Voci correlate

Adozione. Diritto civile 

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