FARINA, Mattia

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 44 (1994)

FARINA, Mattia

Vittorio De Marco

Fratello di Fortunato Maria, nacque il 19 marzo 1879 a Baronissi (Salerno) da Francesco ed Enrichetta Amato, in una ricca famiglia della borghesia agraria, affermatasi tra le più potenti in campo economico e politico della provincia salernitana. Anch'egli, come il fratello futuro vescovo, compì gli studi liceali nel collegio "Pontano" di Napoli frequentando il circolo universitario di L. De Mattheis. Laureatosi in legge, nel 1903 era già amministratore della Cassa di risparmio salernitana e presidente della scuola agraria di Eboli. Due anni dopo rappresentava i Comuni del mandamento in seno al Consiglio provinciale: "Nel Consiglio provinciale, per il suo concomitante ruolo di qualificato esponente della Società economica della prov. di Salerno e della annessa Cattedra ambulante di agricoltura, si interessò e dibatté i problemi connessi allo sviluppo agricolo della provincia" (Cestaro). Nel 1919, già vicepresidente dell'Associazione agraria salernitana, divenne anche vicepresidente del Consiglio provinciale.

Nel mondo agrario salernitano il F. si presentava ormai come un leader di primo piano, convinto della necessità dell'ingresso del ceto agrario nella politica attiva. Per il F. gli agrari non avrebbero dovuto più delegare a terzi la difesa dei loro interessi politici così come era fino ad allora accaduto.

Essi rappresentavano una forza fondamentale nel quadro politico salernitano e non ne dovevano più rimanere ai margini. "La triste esperienza sin'oggi ha dimostrato - scriveva il F. sul Giornale di Salerno del 5 apr. 1919 - che l'assenteismo degli agrari dalla politica è causa dell'inferiorità del Mezzogiorno d'Italia. A scongiurare ogni remora l'Associazione agraria salernitana ha preso l'iniziativa di un serio movimento per affermare e proteggere nella prossima lotta elettorale l'interesse dell'agricoltura quale precipuo fattore dei destini d'Italia".Il F. quindi, insieme con altri influenti esponenti del mondo agrario (P. Cioffi, M. Mazziotti e A. Moscati presidente delle cooperative agrarie), auspicava la fondazione di un "partito agrario" che nelle imminenti elezioni politiche avrebbe dovuto presentare liste proprie. Egli organizzò, due mesi dopo l'appello del 5 aprile, un'assemblea alla quale invitò non solo i proprietari ma anche gli agricoltori e i presidenti delle Casse agrarie della provincia.

Fu questo il tentativo più concreto per dar vita ad un partito agrario il quale avrebbe dovuto avere - nella mente degli organizzatori - un taglio interclassista, riunendo praticamente insieme "sfruttati e sfruttatori" che avrebbero delegato al futuro partito i loro reciproci (e contrastanti) interessi. Ma il progetto si arenò proprio su questi problemi.

Gli agrari così, il F. in testa, si "convertirono" al nuovo Partito popolare italiano snobbando la forte corrente dei demoliberali guidati da Giovanni Amendola. Il F., infatti, aveva rifiutato una candidatura liberale, offertagli da Clemente Mauro, in omaggio alla sua antica militanza cattolica e in seguito a pressioni della curia di Salerno. Si formarono nel Salernitano - come mette in luce il Bernabei - due anime contrastanti nel partito di Sturzo: la perbenista-conservatrice (gli agrari con il loro leader, il F.) e la progressista (leghe bianche nelle campagne). Questa doppia anima permetteva sostanzialmente agli agrari di controllare a Salerno e provincia il giovane partito ed incanalare nel verso "giusto" le aspirazioni della base. D'altro canto, personaggi in vista e influenti come il F., Moscati, Mazziotti e Cioffi, avrebbero assicurato al partito una buona fetta di preferenze.

L'adesione del F. al partito popolare non fu quindi piena e disinteressata, prova ne sia il fatto che i candidati agrari si presentarono in pratica come indipendenti nelle liste popolari. Fu una adesione "spuria", influenzata oltre che dalla sua formazione ed educazione, anche dal fratello Fortunato, da pochi mesi vescovo di Troia. Il F., tra i candidati agrari e "interni" (Emilio Salvi, Salvatore Camera, Ernesto D'Agostino e Goffredo Lanzara), riuscì a piazzarsi al primo posto con 34.172 preferenze distaccando di molto gli altri due neodeputati, Lanzara e Camera, che raccolsero circa 28.000 preferenze ciascuno. Il successo personale del F. fu netto anche perché era riuscito a scalzare Giovanni Amendola nell'ex collegio di Mercato San Severino. Qui organizzò l'anno dopo una dimostrazione patriottica in favore delle rivendicazioni italiane sulla Dalmazia come risposta all'atteggiamento, definito da più parti "slavofilo", di Amendola e della sua corrente.

Divenuto dirigente del partito, fu rieletto nelle legislative del 1921, nonostante l'abbandono della cordata popolare da parte degli altri agrari. Quest'ultimo fatto però provocò al partito un vistoso calo di voti in tutta la provincia. La debole anima popolare del F. si rivelò palese nelle elezioni del 1924 allorquando, convinto da E. De Nicola, abbandonò il partito di Sturzo e accettò di entrare nella Lista nazionale dove riuscì ugualmente eletto. Col cambio di bandiera di una personalità come il F. (insieme col liberale Andrea Torre), il Fronte democratico antifascista locale ricevette un duro colpo.

Dal febbraio 1923 al giugno 1925 ricoprì la carica di presidente della Deputazione provinciale. Dal 1927 al 1935 fu anche presidente della Camera di commercio, industria e agricoltura di Salerno. Il 21 genn. 1929 fu nominato senatore del Regno per la sua attività di studioso dei problemi dell'agricoltura e soprattutto per le opere di bonifica promosse nella provincia che resse come preside dal novembre 1932 all'ottobre 1934. Non fu comunque un convinto sostenitore del fascismo e a Salerno fece opera di mediazione tra i gerarchi e gli antifascisti locali.

Epurato dal Senato dopo il 1946, rimase vicino agli ambienti della Democrazia cristiana. Morì, ormai lontano dalla politica attiva, l'8 febbr. 1961 a Baronissi.

Bibl.: V. Bonfiglioli-C. Pompei, I 535 di Montecitorio, Roma 1921, p. 127; F. Malgeri, Gli atti dei congressi del PPI, Brescia 1964, pp. 117, 392; G. De Rossi, Ilprimo anno di vita del Partito popolare italiano. Dalle origini al congresso di Napoli, Napoli 1969, p. 276; E. D'Auria, Per un epistolario di G. Amendola, II, in Clio, IX (1973), pp. 87-93; M. Bernabei, Fascismo e nazionalismo in Campania (1919-1925), Roma 1975, pp. 132-135, 163, 181; E. D'Auria, Le elezioni politiche dal 1919 al 1924in provincia di Salerno, Bari 1978, pp. 31, 37, 42, 62; M. De Santis, Mons. F. M. Farina vescovo di Troia e Foggia, I, Il sacerdote, Manfredonia 1978, pp. 8, 16 s., 22; A. Cestaro, in Diz. stor. del Movimento catt. in Italia, III, 1, Casale Monferrato 1984, pp. 351 s.; A. Malatesta, Ministri, deputati e senatori dal 1848 al 1922, I, p. 400.

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