GALASSO, Mattia

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 51 (1998)

GALASSO (Gallas), Mattia (Mathias)

Rotraut Becker

Nacque il 16 sett. 1584 probabilmente a Trento. La sua famiglia apparteneva alla piccola nobiltà delle Giudicarie e deteneva Castel Campo come feudo del Principato trentino. Il padre, Pancrazio (1549-1612), fu per molti anni al servizio dell'esercito asburgico nel quale raggiunse il grado di "Obristwachtmeister" (maggiore). Si ritiene che la madre, Maria Annunziata Mercadenti de Gonzalis, discendesse da una famiglia patrizia di Bergamo trasferitasi a Trento.

Degli anni giovanili del G., della sua educazione e dell'inizio della carriera militare non si ha notizia; sembra che inizialmente militasse nell'esercito lorenese. Combatté poi nei Paesi Bassi, dove conobbe J. Aldringen, la carriera del quale per un periodo fu strettamente collegata alla sua. Dal 1616 il G. prese parte alla guerra dell'arciduca Ferdinando di Stiria contro Venezia.

All'epoca della Defenestrazione di Praga (23 maggio 1618) il G. era capitano e comandante della piccola fortezza di Riva, dove poco prima anche l'Aldringen aveva ricevuto la nomina allo stesso grado militare. Per la guerra imminente il G. si arruolò nella Lega cattolica mentre l'Aldringen, dopo qualche incertezza nell'estate del 1623, optò per l'esercito imperiale. Nelle azioni belliche di quegli anni entrambi si distinsero in più occasioni e il ruolo del G. è in particolare ricordato nella vittoria della Lega presso Stadtlohn in Vestfalia (6 ag. 1623).

Nell'autunno del 1625 il G. divenne colonnello di un nuovo reggimento di fanteria di stanza presso Hameln, costituito da sei compagnie, e con quel reggimento combatté negli anni seguenti sul Weser e in Bassa Sassonia.

Il 17 dic. 1627 l'imperatore Ferdinando II elevò il G., insieme con l'Aldringen, al titolo di barone imperiale.

Nella primavera del 1629 il G. passò all'esercito imperiale comandato da A. von Wallenstein, senza attendere che venisse accolta la sua richiesta di lasciare l'esercito della Lega; il trasferimento era stato preparato dal rapporto di fiducia che lo legava ad Aldringen ed era stato possibile per la volontà dello stesso Wallenstein di avere il G. nel suo esercito. Il principe elettore Massimiliano di Baviera, profondamente sdegnato, vide in questo reclutamento una prova della sua convinzione che Wallenstein stesse arrecando danni alla Lega cattolica con tutti i mezzi. Il motivo addotto dallo stesso G. era che la promozione a generale maggiore (già adombrata da Massimiliano nel 1626) e altre concessioni invano attese presso la Lega gli erano invece state promesse dagli Imperiali.

Già prima di questo trasferimento, alla corte di Ferdinando II e tra i suoi comandanti supremi venivano elaborati piani per una campagna militare nel Norditalia. Nella lotta per la successione a Mantova dopo l'estinzione del ramo primogenito dei Gonzaga in questa città, occorreva arginare il sempre più pressante influsso dei Francesi e imporre il riconoscimento del potere decisionale del capo dell'Impero. Nel quadro di questa operazione affidata al comando supremo di Rambaldo Collalto, al G. spettò il comando delle truppe avanzate. Riuscì facilmente, nel maggio 1629, l'effetto sorpresa sui passi dei Grigioni e l'occupazione di Coira. Il G. guidò attraverso i Grigioni i suoi uomini - 20.000 fanti e 2000 cavalieri secondo le informazioni del 9 giugno del nunzio di Vienna - e si stabilì in Valtellina prima di avanzare in Lombardia. L'Aldringen e il grosso dell'armata lo seguirono a settembre.

Il 13 ottobre si tenne a Lodi un consiglio di guerra, nel quale si convenne che l'Aldringen e il G., non il Collalto allora ammalato, dovessero dirigere l'ulteriore avanzata verso Mantova, e il 16 ottobre l'esercito imperiale oltrepassò l'Oglio e il 19 ottobre occupò la cittadina di Viadana e poco dopo anche il castello. Le altre fortificazioni lungo la strada per Mantova caddero in rapida successione nei giorni successivi, fino al 27 ottobre.

Il 2 novembre l'armata si trovava davanti alle mura della città, che ora contava soltanto sul sostegno che dal nord le poteva arrivare dai Veneziani. Il 22 novembre il G. prendeva con un nugolo di soldati la fortezza di Goito, che proteggeva la strada in direzione del quartier generale veneziano di Valeggio ed era adibita a deposito; si rivelava inutile prendere Valeggio, dal momento che Venezia aveva tempestivamente ritirato le sue truppe.

Con l'inverno non ci furono grandi operazioni militari, cosicché il G. e l'Aldringen ebbero la possibilità di recarsi ad Arco, ove nel gennaio 1630 il G. si unì in matrimonio con Elisabeth (Isabella) d'Arco, che morì due anni dopo, e l'Aldringen con la sorella di questa. Wallenstein e l'imperatore inviarono i loro messaggi augurali per le nozze.

Il 29 maggio nei pressi di Villabuona il G. batteva un esercito veneziano, rafforzato da francesi e corsi, destinato a soccorrere Mantova assediata. Infine il 18 luglio 1630 il G. e l'Aldringen riuscivano a prendere la città affamata, afflitta - come tutta la regione - dalla peste. Mantova fu sottoposta a tre giorni di saccheggio. Gli alti ufficiali si arricchirono con i tesori d'arte del castello ducale, ma l'estorsione di denaro a danno anche dei monasteri e delle chiese avvenne contro la volontà del Galasso.

Nei negoziati di pace, conclusi con i trattati di Cherasco del 6 aprile e del 19 giugno 1631, il G. fu il plenipotenziario dell'imperatore, ma ebbe poche opportunità di mostrare le sue capacità diplomatiche. La corte imperiale voleva concludere rapidamente la pace, perché l'esercito che si trovava sul territorio italiano doveva assolutamente essere ritirato. Le truppe rimaste nel Nord della Germania sotto il comando di Tilly non erano in grado, infatti, di fermare la trionfante avanzata degli Svedesi guidati da Gustavo II Adolfo.

Il G. procrastinò ancora la sua partenza fino a ottobre, perché aveva la responsabilità della partenza dei soldati, della restituzione delle fortezze e della ritirata dai Grigioni; ebbe inoltre dall'imperatore l'incarico di conferire l'investitura all'ormai incontestato duca di Mantova Carlo Gonzaga Nevers. Il G. si trovò poi a far nuovamente parte dello Stato maggiore dell'esercito di Tilly, che nel frattempo aveva deviato verso la Germania meridionale, e in dicembre a Donauwörth ricevette l'ordine di dirigersi con 10.000 uomini attraverso l'Alto Palatinato verso la Boemia, che dal 30 ottobre era stata in gran parte occupata dai Sassoni. Nello stesso mese fu promosso generale d'artiglieria. Da Pilsen, ove installò il suo quartier generale, avanzando verso Praga occupò Rokycany, Karlstejn e Beroun. Nel quadro della riorganizzazione dell'esercito imperiale cui pose mano Wallenstein, il compito del G. fu la ricostruzione dell'artiglieria. Il 10 marzo 1632 (oppure 1631) il G. fu elevato - ancora una volta insieme con l'Aldringen - al titolo di conte imperiale.

Al fianco di Wallenstein il G. prese parte alla riconquista della Boemia e con lui entrò in Eger il 26 giugno. Quando, poco dopo, l'esercito della Lega si unì a quello imperiale, il G. ebbe il comando del corpo principale dell'armata; Aldringen comandava l'avanguardia, Wallenstein le retrovie. Questa forza d'urto riuscì, il 3-4 sett. 1632, a sconfiggere Gustavo Adolfo nella battaglia di Zürndorf presso Norimberga.

Con l'intento di costringere il principe elettore sassone a ritirarsi nei suoi territori, successivamente Wallenstein inviò in Sassonia il G., il quale, attraversata l'Alta Franconia, prese le città di Meissen, Chemnitz e Freiberg, devastandone i territori circostanti. In seguito fu lo stesso Wallenstein ad avanzare verso la Sassonia, consentendo al G., che il 13 ottobre era divenuto feldmaresciallo, di ritirarsi in Lusazia; da lì doveva impedire l'arrivo dalla Slesia dei rinforzi sassoni per l'esercito svedese in avvicinamento. Perciò il G. non prese parte alla battaglia di Lützen (16 nov. 1632), durante la quale cadde Gustavo Adolfo.

Nell'inverno seguente il G. affrontò in Slesia le preponderanti forze sassone-brandeburghesi rafforzate dagli Svedesi e dovette subire la perdita della maggior parte delle città; ciononostante il G. seppe mantenere le posizioni extraurbane. Il 31 maggio 1633 si unì con le sue truppe a Wallenstein col grosso dell'armata, ma questi si astenne dal compiere mosse decisive contro i nemici.

Senza dubbio Wallenstein considerava il G. il più capace e fidato dei suoi ufficiali e il 25 dic. 1633 lo fece nominare generale luogotenente, carica con la quale salì al più alto rango nell'esercito imperiale, essendo sottoposto al solo generalissimo. Il G. fu in tal modo perfettamente introdotto nelle trattative segrete che Wallenstein stava conducendo con i Sassoni, i ribelli boemi, la Svezia e la Francia. Quando verso la fine dell'anno le divergenze di opinione tra il Wallenstein e la corte imperiale sulla conduzione della guerra si acuirono fino alla crisi, il G. - a differenza del generale di cavalleria Ottavio Piccolomini e di Aldringen - non era ancora convinto della necessità di procedere senza esitazione contro il comandante, benché anch'egli confermasse che a causa del comportamento di Wallenstein erano andate perdute buone occasioni di successi militari. Almeno dall'inizio di novembre a Vienna si era sicuri che in caso di scontro si potesse fare affidamento sulla lealtà del G. verso l'imperatore.

Nel suo accampamento invernale in Slesia in un primo momento il G. rimase lontano dagli avvenimenti che avevano luogo nel quartier generale di Wallenstein a Pilsen; ne fu informato tuttavia dal Piccolomini che, giunto a Gross-Glogau il 3 genn. 1634, con toni allarmati gli rese noti i propositi di Wallenstein di rivoltarsi all'imperatore e i suoi piani avventuristi di nuova spartizione del potere in Europa. La decisione di procedere risolutamente contro di lui non fu presa ancora, ma i generali fedeli all'imperatore concordarono di restare in stretta corrispondenza, dissimulando la loro sfiducia nei confronti di Wallenstein.

Il 24 gennaio Ferdinando II sottoscrisse la patente con la quale sottraeva al Wallenstein il comando supremo sull'esercito imperiale, che fu sciolto dal vincolo di ubbidienza nei suoi confronti, e attribuì il comando provvisorio al Galasso. Come esecutori della risoluzione imperiale, in un primo momento tenuta segreta, furono previsti il G., Aldringen e Piccolomini. Sicuramente il G., che in quei giorni arrivò a Pilsen, si adoperò ancora seriamente perché il Wallenstein cambiasse idea e si riconciliasse con l'imperatore, ma così ne suscitò la diffidenza, tanto da non potere lasciare il quartier generale senza sollevare nuovi sospetti. Riuscì in seguito a riconquistare la fiducia del Wallenstein e poté convincerlo a convocare a Pilsen una riunione di ufficiali per il 9 febbraio. Ciò diede al G. la possibilità di concertarsi con altri avversari del generalissimo; fu concordato di compiere dall'esterno del quartier generale un tentativo di separare l'esercito dal Wallenstein e l'occasione giunse quando il 12 febbraio egli stesso ordinò al G. di lasciare Pilsen per raggiungere Aldringen. Da quel momento il G. avviava con decisione le operazioni che condussero all'esautoramento del Wallenstein e, subito dopo, alla sua morte. Da Frauenberg (Hluboká) egli dava ordini ufficiali ai comandanti dei reggimenti con "biglietti sottoscritti e sigillati" (Barker, 1982, p. 88); il 18 febbraio a Linz rendeva pubblico il decreto imperiale di destituzione e dislocava le truppe inaffidabili; al Piccolomini impartiva l'ordine di prendere la città di Pilsen al fine di separare Wallenstein e i suoi fedeli dai rinforzi e impedire loro la fuga, ma il 22 febbraio Wallenstein aveva già lasciato la città per passare al nemico.

Dopo l'eccidio di Eger (25 febbr. 1634) il G. presidiava la zona e provvedeva a informare la corte imperiale. Lui stesso si recava a Pilsen, dove Piccolomini aveva inviato la cassa di guerra di Wallenstein, alcune sue carte e oggetti e le salme dei giustiziati; il G. non permise che fosse fatto scempio dei corpi e consentì una onorevole sepoltura.

A Vienna si riconosceva che la caduta di Wallenstein non aveva condotto a maggiori disordini grazie all'accortezza del G.; tra tutti coloro che parteciparono agli avvenimenti, egli ebbe i compensi maggiori: dai ricchi lasciti delle vittime dell'operazione, Ferdinando II gli concedeva le signorie di Friedland e Reichenberg, la proprietà Smiřice, altri fondi e la casa di Kinsky a Praga. Succedendo a Wallenstein il G. era ora comandante in capo dell'esercito imperiale, formalmente sottoposto soltanto al supremo comando del re Ferdinando d'Ungheria (dal 1637 imperatore Ferdinando III).

Con le campagne del 1634 sopraggiunse la morte di Aldringen, ma sotto la guida del G. gli Imperiali ottennero grandi successi, in primo luogo con la capitolazione di Ratisbona il 26 luglio dopo due mesi di assedio, e in seguito con la vittoria nella battaglia di Nördlingen (5-6 settembre), che annientò le forze svedesi nella Germania meridionale ed ebbe tra le conseguenze l'uscita dei protestanti tedeschi dall'alleanza con la Svezia. Il G. aveva così raggiunto il punto più alto della sua carriera; la gratitudine e il favore della casa imperiale non gli furono mai più negate. Adesso il G. riceveva lusinghe anche dalla Spagna, che nel 1635 lo onorò del titolo ducale: era troppo ricco - come era noto - per essere toccato da elargizioni in danaro. Il cardinale infante Fernando, residente a Bruxelles, e gli ambasciatori spagnoli a Vienna erano in corrispondenza con il G. nella convinzione che egli fosse in grado di decidere l'estensione della guerra al territorio francese, come essi urgentemente volevano. Quando il G. lasciò cadere tale obiettivo perché riteneva insufficienti le forze del suo esercito, perse il benvolere degli Spagnoli.

Al comando di una spedizione nella Franca Contea resa possibile da una grossa sovvenzione spagnola, nel 1636 il G. riusciva ad allontanare completamente i Francesi che vi erano penetrati, e avanzando ancora fin nei pressi di Digione. Questa spinta non portava tuttavia un serio colpo all'avversario; al contrario la ritirata dalla Borgogna fu per le truppe del G. una catastrofe: furono decimate dalla fame, dalle epidemie e dalle diserzioni.

Il G. non sembrava più all'altezza della situazione, che dal 1638 in poi per gli Imperiali stava peggiorando minacciosamente. La sua sostituzione, voluta da un partito della corte, ebbe luogo nel novembre del 1639.

Nel gennaio 1639, dopo aver accennato agli altri condottieri, l'inviato veneziano G. Grimani aveva scritto: "[…] e finalmente Galasso, già famoso per la battaglia di Norlinghem con le sole ordinanze e previdenze di lui guadagnata, ma hora da gli anni maturi, dal vino in eccesso, e dalle indispositioni per quello contratte di poco grido e da esser poco adoperato". Grimani pensava già allora che il G. si sarebbe congedato "[…] per sottrarsi da pericoli di qualche sinistra condotta" (Fiedler, 1866, p. 225).

Il G. continuò comunque a prestare i suoi servigi all'imperatore; quando nel 1640 questi volle sondare con prudenza le possibilità di una pace separata con la Svezia, il G. era tra i suoi emissari. Il 22 marzo 1643, nell'imminenza di un nuovo attacco dell'esercito svedese in Boemia, stavolta sotto il comando di L. Torstensson, l'incarico di comandante fu di nuovo dato al G., che però non poté impedire l'avanzata degli Svedesi fino in Moravia, prima del loro sorprendente spostamento verso l'Holstein in settembre per condurre la guerra contro la Danimarca. L'anno seguente Ferdinando III li fece seguire dal G., che era avanzato fino a Kiel con lo scopo di trattenere le truppe nemiche fuori dai confini dell'Impero, ma il Torstensson riuscì a circondare l'esercito imperiale, costringendolo a ripiegare in territori devastati, cosicché i soldati del G., come era avvenuto durante la ritirata del 1636-37, disertarono in massa o perirono miseramente.

Nel 1645 il G. fu congedato, ma fu richiamato ancora una volta l'11 dic. 1646; doveva prestare soccorso al principe elettore di Baviera che si trovava in gravi difficoltà, dissuaderlo dal condurre trattative separate per un armistizio con la Francia o assicurare il passaggio dell'armata bavarese agli Imperiali. Questa volta il G., già sofferente di nefralgia, dovette abbandonare il comando dopo pochi mesi.

Morì il 25 apr. 1647 a Vienna in seguito alla stessa malattia.

Intorno al 1634 il G. s'era sposato in seconde nozze con Dorothea Anna von Lodron; i suoi figli si imparentarono con l'alta nobiltà boema con unioni matrimoniali. Negli ultimi anni della sua vita il G. soggiornò sempre più spesso a Trento, dove nel 1642 aveva acquistato il palazzo Galasso, costruito dai Fugger. Nei pressi della città fondò il convento carmelitano delle Laste su impulso della venerabile Giovanna Maria dalla Croce, con la quale era stato per molti anni in corrispondenza epistolare. Nella chiesa parrocchiale di S. Pietro il G. fece erigere una cappella sepolcrale, dove fu sepolto.

Fonti e Bibl.: La "cancelleria di guerra" del G. è conservata nell'Archivio di Stato a Litoměřice (Děčín) nella Repubblica ceca; il suo nome è citato in quasi tutte le raccolte di documenti e ricerche sulla Guerra dei trent'anni: Albrechts von Wallenstein… ungedruckte… Briefe und amtliche Schreiben aus den Jahren 1627 bis 1634, a cura di F. Förster, III, Berlin 1829, pp. 349 ss.; Die Relationen der Botschafter Venedigs über Deutschland und Österreich im 17. Jahrhundert, a cura di J. Fiedler, I, Wien 1866 (rist. a cura di L. Firpo, Torino 1968), ad ind.; C. Höfler, Beiträge zur Katastrophe des Herzogs von Friedland. Aus den Correspondenzen des Grafen Mathias Gallas, in Österreichische Revue, 1867, n. 1, pp. 78-100; G. Irmer, Die Verhandlungen Schwedens und seiner Verbündeten mit Wallenstein und dem Kaiser von 1631 bis 1634, I-III, Leipzig 1888-91, ad ind.; Nuntiaturberichte aus Deutschland 1628-1635. Nuntiatur des Pallotto 1628-1630, a cura di H. Kiewning, II, Berlin 1897, ad indices; Briefe und Akten zur Geschichte Wallensteins (1630-1634), a cura di H. Hallwich, I-IV, Wien 1912, ad indices; Briefe und Akten zur Geschichte des Dreissigjährigen Krieges, n.s., Die Politik Maximilians I von Bayern und seiner Verbündeten 1618-1651, a cura di A. Duch - W. Goetz - K. Bierther, Leipzig 1918 - München-Wien 1986, ad indices; Documenta Bohemica bellum tricennale illustrantia, Praha 1971-81, ad ind.; F.C. Khevenhiller, Conterfet Kupfferstich deren jenigen regierenden grossen Herren, so von Kaysers Ferdinand des Andern Geburt biss… Abschied successive regiert…, II, Leipzig 1721, pp. 230-236, ritratto n. 103; J.F. Weng, Die Schlacht bei Nördlingen, Nördlingen 1834, pp. 238-240; B. Weber, Tirol und die Reformation, Innsbruck 1841, pp. 272-278; Id., Johanna Maria vom Kreuze (Giovanna Maria dalla Croce) und ihre Zeit, Regensburg 1858, pp. 283-288; J. Heilmann, Kriegsgeschichte von Bayern… von 1506 bis 1651, II, Kriegsgeschichte und Kriegswesen von 1598-1651, München 1868, t. 1, pp. 12, 66, 189, 193 s., 202, 205, 229, 293, 361, 459 s., 464, 468 s., 474, 481-496, 502, 518; t. 2, pp. 532, 538-541, 543-546, 566-570, 608, 661, 891 s.; A. Huber, Studien über die Correspondenz der Generale Gallas, Aldringen und Piccolomini im Februar 1634, in Archiv für österreich. Geschichte, LXXXII (1895), 2, pp. 563-586; A. Semek, Geschichte der k. und k. Wehrmacht, IV, 1, Wien 1904, pp. 17, 20, 22-26; M. Ritter, Deutsche Geschichte im Zeitalter der Gegenreformation und des Dreissigjährigen Krieges, III, Stuttgart-Berlin 1908, pp. 406, 527, 544 ss., 559, 564, 568-570, 574 s., 577, 581, 609; H. Günter, Die Habsburgerliga 1625-1635, Berlin 1908, pp. 168, 413 s.; F. Parnemann, Der Briefwechsel der Generale Gallas, Aldringen und Piccolomini im Januar und Februar 1634, Berlin 1911, passim; R. Quazza, La guerra per la successione di Mantova e del Monferrato (1628-1631), I-II, Mantova 1926, ad ind.; J. Pekař, Wallenstein 1630-1634, I-II, Berlin 1937, ad ind.; V. Mariani - V. Varanini, Condottieri italiani in Germania, Milano 1941, pp. 181-186; H. von Srbik, Wallensteins Ende, Salzburg 1952, pp. 72, 124-142, 168-170, 195 ss., 263, 265, 276 ss.; L. Welti, Graf Kaspar von Hohenems, Innsbruck 1963, ad ind.; F. Redlich, The German military enterpriser and his work force, I-II, Wiesbaden 1964-65, ad ind.; C.V. Wedgwood, Der Dreissigjährige Krieg, München 1967, ad ind.; G. Mann, Wallenstein, Frankfurt a.M. 1971, ad ind.; H.F. Schwarz, The Imperial Privy Council in the 17th century, Westport, CO, 1972, pp. 234-236; K. Ruppert, Die kaiserliche Politik auf dem Westfälischen Friedenskongress, X, Münster 1979, ad ind.; T.M. Barker, Army, aristocracy, monarchy: Essays on war, society and government in Austria 1618-1780, New York 1982, pp. 81-102; F. Dickmann, Der Westfälische Frieden, Münster 1985, ad ind.; G. Parker, Der Dreissigjährige Krieg, Frankfurt a. M.-New York 1987, ad ind.; A. Kraus, Zur Vorgeschichte des Friedens von Prag 1635, in Festgabe Heinz Hürten z. 60. Geburtstag, a cura di H. Dickerhof, Frankfurt a. M. 1988, pp. 265-299; J. Niederkorn, Generali italiani al servizio dell'Impero nei secoli XVI e XVII, in Atti e memorie della Accademia nazionale di scienze, lettere ed arti di Modena, s. 7, VII (1989-90), pp. 369-377; H. Ernst, Madrid und Wien 1632-1637, Münster 1991, ad ind.; Allgemeine Deutsche Biographie, VIII, pp. 320-331; Enciclopedia Italiana, XVI, p. 288; Neue Deutsche Biographie, VI, pp. 46 ss.

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