DAUTHENDEY, Max

Enciclopedia Italiana (1931)

DAUTHENDEY, Max

Enrico Rocca

Scrittore, nato a Würzburg il 25 luglio 1867, morto a Malang (Giava) il 4 settembre 1918. Costretto dal padre a fare il fotografo mentre aspirava alla pittura, nel 1892 lo ritroviamo a Monaco scrittore. Di qui comincia un suo inquieto migrare che non s'arresterà che alla morte. Nel 1893 lascia Berlino per la Svezia e Ultraviolett, einsame Poesien (1894) è insieme un ricordo della spiaggia del Bohuslän dove ha vissuto e il corrispettivo poetico della Secessione pittorica monacense. Dopo aver pubblicato Die schwarze Sonne (1896), un poema epico, sosta a Londra, e a Berlino scrive Sun, dramma autobiografico di uno scaldo che si salva dal cristianesimo nelle foreste. Un suo soggiorno parigino è segnato da Phallus (1897), epopea erotico-apocalittica. Poi parte con la moglie per il Messico dove, falliti i suoi sogni di colonizzatore, trova materia per il suo romanzo Raubmenschen. Dalla Grecia torna nel 1898 a Würzburg e pubblica successivamente le raccolte liriche Reliquien (1899), il Singsangbuch (1857), Der brennende Kalender (1907), In sich versunkene Lieder im Laub (1908). Dall'accusa di essere un poeta esotizzante D. si salva rivelando nel Lusamgärtlein (1909), ispiratogli dalla città natia, una tendenza tutta tedesca al sogno e alla fiaba. Messina im Mörser (1909) è un compianto per la città distrutta dal terremoto. Ma la sua fortuna poetica è un viaggio intorno al mondo (1906-1907), da cui riportò i versi rievocatori della Geflügelte Erde (1910), Die acht Gesichter am Biwa-See (1911), novelle in cui il Giappone è reso in notazioni magicamente delicate, e i racconti pieni di calda sensualità di Lingam (1909). Ha dato ȧnche al teatro opere d'ispirazione varia. Recatosi nel 1914 a Giava e impedito dalla guerra di rimpatriare, muore in esilio, consumato dalle febbri tropicali e dalla nostalgia (v. Erlebnisse aus Java, 1924; Letzte Reise, 1926: frammenti di diario, pubblicati postumi). D., nell'epoca del convenzionalismo e del decadentismo, fu il rinnovatore d'una poesia fiabesca e lunare che "ravvicina il loto all'abete" e disposa il fascino dell'Oriente a quello gotico delle piccole città tedesche.

Ed.: Gesammelte Werke, 6 voll., München, 1925.

Bibl.: K. Edschmid, La letteratura tedesca d'oggi, Firenze 1925; P. Wiegler, Geschichte der neuen deutschen Dichtung, Berlino 1930.

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