MEGARICI

Enciclopedia Italiana (1934)

MEGARICI

Guido Calogero

. Con questo nome, o con quello di Scuola megarica (in cui il termine di "scuola" è peraltro da intendere in quel senso più generico, di gruppo di aderenti a un dato indirizzo, che conviene alle "scuole" presocratiche e socratiche, e non in quello più tecnico, di organizzazione accademico-scolastica, proprio delle "scuole" di Platone, di Aristotele e dei postaristotelici) si designa la schiera di pensatori, vissuti tra il sec. V e il IV a. C., che, seguendo l'indirizzo inaugurato da Euclide di Megara (che diede così il nome alla scuola), interpretarono la dottrina socratica in senso eleatico, identificando il suo concetto del bene con quello parmenideo-zenoniano dell'unico ente. E particolarmente zenoniano era il metodo di confutazione per assurdo, adottato da Euclide e dai suoi successori, in particolare Eubulide e Alessino: dalla loro dialettica (noti sono specialmente i sofismi di Eubulide) nacque quindi quella "eristica", o arte della pura confutazione verbale, che si riconnetteva a certi aspetti deteriori della sofistica contemporanea, quale p. es. quella di Eutidemo e Dionisodoro. Oltre a Euclide, Eubulide e Alessino i più noti fra i megarici sono Diodoro Crono e Stilpone (del sec. IV): ed entrambi si muovono ancora nell'ambiente ideale eleatico e zenoniano, il primo riprendendo le argomentazioni zenoniane contro il moto ed eleaticamente negando il concetto del possibile, l'altro giungendo a quella stessa negazione antistenica di ogni giudizio di predicato non identico al soggetto, in cui la dottrina socratica del giudizio era sottoposta a esigenze di tipo eleatico. S'intende quindi come Platone, combattendo contro i primi megarici e contro le loro confutazioni della dottrina delle idee (non prive d'importanza, perché a essi risale l'argomento del cosiddetto "terzo uomo", che lo stesso Platone non sa respingere e che Aristotele riprende), potesse vendicarsi di essi dimostrando ironicamente, nel Parmenide, come la dialettica zenoniana, confutante il molteplice in difesa dell'Uno e adottata dai megarici, potesse essere rivolta contro la stessa Unità parmenidea.

Bibl.: Per i frammenti dei megarici e per gli scritti che ne trattano, v. le singole voci e bibl. In generale: H. Ritter, Bemerkungen über die Philos. der Megarischen Schule, in Rheinisches Mus., II (1828), p. 295 segg.; D. Henne, L'école de Mégare, Parigi 1843; C. Mallet, Hist. de l'école de Mégare et des écoles d'Élis et d'Éretrie, ivi 1845; G. Hartenstein, Über die Bedeutung der Meg. Schule für die Gesch. der metaph. Probleme, in Verhand. der Sächs. Gesell. der Wissensch., 1848, p. 190 segg.; C. M. Gillespie, On the Megarians, in Archiv für Gesch. der Phil., XXIV (1911), pp. 218-41. Sull'antimegarismo del Parmenide platonico, v. G. Calogero, Studi sull'eleatismo, Roma 1932, pp. 223-57.

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