MEGARON

Enciclopedia Italiana (1934)

MEGARON (τὸ μέγαρον)

Doro Levi

Così viene chiamata nei poemi omerici la parte più intima e solenne del palazzo reale, sala del trono e dei banchetti, luogo di ritrovo della famiglia, ornata con l'arte più squisita e ricercata. Telemaco nel palazzo di Menelao, Ulisse nel palazzo di Alcinoo, ne ammirano le decorazioni lucenti d'oro, di metalli preziosi, di avorî, sulle porte e sulle pareti, le incrostazioni di "ceruleo smalto". In base a tali descrizioni, l'ambiente in parola è stato riconosciuto negli scavi di varie località micenee, come nella stessa Micene, a Glãs sul lago Copaide, e, conservato più compiutamente e con maggiore quantità di particolari, a Tirinto (vedi cretese-micenea, civiltà, XI, p. 877, fig. 36; Grecia, XVII, p. 803).

Si riconoscono nel megaron di Tirinto le tre parti principali menzionate da Omero, cioè un vestibolo (ἄιϑουσα), sulla cui fronte sono due colonne di legno su basi di pietra, un'antisala (πρόδρομος), accessibile dal vestibolo per tre porte a duplici battenti racchiuse fra due ante sporgenti dai muri laterali, e in fondo la grande sala, il vero e proprio μέγαρον, al quale si accede invece attraverso l'antisala da una porta unica: nel centro della sala era l'ampio focolare rotondo, ἐσχάρη, centro spirituale e materiale della casa, attorno al quale stavano quattro colonne disposte a rettangolo e sostenenti il tetto. È ancora discusso se la parte mediana del tetto sopra ai sostegni fosse aperta in una specie di lucernario rialzato, per la luce e lo sfogo del fumo: problema che si riconnette con la forma del tetto medesimo, se cioè esso fosse piatto, oppure a spioventi; la seconda ipotesi è più probabile, data l'origine nordica dell'edificio a megaron. Non abbiamo a ogni modo testimonianza di finestre sulle pareti laterali della sala. Di fianco al focolare a Tirinto era il trono del principe, e il pavimento della sala attorno alle colonne era leggiadramente dipinto; nell'antisala si sono trovati residui d'un bellissimo fregio parietale in lastre d'alabastro e incrostazione di pasta vitrea, con serie di rosette ed elementi semiellittici a palmette e spirali, che ricorda come ripartizione il più tardo fregio dei templi dorici a triglifi e metope. Davanti al megaron di Tirinto stava l'ampia corte a colonne, con un altare; tutto attorno altri edifici, ciascuno consistente in elementi più o meno affini e ciascuno col proprio cortile d'ingresso, ma senza un vero e proprio aggruppamento comune, ciò che distingue radicalmente il palazzo miceneo del continente dal palazzo cretese.

Infatti gli scavi vanno sempre più mettendo in evidenza la derivazione del megaron da un tipo di casa, importato in varie parti della Grecia preistorica dal nord, da regioni di clima freddo, e del tutto contrapposto alla casa cretese, di tipo mediterraneo, creata per un clima caldo, con i numerosi ambienti disposti attorno al cortile centrale. Possiamo ormai seguire anche l'evoluzione del megaron da forme assai primitive fino alla perfetta creazione di Tirinto, attraverso le testimonianze di Sesklo, di Dimēni e di Lianokládi in Tessaglia, di Troia, di Egina, dì Eleusi, di Tera, di Argo e via dicendo. Negli esemplari tessalici soprattutto vediamo come dapprima il focolare stesse in mezzo alla stanza ampia che era sul davanti; poi, per la poca comodità della sua posizione fra le due porte, lo vediamo spostato in parte o portato dietro alla parete anteriore della sala, mentre gradualmente si trova la soluzione più pratica di spostare la sala ampia di dietro; in tali esemplari tessalici dei semplici sostegni lignei preludono alle colonne di Tirinto. Nei tipi più primitivi vediamo inoltre il contorno del megaron ancora irregolare: a Eleusi notiamo nella stanzetta posteriore un andamento trapezoidale, che forse denota un passaggio dalla stanza absidata delle case precedenti alla forma del megaron, ma soprattutto a Troia si passa con tutta chiarezza da una forma più antica, del II strato, allungata e stretta, fornita di un profondissimo atrio e con un terzo stretto ambiente in fondo, accessibile dalla sala grande, alla forma del VI strato, più simile a quella micenea, dalle dimensioni più larghe e corte. A Troia il singolo megaron è già comune negli strati più antichi accanto alla casa pluricellulare, e domina quasi assoluto nel VI strato; a Fylakōpē di Melo penetra un megaron di tipo primitivo nella seconda città, premicenea, e uno evoluto nella terza città, quella micenea; a Creta il megaron è introdotto solo nell'ultima fase del tardo-minoico, a Hagía Triáda, Gourniá e Cnosso.

Dal megaron miceneo, è ormai generalmente accettato, deriva la forma del tempio ellenico, che mantiene anch'esso le due varietà, cioè la sola cella, o la cella fornita di ádyton, e, per la prima volta nell'Ereo di Olimpia, anche con opistodomo aperto sul tergo. L'ádyton stesso del tempio greco è talora chiamato megaron dagli scrittori, come tale rimane anche la denominazione per alcuni speciali santuarî (p. es., il tempio di Demetra al Tenaro, quello di Despoina in Arcadia, ecc.), e per certe fosse sacrificali a divinità ctonie, come quella nel bosco di Demetra e Core a Potniaí.

Bibl.: v. cretese-micenea, civiltà, XI, p. 891; Fiechter, in Pauly-Wissowa, Real-Encycl., VII, col. 2533 segg.; Ebert, ibid., XV, col. 220 seg.; per il megaron tessalico v. anche H. D. Hansen, Early Civil. in Thessaly, Baltimora 1933, p. 65 segg.

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