CRIVELLI, Melchiorre

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 31 (1985)

CRIVELLI, Melchiorre

Agostino Borromeo

Nacque nel 1486, probabilmente a Milano. In quale anno, e dove, abbia vestito l'abito domenicano, quali siano stati i suoi studi e i primi incarichi ricoperti nell'Ordine, non è noto: sappiamo soltanto che, in documenti Posteriori, figura con il titolo di professore di teologia, senza però che si posseggano indicazioni circa una sua eventuale attività di docente.

Il primo documento conosciuto che lo riguarda è il breve del 28 ag. 1518 con il quale Leone X lo nominava inquisitore generale per la diocesi di Milano "et alibi etiam, ubi opus erit", con ampie facoltà di procedere contro chiunque, anche costituito in dignità ecclesiastica.

La nomina del C. al delicato incarico av veniva in un periodo storico in cui la crisi che travagliava la Chiesa sembra avere investito anche i tribunali del S. Uffizio: rispetto all'assenteismo o all'impotenza delle autorità ecclesiastiche, l'impegno del quale darà prova, negli anni successivi, il C. nella repressione dell'eresia in un settore geografico particolarmente esposto all'infiltrazione protestante pare rappresentare un'eccezione. Infatti, nonostante la scomparsa dell'archivio dell'Inquisizione milanese, le notizie frammentarie pervenuteci di processi condotti dal C. nel 1534, nel 1537, nel 1547 e nel 1549 inducono a ritenere che l'attività svolta da lui nella lotta contro l'eresia fu tutt'altro che trascurabile, cosa di cui, peraltro, lo stesso Paolo III doveva dargli atto in un breve del 12 luglio 1536. Non potendo, però, contare, in questa sua azione, sulla collaborazione delle autorità ecclesiastiche locali, il C. fu costretto a valersi dell'appoggio del potere laico, e in particolare del Senato milanese, il quale, nel 1543, in una lettera indirizzata al pontefice, ne avrebbe esaltato lo zelo e le benemerenze, intercedendo in suo favore per l'ottenimento di una pensione.

La collaborazione con il Senato spiega motivo per cui uno degli atti più significativi del C. come inquisitore - e cioè elaborazione del primo Indice dei libri proibiti pubblicato in Italia - fosse reso esecutivo, il 3 dicembre del 1538, con una grida emanata del supremo consesso milanese.

Benché, quindi, il provvedimento proibitivo fosse formalmente un atto del potere laico, in esso veniva esplicitamente dichiarato che l'elenco delle opere vietate era stato predisposto dall'inquisitore. Tale elenco costituisce una significativa testimonianza, oltre che della preparazione culturale del C., anche dell'attenzione da lui dedicata al problema della circolazione delle dottrine ereticali per mezzo della stampa, in un momento in cui la gravità della questione sembra essere stata ancora sottovalutata dalle autorità ecclesiastiche. Nell'Indice milanese, comprendente un totale di 46 voci, compaiono, oltre alle opere di autori più antichi, come Hus e Wycliffe e ai primi lavori conosciuti di Lutero, Melantone ed Ecolampadio, anche il Catechismus di Calvino - e cioè, più esattamente, la Instruction et confession de foy - la cui prima edizione era dell'anno anteriore, il 1537. Né gli sforzi del C. per contrastare la diffusione dei libri eretici doveva limitarsi a questa iniziativa, perché risulta che, nel 1543, egli aveva elaborato un altro Indice di opere proibite contenente nomi di più di cento autori, che, però, non ci è pervenuto.

È probabile che le benemerenze acquisite dal C. nel disimpegno del suo ufficio siano presto valse a far conoscere il suo nome negli ambienti della Curia e della corte pontificia. Fatto sta che nel concistoro del 20 febbr. 1540, Paolo III lo nominava vescovo della diocesi in partibus di Tagaste, designandolo contemporaneamente ausiliare - o, come si diceva allora, suffraganeo - del vescovo di Vercelli Pietro Francesco Ferrero ed assegnandogli una pensione di 200 ducati d'oro di camera; nel 1544, quindi, il cardinale Ippolito II d'Este, che nel corso dei trentun anni durante i quali fu titolare del seggio arcivescovile di Milano mai vi risiedette, lo nominava proprio vescovo ausiliare con pieni poteri e titolo di visitatore generale della diocesi.

Se il C. abbia effettivamente svolto la carica di ausiliare di Vercelli non è dato sapere; ciò che è certo, invece, è che esercitò con il suo abituale impegno quella di ausiliare di Milano, pur cumulando tale ufficio con quello di inquisitore, almeno sino al 1553. Lo zelo del C. nello svolgimento dei suoi compiti pastorali va certamente collegato, oltre che con la sua peculiare personalità, anche con la sua appartenenza ai circoli milanesi più direttamente influenzatidagliideali della Riforma cattolica: significativi, al riguardo, sono i vincoli strettissimi che lo univano ad AntonioMariaZaccaria ed ai primi membri della Congregazione dei chierici regolari di S. Paolo Decollato, la vita dalla quale avrebbe poi sempre seguito da vicino, assistendo persino ai capitoli generali; significativo, altresì, è il fatto che, come inquisitore, avesse dato l'approvazione alla pubblicazione della Cognitione et vittoria di se stesso (1531) e dello Specchio interiore (1540) del domenicano Battista Carrioni, cioè della personalità religiosa che maggior influsso spirituale esercitò sugli ambienti milanesi impegnati nello sforzo di rinnovamento: l'ironia della sorte farà sì che, nel 1552, nel clima più rigido della incipiente Controriforma toccherà proprio al C., nella sua veste di giudice del S. Uffizio, di provvedere al sequestro e al rogo delle opere del Carrioni, ormai colpite da condanna papale. Purtroppo, anche qui, la scarsità di documenti della prima metà del Cinquecento conservati nell'archivio della curia arcivescovile di Milano nonconsentedi ricostruire l'attività svolta dal C. nella diocesi. Il fatto, però, che tra le poche carte dei periodo pervenuteci figurino i decreti emanati dal vescovo ausiliare in seguito alle visite compiute a Brebbia, nel 1545, ed a Romano, nel 1546, inducono a ritenere che svolse in questo settore un'attività più ampia di quanto la documentazione rimasta attesti.

La situazione del C. doveva cambiare a partire dal 1550, quando, dopo decenni di abbandono, la diocesi ebbe un prelato residente nella persona di Giovanni Angelo Arcimboldi. Tra inquisitore e arcivescovo sorsero ben presto motivi di attrito suscitati dalla volontà di quest'ultimo di rivendicare la pienezza dei suoi poteri come giudice ordinario in materia d'eresia. Già nel gennaio 1551, il C. faceva giungere a Roma le proprie lamentele, accusando l'Arcimboldi di interferire indebitamente nelle competenze del S. Uffizio e di mirare a farlo operare alle dipendenze dell'autorità arcivescovile. Nel conflitto tra i due. poteri, chi finì con l'avere la meglio fu l'arcivescovo, il quale otteneva dalla S. Sede la destituzione del C. e la nomina al suo posto, nel 1553. di un sacerdote secolare, il canonico Bonaventura Castiglioni.

Negli anni successivi si perdono le tracce del C.; il suo nome riappare soltanto nel 1560, in relazione alla sua conferma, da parte del nuovo arcivescovo di Milano, il cardinale Carlo Borromeo, nell'ufficio di vescovo ausiliare, ufficio nel quale, contro la sua volontà, verrà affiancato dal vescovo di Bobbio Sebastiano Donato.

Il C., comunque, non era destinato ad esercitare ancora a lungo la carica: morì, infatti, a Milano il 7 ott. 1561, e fu sepolto in S. Eustorgio.

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