Gioia, Melchiorre

Dizionario di filosofia (2009)

Gioia, Melchiorre


Scrittore politico, economista e filosofo (Piacenza 1767 - Milano 1829). Avviato alla carriera ecclesiastica presso il collegio Alberoni (nel 1793 prese l’abito, che avrebbe abbandonato qualche anno dopo), subì l’influenza del giansenismo e del sensismo del Condillac, che lo spinsero verso posizioni filofrancesi e filogiacobine. Quando l’amministrazione generale di Lombardia bandì, nel 1796, un concorso sul tema «Quale dei governi liberi meglio convenga alla felicità d’Italia», G. vinse il premio con una Dissertazione nella quale propugnava l’istituzione, con mezzi pacifici, di una repubblica unitaria e indivisibile fondata sul sistema rappresentativo (monocamerale) e sul rispetto dei diritti naturali degli individui. Pubblicata nel 1798, la Dissertazione fu ristampata nel 1831 e nel 1848, alimentando il dibattito risorgimentale sull’assetto istituzionale da conferire all’Italia unita. Arrestato nel 1797 per sospetto di giacobinismo, fu liberato per intervento di Bonaparte e si recò a Milano; ma il trattato di Campoformio ne fece un deciso oppositore della politica francese. Diresse vari giornali di breve durata (Monitore italiano; Il Censore, 1798; Gazzetta nazionale della Cisalpina; Giornale filosofico-politico, 1799), nei quali sostenne l’idea di uno Stato italiano indipendente da quello francese. Sviluppò anche forti interessi economico-statistici: dopo aver diretto, durante il Regno italico, l’Ufficio di Statistica, tra il 1815 e il 1817 pubblicò il Nuovo prospetto delle scienze economiche (nel quale segue solo in parte le idee liberali degli economisti inglesi) e nel 1824 fondò con Romagnosi gli Annali universali di statistica. Le sue opere filosofiche principali sono Del merito e delle ricompense (1818), nella quale teorizza un utilitarismo morale di stampo benthamiano (nel 1826, con Filosofia della statistica, darà veste statistica all’idea dell’aritmetica morale), e Ideologia (1822), dove ridimensiona il suo sensismo giovanile, concedendo largo spazio all’azione dell’intelletto sul materiale fornito dai sensi, ma sempre nel quadro di un’indagine che non può oltrepassare i limiti dell’esperienza.

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