MEMORIA

Enciclopedia Italiana - IV Appendice (1979)

MEMORIA (XXII, p. 829)

Gianfranco Ricci

Secondo le recenti concezioni, la funzione mnemonica è determinata dalla successione di due eventi temporalmente distinti: quello dell'apprendimento o riverberazione e quello della fissazione. Il primo evento sarebbe affidato alla presenza di circuiti riverberanti, che ripetono un determinato tipo di esperienza; il secondo, di natura biochimica, è correlato a un aumento di complesse molecole organiche (acido ribonucleico o RNA) in corrispondenza con la formazione degli engrammi. Alla base di queste concezioni vi sono i seguenti fatti sperimentalmente accertati: dimostrazione anatomica di circuiti riverberanti nell'encefalo ad opera di R. Lorente de Nó e S. Ramon y Cajal; amnesia di un evento entro un'ora dal suo accadimento, se intanto è intervenuto un trauma fisico violento (come elettroshock, raffreddamento intenso, ecc.) che sia in grado di dissolvere la prima fase elettrofisiologica; irreversibilità degli engrammi dopo un'ora di tempo (quando è già avvenuta la fissazione). La distinzione tra una fase labile e una fase stabile della m. probabilmente coincide con la distinzione fra una fase elettrica (circuiti riverberanti) e una fase chimica (RNA) della memoria.

Per l'interpretazione del processo di trasformazione di un engramma funzionale, labile, in uno stabile sono state formulate due teorie che, per quanto siano ambedue basate su fatti sperimentali, sono da considerare, piuttosto, ipotesi di lavoro.

Una è la teoria neurochimica di H. Hyden, chiamata anche della "memoria molecolare" che poggia sul fatto, dimostrato sperimentalmente da diversi autori, che durante l'apprendimento si ha un considerevole aumento di RNA nei neuroni interessati. L'assunto della teoria è il seguente: a) nell'apprendimento si stabiliscono nei neuroni dei moduli di frequenza specifici per ogni tipo d'informazione; b) detta modulazione di frequenza provoca la formazione di RNA specifico dal DNA; c) tale RNA sintetizza proteine specifiche nel neurone che provocano a loro volta una produzione di mediatore chimico; d) durante la rievocazione una simile frequenza modulata evoca, per risonanza, aumentata produzione di mediatore sinaptico; e) alla fissazione di engrammi corrisponde a livello cellulare un aumento di RNA. Da qui l'ipotesi che la m. possa essere "codificata" nelle sequenze nucleotidiche di questo acido, alla stessa stregua di quanto avviene per la codificazione dei caratteri ereditari nelle specifiche sequenze nucleotidiche del DNA.

Alcuni autori hanno cercato di estrarre e trasferire ("trapianto di engrammi") m. o particolari abilità da un animale addestrato a un altro privo di addestramento, della stessa o di altra specie. Così A. L. Jacobson, estraendo RNA dal cervello dei ratti condizionati e iniettandolo in ratti privi di condizionamento, è riuscito a trasferire ad essi le particolari abilità apprese dai primi.

L'altra teoria è quella sinaptica. I dati fondamentali che ne sono alla base si possono così riassumere: potenziamento di frequenze dopo impulsi nervosi spesso ripetuti, che nelle sinapsi cerebrali risulta maggiore che in quelle spinali; fenomeni d'inibizione più grandi e di maggiore durata, manifestantisi nei neuroni telencefalici come forti iperpolarizzazioni sinaptiche di membrana; sviluppo più intenso dell'apparato dendritico nei neuroni corticali (le sinapsi eccitatorie avrebbero sede prevalentemente nei dendriti delle cellule piramidali).

Nelle sedi in cui ha luogo l'apprendimento (cervello) si formano numerose spine o gemmule sinaptiche secondarie, cosa che non si verifica in quelle sedi dove l'apprendimento è assente (midollo). Ciò corrisponde alla formazione di nuovi "circuiti sinaptici". Recentemente si è osservato che sebbene gli elementi nervosi non si moltiplichino, essi possono emettere nuove ramificazioni e possono crescere. Quindi i soli fatti accertati sono: la straordinaria molteplicità di connessioni sinaptiche nel sistema nervoso centrale, e la formazione di RNA durante la funzione degli elementi nervosi. Quest'ultimo dato può essere interpretato sia secondo la concezione neurochimica della memoria, sia secondo quella sinaptica; infatti è possibile pensare che l'RNA neoformato entri nel processo di sintesi proteica necessaria alla crescita di nuove sinapsi durante l'apprendimento. Mentre secondo la prima ipotesi l'RNA entrerebbe a far parte di un processo chimico altamente specifico (ogni m. ha un suo RNA specifico), secondo l'altra ipotesi le specificità sarebbero "codificate" nelle connessioni sinaptiche degli elementi neurali.

Quando un fatto appreso viene "depositato" nel cervello si ha il fenomeno del "consolidamento" della m.; esso avviene secondo le seguenti modalità sperimentalmente acquisite:

1) L'intensità della traccia mnenomica presenta, subito dopo l'apprendimento, oscillazioni spontanee. H. Ebbinghaus ha per primo dimostrato che almeno un terzo delle tracce mnemoniche si dissolvono poche ore dopo l'apprendimento, e che la fissazione delle rimanenti avviene meglio se il soggetto non si espone a nuove stimolazioni, ma ritiene ciò che ha appreso con il sonno successivo. 2) Traumi fisici violenti come elettroshock, intenso raffreddamento, convulsioni, ecc. cancellano la traccia mnemonica se applicati a un breve intervallo di tempo (un'ora) dall'apprendimento; il loro effetto è massimo se sono applicati entro quindici minuti. Questi fatti hanno fornito argomenti all'ipotesi che il meccanismo di consolidamento presenti un duplice aspetto: funzionale (circuiti riverberanti) e successivamente neurochimico (RNA). 3) Alcune sostanze chimiche applicate agli animali da esperimento hanno dimostrato di favorire i processi di apprendimento e consolidamento (per es. la stricnina o sostanze simili, nonché potassio somministrato in piccole dosi, hanno dimostrato quest'effetto), altre hanno invece effetto opposto interferendo o addirittura ostacolando il processo di apprendimento (così il calcio o la crema di alluminio).

Alcuni autori hanno mosso delle critiche alla metodica di applicazione di sostanze chimiche sostenendo che prima ancora di chiedersi quale sia il possibile effetto di sostanze chimiche e farmacologiche sul processo di apprendimento e consolidamento (che è un processo molto complesso e ancora in gran parte sconosciuto), bisognerebbe studiare il loro ruolo nei meccanismi di trasmissione sinaptica e nervosa: in altre parole, precisare se dette sostanze non interferiscano con il normale processo di trasmissione nervosa, prima ancora che con quello di memorizzazione.

Altri quesiti concernono le strutture nervose coinvolte nel processo della m.; in quali regioni del sistema nervoso centrale essa abbia sede; se essa sia un attributo di specifiche aree della corteccia oppure una proprietà di tutto il sistema nervoso o addirittura di tutto l'organismo. L'una e l'altra di queste ipotesi è sostenuta da due contrapposte teorie.

A sostegno della prima teoria vi sono le osservazioni cliniche e sperimentali (V. W. Bechterew, B. Milner) dalle quali risulta che certe strutture nervose (ippocampo, lobo limbico) hanno un ruolo fondamentale nel processo di apprendimento, in quanto la loro lesione provoca gravi deficienze in molti tipi di apprendimento, mentre non danneggia la m. di fatti acquisiti precedentemente alla lesione. Queste osservazioni hanno chiarito che l'ippocampo interverrebbe in modo specifico nei processi di consolidamento mnemonico, mentre il lobo limbico, e in particolare l'ippocampo, sarebbe la principale stazione di passaggio per l'acquisizione di nuovi engrammi, come dimostra il fatto che la sua distruzione bilaterale impedisce irreversibilmente nuovi apprendimenti (amnesia anterograda), e interferisce con la rievocazione dei fatti appresi precedentemente alla distruzione (amnesia retrograda).

In questo filone di ricerca s'innestano pure gli studi sulla stimolazione di determinate aree corticali e di strutture sottocorticali. Notevole interesse suscitarono le esperienze di W. Penfield il quale, stimolando elettricamente un lobo temporale nel corso di interventi chirurgici, faceva rivivere nel presente ai suoi pazienti tutto un susseguirsi di eventi vissuti, temporalmente ordinati, e iscritti nel patrimonio della loro memoria. Nonché le esperienze di B. Milner e W. Penfield che asportando un lobo temporale epilettico, a scopo terapeutico, osservarono che le alterazioni della m. erano presenti solo in pazienti portatori di una lesione nell'altro lobo temporale. Questi fatti fanno pensare che il lobo temporale abbia un certo ruolo nel meccanismo della memoria. Altre osservazioni hanno suggerito la partecipazione di diverse strutture cerebrali alla funzione della memoria. Tra queste citiamo, per brevità, solo quelle che dimostrano una maggiore influenza: i corpi mammillari e la adiacente formazione reticolare hanno importanza nel meccanismo della m. recente; la loro lesione, infatti, porta a una sindrome caratterizzata da diminuzione della m. recente e da confabulazione (sindrome di Korsakov). Anche i nuclei talamici dorso-mediali, che proiettano fibre ai lobi frontali, sembra abbiano una certa influenza nella m. a breve termine.

Da quanto precede risulta che l'ippocampo, i corpi mammillari e la formazione reticolare sono molto importanti per l'acquisizione mnemonica di nuovi dati, mentre la fissazione e l'accumulo di eventi lontani coinvolge aree cerebrali più estese, poiché la m. a lungo termine viene perduta solo quando è presente una diffusa lesione cerebrale, e anche in questi casi la m. recente è sempre più alterata della m. remota. Tuttavia, accanto a questi fatti sicuramente accertati, vi sono numerose altre osservazioni che depongono a favore di una rappresentazione multipla dell'attività mnesica della corteccia cerebrale e che quindi convalidano la seconda ipotesi.

Note sono le osservazioni di K. Lashley secondo cui certe informazioni sono copiate, registrate numerose volte in varie strutture neurali, per cui una lesione localizzata a una regione della corteccia non è sufficiente per l'instaurarsi di una totale amnesia. Le osservazioni di Lashley pongono il problema di come e attraverso quali strutture avviene la traslazione di engrammi mnemonici. Un approccio sperimentale alla soluzione di questo problema ci è fornito dalle esperienze di F. Morrell, R. V. Sperry, R. E. Myers e altri. Morrell contribuì indirettamente allo studio sulla traslazione della m. con gli esperimenti di formazione del "focus speculare" (mirror focus). Egli indusse la formazione di un focus epilettogeno in un animale mediante il congelamento di una piccola area della corteccia di un emisfero. Quindi osservò che, alcuni giorni dopo la lesione, compariva nell'altro emisfero un focus simmetrico al primo che persisteva anche se quello primario veniva asportato. Sperry dimostrò che se a un animale si seziona il corpo calloso e lo si sottopone a un processo di apprendimento attraverso un solo occhio - l'altro è bendato - l'apprendimento risulta limitato alla sola metà del cervello corrispondente all'occhio scoperto. Infatti, invertendo il bendaggio, l'animale non risponde più a uno stimolo condizionato visivo (percepito con l'occhio che era bendato durante il condizionamento) con la risposta appresa. L'emisfero corrispondente all'occhio che fino a quel momento era rimasto bendato ignora completamente quella risposta appresa (v. nervoso, sistema: Fisiologia, in questa App.).

Gli esperimenti di Myers, infine, sono stati decisivi per risolvere il quesito delle strutture coinvolte nel processo di traslazione di engrammi. Egli sezionò il chiasma ottico del gatto e lo condizionò monocularmente a una risposta condizionata visiva. Quindi asportò la corteccia visiva ipsilaterale (cioè dello stesso lato dell'occhio usato nel condizionamento) e studiò il comportamento del secondo emisfero allo stesso stimolo condizionato visivo. I suoi esperimenti mostrarono che anche il secondo emisfero si era condizionato e chiarirono in modo definitivo che la traslazione della m. in questo emisfero era avvenuta tramite il corpo calloso non sezionato.

L'esperienza di Myers chiarì anche il meccanismo della rappresentazione multipla di un engramma: anche se acquisito unilateralmente, esso si deposita bilateralmente nei due emisferi ad opera del corpo calloso ed è quindi possibile registrarlo contemporaneamente in diversi punti dell'encefalo.

Più recentemente altri autori (O. S. Ray e G. Emley) hanno stabilito che è necessario un certo tempo, seppure breve (pochi secondi), affinché avvenga la traslazione di engrammi, e, che tale traslazione è abolita se l'emisfero condizionato è depresso chimicamente prima che questo tempo sia trascorso.

Oltre a questa traslazione interemisferica della m. esiste anche una traslazione intraspecifica. La prima dimostrazione di quest'ultima proprietà della m. si è avuta dalle esperienze di J. V. McConnell sulla planaria (Platelminti). Questo autore è riuscito a trasmettere determinati apprendimenti da planarie condizionate ad altre incondizionate, semplicemente dando in pasto frammenti delle prime alle seconde. Gli studi iniziati da McConnell e proseguiti da altri autori, hanno pure messo in luce che ai processi di memorizzazione è legata la sintesi di complesse molecole organiche (RNA). Sfruttando le proprietà dell'RNA di favorire le capacità mnemoniche, Cameron ha adottato, a scopo terapeutico, la somministrazione per via orale o endovenosa di RNA in pazienti sofferenti di amnesia, ottenendo un miglioramento significativo delle loro prestazioni mnemoniche. Questi esperimenti, eseguiti su diverse specie animali, parallelamente a quelli che mostrano che gl'inibitori della sintesi proteica (puromicina, actinomicina, ecc.) inibiscono anche i processi di memorizzazione, hanno assegnato un ruolo di primo piano all'RNA nel meccanismo della memoria.

Bibl.: J. M. L. Hunter, Memory, Harmondsworth, Middlesex 1957; F. P. Schmitt, Macromolecular specificity and biological memory, Cambridge, Mass. 1962; The anatomy of memory, a cura di D. P. Kimble, Palo Alto, California 1964; E. R. John, Mechanisms of memory, Londra 1967; Short term changes in neural activity and behaviour, a cura di G. Horn, R. A. Hinde, Cambridge 1970; G. B. Ansell, P. Bradley, Macromolecules and behaviour, Londra 1972; V. Cavazzuti, Psicologia della memoria umana, Bologna 1972.

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