Menandro

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Commediografo greco (Atene 344-43 o 342-41 - ivi 293-92 o 291-90 a. C.). Figlio di un ricco cittadino, Diopeite, e nipote del commediografo Alessi. Sebbene la tradizione lo consideri scolaro di Teofrasto e amico di Epicuro, nelle sue commedie non appare epicureo; appartenente alla cerchia che si raccoglieva attorno a Demetrio Falereo, fu famoso nell'antichità per la raffinatezza del vivere. Per tutta la vita fu legato all'etera Glicera, per amore della quale, e per attaccamento alla sua città, rifiutò di recarsi ad Alessandria, dove il re Tolomeo Sotere andava raccogliendo un circolo di poeti ed eruditi dal quale nacque il Museo. Rappresentò la prima commedia nel 322; ebbe la prima vittoria col Δύσκολος. Fu poeta fecondo; gli antichi conoscevano di lui almeno 105 commedie; ma non ebbe durante la vita il favore del pubblico ateniese, che gli decretò solo otto vittorie, preferendogli Filemone. Dopo la morte, però, la sua fama crebbe fino a farlo considerare il maggior poeta della commedia "nuova". Fu largamente imitato dai commediografi romani: l'Aulularia, le Bacchides, la Cistellaria, il Poenulus, lo Stichus di Plauto; l'Andria, l'Eunuchus, l'Heautontimoroumenos, gli Adelphoe di Terenzio sono certamente rifacimenti o contaminazioni di sue commedie. E attraverso gli imitatori latini M. ha influito fortemente anche sul teatro moderno, nella creazione di intrecci e di tipi. n Si avevano di lui solo frammenti e una raccolta di 850 sentenze in un sol verso (γνῶμαι μονόστιχοι), messe insieme in età romana (in totale, circa 2000 versi). Ma scoperte papirologiche ci hanno restituito larghe parti di commedie, dalle quali si può meglio giudicare dell'arte di Menandro. Nel 1905 un papiro di Afroditopoli aveva restituito circa 330 versi della Samia, circa 400 della Fanciulla tosata, circa 600 dell'Arbitrato. Di M. si possiede ora una commedia pressoché intera, in 969 versi, il Δύσκολος (o Μισάνθρωπος, il Misantropo), conservata in alcuni fogli di un codice papiraceo (forse della metà del 3º sec. d. C.) proveniente dalla collezione Bodmer (Cologny, presso Ginevra), pubblicato nel 1958; la commedia, rappresentata per la prima volta nel 317-16 a. C., diede a M. una delle sue rare vittorie. Nel 1964 è stato poi pubblicato un papiro della Sorbona (della fine del 3º sec. a. C.), contenente circa 400 versi, in parte assai lacunosi (di cui prima si conoscevano solo frammenti), del Σικυώνιος (Sicionio), una delle commedie celebri di M., per la quale non si conosce l'anno della rappresentazione. Nel 1969 sono stati editi, dallo stesso codice che ha restituito il Δύσκολος, altri ampî brani della Samia (per un totale di 375 vv. nuovi) e dell''Ασπίς (Lo scudo; per un totale di 422 vv. nuovi): il contenuto delle due commedie ci è quindi ormai noto per la maggior parte (le lacune si addensano all'inizio della Samia e alla fine dell''Ασπίς). Da altri papiri si hanno versi dell'Eroe, del Contadino, della Perintia, dell'Adulatore, dell'Odiato, del Citarista, ecc. Qualche dato per una migliore conoscenza del poeta si trae infine da mosaici di Mitilene e di Ulpia Oescus con scene di commedie menandree.

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