METABOLISMO

Enciclopedia Italiana - III Appendice (1961)

METABOLISMO (XXIII, p. 17; App. II, 11, p. 293)

Carlo Alfonso ROSSI

La costanza che caratterizza la composizione chimica del protoplasma degli organismi maturi è il prodotto dell'equilibrio di molti processi chimici piuttosto che l'espressione di una situazione statica. Il mantenimento della vita esige una continua ricostruzione dei costituenti cellulari; questo rinnovamento richiede l'assunzione dall'ambiente esterno di sostanze contenenti carbonio, ossigeno, idrogeno, azoto e gli altri elementi essenziali e l'utilizzazione di questi per la sintesi dei glucidi, dei lipidi e dei protidi, degli acidi nucleici, delle porfirine, ecc., indispensabili alla costituzione dell'unità biologica.

Ovviamente, durante l'accrescimento, non è soltanto necessario reintegrare i costituenti cellulari ma anche aumentarne la quantità con la sintesi di nuovo materiale cellulare. Per di più tutti gli organismi debbono essere dotati di sistemi atti a consentire che l'energia che si libera nella demolizione degli alimenti o che proviene da fonti esterne, sia conservata e trasformata nelle forme che l'organismo è in grado di utilizzare. Il "metabolismo" è costituito dall'insieme di questi processi: la degradazione degli alimenti, la sintesi dei costituenti cellulari e il trasferimento dell'energia.

Sono tuttora in uso i termini: anabolismo e catabolismo. L'anabolismo comprende processi di sintesi, e generalmente viene detta anabolica la reazione i cui prodotti sono molecole più grandi dei reagenti; le reazioni anaboliche sono di solito endoergoniche, salvo i casi in cui le nuove molecole sono sintetizzate mediante una reazione di trasferimento di un gruppo da un composto a un altro. Il catabolismo riguarda la demolizione di grandi molecole in prodotti di dimensioni minori; le reazioni cataboliche sono in generale reazioni esoergoniche.

Assai spesso tuttavia tale distinzione diventa priva di significato: sia quando reagenti e prodotti non differiscono molto nelle dimensioni molecolari, sia quando in un processo catabolico si inseriscono reazioni di condensazione che producono composti a molecola più grande. Tale distinzione in ogni caso non deve impedirci di considerare il m. come fenomeno continuo ed unitario, nel quale le reazioni anaboliche e cataboliche si integrano vicendevolmente e tutti i componenti risultano in uno stato dinamico continuo. Un aspetto fra i più caratteristici del m. è infatti l'integrarsi di un gran numero di reazioni in un unico sistema, molto complesso e continuo, nel quale ogni componente (metabolita) è il prodotto di una reazione ed insieme il reagente (o substrato) di un'altra reazione.

I moderni metodi d'indagine con gli isotopi hanno dimostrato il continuo rinnovarsi dei materiali costitutivi dell'organismo ed hanno permesso di misurare la velocità di tale rinnovamento. Si è così appreso che la corrente di materia che attraversa e mantiene in vita l'organismo scorre a velocità veramente notevole. Le proteine, i glucidi, i lipidi ed anche sostanze apparentemente inerti come i composti inorganici della dentina o dell'osso sono soggetti ad una continua degradazione e rigenerazione. Tutti i costituenti della materia vivente quindi partecipano al m.: l'acqua, i sali minerali, i composti più complessi come i glucidi, i protidi e i lipidi; e il m. comprende tutte le trasformazioni che hanno luogo tra il momento dell'ingresso di una sostanza nell'organismo ed il momento dell'eliminazione dei prodotti chimici terminali nell'ambiente esterno.

Data la complessità del m. si sogliono raggruppare le nozioni riguardanti le trasformazioni metaboliche (sintesi, demolizione, interconversione) dei principali gruppi di biocostituenti in capitoli che si intitolano m. glucidico, protidico, lipidico, m. dell'acqua e dei sali, ecc.

Gli innumerevoli processi chimici che hanno luogo nella cellula vivente sono tutti dovuti agli enzimi. Gli enzimi sono catalizzatori molto efficaci, ma la loro estrema specificità limita grandemente il loro campo di azione. Un enzima favorisce, di solito, una sola reazione e compie quindi solo una tappa in una catena di reazioni metaboliche. Ogni linea del m. pertanto comporta un sistema coordinato di diversi enzimi che la realizzino, e il numero di enzimi del sistema sarà determinato dal numero di tappe successive di cui è composto il processo.

Si può ben dire che il m., nel suo insieme, è costituito da un unico grande sistema multi-enzimatico, poiché le differenti catene di reazioni sono collegate; ma in pratica è opportuno considerare separatamente le diverse linee del m. come: la glicolisi o la biosintesi dell'urea, con i corrispondenti sistemi di enzimi. Un sistema di questo genere, per funzionare, deve essere composto da una serie di enzimi le cui specificità formino una catena ininterrotta, così che il prodotto di ogni enzima cada nel campo di specificità di uno degli altri enzimi del sistema. In tal modo la molecola del substrato è assoggettata all'azione successiva di tutti gli enzimi della serie in un determinato ordine e ogni enzima apporta una determinata modificazione nella struttura del substrato prima che esso passi all'enzima prossimo, finché il processo non si completi. Questo è ciò che significa un processo metabolico.

Ogni enzima, in un sistema multi-enzimatico, è collegato ad un altro della serie da un substrato comune. Questo risulta ovvio se si tiene presente che gli enzimi catalizzano le reazioni in entrambe le direzioni cosicché il prodotto della reazione di andata è il substrato di quella di ritorno. Così in una serie di reazioni successive

la sostanza B, substrato dell'enzima E2, può essere considerata come substrato dell'enzima E1 poiché è compresa nel suo campo di specificità.

Si può dire pertanto che gli enzimi E1 ed E2 sono collegati funzionalmente dal substrato comune B. (Se due enzimi non hanno un substrato comune non possono essere collegati nel modo sopra detto per formare un sistema). Questo collegamento od accoppiamento delle reazioni enzimatiche è forse la più notevole caratteristica biochimica della materia vivente. Si comprende infatti come la specificità degli enzimi possa costituire la base di un sistema di organizzazione. Le trasformazioni che una determinata sostanza subirà, dipenderanno non tanto dalle sue proprietà chimiche quanto dal tipo di enzimi presenti e dalle proporzioni con le quali essi sono presenti. Così gli enzimi fanno assai di più che non accelerare semplicemente le reazioni metaboliche; per i loro particolari attributi essi guidano il metabolismo di una sostanza in una determinata direzione. Questa funzione direttrice dei sistemi enzimatici è della massima importanza.

In molti sistemi enzimatici l'organizzazione e la coordinazione non dipendono dall'ordine secondo il quale una serie di enzimi è localizzata in una struttura endocellulare. Invece le diverse molecole enzimatiche sono frammiste in soluzione ma sussiste cionondimeno una "organizzazione" per specificità. Cioè le specificità degli enzimi costituenti il sistema sono di tal genere che il prodotto di ogni enzima è compreso nel campo di specificità di un altro enzima che è quindi idoneo a continuare il processo, a far compiere al substrato un altro passo avanti lungo una via determinata. Questo è un esempio di organizzazione basata non su fattori strutturali ma sulla semplice specificità chimica. Non sembra quindi necessario postulare una stretta associazione fisica dei successivi enzimi di una serie, in quanto la specificità è sufficiente a spiegare le proprietà del sistema.

Esistono due tipi ben distinti di sistemi costituiti da due enzimi collegati da un substrato comune. Nell'uno, il secondo enzima trasforma la sostanza B, formata dal primo enzima, in una nuova sostanza C. In questo caso la sostanza B, che congiunge i due enzimi, è un metabolita che segue il suo destino metabolico attraverso una serie di trasformazioni successive: per esempio, una molecola di esoso nel processo glicolitico. L'altro caso si verifica quando, per azione del secondo enzima, si rigenera il substrato del primo enzima. Cioè quando anziché trasformare B in C, il secondo enzima converte di nuovo B in A (naturalmente con una reazione differente, dato che si tratta di due enzimi diversi).

Per esempio il primo enzima fosforila A per dare B ed il secondo defosforila B, rigenerando A; oppure il primo enzima riduce A a B ed il secondo riossida B e forma A.

Una differenza fondamentale distingue i due tipi di sistemi. Nel primo la sostanza che unisce le due reazioni è parte del materiale che viene metabolizzato e scompare; mentre nel secondo caso essa fa parte del meccanismo catalitico, quasi fosse un vero e proprio coenzima, e resta come parte più o meno permanente nel sistema. Appartengono al secondo tipo generalmente reazioni di somma o sottrazione di qualche gruppo: per es. di gruppo fosfato, ed ognuna è una reazione bimolecolare nella quale una seconda sostanza funge da donatore o da accettore del gruppo che viene trasferito. Si realizza quindi, in tal modo, un vero e proprio meccanismo di trasporto, tramite il quale alcuni gruppi sono trasferiti da una molecola all'altra per reazioni successive collegate da una sostanza che funge da "trasportatore" del gruppo.

Ad esempio il trasporto dell'idrogeno dal substrato all'ossigeno può avvenire nelle piante con il meccanismo rappresentato dalla fig. 1. Il primo enzima riduce il DPN ed il secondo lo riossida, ed analogamente il secondo enzima riduce l'acido gliossilico ad acido glicolico mentre il terzo enzima riossida l'acido glicolico ad acido gliossilico.

Anche con questo tipo di reazioni si possono formare lunghe catene di reazioni successive, specialmente nei processi di ossido-riduzione

Il più importante sistema respiratorio della cellula (catena respiratoria; v. ossidazione: Ossidazioni biologiche, in questa App.) comprende numerosi trasportatori intermedî (v. fig. 2).

Gli esempî citati riguardano sistemi aerobî: in assenza di ossigeno il coenzima piridinico ridotto (DPNH2) non può essere riossidato attraverso questa catena di trasportatori; può esserlo tuttavia per opera di un'altra deidrogenasi. È il meccanismo catalitico caratteristico delle fermentazioni. Ad esempio nella fermentazione alcolica:

Le reazioni di questo tipo sono assai numerose.

Se sono presenti più deidrogenasi capaci di reagire con un medesimo coenzima, verrà a costituirsi un sistema complesso, entro il quale il coenzima distribuirà l'idrogeno disponibile, tra i varî substrati in proporzione alle costanti di equilibrio delle singole reazioni. Questa funzione distributiva non è circoscritta ai sistemi enzimatici che trasferiscono l'idrogeno: si osservano fenomeni analoghi nel trasferimento del fosfato, del gruppo aminico, del gruppo metilico, degli acili, del CO2, ecc.

In ognuno di questi sistemi vi è una sostanza che funge da deposito centrale di gruppi attivi del tipo particolare in gioco e congiunge tra loro, nel modo sopra indicato, tutti gli enzimi di una classe. Per il trasporto dell'idrogeno fungono da deposito di idrogeno i coenzimi piridinici (DPN e TPN) ridotti e gli enzimi interessati sono le deidrogenasi specifiche per l'uno o per l'altro di questi coenzimi. Il trasporto del radicale fosforico è catalizzato dalle fosfocinasi ed è l'ATP che funge da deposito centrale dei gruppi fosforici attivi.

Nel trasporto del gruppo aminico effettuato dalle transaminasi il L-glutamato funge da deposito dei gruppi aminici. I radicali acilici sono trasportati dalle transacilasi e gli Acil-CoA ne costituiscono la forma di deposito. Nelle reazioni di transmetilazione è la adenosilmetionina che funge da vettore comune dei gruppi metilici.

I coenzimi derivati dall'ac. tetraidrofolico assolvono i compiti di trasporto nel metabolismo dell'unità monocarboniosa a livello del formile e dell'ossimetile. La biotina trasferisce il CO2 tra diversi enzimi a biotina combinandosi con il CO2 reversibilmente per formare la "CO2 attiva".

Questo elenco, tuttaltro che completo, pone in evidenza come siano numerosi questi sistemi di trasporto che fanno perno su una sostanza che assume funzioni di coenzima ed è parte indispensabile del sistema catalitico.

Come si vede dall'elenco stesso, è estremamente vario il tipo di "unità" che le cellule utilizzano nei processi di sintesi e rimaneggiamento dei costituenti protoplasmatici; le ricerche degli ultimi anni hanno particolarmente evidenziato l'importanza dei meccanismi di trasporto delle piccole unità metaboliche quali il CO2, il metile, il formile, l'acetile, a partire dalle quali avvengono i processi anabolici più disparati e più complessi.

I sistemi multienzimatici possono dare origine a processi ciclici, che, come è noto, assolvono compiti assai importanti nel metabolismo (vedasi il ciclo degli acidi tricarbossilici, quello dell'ornitina ed altri). Sono sistemi di reazioni enzimatiche concatenate caratterizzati dal fatto che dopo un certo numero di reazioni una ne avviene che rigenera il composto dal quale la serie ha avuto inizio. Ognuno dei substrati degli enzimi del ciclo assume quindi funzioni catalitiche nei riguardi del funzionamento dell'intero sistema che può avere compiti demolitivi o biosintetici.

Se l'intero sistema non è in equilibrio il ciclo "ruota"; per es. le reazioni in senso orario sono più veloci di quelle in senso antiorario. La velocità di rotazione dipenderà dalle concentrazioni relative dei substrati e dei prodotti delle reazioni del ciclo; più questi valori si discostano da quelli di equilibrio più velocemente ruoterà il ciclo.

Per alcuni tra i principali sistemi multienzimatici è stato dimostrato che tutti gli enzimi ed i coenzimi che costituiscono un determinato sistema sono localizzati nella medesima entità morfologica. La maggior parte degli enzimi del ciclo di Krebs e del metabolismo ossidativo degli acidi grassi si trovano nei mitocondrî; gli enzimi della fotosintesi sono localizzati nei cloroplasti. A particelle intramitocondriali sono strettamente legati gli enzimi della catena respiratoria e della fosforilazione ossidativa. Oltre alla "organizzazione per specificità" sopra menzionata si è affermato quindi il concetto dell'esistenza di una "organizzazione topografica" per la quale gli enzimi di un sistema sarebbero disposti in ordinata successione spaziale a comporre entità morfologiche e funzionali.

Metabolismo glucidico. - Il glucoso è il principale glucide metabolizzato nella materia vivente; negli animali è quantitativamente il più importante glucide di origine alimentare ed è praticamente l'unico che il sangue fornisca ai tessuti; nei vegetali il prodotto della fotosintesi come cellulosa costituisce lo scheletro delle piante e come amido la riserva alimentare dei semi.

Limitandoci a considerare il m. del glucoso nei tessuti animali, osserviamo che, sia quando giunge al fegato dalla circolazione portale dopo essere stato assorbito dal lume intestinale durante la digestione, sia quando giunge ai tessuti dalla circolazione generale, questo glucide deve subire, per essere utilizzato dalle cellule, un processo di fosforilazione (reazione esocinasica).

Il glucoso infatti, pur essendo facilmente diffusibile attraverso le pareti cellulari, non può penetrare nella cellula con rapidità sufficiente a sopperirne le richieste; il processo di fosforilazione, che trasforma il glucoso in glucoso-6-fosfato, molecola poco diffusibile, favorisce l'ingresso ( del glucoso nella cellula, diminuendovi la concentrazione di glucoso libero e provvedendo a trattenere quello già penetrato.

Inoltre la molecola relativamente inerte del monosaccaride, viene trasformata in quella assai più reattiva dell'estere esoso-fosforico.

Il glucoso-6-fosfato può subire differenti destini metabolici: a) com- ( pleta demolizione a CO2 e H2O (con rilevante svolgimento di energia); b) demolizione e trasformazione in strutture carboniose che vengono utilizzate per processi biosintetici; c) trasformazione in polisaccaridi di deposito (glicogeno). Se concettualmente queste sono le tre diverse possibilità di utilizzazione del glucoso-6-fosfato, esse si realizzano attraverso svariati processi che possiamo schematicamente raggruppare in quattro differenti vie metaboliche: 1) Trasformazione in glicogeno (glicogenosintesi); 2) Trasformazione in altri esosi o derivati; 3) Glicolisi; 4) Shunt dell'esoso-monofosfato.

Glicogenosintesi. - Il glicogeno è un polisaccaride; particolarmente abbondante nel fegato, nei muscoli e nel rene, è presente anche negli altri tessuti, ma è scarsissimo nel cervello. Risulta costituito da lunghe catene di glucoso, altamente ramificate; rappresenta la tipica riserva glucidica dei tessuti animali. Il glucoso-6-fosfato viene trasformato in glicogeno attraverso le seguenti reazioni:

La reazione fosfoglicomutasica utilizza come coenzima il glucoso-1,6 difosfato. L'equilibrio della reazione glicogeno-UDP-transglicosidasica appare spostato verso la sintesi di glicogeno piuttosto che verso la sua demolizione. Il processo di demolizione verrebbe invece attuato da un altro enzima, la fosforilasi, che catalizza la scissione fosforolitica del glicogeno a glucoso-1-fosfato:

La fosforilasi è presente in due forme a (attiva) e b (meno attiva); la fosforilasi a è in grado di inibire in vitro la sintesi di glicogeno attraverso il sistema UDPG.

Di particolare interesse è la funzione del glicogeno epatico: infatti il fegato possiede una fosfatasi specifica, la glucoso-6-fosfatasi, che, liberando il glucoso dal glucoso-6-fosfato, ne permette l'uscita dalla cellula e l'immissione nel sangue circolante. All'attività di questo enzima è legato il funzionamento del meccanismo di regolazione della glicemia che contempla, tra l'altro, il rifornimento di glucoso ai tessuti durante il digiuno; l'attività della glucoso-6-fosfatasi epatica aumenta notevolmente nel digiuno e diminuisce per prolungata somministrazione dietetica di glucoso.

Poiché i muscoli non contengono glucoso-6-fosfatasi, né altre fosfatasi aspecifiche, il glicogeno muscolare non può contribuire direttamente al mantenimento del tasso ematico di glucoso ed il glucoso-6-fosfato liberato dalla sua demolizione può essere soltanto metabolizzato in "situ"; peraltro un non trascurabile contributo indiretto può essere recato dall'acido lattico, prodotto nel muscolo dalla glicolisi, che, immesso in circolo, viene nel fegato facilmente utilizzato nella resintesi glucidica.

Glicolisi. - La glicolisi è storicamente il primo processo catabolico identificato e studiato a livello enzimatico; gli studî su di essa eseguiti portano i più illustri nomi della biochimica ed hanno contribuito in maniera essenziale alla costruzione delle fondamenta dei moderni capitoli dell'enzimologia e della bioenergetica. Estremamente diffuso in natura, questo processo oltre che nei tessuti animali, si verifica anche negli insetti e nei pesci, nei batterî e protozoi, nelle alghe e nelle piante superiori. Si svolge in assenza di ossigeno (il suo prodotto finale è, secondo lo schema classico, l'acido lattico, che si trova allo stesso livello ossidativo del glucoso) e rappresenta il primo esempio di un sistema multienzimatico che spieghi il meccanismo della demolizione del glucoso fino ad acido piruvico o ad acido lattico. Differisce dalla fermentazione alcolica soltanto per il destino del piruvato.

Le reazioni enzimatiche della glicolisi possono essere schematicamente esposte come nella fig. 4.

Tutte le reazioni della glicolisi risultano reversibili tranne la reazione di fosforilazione del fruttoso-6-fosfato (tutte le reazioni cinasiche sono irreversibili); in alcuni tessuti (fegato) è peraltro presente un enzima, la fruttoso-1,6-fosfatasi che catalizza la reazione:

Anche la reazione:

risulta praticamente irreversibile "in vivo", ma la resintesi glucidica dall'acido lattico o dall'acido piruvico ha ugualmente luogo attraverso la seguente "via collaterale":

La somma delle reazioni dà quindi:

Durante la demolizione anaerobica di una molecola di glucoso ad acido lattico, si formano 4 molecole di ATP da altrettante molecole di ADP e di fosfato inorganico, e nel contempo si degradano due molecole di ATP in due di ADP.

Il processo rende pertanto, per ogni molecola di glucoso glicolizzato, due molecole di ATP, pari ad una piccola percentuale dell'energia che si libera dalla demolizione ossidativa della molecola del glucoso, ma resa disponibile senza alcun consumo di ossigeno.

La relazione che rappresenta il processo complessivo è:

essa costituisce la risultante dei due processi:

Decarbossilazione dell'acido piruvico. - Il prodotto finale della glicolisi è l'acido piruvico (o l'acido lattico che per azione della lattico-deidrogenasi risulta facilmente interconvertibile con l'acido piruvico), che in presenza di O2 viene completamente ossidato ad H2O e CO2. La prima tappa del processo di demolizione dell'acido piruvico è la sua decarbossilazione ossidativa ad "acetato attivo". Questa reazione è catalizzata dalla piruvicossidasi e richiede come coenzimi: la cocarbossilasi (DPT), l'acido lipoico, il Coenzima A ed il DPN. Il meccanismo della reazione è schematizzato nella fig. 5.

L'acido piruvico non deriva soltanto dalla glicolisi, ma anche dal catabolismo di alcuni aminoacidi.

Ciclo di Krebs o dell'acido citrico. - Il ciclo dell'acido citrico rappresenta la via catabolica di gran lunga più importante degli organismi viventi; in esso hanno luogo la maggior parte delle ossidazioni terminali dei prodotti del metabolismo dei glucidi, dei lipidi e dei protidi.

Si può considerare che la demolizione dei costituenti fondamentali degli alimenti proceda in due stadî principali. Nel primo stadio le sostanze di partenza (le piccole molecole prodotte nei processi di digestione e consistenti negli esosi, in circa 20 aminoacidi, in alcuni acidi grassi, nel glicerolo, ecc.) vengono parzialmente trasformate con scarsa liberazione di energia. I prodotti che ne derivano, a parte l'anidride carbonica e l'acqua, sono nella gran maggioranza dei casi sostanze che compaiono come intermedî nel ciclo dell'acido citrico. L'acido acetico, sotto forma di acetil-CoA, costituisce il prodotto principale: due terzi del carbonio dei glucidi e del glicerolo, tutti i carboni degli acidi grassi e circa la metà dei carboni dello scheletro degli aminoacidi dànno acetil-CoA. L'acido a-chetoglutarico deriva da acido glutamico, istidina, arginina, citrullina, ornitina, prolina, ossiprolina e, probabilmente, lisina; l'acido ossalacetico deriva dall'acido aspartico; l'acido fumarico dagli anelli benzemici della tirosina e della fenilalanina; l'acido succinico da: isoleucina, valina, metionina, acido a-aminobutirrico, acido propionico e dai tre atomi di carbonio terminali degli acidi grassi con numero dispari di atomi di carbonio. Nella tabella I sono riassunti i dati fino ad ora noti.

La reazione iniziale del ciclo di Krebs è costituita dalla condensazione di una molecola di "acetato attivo" (o acetil-CoA) con una di ossalacetato con formazione di una molecola di acido citrico.

Dall'acido citrico, attraverso una serie di reazioni comprendente anche due successive decarbossilazioni, viene rigenerato l'acido ossalacetico che rientra nuovamente in ciclo. Le reazioni che costituiscono il ciclo di Krebs sono schematicamente esposte nella fig. 6 e nella tabella 2.

Le reazioni di decarbossilazione del ciclo di Krebs rappresentano la principale fonte dell'anidride carbonica respiratoria. Le reazioni ossidative del ciclo costituiscono anche la principale fonte di energia per la cellula; infatti la riossidazione delle codeidrogenasi piridiniche e flaviniche, ridottesi a spese dei substrati del ciclo, avviene lungo la catena respiratoria (v. ossidaziane: Ossidazioni biologiche, in questa App.) ed è obbligatoriamente accoppiata all'incorporazione di fosfato inorganico nell'ATP.

L'ATP, presente in tutti gli organismi viventi, è il più importante vettore di legami fosforici ad alto contenuto energetico. Esso costituisce il reattivo comune che direttamente o indirettamente collega i processi esoergonici con quelli endoergonici nella materia vivente. Ad esempio la completa ossidazione dell'acido piruvico ad H2O e CO2 attraverso il ciclo di Krebs, può essere rappresentata dall'equazione seguente che rende conto anche delle fosforilazioni ad essa accoppiate:

L'equazione può essere considerata la risultante dei due processi accoppiati:

Ma il significato del ciclo non si esaurisce nel semplice aspetto demolitivo poiché può fornire scheletri carboniosi per processi biosintetici: così, ad esempio, gli acidi a-chetoglutarico e ossalacetico possono dare origine agli aminoacidi glutammico e aspartico, come l'acido succinico può partecipare alla biosintesi della molecola porfirinica. Nei vegetali l'acido isocitrico rappresenta l'intermedio chiave per il processo di conversione degli acidi grassi in glucidi.

Shunt. - La glicolisi rappresenta certamente la più importante via per il catabolismo del glucoso-6-fosfato, ma non è l'unica; in diversi tipi di organismi sono stati individuati altri meccanismi di ossidazione di questo glucide. Il più importante, fra quelli che prescindono dalla scissione preliminare dell'esoso in triosi, è lo "shunt dell'esosomonofosfato" o ciclo dei pentosi.

Questa via metabolica può essere schematicamente così riassunta considerando, per facilitarne la comprensione, che non una ma 6 molecole di glucoso-6-fosfato entrino ogni volta nel ciclo:

Delle 6 molecole di glucoso-6-fosfato entrate nel ciclo, noi ritroviamo così 5 molecole di glucoso-6-fosfato, 6 di CO2 e 12 di TPNH2 che rappresentano il bilancio energetico della completa ossidazione di una molecola di glucoso-6-fosfato.

Lo shunt dell'esosomonofosfato costituisce infatti la più importante sorgente di TPNH2 dell'organismo, e, poiché questo nucleotide è il donatore di idrogeno di quasi tutti i processi biosintetici (biosintesi degli acidi grassi, del colesterolo, resintesi glucidica, ecc.) questa via metabolica sarà quantitativamente più rappresentata negli organi dove più attivi sono questi processi (fegato, ghiandola mammaria, ghiandole surrenali). Inoltre questo ciclo rappresenta la via di produzione dei pentoso-fosfati (vedi metabolismo degli acidi nucleici e dei nucleotidi). Il controllo metabolico dello shunt dell'esosomonofosfato sembra dipendere esclusivamente dalla disponibilità di TPN ossidato.

Interconversione glucidica. - Pure essendo il glucoso il glucide dominante dei sistemi biologici, anche altri esosi partecipano a processi metabolici o vengono assorbiti dall'ambiente; è quindi interessante eseguire un rapido esame dei principali processi di interconversione glucidica.

Fruttoso. - Abbiamo già visto come il fruttoso-6-fosfato possa essere convertito a glucoso o demolito attraverso la glicolisi; il fruttoso introdotto con gli alimenti viene fosforilato a fruttoso-6-fosfato da una esocinasi presente in tutti i tessuti, tranne che nel fegato; in questo organo è presente una fruttocinasi specifica che fosforila il chetoesoso a fruttoso-1-fosfato.

Il fruttoso-1-fosfato non può essere fosforilato a fruttoso-1,6-difosfato (la fosfofruttosocinasi è specifica per il fruttoso-6-fosfato) e viene scisso, per opera di un'aldolasi, a gliceraldeide e diossiacetonefosfato; una triosocinasi fosforilerà poi la gliceraldeide a 3-fosfogliceraldeide.

Nelle vescicole seminali l'interconversione glucoso-fruttoso ha luogo secondo la seguente reazione:

Galattoso. - Il galattoso viene fosforilato a galattoso-1-fosfato per opera di una galattocinasi; il galattoso-1-fosfato per azione della UDPG-epimerasi (galatto-waldenasi), il cui coenzima è l'UDPG, viene trasformato in glucoso-1-fosfato:

Acido glicuronico. - L'acido glicuronico, componente dei mucopolisaccaridi e agente di coniugazione in numerosi processi di "disintossicazione", viene biosintetizzato dal glucoso-1-fosfato attraverso una reazione, che richiede l'azione coenzimatica dell'UDPG.

L'UDP glicuronato è il donatore di acido glicuronico nei processi di "disintossicazione" ma può anche scindersi liberando acido glicuronico che viene successivamente trasformato in acido gulonico; nei mammiferi, escluso l'uomo, i primati e la cavia, l'acido L-gulonico è il precursore dell'acido ascorbico; nell'uomo viene decarbossilato a L-xiluloso, che isomerizzato a D-xiluloso e quindi fosforilato entra nel ciclo dei pentosi.

È nota un'anomalia congenita nella quale, mancando questa isomerasi, il L-xiluloso viene eliminato con le urine (pentosuria).

Metabolismo lipidico. - Il metabolismo intermedio dei lipidi è molto vario e complesso data la eterogeneità di questa classe di composti; sono tuttavia processi di importanza generale la demolizione ossidativa degli acidi grassi e la loro biosintesi. La conversione di un acido grasso a catena lineare a numero pari di atomi di carbonio in unità bicarboniose (β-ossidazione) avviene secondo la seguente equazione:

Tale processo si verifica in cinque tappe successive: l'acido grasso viene dapprima esterificato col coenzima A in presenza di ATP per azione di un enzima attivante chiamato tiocinasi; tale reazione comporta in primo luogo la formazione di un aciladenilato e poi dell'acil-CoA. L'acil-CoA viene ossidato ad acil-CoA α, β-insaturo da una acildeidrogenasi flavinica; il prodotto di questa reazione è idratato da una enolasi a β-idrossiacil-CoA e questo è deidrogenato da una β-idrossiacido-deidrogenasi piridinica a β-chetoacil-CoA. Infine in presenza di una nuova molecola di CoA, la β-chetotiolasi scinde il β-chetoacil-CoA in: acetil-CoA e in un acil-CoA che possiede due atomi di carbonio in meno di quello iniziale. Tale processo schematizzato nella fig. 7, si ripete fino alla completa demolizione dell'acido grasso ad acetil-CoA.

La demolizione dell'acido grasso può essere così riassunta:

La demolizione dell'acido palmitico porta così alla formazione di 8 molecole di acetil-CoA, di 7 FADH2 e di 7 DPNH2.

Considerando che: FADH2 = 2ATP e DPNH2 = 3ATP, si può affermare che l'ossidazione dell'acido palmitico rende 35 molecole di ATP e ne consuma soltanto una con un guadagno netto di 34 molecole di ATP. Poiché la completa ossidazione delle 8 molecole di acetil-CoA nel ciclo di Krebs rende complessivamente 96 molecole di ATP, ne consegue che la β-ossidazione libera circa un quarto dell'energia chimica contenuta nell'acido grasso.

I mitocondrî dei tessuti animali contengono tutti gli enzimi che catalizzano questo processo.

Biosintesi degli acidi grassi. - Numerosi schemi di reazione sono stati proposti per la biosintesi degli acidi grassi; il più accreditato è quello proposto da Wakil, secondo il quale la biosintesi degli acidi grassi si verifica ad opera di enzimi presenti nella frazione solubile della cellula a partire da unità bicarboniose (acetil-CoA).

Attivatori e coenzimi indispensabili a questo processo sono: ATP, TPNH2, CO2 e Mn++; dalla frazione "solubile" della cellula sono stati isolati due differenti preparati enzimatici che partecipano entrambi al processo. Il primo, in presenza di ATP e di CO2, catalizza la carbossilazione dell'acetil-CoA a malonil-CoA; l'elevato contenuto in biotina della proteina attiva e l'azione inibente sul sistema esercitata dall'avidina (noto antagonista della biotina), convalidano l'ipotesi di un'azione coenzimatica della vitamina in questo tipo di carbossilazione.

La seconda frazione, in presenza di TPNH2, catalizza la condensazione riduttiva e la contemporanea decarbossilazione del malonil-CoA con formazione di acidi grassi a lunga catena. Il meccanismo di reazione è schematizzato in fig. 8 che rappresenta la formazione di butirril-CoA da malonil-CoA più acetil-CoA; il butirril-CoA può poi condensarsi nello stesso modo con malonil-CoA e il processo prosegue fino a formare acidi grassi a lunga catena.

Considerando questa via biosintetica possiamo così illustrare la formazione di una molecola di acido palmitico:

La CO2, indispensabile per la carbossilazione iniziale dell'acetil-CoA, risulta avere nel processo soltanto funzione catalitica, infatti non viene incorporata nella molecola dell'acido grasso.

Metabolismo proteico. - Assimilazione dell'azoto. - Le proteine e gli acidi nucleinici sono i composti azotati più abbondanti in tutti gli organismi ed hanno vitale importanza per il mantenimento dell'integrità strutturale e funzionale di tutte le forme di vita. Nei viventi, d'altra parte, le proteine sono continuamente scisse in frammenti minori (peptidi ed aminoacidi) e parte dell'azoto è trasferita nei prodotti terminali del metabolismo proteico (per esempio ammoniaca, urea, acido urico, alcaloidi). Alla disintegrazione delle proteine si contrappone il meccanismo anabolico della loro sintesi. Le proteine si formano dagli aminoacidi e dai loro derivati tramite un processo endoergonico che deve essere accoppiato a reazioni esoergoniche del metabolismo ossidativo dei glucidi e dei lipidi.

Gli organismi più semplici per sintetizzare le proteine (con gli aminoacidi che le costituiscono) e gli acidi nucleinici, abbisognano soltanto di un idoneo substrato glucidico, di energia e di ammoniaca. Alcuni microrganismi, per esempio i batterî eterotrofi, fissano l'azoto atmosferico in composti inorganici ed organici purché dispongano di glucidi quale fonte di carbonio e di sali minerali. Le piante superiori trasformano in ammoniaca i nitrati che traggono dal suolo; numerosi batterî utilizzano l'azoto dei nitrati e dei nitriti. Si può affermare che in generale l'ammoniaca è l'intermedio chiave nel m. dell'azoto e la maggior parte degli organismi quando sono riforniti di adatte fonti di composti del carbonio, degli elementi essenziali (zolfo, fosforo) e degli altri principî nutritivi essenziali, possono agevolmente usare l'ammoniaca come fonte principale dell'azoto proteico.

L'assimilazione dell'ammoniaca avviene in tutti gli organismi grazie a poche reazioni enzimatiche, largamente diffuse e di importanza generale. La formazione dell'acido glutamico dall'acido α-chetoglutarico ed ammoniaca per aminazione riduttiva, e la sintesi della glutamina da acido glutamico, ammoniaca ed ATP (nonché l'analoga sintesi dell'asparagina), avvengono in tutti gli organismi viventi. La sintesi di acido aspartico da ammoniaca ed acido fumarico ha luogo solo nei microrganismi ed in poche piante.

Altro processo generale è quello di formazione del carbamilfosfato da ammoniaca, CO2 ed ATP. Quando siano operanti questi meccanismi fondamentali di utilizzazione dell'ammoniaca gli organismi primitivi ed i microrganismi possono poi produrre tutti gli aminoacidi mediante reazioni reversibili di trasferimento del gruppo aminico sui diversi α-chetoacidi, e sono anche in grado di sintetizzare i componenti azotati purinici e pirimidinici degli acidi nucleici e di realizzare la sintesi delle porfirine.

Negli animali, d'altra parte. la maggior parte dell'azoto utilizzato per scopi metabolici proviene dalle proteine vegetali ed animali ingerite con la dieta; cioè il substrato fondamentale del m. azotato è costituito dagli aminoacidi; inoltre l'organismo animale ha perduto la capacità di sintetizzare alcuni α-chetoacidi, e non può quindi produrre per transaminazione i corrispondenti α-aminoacidi: questi ultimi dovranno quindi essere attinti obbligatoriamente dalla dieta e prendono pertanto il nome di aminoacidi essenziali.

Con questo termine si designano oggi quegli aminoacidi che devono essere presenti nella dieta in quanto l'organismo non è in grado di sintetizzarli in quantità sufficiente a soddisfare le proprie esigenze metaboliche.

Quando dispone degli aminoacidi essenziali, l'organismo può attingere dai sali di ammonio la rimanente quota di azoto necessaria per la sintesi proteica. La quota proteica della dieta dovrà quindi fornire all'organismo, non solo gli aminoacidi essenziali ma anche una quantità di azoto aminoacidico sufficiente a sostituire la continua perdita di azoto che l'organismo subisce per la eliminazione di varî composti azotati che derivano dal metabolismo degli aminoacidi (urea, acido urico, creatinina, ammoniaca ecc.).

Metabolismo generale degli aminoacidi. - Gli organismi animali utilizzano l'azoto aminoacidico di origine alimentare per la sintesi di tutti i costituenti azotati, con le sole limitazioni che riguardano gli aminoacidi essenziali. Il gruppo aminico di un aminoacido può essere utilizzato per la sintesi di un altro aminoacido secondo due principali meccanismi metabolici. Il primo comporta il distacco dell'azoto dalla catena carboniosa di un aminoacido a seguito di un processo di "deaminazione"; l'ammoniaca che così si forma viene utilizzata per la sintesi di un altro aminoacido. Il secondo meccanismo si impernia su reazioni di trasferimento di un gruppo aminico o più generalmente di trasferimento del gruppo azotato, senza formazione di ammoniaca libera. Entrambi i meccanismi hanno importanza generale ed hanno luogo in tutta la materia vivente.

Deaminazione. - I tessuti animali, vegetali e batterici contengono enzimi che producono ammoniaca dagli aminoacidi con un processo ossidativo.

Si tratta, in generale di flavoproteine contenenti FMN o FAD, vengono denominati aminoacido-ossidasi ed agiscono preferenzialmente sui D- oppure sui L-aminoacidi. Le diverse flavoproteine che catalizzano la desaminazione ossidativa degli aminoacidi utilizzano come accettore l'O2 riducendolo ad H2O2 (che viene poi scissa dalla catalasi). Il processo decorre nel modo illustrato dalla fig. 9.

Fra gli aminoacidi che non sono deaminati dalle aminoacidossidasi ricordiamo la glicina, la serina e l'acido glutamico; quest'ultimo è deaminato ad acido α-chetoglutarico da una deidrogenasi DPN o TPN dipendente, largamente diffusa nei tessuti animali, che catalizza la reazione:

L'acido α-iminoglutarico, ipotetico prodotto della deidrogenazione reversibile dell'acido glutamico, per idrolisi spontanea dà origine ad acido α-chetoglutarico ed ammoniaca.

Molte reazioni di deaminazione sono reversibili e costituiscono vie metaboliche per l'incorporazione di ammoniaca in composti del carbonio non azotati (acido α-chetoglutarico, piruvico, ossalacetico, fumarico, ecc.). Così l'ammoniaca, proveniente dalla deaminazione degli aminoacidi o dai sali di ammonio, può essere utilizzata per la sintesi di altri aminoacidi purché sia disponibile il necessario scheletro carbonioso. Schoenheimer dimostrò infatti che l'azoto dei sali di ammonio viene incorporato nel ratto anche nei gruppi aminici degli aminoacidi essenziali delle proteine; se si tiene conto dell'efficacia della somministrazione di alcuni chetoacidi in sostituzione dei relativi aminoacidi, si comprende come evidentemente l'indispensabilità di un aminoacido dipende dall'incapacità dell'organismo di sintetizzarne lo scheletro carbonioso piuttosto che da quella di trasferirgli il gruppo aminico.

Transaminazione. - Rappresenta la più importante reazione del metabolismo degli aminoacidi; questi cedono il gruppo α-aminico all'acido α-chetoglutarico (o ad un altro α-chetoacido) trasformandosi in α-chetoacidi. La reazione avviene con l'intervento del piridossalfosfato come coenzima ed è reversibile (v. fig. 10).

La maggior parte delle transaminasi dipendono dal sistema costituito dall'acido α-chetoglutarico e dalla sua forma aminata, acido glutamico, che funge quindi da vettore del gruppo aminico; ma non meno importanti sono le reazioni che impegnano sistemi del tipo: glutamina, ⇆ acido α-chetoglutaramico, oppure ornitina ⇄ glutamico-γ-semialdeide ed anche acido γ-aminobutirrico ⇆ succinico semialdeide. In queste ultime reazioni è il gruppo ω-amino che viene trasferito anziché l'α-amino. Per quanto riguarda il catabolismo degli aminoacidi questi sono deaminati per transaminazione senza produzione di ammoniaca libera con formazione di chetoacidi (ossalacetico, piruvico, ecc.); questi ultimi si possono inserire nel metabolismo glucidico e lipidico.

L'acido α-chetoglutarico, il più importante accettore del gruppo aminico, è un metabolita che può derivare anche dai glucidi, e, come si è detto, per transaminazione dà origine all'aminoacido acido glutamico.

Dall'acido glutamico si rigenera l'acido ct-chetoglutarico (v. fig. 11) sia a seguito di transaminazione sull'acido ossalacetico ed anche su altri chetoacidi, sia per azione della deidrogenasi.

Dal punto di vista dell'anabolismo degli aminoacidi la transaminazione ne costituisce la più importante via di biosintesi potendo l'acido glutamico donare il gruppo aminico a numerosi α-chetoacidi.

Decarbossilazione. - Un altro aspetto generale del m. degli aminoacidi sono le reazioni di decarbossilazione tramite le quali gli aminoacidi si trasformano con liberazione di CO2 in amine, diamine, od anche aminoacidi. Tutte le decarbossilazioni note hanno per coenzima il piridossalfosfato. Tra le più importanti ricordiamo la istidinadecarbossilasi che forma l'istamina, la dopadecarbossilasi che produce la idrossitiramina, la 5-OH-triptofanodecarbossilasi che forma l'idrossitriptamina, la pantotenil-cisteina-decarbossilasi (biosintesi del CoA), l'orotidina-5-fosfatodecarbossilasi (biosintesi pirimidinica), e la glutamicodecarbossilasi del sistema nervoso centrale che produce l'acido γ-aminobutirrico.

Ureogenesi. - Nell'organismo animale in condizioni di equilibrio del metabolismo azotato vi è una continua perdita di azoto dal "pool metabolico" per la formazione di composti che vengono escreti o che sono metabolicamente inerti. Questi composti sono i "prodotti terminali" del m. azotato. Nei vertebrati terrestri il principale prodotto azotato di escrezione è l'urea nei mammiferi (ureotelici) e l'acido urico negli uccelli e nei rettili (uricotelici). Negli organismi ureotelici l'urea si forma essenzialmente nel fegato e l'azoto ureico deriva essenzialmente dagli aminoacidi mediante reazioni di deaminazione e di transaminazione mentre il CO2 proviene esclusivamente dal CO2 respiratorio.

L'ureogenesi può essere rappresentata schematicamente come un processo ciclico nel quale alcuni aminoacidi fungono da trasportatori intermedî continuamente rigenerati a spese dell'ammoniaca, del CO2 e di energia.

La prima reazione dell'ureogenesi è la combinazione, ATP dipendente, dell'anidride carbonica con l'ammoniaca per formare carbamilfosfato, in presenza di acetilglutamato. Quindi l'ornitina-carbamil-transferasi catalizza la reazione tra carbamilfosfato ed ornitina che produce citrullina. La citrullina reagisce poi con acido aspartico ed ATP per formare acido arginino-succinico che a sua volta si scinde in arginina ed acido fumarico. La scissione arginasica libera infine urea e rigenera ornitina (fig. 12).

La totale dipendenza del processo dall'ATP spiega la necessità di un substrato ossidabile per la formazione dell'urea.

Biosintesi purinica e pirimidinica. - Quasi tutti gli organismi viventi sono in grado di sintetizzare le molecole dei mononucleotidi a partire da strutture semplici; anzi raramente le basi puriniche e pirimidiniche somministrate come tali vengono utilizzate.

La biosintesi purinica non rappresenta soltanto un importante processo per la costruzione "ex novo" di strutture essenziali quali i nucleotidi purinici, ma oltre ad essere la principale via del catabolismo azotato degli animali uricotelici (uccelli, rettili, costituisce un interessante esempio di come la cellula sia in grado di costruire una molecola complessa come quella purinica dall'unione di tante piccole molecole.

Nella fig. 13 è illustrata l'origine dei varî atomi di C e di N che costituiscono lo scheletro purinico; la serie di reazioni che portano alla sua formazione può essere così brevemente riassunta: il fosforibosilpirofosfato riceve un gruppo amidico della glutamina formando PP e fosforibosilamina che a sua volta, legandosi alla glicina con legame carboamidico, forma glicinamide ribotide. La glicinamide ribotide viene poi formilata dall'acido metilentetraidrofolico e di nuovo riceve un gruppo amidico dalla glutamina; la formilglicinamidina ribotide così ottenuta si ciclizza ad aminoimidazol-ribotide, che assume prima CO2, quindi il gruppo aminico dell'acido aspartico e infine di nuovo un gruppo formile dell'acido formiltetraidrofolico. La formilaminoimidazolcarbossamide ribotide così ottenuta si ciclizza ad acido inosinico, che rappresenta il primo nucleotide purinico. Dall'acido inosinico si ottiene per aminazione in 6 ad opera dell'acido aspartico l'acido adenilico o per aminazione in 2 ad opera della glutamina l'acido guanilico.

La biosintesi purinica non solo illustra ampiamente uno dei più importanti aspetti dell'azione coenzimatica dell'acido folico, ma dimostra quale possa essere uno dei destini dell'azoto aminoacidico.

Non meno interessante dal punto di vista metabolico è la biosintesi pirimidinica, che si svolge con un meccanismo completamente diverso, ma sempre a base di derivati del m. aminoacidico.

L'intermedio chiave è l'acido carbamilaspartico, prodotto dalla reazione fra acido aspartico e carbamilfosfato, che viene prima ciclizzato ad acido orotico, riceve il gruppo ribosofosforico dal PRPP e infine viene decarbossilato ad acido uridilico.

Troppo lungo sarebbe enumerare le molteplici funzioni metaboliche dei nucleotidi purinici e pirimidinici. Basterà qui ricordare il ruolo fondamentale che essi giocano nella sintesi degli acidi nucleici e quindi nella sintesi proteica.

Anche le porfirine, strutture fondamentali delle molecole di composti importanti come pigmenti respiratorî o catalizzatori fotosintetici, ecc. hanno origine dagli aminoacidi attraverso appositi sistemi di reazioni.

Biosintesi degli acidi nucleici. - Il meccanismo di biosintesi degli acidi nucleici è stato di recente chiarito nel suo schema essenziale, specialmente nei riguardi dei desossiribopolinucleotidi. L'enzima deputato a questo processo biosintetico, la DNA-polimerasi, ottenibile ad un elevato grado di purezza, sintetizza desossiribopolinucleotidi in presenza di tutti i quattro desossiribonucleotidi-5-trifosfati quali substrati, di Mg++ quale ione attivatore e di DNA quale "modello"; la mancanza di uno dei componenti riduce la sintesi del 99%.

All'incorporazione di un nucleotide-5-trifosfato corrisponde la liberazione stechiometrica di pirofosfato. La reazione risulta difficilmente reversibile. Il DNA sintetizzato ripete la struttura del DNA fornito come "modello".

La sintesi dei ribopolinucleotidi può avvenire con un meccanismo analogo a quello dei desossiribopolinucleotidi, ma il problema risulta assai più complesso; infatti, anche i nucleotidi-5-difosfati possono fungere da subtrato per i sistemi enzimatici di origine batterica biosintetizzanti RNA; non sono necessarî tutti i substrati e può fungere da "modello" un polimero semplice costituito da una sola base.

Biosintesi delle proteine. - È forse il più affascinante problema della biochimica moderna non solo per l'importanza fondamentale delle proteine, ma anche perché è proprio mediante la sintesi proteica che i genî impongono la legge ereditaria: formano le cellule, gli organi, gli organismi, e ne controllano il metabolismo.

Si può comprendere la difficoltà del problema se si considera che si tratta di scoprire come si forma il legame peptidico fra gli aminoacidi e come questi ultimi si dispongono in serie ordinata secondo un ordine assolutamente specifico. Le cellule sintetizzano infatti proteine diversissime le une dalle altre come le proteine del muscolo, del sangue, del latte, dei capelli, gli enzimi, ecc. Le conoscenze attuali sulla biosintesi proteica, ancora incomplete, riguardano in primo luogo il meccanismo enzimatico di attivazione degli aminoacidi.

Per ogni aminoacido un enzima specifico catalizzerebbe la reazione:

L'enzima attivante l'aminoacido favorirebbe poi la combinazione di quest'ultimo come un acido ribonucleico relativamente piccolo e solubile (sRNA). L'sRNA (detto anche "RNA trasportatore" oppure "RNA accettore") ha peso molecolare compreso tra 25.000 e 35.000, che corrisponde ad una catena di circa 70-90 nucleotidi, piccola in confronto agli acidi nucleici dei microsomi. L'sRNA forma composti covalenti con gli aminoacidi; è stato dimostrato che nelle cellule intatte gli aminoacidi si combinano con l'sRNA prima che con altri costituenti cellulari (RNA, proteine); anzi gli altri acidi nucleici (RNA dei licrosomi, dei nuclei cellulari. dei virus ed RNA sintetici) non danno luogo a questa reazione.

L'enzima che catalizza la reazione di attivazione di un aminoacido ne favorisce anche il trasporto sull'sRNA.

Perché possa avvenire la reazione è necessario che la catena dell'sRNA termini ad una estremità con la sequenza di nucleotidi: ac. citidilico - ac. citidilico - ac. adenilico; ed è al carbonio 2′ o 3′ del riboso di quest'ultimo nucleotide che si esterificherebbe l'aminoacido. Sembra che vi sia un sRNA specifico per ognuno degli aminoacidi.

Le prime due tappe della sintesi proteica, per un dato aminoacido (aa1), sarebbero dunque le reazioni:

catalizzate dal medesimo enzima, specifico tanto verso l'aminoacido che verso un determinato sRNA. Secondo questa ipotesi tutti gli aminoacidi che intervengono nella sintesi proteica vengono attivati da enzimi specifici e congiunti ad sRNA specifici, con il meccanismo schematizzato nelle reazioni sopra riportate.

Ciascun sRNA (o parte di esso) con il suo aminoacido si combinerebbe poi con una macromolecola di RNA che funge da "stampo" disponendosi nel posto particolare ad esso destinato. Gli aminoacidi risulterebbero quindi allineati secondo l'ordine stabilito dallo "stampo". Il codice che stabilisce la posizione di un determinato aa-sRNA sullo stampo è ignoto; ma il meccanismo che abbiamo prospettato si basa sull'ipotesi che le catene dei polinucleotidi interagiscono in modo specifico.

La teoria più soddisfacente per comprendere la specificità assoluta della sintesi delle proteine si fonda sulla struttura degli acidi nucleici. La molecola del DNA, nel modello di Watson e Crick, è costituita di due catene di deossiriboso-fosfato avvolte l'una intorno all'altra in una doppia elica; ad ogni unità di deossiriboso è attaccata una purina od una pirimidina-adenina, timina, guanina, o citosina (A, T, G, C). Questa struttura è stabilizzata da legami di idrogeno fra le basi puriniche e pirimidiniche delle due catene. Dato che l'adenina può formare legami a idrogeno soltanto con la timina e la guanina solo con la citosina, le due catene sono complementari. Alla sequenza ATGC in una catena corrisponderà necessariamente la sequenza TAGC nell'altra (fig. 14).

L'acido ribonucleico, RNA, è costituito da una catena polimera di riboso-fosfato ad ogni molecola di pentoso è combinata una base purinica o pirimidinica: adenina guanina citosina e uracile (A, G, C, U). Qualunque sia la struttura secondaria dell'RNA, la sua struttura primaria è simile a quella del DNA; inoltre anch'esso può formare complessi a più catene, stabilizzati da legami a idrogeno fra le coppie di basi adenina-uracile e guanina-citosina.

Sia il DNA sia l'RNA possono accumulare un gran numero d'informazioni nell'ordine con il quale si seguono le unità costituenti le due enormi catene. Tutti i caratteri primarî e secondarî dell'organismo vivente sono forse raccolti così nel DNA del nucleo.

Prima della scoperta dell'sRNA si riteneva che l'RNA "stampo" interagisse direttamente con gli aminoacidi; ma non si comprendeva come questi potessero assumere un ordine ben definito sull'RNA "stampo"; quest'ultimo avrebbe infatti dovuto distinguere i radicali dei diversi aminoacidi con assoluta precisione.

Ma la interazione tra le purine e le pirimidine di due nucleotidi complementari può costituire il meccanismo dotato della necessaria precisione. Se un aminoacido si attacca dapprima ad un sRNA che ha la sequenza A-C-U in un punto critico della sua catena, questo gruppo può accoppiarsi con l'RNA del microsoma solamente là dove ci sia una sequenza U-G-A.

E in questo modo, secondo l'ipotesi sopra formulata, l'aminoacido reagisce dapprima con una sostanza "adattatrice" e si assicura il suo posto sullo "stampo". E mai l'aminoacido deve combinarsi direttamente con lo "stampo".

Un fattore essenziale di questo meccanismo è il cifrario. In ciascun sRNA deve esistere un gruppo di nucleotidi la cui disposizione sia specifica per un aminoacido, e il complemento di questa "sigla" (o "cifra") deve esistere nell'RNA "stampo". Ad esempio le permutazioni di quattro nucleotidi fondamentali, presi tre alla volta, possono costituire il "cifrario" per 20 aminoacidi; in questo codice la terna A-A-U potrebbe essere la "cifra" (o "sigla") di un aminoacido, A-C-A, potrebbe essere quella di un altro, ecc.

Rimangono ancora molti problemi da chiarire, ma la teoria riferita ha il merito di costituire una prima, solida, ipotesi di lavoro.

Bibl.: J. S. Fruton e S. Simmonds, General biochemistry, 2ª ed., New York 1958; G. Moruzzi, C. A. Rossi e A. Rabbi, Principi di chimica biologica, 2ª ed., Bologna 1960; D. M. Greenberg, Metabolic Pathways, New York 1960; M. Florkin e H. S. Mason, Comparative biochemistry, New York 1960.

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