METRO GOLDWYN MAYER

Enciclopedia del Cinema (2004)

METRO GOLDWYN MAYER

Giuliana Muscio

Metro Goldwin Mayer (MGM)

Casa di produzione statunitense, lo studio di maggior profitto e popolarità del cinema classico. La compagnia d'origine era la Loew's Inc., fondata nel 1905 da Marcus Loew e finalizzata all'esercizio; in seguito, per garantire un flusso costante di prodotti alle proprie sale, Loew passò alla produzione, acquisendo nel 1919 la Metro Pictures Corporation, guidata da Richard Rowland, che poteva contare su star prestigiose come Rodolfo Valentino e Ramon Novarro, sul regista Rex Ingram e sulla sceneggiatrice June Mathis. Nel 1924 Nicholas M. Schenck, braccio destro di Loew, organizzò la fusione tra la Goldwyn Pictures Corporation, la Metro e la Louis B. Mayer Productions. Trasferitasi a Culver City e acquisita la denominazione di Metro Goldwyn Mayer, la casa di produzione e distribuzione, affiliata alla Loew's per quel che concerneva l'esercizio, fu affidata all'abile gestione di Louis B. Mayer, assistito dal giovane produttore Irving G. Thalberg. Entrò nella fusione anche la Cosmopolitan Productions, piccola casa di produzione creata dall'editore William Randolph Hearst per agevolare la carriera cinematografica di Marion Davies, il che implicò per la MGM un appoggio dalla popolare stampa di Hearst e l'acquisizione di un cinegiornale influente.Sfruttando la disponibilità dei mercati esteri dovuta alla crisi delle cinematografie europee dopo la Prima guerra mondiale, la MGM ottenne i maggiori profitti tra la fine degli anni Venti e gli anni Cinquanta. Suo punto di forza era tenere sotto contratto gli attori più popolari e il personale migliore sulla piazza, dal direttore della fotografia William Daniels, specializzato nei primi piani di star come Greta Garbo, al geniale scenografo Cedric Gibbons, creatore degli ambienti sofisticati in cui si svolgevano gli opulenti film della casa, ad Adrian, che disegnava gli abiti estrosi delle dive. Con l'avvento del sonoro, alle star del muto quali Lon Chaney, Buster Keaton, Lillian Gish, Greta Garbo, John Gilbert, Norma Shearer (sposata con Thalberg) e Joan Crawford, si aggiunsero divi come Clark Gable e Jean Harlow, Wallace Beery e Mary Dressler, Nelson Eddy e Jeanette MacDonald, Spencer Tracy, Robert Montgomery e Robert Taylor.La MGM puntava sul prodotto di qualità, secondo l'organizzazione imposta da Thalberg, il quale seguiva personalmente i progetti più prestigiosi, quelli incentrati sulle star, dalla prima pagina della sceneggiatura al lavoro sul set, fino al montaggio. Al contrario di altre case di produzione come la Paramount Pictures e la RKO Radio Pictures, dove si concedeva ai registi un notevole spazio creativo, la coppia Thalberg-Mayer manteneva un fermo controllo sull'intero processo produttivo, curando in modo particolare la fase di preproduzione, per la quale arruolava ottimi sceneggiatori come Ben Hecht, Robert Benchley, Frances Marion, Anita Loos e Herman J. Manckiewicz, o scrittori quali William Faulkner e Francis S. Fitzgerald. I registi tipici della MGM erano esecutori affidabili come Victor Fleming, Robert Z. Leonard, Clarence Brown, W.S. Van Dyke, Jack Conway e Sam Wood; ma c'era anche Tod Browning, con il disturbante horror di Freaks (1932) e le tormentate interpretazioni di Lon Chaney.Identificata con il logo 'Leo the lion', il leone ruggente creato da Howard Dietz, e con il motto "Ars Gratia Artis", la MGM cercava di mantenere un equilibrio tra avventure creative, prestigio artistico e popolarità del prodotto. Nel 1927, morto Loew, divenne presidente N. Schenck, ma la produzione rimase affidata a Mayer e posta sotto la supervisione di Thalberg. Lo studio si allargò fino a includere ventitré teatri di posa, con un grande edificio per gli uffici, il più grande laboratorio al mondo per lo sviluppo e la stampa della pellicola, ed 'esterni' che comprendevano un lago, un porto, un parco e una giungla in miniatura. Alla metà degli anni Trenta la MGM aveva sotto contratto 4000 impiegati, 61 star, 17 registi e 51 sceneggiatori. Nell'economia dello studio system la casa funzionava sia per la notevole qualità dei suoi prodotti sia per il successo stabile delle sue serie, a partire dalle comiche di Hal Roach con Stan Laurel e Oliver Hardy, ai gialli Crime does not pay, in cui esordirono Joseph Losey e Fred Zinnemann, ai cartoni animati di Tom e Jerry, fino a Tarzan e al Dottor Kildare.Nello stesso periodo la MGM si cimentò in diversi generi. Vennero così realizzati il carcerario The big house (1930; Carcere) di George W. Hill, scritto da Joseph Farnham, Martin Flavin e Frances Marion, il drammatico Anna Christie (1930) di Clarence Brown, tratto da E. O'Neill e primo film sonoro della Garbo, (pubblicizzato con la frase "Garbo talks!"), il patetico The champ (1931; Il campione) di King Vidor, Strange interlude (1932; Strano interludio) di Robert Z. Leonard, con la curiosa sperimentazione del monologo interiore, gli eleganti Grand hotel (1932) di Edmund Goulding e Dinner at eight (1933; Pranzo alle otto) di George Cukor, la sofisticata serie The thin man tratta da D. Hammett e interpretata da Myrna Loy, William Powell e il cane Asta, i grandi film della Garbo Queen Christina (1933; La regina Cristina) di Rouben Mamoulian, Anna Karenina (1935) di Brown, Camille (1937; Margherita Gautier) di Cukor, fino alla commedia Ninotchka (1939) di Ernst Lubitsch (lanciato dalla frase "Garbo laughs!"). Ma nel 1936 Thalberg morì e lo stile della casa cominciò a cambiare, perdendo in eleganza e sperimentazione creativa.Dopo la Seconda guerra mondiale la MGM subì il contraccolpo della crisi dello studio system in misura maggiore rispetto alle altre case, proprio perché di questo sistema era stata la punta avanzata. Il tentativo di rilancio si ebbe con i musical prodotti da Arthur Freed, per la regia di Vincente Minnelli, Stanley Donen e Charles Walters, interpretati da Judy Garland, Mickey Rooney, Cyd Charisse, Frank Sinatra, Fred Astaire e Gene Kelly: film pieni di vita e colori come The pirate (1948; Il pirata), An American in Paris (1951; Un americano a Parigi) e The band wagon (1953; Spettacolo di varietà) di Minnelli; Easter parade (1948; Ti amavo senza saperlo) di Walters, Show boat (1951) di George Sidney, On the town (1949; Un giorno a New York) e Singin' in the rain (1952; Cantando sotto la pioggia) di Kelly e Donen, Seven brides for seven brothers (1954; Sette spose per sette fratelli) di Donen.Nel 1948 Mayer mise a capo della produzione Dore Schary, ma nel 1951 fu costretto a cedergli il posto per le continue divergenze con Schenck e Schary stesso. Per restare fedele allo stile MGM Schary produsse il colossale Quo vadis (1951; Quo vadis?) di Mervyn LeRoy e l'impegnato The red badge of courage (1951; La prova del fuoco) di John Huston, ma il declino era ormai inesorabile. Paradigmatica dello studio system, la MGM è esemplare anche del suo crollo, inclusi i confusi cambi di management che si succedettero da allora: nel 1955 Schenck lasciò la guida dello studio e Schary fu defenestrato nel 1956. Dopo una serie di cambiamenti veloci, nel 1969 il maggior azionista della MGM divenne Kirk Kerkorian, capo di un impero di grandi alberghi e linee aeree, che pose alla guida del settore produttivo James T. Aubrey Jr, ex dirigente televisivo, il quale procedette alla vendita di diversi comparti, come l'area intorno ai teatri di posa, e persino di costumi e scenografie, rinunciando, nel 1973, alla distribuzione, punto di forza dello studio, ceduta alla United Artists (UA). Alla perdita del comparto più glorioso della casa corrispose l'autocelebrazione attraverso That's entertainment (1974; C'era una volta Hollywood) di Jack Haley Jr, un film che proponeva i momenti più magici dei musical MGM. Nel 1981 Kerkorian, sfruttando i grandi profitti del MGM Hotel di Las Vegas, acquistò anche la UA, formando la MGM/UA Entertainment, complesso ceduto a Ted Turner (fondatore della CNN, Cable News Network) nel 1986. Turner decise di tenere il catalogo dei film MGM e vendette alla Lorimar i teatri di posa, chiuse il laboratorio di sviluppo, assorbito dalla Technicolor, rivendendo la MGM/UA a Kerkorian, il quale a sua volta la cedette a Giancarlo Parretti, che però non mantenne il controllo del gruppo, perché dichiarato in bancarotta. Recuperato il settore distributivo, la MGM, sempre con Kerkorian quale maggiore azionista, è stata affidata alla guida di Alexander Yemenedjian; suo punto di forza agli inizi del 21° secolo è divenuto il settore del consumo domestico (videocassette, DVD, televisione) mentre quello produttivo si è contratto, fino a ridursi a uno studio di proporzioni medio-piccole.

Bibliografia

B. Crowther, The lion's share. The story of an entertainment empire, New York 1957.

J.D. Eames, The MGM story. The complete history of fifty roaring years, New York 1975.

P. Bart, Fade out. The calamitous final days of MGM, New York 1990.

P. Hay, MGM. When the lion roars, Atlanta 1991.

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