Gorbačëv, Michail Sergeevič

Dizionario di Storia (2010)

Gorbacev, Michail Sergeevic


Gorbačëv, Michail Sergeevič

Politico russo (n. Privol′noe, regione di Stavropol′, 1931). Di famiglia contadina, lavorò come meccanico in un’officina di macchine agricole. Iscritto al Partito comunista (1952), si laureò in giurisprudenza a Mosca (1955) e compì le prime tappe della carriera politica a Stavropol′, divenendo segretario del partito locale (1970). Nel 1971 fu eletto nel comitato centrale del PCUS e nel 1978 entrava nella segreteria come sovrintendente ai problemi dell’agricoltura. Membro candidato (1979) e poi effettivo (1980) dell’ufficio politico, dopo la morte di L. Brežnev, con il mutare degli equilibri politici, assunse un ruolo sempre più rilevante e alla morte di K.U. Černenko, su proposta di A.A. Gromiko, fu eletto segretario generale del partito (1985). Dinanzi a una situazione difficile sul piano politico ed economico, attraverso una serie di sessioni del Comitato centrale G. impostò un «nuovo corso», rivolto alla fuoruscita dalla «stagnazione» del periodo brežneviano e alla radicale riforma dello Stato e del sistema sovietici, riassunto nelle parole d’ordine di glasnost′ («trasparenza») e perestrojka («riforma», «ristrutturazione»). Superate le resistenze all’interno del gruppo dirigente, la linea di G. cambiò il volto dell’URSS, soprattutto in virtù del processo di democratizzazione, che permetteva l’emergere di un’opposizione nella società e nel Parlamento e forniva l’opportunità per una libera riconsiderazione della storia e dei destini del Paese. Le difficoltà maggiori, comunque, G. le incontrò sul terreno economico (si verificarono infatti un grave peggioramento delle condizioni di vita della popolazione e una crescente instabilità) e per lo sviluppo dei nazionalismi (repubbliche baltiche, Caucaso, Asia centrale). In campo internazionale, G. modificò radicalmente la politica dei predecessori, innanzitutto promuovendo il passaggio dal confronto militare, specie con gli Stati Uniti, alla cooperazione internazionale, sottoscrivendo con i presidenti statunitensi R. Reagan e G. Bush fondamentali accordi per la riduzione degli arsenali nucleari; promosse inoltre il ritiro sovietico dall’Afghanistan e il disimpegno dal Corno d’Africa e dall’Africa australe; infine, con la sua politica interna ed estera, favorì indirettamente la dissoluzione del blocco di Stati alleati dell’URSS (1989), premessa dello scioglimento del Patto di Varsavia. Eletto nel 1989 presidente del Congresso dei deputati del popolo (capo dello Stato), la sua leadership sperimentò il difficile equilibrio tra forze contrastanti, in particolare i «radicali», sostenitori di un processo di riforme più spedito, e i «conservatori», difensori del tradizionale ruolo dominante del Partito comunista e dell’esercito. Dopo che la crisi del Golfo Persico (ag. 1991-marzo 1992) aveva evidenziato l’indebolimento strategico dell’URSS, il fallimento del colpo di Stato «conservatore» dell’ag. 1991 rafforzò B. El′cin e i «radicali», mentre il conseguente sbandamento del partito (dalla cui segreteria G. si dimise) e l’accentuarsi delle tendenze centrifughe portarono alla rapida dissoluzione dell’Unione (dic. 1991). Premio Nobel per la pace (1990).

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