BURLAMACCHI, Michele

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 15 (1972)

BURLAMACCHI, Michele

Michele Luzzati

Nacque a Lucca nel 1531 da Francesco di Michele (poi giustiziato nel 1548 in conseguenza della congiura antimedicea) e Caterina di Federico Trenta. Secondogenito di sette fratelli, fu avviato alla mercatura e viaggiò per molti anni trattenendosi ad Anversa ed a Lione. Delle sue attività mercantili si conosce poco: è probabile che egli abbia operato non tanto in proprio quanto piuttosto in "compagnia" o alle dipendenze di altri maggiori mercanti lucchesi. Si ha notizia, fra l'altro che nel 1565 gli fu concesso un prestito di 1.500 scudi da Alessandro e Girolamo di Ludovico Buonvisi, tramite la loro banca di Lione, gratis e per cinque anni, e che nell'ottobre del 1569 egli doveva ancora restituire la somma.

Il matrimonio con la ventunenne Chiara di Giuliano Calandrini, celebrato a Lucca il 7 genn. 1566, segnò una svolta decisiva nella vita del B.; infatti nel marzo dell'anno successivo con i parenti di sua moglie, lo zio Benedetto Calandrini, marito di Maddalena Arnolfini, e Filippo di Giuliano Calandrini, fuggì in Francia per poter professare liberamente le idee riformate cui aveva aderito. Il 30 luglio 1567 gli fu ingiunto, insieme con altri concittadini, di presentarsi a Lucca entro il termine di quattro mesi e il 28 febbr. 1570 fu dichiarato eretico e ribelle.

È probabile - a quanto suggeriscono i pochi dati a disposizione - che il legame con la Calandrini sia stato alla base della scoperta conversione del B., che in questi anni fu l'unico dei suoi fratelli e della sua famiglia ad abbandonare il cattolicesimo. Su quest'ultima circostanza occorre insistere perché se è certo che le vicissitudini cui il B. andò incontro con tanta grandezza d'animo testimoniano d'una profonda e sentita adesione alle idee della Riforma, non è possibile affermare categoricamente, come è stato fatto, che egli sia insorto "nel segreto della sua coscienza contro gli stessi nemici che Francesco [il padre] aveva osato sfidare armata mano e all'aperto" e che "la dottrina protestante è per Michele Burlamacchi la continuazione della ribellione paterna" (Masi, p. 115).

In Francia il B. e i suoi non trovarono la quiete sperata, ma vennero travolti nelle guerre di religione e costretti, per sfuggire alle persecuzioni, a una vita errabonda che fu poi narrata nelle sue memorie da Renea figlia del B. (Descrittione della vita et morte del Signor Michele Burlamacchi, in Libro de' degnissimi ricordi delle nostre famiglie). In un primo tempo i profughi fissarono la loro dimora a Parigi; subito dopo, per motivi di sicurezza, a Luzarches, dove Pompeo Diodati e Giuliano Calandrini avevano preso in affitto la "seugneurie" della città; infine nel novembre 1567, "vedendo che non faceva più buono là per loro" (c. 51), si misero in viaggio al seguito dell'armata disfatta del principe di Condé. Trovarono generosa ospitalità a Montargis presso Renata di Francia, che nel marzo 1568 volle tenere a battesimo la primogenita del B., cui impose il suo nome. In seguito, sempre nell'esilio in Francia, nacquero al B. altri sette figli: Camilla a Poissy nel 1569, Iacopo a Luzarches nel 1570, Susanna a Parigi nel 1572, Elia, subito morto, a Sedan nel 1573, Filippo a Sedan nel 1575, Maddalena a Muret nel 1579, Chiara, anch'essa presto scomparsa, ancora a Muret nel 1580.

A Parigi il B. poté ritornare solo nel giugno del 1569 per partirne nuovamente alle avvisaglie di ulteriori disordini e ricorrere ancora una volta a un potente protettore, il duca di Bouillon, che governava Sedan. Dopo la pace di Saint-Germain (agosto 1570) i profughi si trasferirono a Luzarches e poi a Parigi, dove li sorprese la notte di S. Bartolomeo: "miracolosamente salvati", come scrive Renea nelle sue memorie (c. 52), essi più che mai toccarono con mano la benevolenza divina. L'aiuto venne da un amico cattolico, il tesoriere del duca di Guisa Le Clercq, che in quella notte aprì loro la sua casa, nascondendoli poco meno di due giorni, il tempo sufficiente per scampare alla strage e trovare più sicuro asilo presso il duca di Bouillon. Singolare fu la sorte dei figli del B., lasciati per il momento in custodia al Le Clercq; infatti per meglio provvedere alla loro sicurezza i lucchesi Gasparo di Poggio e Fabrizio Burlamacchi (quest'ultimo lontano cugino di Michele), influenti a corte, li fecero accogliere in casa del duca di Guisa come se il padre fosse morto. Il Guisa ospitò i fanciulli con l'intenzione di ribattezzarli, ma, durante una sua assenza, il duca di Bouillon li ottenne dalla regina madre e li restituì al Burlamacchi.

Fino al 1574, dunque circa per due anni, i profughi vissero a Sedan: "in esso luogo la carestia era grandissima d'ogni cosa et la città ripiena di tanto popolo che le povere famiglie si logiavano per le strade" (c. 53v). Malgrado le inevitabili ristrettezze il B. mantenne il suo prestigio, onorato da tutti, principalmente dal duca di Bouillon e, alla morte di lui, dalla moglie che gli successe nel governo della città. Tornarono tempi migliori e il B. poté sperare di riprendere senza notevoli intralci la sua attività trasferendosi nei territori del principe di Condé, dal quale affittò il castello di Muret, a due sole giornate da Parigi, "per dare ivi ordine a' fatti suoi e andarci comodamente" (c. 53). Qui nel 1580, in conseguenza, sembra, dell'ultimo parto, si spense Chiara Calandrini, affidando i suoi numerosi e giovanissimi figli alla zia Maddalena che aveva condiviso con il marito Benedetto tutte le traversie in terra di Francia del Burlamacchi.

Al sopraggiungere delle guerre della lega il B. prese la risoluzione di recarsi in Svizzera, dove già risiedevano numerosi parenti e amici. Il viaggio, disastroso a causa delle continue e grandissime piogge, si concluse felicemente nel settembre 1585. A Ginevra il B. ebbe le più affettuose accoglienze da Carlo Diodati, Orazio Micheli, Manfredo Balbani, Virginio Sbarra, Cesare Balbani: prese alloggio presso il cognato di Chiara Calandrini, Pompeo Diodati, che prestò, per lui malleveria in occasione della concessione della cittadinanza ginevrina l'8 febbr. 1586. Poco più tardi il B. effettuò un tentativo di ritornare in Francia per cercare di recuperare i suoi averi, ma non riuscì ad andare oltre Nancy.

Neppure in Svizzera durò a lungo la tranquillità dei profughi a causa dell'insorgere della guerra con il duca di Savoia; la famiglia Burlamacchi in questa circostanza si trasferì a Basilea con Pompeo Diodati per tornare a Ginevra solo al principio del 1590. Subito dopo il B. venne mandato in Francia da Orazio Micheli e Arrigo Balbani "per li negotii delli Arnolfini et Micheli di Lione" (c. 54): ma a Saint-Denis, colto da febbre, moriva improvvisamente nel settembre 1590.

La figlia Renea ricostruì la vita del B. come esempio, per i figli, di fede e di perfetta pazienza nelle sventure. Abbandonata per sempre "l'abominatione del Papato", egli seppe accettare "con allegrezza" la perdita dei beni temporali "assicurandosi che il Signore Iddio se li haveva riserbati in cielo di più eccellenti" (ibid.). In realtà nell'esilio il B. ebbe modo di conservare il decoro e l'agiatezza della sua originaria posizione, anche se la vita raminga inflisse, com'è naturale, dure perdite al patrimonio. La fuga da Lucca fu certamente preparata in modo da trasferire in Francia tutti i beni possibili: sappiamo che nel novembre 1567, saccheggiata la dimora di Luzarches, vennero depredati "menaggi" e "preziosi mobili" di provenienza lucchese. Occorre inoltre pensare alla fortissima solidarietà tradizionale nel mondo degli affari lucchese, solidarietà che era ora arricchita dalla comune persecuzione per motivi religiosi. Gli affari del B. gravitarono nell'ambiente di Parigi, dove egli desiderò sempre fissare il suo domicilio, interessato probabilmente più alle attività mercantili che bancarie. Da Sedan sul finire del maggio 1570, in un momento particolarmente rischioso, il B. fu costretto a compiere segretamente un viaggio appunto a Parigi per curare i suoi interessi. Durante la notte di S. Bartolomeo, nel nuovo saccheggio della sua casa, fu rilevante, a parte i danni materiali, la perdita dei libri di conto che permise a molti debitori di sottrarsi agli impegni. Il B. considerò una fortuna il fatto che a Sedan, nel 1572, si fosse recuperato, sulla pura fiducia, un credito di 4.000 fiorini d'oro. La partenza per la Svizzera, d'altro canto, costrinse il B. ad affidare le sue cose nelle mani di un certo Estienne de Grimoin, profittatore senza scrupoli, che lo derubò di tutto: invano egli tentò di ritornare subito a Muret per recuperare i suoi beni.

Tutte queste vicende patrimoniali sono narrate da Renea Burlamacchi come segni e come prove "per dove il Signore Iddio... ha volsuto far passare" il B. (ibid.); lo stesso matrimonio di Renea con Cesare di Turco Balbani, celebrato a Ginevra nel 1586, appare "il principio delle benedittione infinite che il Signore Iddio ha fatto vedere alla... povera et desolata famiglia" del B., "quale era molto incomodata di beni temporali" (c. 54v). Un po' alla volta gli affari del B. rifiorirono ed egli acquistò un prestigio che del resto in precedenza non gli era mancato se il suo nome già nell'aprile 1576 figurava nella dedica che il poeta italianizzante François Perrot premetteva ad alcune ottave di ispirazione religiosa nella raccolta Perle elette pubblicata a Ginevra.

La solidarietà della colonia lucchese consentì al B. di entrare nella bottega di Francesco Turrettini, "dove haverebbe acquistato di belle facultà se havesse piaciuto al Signore Iddio lasciarlo in vita" (c. 54). Nella bottega del Turrettini furono investiti i denari che alla morte del B. pagò da Lucca Federico Burlamacchi "di quello apparteneva per beni terreni" a suo fratello: segno questo di un legame affettivo e di famiglia che non si spegneva malgrado la differenza di religione e malgrado la vigilanza dello Stato lucchese. La rendita di quella somma servì per la dote della figlia del B., Susanna, che sposò, sempre a Ginevra, Vincenzo Minutoli. Delle altre figlie si sa che Camilla sposò Francesco Turrettini a Ginevra nel luglio 1587; a lei Zabetta Arnolfini Diodati, madre di Pompeo, aveva destinato un lascito di 40 libbre tornesi nel testamento del 13 giugno 1575.

Fonti e Bibl.: Archivio di Stato di Lucca, Raccolte Speciali,S. Maria Corteorlandini, n. 190, passim; Lucca, Biblioteca governativa, ms. 1941: G. Burlamacchi, Diario, ms. (secolo XVI), cc. passim; Ibid., ms. 1108; G. V. Baroni, Notizie genealogiche delle famiglie lucchesi (secolo XVIII), cc. 240 s., 304 e passim; Ginevra, Bibl. publ. et universitaire, ms. Suppl. 438: Libro de' dignissimi ricordi delle nostre famiglie, cc. 50-54, 86, 88 s.; Livre des habitants de Genève, a cura di P-F. Geisendorf, II, Genève 1963, p. 148; J. A. Galiffe, Notices généal. sur les familles genevoises depuis les premiers temps jusqu'à nos jours, III, Genève 1836, p. 97; G. Tommasi, Sommario della storia di Lucca, in Archivio storico italiano, X (1847), App., p. 185; Ch. Eynard, Lucques. et les Burlamacchi. Souvenirs de la Réforme inItalie, Paris 1848, pp. 205 ss., 241 ss., 249 s., 322, 326 ss.; E. Masi, I Burlamacchi e di alcuni doc.intorno a Renata d'Este, Bologna, 1876, pp. 66, 92, 94 ss., 104 ss., 111 ss., 114 s.; J. B. G. Galiffe, Le refuge italien de Genève au XVIe et XVIIe siècles, Genève 1881, p. 152; G. Sforza, La patria,la famiglia e la giovinezza di Niccolò V, in Atti della R. Accad. lucch. di sc., lett. e arti, XXIII (1884), pp. 317, 319, 347; E. Picot, Les Français italianisants au XVIe siècle, I, Paris 1906, p. 360; A. Pascal, Da Lucca a Ginevra. Studi sulla emigrazione religiosa lucchese a Ginevra, Pinerolo 1935, passim;E. Cornaert, Les Français et le commerce international a Anvers. Fin du XVè-XVIe siècle, Paris 1961, I, pp. 253, 351; F. Casali, L'azienda domestico-patrimoniale di Ludovico Buonvisi e la sua partecipazione alle compagnie principali del casato (con trascrizione del libro personale suo e degli eredi degli anni 1549-1569), tesi di laurea, università di Pisa, fac. di economia e comm. [1964], ad Indicem.

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