Micropropagazione

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Tecnica di propagazione di specie vegetali realizzata per via vegetativa, in vitro e in ambiente asettico. Il materiale di base per la m. è rappresentato da tessuti e organi vegetali (meristemi apicali, embrioni, stami, antere ecc.) dalla cui coltura è possibile ottenere, per via agamica, piantine esenti da virus, batteri e altri agenti patogeni, come i fitoplasmi. La m. viene effettuata in laboratori attrezzati, dove il prelievo e la manipolazione dei tessuti vegetali vengono effettuati sotto cappe a flusso laminare per limitare il pericolo di infezioni. Le colture si sviluppano su substrati artificiali e, dopo avere raggiunto un certo stadio di crescita, vengono invasate e fatte acclimatare in serra. La tecnica è stata messa a punto a partire dalla metà del 20° sec., ma è stata a lungo confinata alla produzione di colture floricole di pregio (orchidee). Successivamente si è diffusa per la propagazione della fragola e di altre colture floricole e frutticole, assumendo nel corso degli anni 1990 un ruolo fondamentale grazie ai numerosi vantaggi che comporta (costi più bassi, maggiore uniformità del materiale ottenuto, maggiore facilità nelle attività di fertilizzazione e quindi nella costituzione di nuove cultivar, programmazione della produzione, tempi molto ridotti rispetto alle tecniche tradizionali). La produzione italiana di piantine micropropagate occupa uno dei primi posti in Europa.

Uno degli obiettivi di maggiore rilievo della m. in vitro è il risanamento del materiale di propagazione, visto che nelle piante propagate agamicamente un problema di difficile soluzione è l’eradicamento di alcuni agenti patogeni (batteri e virus) attraverso i comuni presidi fitosanitari. Il contemporaneo impiego della m. e di altre tecniche (in particolare, la termoterapia) ha reso possibile il risanamento di cultivar di piante ortive, frutticole e floricole di particolare pregio da virus e da batteri. In tal modo è possibile commercializzare materiale di propagazione virus-esente o virus-controllato, certificandone lo stato sanitario. A tale scopo devono essere impiegati, dopo la m., saggi diagnostici per garantire l’assenza di tutte le malattie virali o virus-simili elencate negli appositi disciplinari. In frutticoltura l’impiego di materiale vivaistico certificato contribuisce a migliorare la produzione sotto il profilo qualitativo e quantitativo. In Italia l’Istituto sperimentale per la patologia vegetale conserva le piante madri capostipiti da cui avviare il ciclo di produzione del materiale di propagazione certificato.

Un altro campo di applicazione della m. consiste nella possibilità di effettuare, durante la riproduzione delle piante, processi di miglioramento genetico, grazie anche all’impiego di tecniche di ingegneria genetica. Diffusa è anche la modifica dell’habitus vegetativo della pianta; infatti i fitoregolatori (➔), usati nella tecnica colturale convenzionale in pieno campo per controllare lo sviluppo e la crescita delle piante, possono avere un impatto negativo sull’ambiente (inquinamento delle falde) e sulla qualità dei prodotti agroalimentari. La m. in vitro consente di evitare l’uso di fitoregolatori ad azione brachizzante (mirata cioè a contenere lo sviluppo in altezza delle piante) nel corso della coltivazione, raggiungendo però risultati simili.

La m. consente, infine, di accorciare tutto il ciclo di moltiplicazione delle piante ottenendo materiali che, oltre a presentare i pregi sopra descritti, risultano pronti per il campo. Per es., nella vite, effettuando la m. in vitro, il successivo innesto semilegnoso e la coltivazione in ambiente controllato su substrato inerte, si ottengono barbatelle già innestate pronte per la messa a dimora in campo.

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