MIDIA

Enciclopedia Italiana (1934)

MIDIA (Μειδίας)

Pericle Ducati

Il nome di questo ceramista ricorre, seguito dalla forma verbale ἐποίμσεν, su uno splendido vaso attico a figure rosse di stile cosiddetto fiorito. È un'idria proveniente dall'Italia meridionale, nel British Museum. La decorazione è data da due episodî mitici: la scena principale, sulle spalle, rappresenta il ratto delle Leucippidi per opera dei Dioscuri; la fascia attorno al vaso, sotto le anse orizzontali, è adorna del mito di Eracle nel giardino delle Esperidi.

Trionfa in queste pitture lo stile miniaturista, che si può dire anche, per quel che concerne la pittura vascolare, midiaco. È un indirizzo di arte graziosa, leggiadra: il contenuto delle scene esigerebbe schemi di violenza, di agitazione ed accenti epici o tragici; invece i gruppi e le singole figure sono espresse con gentilezza, mentre il disegno raggiunge un grado raffinatissimo, specialmente nel trattamento convenzionale del vestito minute, fitte pieghe, spesso rigorosamente parallele. Succede questo stile midiaco nei vasi attici allo stile fidiaco, così chiamato perché sono in esso la grandiosità serena e la pura ideale bellezza dei marmi del Partenone (v. attici, vasi). Tutto ciò ha infatti un riscontro nella scultura attica: ai vasi midiaci corrispondono i rilievi della balaustrata del tempietto di Atena Nike sull'acropoli di Atene, con il leggiadro sciame delle Vittorie variamente affaccendate. Siamo con questa balaustrata negli ultimi anni del secolo V a. C.

È più che probabile che l'esecuzione dell'idria di M. e dei vasi affini debba essere attribuita non già al primo cinquantennio del sec. IV a. C., come era stato supposto, ma all'ultimo ventennio del sec. V.

È in quest'idria il metodo di composizione polignoteo a figure distribuite a livelli diversi; ma le figure essendo con tale composizione espresse in proporzioni piuttosto piccole, acquistano vieppiù la loro qualità miniaturistica. Nella pittura vascolare midiaca si riflette la grande pittura contemporanea ateniese, ove rifulgono i nomi di Zeusi e di Parrasio; viene alla mente il Teseo di Parrasio che, secondo un passo di Plutarco (De gloria Atheniensium, 2) pareva nutrito, per la sua delicatezza, di rose.

Attorno all'idria si aggruppano altri vasi; prime fra tutti tre idrie: quella ruvestina del Museo di Karlsruhe, con la scena del giudizio di Paride, e le due di Populonia, di Adone e di Faone, del Museo archeologico di Firenze.

È l'elemento afrodisiaco che, pure in questi cimelî di ceramica attica, trionfa, con figure leggiadre muliebri e di Eroti e con personificazioni di sentimenti dell'animo o di atteggiamenti dello spirito, attestanti in questi vasi quel fenomeno proprio dell'ambiente ateniese durante la guerra del Peloponneso, e i cui riflessi noi scorgiamo in due generi letterarî, pur sì diversi tra di loro, nelle commedie di Aristofane e nei dialoghi di Platone.

Si aggiungano, ai vasi sopraddetti, altre idrie, vasetti per olî e per profumi (ariballi, lekythoi, pissidi) e vasi di forme svariate (lekanides, brocche, lebeti nuziali, lutrofori). In tutto I.D. Beazley enumera, attorno all'idria firmata di Midia, sessantaquattro vasi, di cui ventidue sono da lui ritenuti come opere del pennello che adornò la medesima idria, mentre gli altri sarebbero della maniera del "pittore di Midia". Recentemente W. Hahland ha allargato la cerchia dei vasi midiaci distinguendo l'opera di varî pittori.

Bibl.: A. Furtwängler e K. Reichhold, Griechische Vasenmalerei, I, Monaco 1904, tavv. 8-9; J. D. Beazley, Attische Vasenmaler des rothfigurigen Stils, Tubinga 1925; P. Ducati, I vasi dipinti nello stile del ceramista Midia, in Memorie della R. Accademia dei Lincei, XIV (1909), p. 93 segg.; W. Hahland, Vasen um Meidias, Berlino 1930 (Bilder griechischer Vasen, I); J. C. Hoppin, A handbook of attic red-figured vases, II, Cambridge 1919, p. 177 segg.; G. Nicole, Meidias et le style fleuri dans la céramique attique, in Mémoires de l'Institut national Génevois, XX (1908), p. 46 segg.; E. Pfuhl, Malerei und Zeichnung der Griechen, II, Monaco 1923, p. 592 e segg.

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