MIDRĀSH

Enciclopedia Italiana (1934)

MIDRĀSH (costruito con un genitivo, midrash, con a breve; al plurale midrāshim, ovvero, in alcuni casi [v. appresso], midrāshōt)

Umberto Cassuto

Questo vocabolo (dal verbo ebraico dārash "investigare", "ricercare", "studiare"), designa: 1. l'indagine esegetica dei testi sacri, quale venne praticata dai dottori ebrei dell'epoca talmudica (ultimi secoli a. C., e primi cinque secoli d. C.) e dai loro continuatori; 2. i risultati di questa indagine esegetica; 3. i libri in cui tali risultati sono esposti. Il verbo dārash s'incontra, in relazione con lo studio dei testi sacri, per la prima volta in Esdra, VII, 10 ("Esdra dispose il suo cuore a indagare [li-dĕrosh] la legge del Signore"); il sostantivo midrāsh appare per la prima volta nel libro delle Cronache, che fra le sue fonti cita un Midrash ha-nābî-Iddō, o "Midrāsh del profeta Iddo [Addo]" e un Midrash sēfer ha-Mĕlākīm, o "Midrāsh del Libro dei Re" (II Cron., XIII, 22, e XXIV, 27). Entrambe queste fonti sono perdute, e assai malsicura è ogni congettura che si possa fare sul loro carattere e sul loro contenuto. È possibile che, conformemente all'uso del vocabolo nell'epoca posteriore, esse siano state esposizioni e amplificazioni di più antichi testi, cioè di un libro, ma è anche possibile, e forse probabile, che nei passi in questione il vocabolo midrāsh significhi semplicemente "libro", in quanto ogni libro è oggetto di studio e d'indagine; in tal caso nel secondo di essi il vocabolo sēfer, che vale anch'esso "libro", dovrebbe essere considerato come una glossa. Effettivamente, i Settanta rendono il vocabolo midrāsh nel primo passo con βιβλίον, e nel secondo passo hanno semplicemente τὴν γραϕὴν τῶν βασιλέων; la lezione della recensione lucianea, γραϕὴν βιβλίου, può essere correzione fatta in base all'ebraico.

Nell'Ecclesiastico (LI, 23) si trova il termine bēt ha-midrāsh "casa del midrāsh" (domus disciplinae), designante la scuola ove si studiano i libri sacri; ma anche qui non è agevole determinare quale sia con esattezza il significato del vocabolo, cioè di quale tipo di studio si tratti. Nei sensi specifici suaccennati il vocabolo si trova frequentissimo nella letteratura rabbinica, la quale anzi è essa stessa in gran parte midrāsh.

L'indagine attorno ai testi biblici divenne particolarmente intensa e operosa nelle cerchie del giudaismo farisaico (v. farisei) e poi in quelle del giudaismo rabbinico che continuò il farisaismo in quanto che queste cerchie, animate dal più appassionato amore e dalla più profonda venerazione per la Bibbia, tendevano a far di essa la norma fondamentale di tutte le forme di vita della società giudaica e del singolo uomo giudeo, e in essa vedevano la fonte esclusiva di ogni sapienza.

Ciò diede origine a uno studio assiduo e zelante, amorevole e riverente, minuzioso e sottile, del testo biblico, tendente a ricercarne e precisarne il significato, anche il più riposto o quello che tale si riteneva, e per trarne le norme della vita e gl'insegnamenti della religione e della morale; da ciò anche l'"interpretazione" della parola biblica, con la quale si veniva, senza averne coscienza, a modificarne la portata adattandola ai tempi mutati e alle mutate condizioni sociali e politiche; da ciò inoltre l'attività intesa a ricollegare con la Bibbia, mediante un'esegesi più o meno artificiosa, le consuetudini giuridiche e religiose tradizionali e i nuovi istituti o le nuove norme di diritto e di vita religiosa che si venivano creando in seno al giudaismo o in esso penetravano dall'esterno, sì da dar loro quella consacrazione ufficiale che solo poteva venire dalla connessione con la legge rivelata, unica fonte di diritto; da ciò altresì l'analoga attività intesa a ricollegare similmente col testo della Bibbia le antiche tradizioni di carattere storico o leggendario relative ai personaggi biblici e agli avvenimenti della storia biblica, gl'insegnamenti tradizionali o innovati in materia di credenze religiose e di doveri morali, di coscienza nazionale e umana, di attesa fiduciosa per l'avvenire d'Israele e dell'umanità. Tutto questo era midrāsh. E come era midrāsh il complesso di questa attività esegetica esercitata sui testi della Bibbia, così era midrāsh l'insegnamento di essa, e midrāsh (con il plurale in tal senso midrāshot) anche la singola norma o il singolo insegnamento risultante dall'esegesi. Midrash hălākāh o midrāsh halakico era quello di contenuto giuridico (v. hǎlākāh), midrash haggādāh o midrāsh haggadico quello di contenuto non giuridico (v. haggādah). E l'espressione bet ha-midrāsh, "casa del midrāsh" (plurale bāttē midrāshōt) diviene la denominazione consueta delle scuole farisaiche e rabbiniche.

La netta distinzione fra il testo biblico e il suo midrāsh, fra ciò che era esplicitamente scritto nella Bibbia e ciò che da essa si poteva ricavare mediante l'esegesi, o con essa si poteva mediante l'esegesi collegare, fece sì che per lungo tempo si ritenesse che il midrāsh, a differenza del testo biblico, dovesse restare affidato al solo insegnamento orale. Si considerò anzi proibito, almeno teoricamente, di porre per scritto il midrāsh, e solo a poco a poco questa proibizione teorica fu abbandonata nella pratica. Forse si cominciò con raccolte di materiale midrascico fatte per uso privato, e adagio adagio si arrivò anche a raccolte ufficiali. Ma anche dopo che qualche parte del materiale midrascico cominciò a essere fissata per scritto, molta parte continuò ancora a essere tramandata oralmente. Di solito la redazione dei libri di argomento midrascico (designati anch'essi col nome di midrāsh, plurale in questo caso midrāshīm) è assai posteriore all'epoca in cui il materiale di essi si venne costituendo. E di solito la redazione scritta non ebbe, almeno per lungo tempo, carattere di fissità definitiva, ma fu soggetta a rielaborazioni, a rifacimenti, a interpolazioni, a mutilazioni, a modificazioni. Pertanto di molti midrāshīm abbiamo, o per lo meno sappiamo che sono esistite, molte redazioni; spesso le redazioni giunte fino a noi sono le meno antiche, mentre le precedenti sono andate perdute e ci sono rimaste solo citazioni o frammenti di recente ritrovati, specialmente fra le carte della gĕnīzāh (v.) del Cairo. Da tutto ciò la grande difficoltà, e spesso l'impossibilità, di determinare la data dei singoli midrāshīm. È inoltre da ricordare che per molti midrāshīm la perdita non è limitata soltanto alle redazioni più antiche, ma è completa, all'infuori di frammenti, e che anzi i frammenti che in questi ultimi anni si vengono ritrovando ci porgono sempre maggiori indizî della grande quantità e varietà dei testi che dovettero esistere un tempo.

I midrāshīm si possono classificare come segue:

a) secondo l'epoca a cui risale la maggior parte del loro materiale: 1) midrāshīm tannaitici, o risalenti all'epoca dei Tannaiti (v.), sec. I-III d. C.; 2) midrāshīm amoraici, o risalenti all'epoca degli Amorei, sec. III-V (v. āmōrā); 3) midrāshīm postamoraici.

b) secondo il loro contenuto: 1) midrāshīm halakici; 2) midrāshīm haggadici.

c) secondo il sistema del loro ordinamento: 1) midrāshīm esegetici, in cui il materiale è disposto secondo l'ordine dei testi biblici che illustra o con cui si ricollega, costituendone così una specie di commentario; 2) midrāshīm omiletici, raccolte di prediche su testi scritturali, ordinate secondo il sistema delle sezioni bibliche destinate alla pubblica lettura sinagogale.

I singoli Midrāshīm. - I. Midrāshīm tannaitici. - La redazione di questi midrāshīm, per quanto il loro materiale appartenga prevalentemente all'epoca dei Tannaiti, fu compiuta nell'epoca degli Amorei. Il loro contenuto è in gran parte halakico, e il loro carattere è esegetico. Essi sono di due tipi diversi, secondo che rappresentano l'indirizzo della scuola di Rabbī ‛Ǎqībā ovvero quello della scuola di Rabbi Yishma‛ēl. Pervenuti fino a noi per ininterrotta tradizione sono:

1. Mĕkīltā (o meglio forse plurale mĕkīlātā, vocabolo che significa "norme esegetiche" e diviene poi sinonimo di midrāsh), su Esodo XII; XXIII,1-19, XXXI, 12-17; XXXV,1-3, ossia su quelle parti dell'Esodo che contengono elementi giuridici. Poiché però il commento è continuo, vengono illustrate anche le parti narrative intramezzate a quelle giuridiche, onde molta parte è data alla haggādāh. Appartiene alla scuola di Rabbī Yishmā‛ēl.

2. Sifrā (il Libro), o Torāt Kohānīm (Legge sacerdotale), sul Levitico (il quale è detto "il Libro" per eccellenza perché con esso s'iniziava l'insegnamento biblico nelle scuole). È quasi interamente di contenuto halakico. Appartiene alla scuola di Rabbī ‛Aqībā.

3. Sifrē (i Libri), su Numeri e Deuteronomio. La parte relativa a Numeri comincia col cap. V di questo libro (perciò l'opera è talvolta intitolata Wīshallĕḥū, dal vocabolo con cui comincia il primo comandamento di questo capitolo, al v. 2), e ha contenuto prevalentemente halakico. Essa segue l'indirizzo di Rabbī Yishmā‛ēl. La parte relativa al Deuteronomio contiene anzitutto alcuni elementi staccati, di contenuto per lo più haggadico, su Deut. I,1-30; III, 23-29; VI, 4-9; XI, 10-32, della scuola di Rabbī Yishma‛ēl; poi un commento halakico continuo a Deut. XII-XXVI, secondo l'indirizzo di Rabbī ‛Ǎqībā; infine altri passi haggadici della scuola di Rabbī Yishmā‛ēl (su Deut. XXX, 14, e sui capitoli XXXII-XXXIV). Frammenti di una redazione diversa del midrāsh di Rabbī Yishmā‛ēl sul Deuteronomio sono conservati in citazioni.

Inoltre conosciamo frammentariamente:

4. Mĕkīltā (o Mĕkīlātā, v. sopra) sull'Esodo secondo Rabbī Shimō‛n ben Yōḥay, ossia secondo la scuola di Rabbī ‛Ǎqībā, del quale Shimō‛n ben Yōḥay era discepolo. È stata ricostruita per mezzo di citazioni (vedi appresso).

5. Mĕkīltā (o Měkīlātā) di Rabbī Yishmā‛ēl sul Levitico; nota per citazioni.

6. Sifrē Zūṭā (il piccolo Sifrē) su Numeri, della scuola di Rabbī ‛Ǎqībā. Ne abbiamo citazioni, e un frammento della gĕnīzāh.

II. Midrāshīm amoraici. - Mentre i midrāshīm tannaitici, dato il loro contenuto prevalentemente giuridico, appaiono essere sorti nell'ambiente delle accademie, per rispondere ai bisogni degli studiosi, i midrāshīm posteriori, aventi invece contenuto prevalentemente haggadico, e presentanti al lettore insegnamenti morali, dogmatici e patriottici, tradizioni e leggende su personaggi e su fatti della Bibbia, parabole ed elementi folcloristici svariati, sembrano invece esser sorti nell'ambiente delle sinagoghe, ove argomenti di tal genere solevano essere esposti nelle prediche onde il suindicato verbo dārash acquista anche il significato di "predicare", e dōrēsh o darshān è il predicatore), e sembrano esser destinati a rispondere ai bisogni del più vasto pubblico dei fedeli. L'esistenza di midrāshīm haggadici ci è attestata fino dal principio del sec. III d. C., ma queste più antiche raccolte non ci sono pervenute. Abbiamo varî midrāshīm racchiudenti in prevalenza l'insegnamento degli Amorei sia palestinesi sia babilonesi (per lo più però in redazioni postamoraiche), e precisamente:

a) Midrāshīm esegetici:

1. Bĕrēshīt rabbā (Genesi magna; l'aggettivo aramaico rabbā è forse inteso a distinguere questo midrāsh da un altro anteriore, più breve, perduto), dal quale la denominazione rabbā, nel plurale ebraicizzato rabbōt (Midrash Rabbōt) è stata estesa a tutta una collezione di midrāshim, diversi di origine, di età, e di carattere, relativi ciascuno a uno dei cinque libri del Pentateuco e dei "cinque rotoli" (Cantico dei Cantici, Rut, Lamentazioni, Ecclesiaste, Ester). Il Bĕrēshīt rabbā è un commento aggadico continuo alla Genesi; molti però dei suoi capitoli si aprono riferendo, secondo il metodo dei midrāshīm omiletici, proemî di omilie, nei quali, prese le mosse da un passo di altro libro della Bibbia, se ne espone il significato conducendo a poco a poco il pensiero al verso della Genesi che si vuole illustrare. Esso fu redatto in Palestina, a quanto pare verso la fine dell'età amoraica.

2. Ēkāh rabbā (Ekah magna), il midrāsh sulle Lamentazioni che fa parte della collezione Rabbōt. Anch'esso fu redatto in Palestina, probabilmente nella seconda metà del sec. VII.

b) Midrāshīm omiletici (l'età della redazione è per tutti assai incerta e variamente discussa):

1. Yēlammĕdēnū e Tanḥūmā, raccolte di omilie sulle lezioni sabbatiche del Pentateuco. Ne possediamo due redazioni complete, intitolate Midrash Tanḥūmā dal nome di Rabbī Tanḥūmā bar Abbā, al quale appartengono i più dei proemî. Questi proemî hanno carattere halakico, e cominciano con le parole yělammĕdēnū rabbēnū (c'insegni il nostro maestro). Col nome di Yĕlammědēnū sono citate altre raccolte, perdute, assai diverse però dalle suddette denominate Midrash Tanḥūmā; quale sia il rapporto che passa fra le une e le altre è variamente discusso. Nei testi della gĕnīzāh sono stati trovati frammenti di altre varie redazioni del Tanḥūmā e del Yĕlammĕdēnū; fra essi uno di un'antichissima redazione del Yělamměděnū che sembra risalire al sec. IV.

2. Pĕsīqtā (meglio forse in plurale Pěsīqātā) -Rab Kahǎmā (Sezioni di Rab Kahănā), raccolta di omilie, con proemî haggadici, destinate alle feste annuali e ai sabati segnalati (quattro sabati precedenti la Pasqua), e illustranti ciascuna il primo verso o i primi versi della sezione biblica (da ciò il titolo) destinata alla pubblica lettura della rispettiva festa o del rispettivo sabato. Dopo il sec. XV andò perduto; da prima congetturalmente ricostruito su citazioni dallo Zunz, è stato poi ritrovato in diversi manoscritti.

3. Wa-yiqrā rabbā (Levitico magno), il midrāsh sul Levitico che fa parte della collezione Rabbōt. Contiene 37 omilie su lezioni sabbatiche del Levitico, con proemî haggadici.

III. Midrashīm postamoraici (dei quali non solo la redazione, ma in buona parte già il materiale è posteriore all'epoca degli Amorei).

a) Gli altri midrāshim della collezione Rabbōt:

1. Shĕmōt rabbā (Esodo magno). Consta di due parii: nella prima (su Es., I-XI) si ha un commento haggadico continuo al testo; nella seconda (da Es. XII alla fine) si contengono omilie sui primi versi di ciascuna sezione, precedute da proemî haggadici. Probabilmente redatto nel sec. XI-XII.

2. Bĕmidbar rabbā (Numeri magno). La prima parte è un'esposizione haggadica di Num., I-VII, compilazione tarda di opere più antiche; la seconda parte è una redazione del Tanḥūmā sulle sezioni di Num., VIII-XXXV. Redatto non prima del sec. XII.

3. Dĕbārīm rabbā (Deuteronomio magno). Contiene 27 omilie; è una redazione del Tanḥūmā per le sezioni del Deuteronomio. Redatto forse intorno all'anno 900.

4. Shīr ha-Shīrīm rabbā (Cantico magno), detto anche Midrash Ḥāzītā, dalla parola iniziale del verso Prov. XXII, 29, citato al principio. Esposizione allegorica del Cantico dei Cantici, compilata da midrāshīm più antichi, con riproduzione talvolta di proemî e d'intere omilie. Età incerta.

5. Rūt rabbā (Rut magno). Esposizione continuativa del libro di Rut, compilata su midrāshīm più antichi; all'inizio un'introduzione con sei proemî. Età incerta.

6. Qōhelet rabbā (Ecclesiaste magno). Esposizione continuativa dell'Ecclesiaste. Si vale spesso di proemî di antichi midrāshīm che prendevano le mosse da passi dell'Ecclesiaste. Età incerta.

7. Estēr rabbā (Ester magno). Esposizione continuativa del libro di Ester, con proemî innanzi a ciascuna delle sezioni. Il materiale è in parte assai antico. Età incerta.

b) Midrāshīm sui libri poetici:

1. Midrash Tĕhillīm (Midrāsh sui Salmi), detto anche Shōḥēr Ṭōb, dalle parole iniziali del verso Prov. XI, 27, citato al principio. Consta di due parti diverse tra loro: a) su Salmi, I-CXVIII, compilazione di midrāshīm più antichi, della tarda epoca gaonoica (v. gě'ōnīm); b) su Salmi, CXIX-CL, compilazione ancor più tarda, prevalentemente dal Yalqūṭ Shimōnī (vedi appresso).

2. Midrash Mishlē (Midrāsh sui Proverbî), anch'esso tarda compilazione, spesso commento letterale. Fornisce esempî di haggādāh pseudepigrafa. È citato per la prima volta da Rabbēnū Ḥănan'ēl (sec. XI). Da citazioni apprendiamo l'esistenza di una redazione diversa dalla vulgata; a una redazione diversa o addirittura a un altro midrāsh sui Proverbî appartiene un frammento della gĕnīzāh testé pubblicato.

3. Midrash Iyyōb (Midrāsh su Giobbe). Non ci è pervenuto: ne abbiamo citazioni.

c) Grandi raccolte omiletiche: Questa categoria è rappresentata dalla Pĕsīqtā rabbātī (o Pĕsīqātā rabbātī, "la grande raccolta delle sezioni"), il più vasto fra tutti i midrāshīm omiletici a noi giunti. È una raccolta di omilie per le feste annuali e per i sabati segnalati, redatta in epoca non anteriore alla seconda metà del sec. IX.

d) Midrāshīm minori: Midrāsh zūṭā sul Cantico dei Cantici, su Rut, sulle Lamentazioni, e sull'Ecclesiaste; Midrash Shīr ha-Shīrīm, altro midrāsh sul Cantico dei Cantici; Aggādat Estēr, sul libro di Ester; Midrash Yonāh, sul libro di Giona; Aggadat Bĕrēshīt, omilie sulla Genesi; Midrash Hashkēm (così denominato da Es. VIII, 16), sui successivi libri del Pentateuco (ne abbiamo frammenti); Midrash Wĕhizhīr, pure sui libri del Pentateuco successivi alla Genesi; Pĕsīqtā Ḥădattā, omilie per le feste; Midrash Shěmūēl, sui libri di Samuele; e altri molti che sarebbe superfluo elencare qui. Ricorderemo solo ancora la categoria dei midrashīm relativi a qualche singolo passo della Bibbia, come, ad esempio: Midrash Tadshē (Gen. I, 11), parallelo fra la creazione e la storia d'Israele; Midrash Wa-yissāū (Gen. XXXV, 5), sulle lotte dei figli di Giacobbe contro i Cananei e contro Esaù; Midrash Wa-yōsha‛, su Es. XIV, 30-XV, 18; Midrash Ǎseret ha-Dibbĕrōt, sul Decalogo; Midrash pĕṭīrat Ahărōn, sulla morte di Aronne; Midrash pěṭīrat Mōsheh, sulla morie di Mosè; e così molti altri ancora.

e) Vaste compilazioni messe assieme dopo la fine dell'attività creatrice nel campo del midrāsh:

1. Midrāsh ha-Gādōl (Il grande Midrāsh), sul Pentateuco, compilato nello Yemen, non prima del sec. XIII. Ci ha conservato notevoli frammenti di antichi midrāshīm perduti.

2. Yalqūṭ (Raccolta), detto anche, per distinguerlo dal successivo, Yalqūṭ Shimōnī, dal nome del suo compilatore Shim‛ōn ha-Darshān, vissuto probabilmente nel sec. XIII, forse a Francoforte sul Meno. L'autore si è valso di oltre cinquanta midrāshīm, di cui alcuni per noi perduti; da ciò la sua importanza.

3. Yalqūṭ Mākīrī (Raccolta di Mākīr), sui libri profetici e su quelli poetici (Salmi, Proverbi, Giobbe); compilato da Mākīr ben Abbā Mārī, probabilmente nella Francia meridionale, prima della fine del sec. XIV. Ci è pervenuto solo parzialmente.

Altre compilazioni che meritano di esser ricordate sono: Bĕrēshīt rabbā rabbātī (la più grande Genesi magna) o semplicemente Běrēshīt rabbātī, attribuita a Mōsheh ha-Darshān di Narbona (sec. XI), perduta, all'infuori di citazioni; Midrash Leqaḥ Ṭōb (Buona dottrina), o Pĕsīqtā zūṭartā (la piccola Pĕsīqtā) di Ṭōbiyyāh ben Ěli‛ezer, di Castoria (sec. XI-XII); Midrash Talmūd Tōrāh (Studio della Legge), sul Pentateuco, di Ya‛qōb b. Ḥănan'ēl siciliano (sec. XIV).

L'epoca dello studio scientifico del midrāsh fu aperta da L. Zunz con la sua opera magistrale e fondamentale Die gottesdienstlichen Vorträge der Juden, Berlino 1832 (2ª ed., Francoforte sul Meno 1892). Sulla base di essa sono state condotte le indagini degli studiosi successivi, ai quali si debbono anche nuove edizioni dei midrāshīm già noti, il ritrovamento e la pubblicazione di midrāshīm prima perduti, e la riunione di vaste raccolte di piccoli midrāshīm.

Per le edizioni di singoli midrāshīm, v. appresso. Le raccolte principali di piccoli midrāshīm sono:

A. Jellinek, Bēt ha-Midrāsh, Sammlung kleiner Midraschim und vermischter Abhandlungen aus der ältern jüdischen Literatur, I-IV, Lipsia 1853-1857; V-VI, Vienna 1873-1877; H. M. Horowitz, Aguddāt Aggādōt, Qōbeṣ midrāshīm qĕtannīm, Sammlung kleiner Midraschim, I, Berlino 1881; Meno 1881; id., Kābōd Ḥuppāh, Sammlung zehn kleiner, nach Zahlen geordneten Midraschim, ivi 1888; S. A. Wertheimer, Battē Midrāshōt, I-IV, Gerusalemme 1893-1897; id., Leqeṭ Midrāshīm, ivi 1904; id., Ōṣar Midrāshīm, I-II, ivi 1913-1914; L. Grünhut, Sēfer ha-Liqqūṭīm; Sammlung älterer Midraschim und wissenschaftlicher Abhandlungen, I-VI, ivi 1898-1903; J. D. Eisenstein, Ōṣar ha-Midrāshīm, Bibliotheca midraschica, A Library of two hundred minor Midrasgim, New York 1915. Una ricchissima serie di nuovi frammenti midrashici della gĕnīzāh è stata magistralmente edita e illustrata, con l'aggiunta d'introduzioni e di excursus, da L. Ginzberg, Genizah Studies in Memory of Doctor Solomon Schechter, I, Midrash and Haggadah, New York 1928.

Edizioni di singoli midrāshīm:

Měkīltā, Costantinopoli 1515; Venezia 1545 (riproduzione, Lipsia 1925); Wilno 1844. Edizioni scientifiche moderne: a cura di J. H. Weiss, Vienna 1865; a cura di M. Friedmann, Vienna 1870; a cura di H. Almqvist (il solo trattato ), Lund 1892; a cura di H. S. Horowitz e J. Rabin, Francoforte sul Meno 1931. - Sifrā, Venezia 1545 (riproduzione, Lipsia 1925); Venezia 1609-1611; e altre volte di poi. Edizioni scientifiche moderne: a cura di J. H. Weiss, Vienna 1862; a cura di M. Friedmann, Breslavia 1915 (incompleta). - Sifrē, Venezia 1545 (riproduzione, Lipsia 1925); Dyhernfurth 1811 (parte 1ª); Radawel 1820 (parte 2ª); e altre volte di poi. Edizioni scientifiche moderne: a cura di M. Friedmann, Vienna 1864; a cura di H. S. Horowitz, I, su Numeri, Lipsia e Francoforte sul Meno 1917; II, su Deuteronomio, a cura dello stesso e di L. Finkelstein. - Frammenti di altri midrāshīm tannaitici al Deuteronomio, estratti dal Midrāsh ha-gādōl a cura di D. Hoffmann, Midrasch Tannaim zum Deuteronomium, Berlino 1908-1909. - Měkīltā di Shim‛ōn ben Yōḥay, ricostruita da D. Hoffmann, Francoforte sul Meno 1905. - Sifrē zuṭā a Numeri, a cura di H. S. Horowitz, in appendice alla sua edizione suindicata del Sifrē su Numeri, Lipsia-Francoforte sul Meno 1917; un altro frammento a cura di J. N. Epstein, in Tarbīṣ, I, Gerusalemme 1929, p. 46 segg.

Midrash Rabbōt, ed. pr.: sul Pentateuco, Costantinopoli 1512, sui "cinque rotoli" s. l. [Pesaro] 1519 (riproduzione, Berlino 1926); di poi moltissime edizioni. Edizione critica di Běrēshīt rabbā, a cura di J. Theodor, cominciata a pubblicarsi a fascicoli, Bojanowo 1903 segg.; continuata dopo la morte dal Theodor (1923) da Ch. Albeck, e da lui compiuta nel 1929. - Ēkāh rabbā, recensione diversa dalla vulgata, a cura di S. Buber, Wilno 1899.

Tanḥūmā, Costantinopoli 1520-1522, e più volte di poi, altra redazione, a cura di S. Buber, Wiìno 1885; il frammento dell'antica redazione del Yĕlammědēnū presso Ginzberg, op. cit., pp. 23-50. - Pĕsīqtā dě-Rab Kahănā, a cura di S. Buber, Lyck 1868. - Wa-yiqrā rabbā, v. sopra, Midrash Rabbōt.

Shĕmōt rabbā e successivi, v. sopra, Midrash Rabbōt.

Midrash Tĕhillīm, Venezia 1546, e più volte di poi; edizione moderna a cura di S. Buber, Wilno 1892. - Midrash Mishlē, Costantinopoli 1512, e più volte di poi; edizione moderna a cura di S. Buber, Wilno 1893; il frammento della gĕnīzāh presso Ginzberg, op. cit., pp. 163-168. - Midrash Iyyōb, frammenti raccolti da S. A. Wertheimer, Leqet Midrāshīm, Gerusalemme 1904.

Pěsīqtā rabbātī, s. l. e a. [Praga, circa 1656]; edizione scientifica moderna a cura di M. Friedmann, Vienna 1880.

Midrāsh Zūṭā, a cura di S. Buber, Berlino 1894; la parte sul Cantico dei Cantici, col titolo Aggādat Shīr ha-Shīrīm, a cura di S. Schechter, Cambridge 1896. - Midrash Shīr ha-Shīrīm, a cura di L. Grünhut, Gerusalemme 1897. - Aggādat Estēr, a cura di S. Buber, Cracovia 1897. - Midrash Yōnāh, Praga 1595; Altona [circa 1770]; Jellinek, Bēt ha-Midrāsh, I, pp. 96-105. - Aggādat Bĕrēshīt, Venezia 1618, e varie volte di poi; modernamente, presso Jellinek IV, e, a cura di S. Buber, Cracovia 1903. - Midrash Hashkēm, frammenti raccolti da L. Grünhut, Sēfer ha-Liqqūṭīm, I, Gerusalemme 1898, pp. 2-20. - Midrash Wě-hizhīr, a cura di J. M. Freimann, I, Lipsia 1873; II, Varsavia 1880. - Midrash Shĕmū'ēl, Costantinopoli 1517, e varie volte di poi, a cura di S. Buber, Cracovia 1893; Varsavia 1926. - Pĕsīqtā Ḥǎdattā, presso Jellinek, Vl, pp. 36-70. - Midrash Tadshē, presso Jellinek, III; Epstein, Beitr. zur jüd. Altertumskunde, Vienna 1887, pp. I-XLVI; Varsavia 1924. - Midrash Wa-yissāū, presso Jellinek, III, pp.1-5; e altre volte di poi. - Midrash Wa-yōsha‛, Costantinopoli 1519; Jellinek, I, pp. 35-37; Varsavia 1924. - Midrash Ǎseret ha-Dibbĕrōt, Jellinek, I; Varsavia 1924. - Midrash pěṭīrat Ahǎrōn e M. pěṭīrat Mōsheh, Costantinopoli 1516; Venezia 1544; Jellinek, I, pp. 91-95, 115-129.

Midrāsh ha-gādōl, sulla Genesi, a cura di S. Schechter, Cambridge 1902; sull'Esodo, a cura di D. Hoffmann, Berlino 1913-1921; sul Levitico, a cura di E. N. Rabinowitz, New York 1932. - Yalqūṭ Shimōni, Salonicco 1526-1527 (parte I) e 1521 (parte II), e molte volte di poi; ed. recente, Varsavia [1929]. - Yalqūiṭ Mākīrī, su Isaia, a cura di J. Spira, Berlino 1894; sui Salmi, a cura di S. Buber, Berdyczew 1899; sui Proverbî, a cura di L. Grünhut, Francoforte sul Meno 1902; sui Profeti minori, a cura di A.W. Greenup, Londra 1909-1913. - Frammenti del Bĕrēshīt rabbā rabbātī, a cura di A. Epstein, Vienna 1891. - Leqaḥ Ṭōb, su Levitico, Numeri, e Deuteronomio, col titolo Pěsīqtā Zūṭartā, Venezia 1546; col titolo Leqaḥ Tōb, Wilno 1880; su Genesi e Esodo, a cura di S. Buber, Wilno 1880, su Cantico dei cantici, a cura di A. W. Greenup, Londra 1909; su Rut, a cura di S. Bamberger, Aschaffenburg 1887; su Lament., a cura di J. Nacht, Berlino 1895; su Eccl., a cura di G. Feinberg, Zurigo 1904; su Ester, in Sifre dě-aggadtā, a cura di S. Bubre, Wilno 1886. - Midrash Talmūd Tōrāh, saggi pubblicati da varî (v. Encyclopaedia Judaica, VIII, coll. 812-813).

Traduzioni. -. Latine: Mĕkīltā e Sifrā, in B. Ugolini, Thesaurus antiquitatum sacrarum, XIV, Venezia 1752; Sifrē, ivi, XV, Venezia 1753, coll.1-996; Leqaḥ Tōb (Pĕsīqtā Zūṭartā) su Levitico, Numeri e Deuteronomio, ivi, XV, coll. 997-1226, e XVI, Venezia 1754.

Italiane: saggi, in G. Levi, Parabole, leggende e pensieri raccolti dai libri talmudici dei primi cinque secoli dell'E. V., Firenze 1861; S. De Benedetti, Vita e morte di Mosè, leggende ebraiche tradotte, illustrate, e comparate, Pisa 1879.

Inglesi: Sifrē, su Numeri, a cura di Levertoff, Londra [1926]; tacendo di varî minori saggi di traduzioni di testi midrashici, è da ricordarsi la monumentale raccolta delle leggende giudaiche di L. Ginzberg, The Legends of the Jews, I-VI, Filadelfia 1909-1928.

Tedesche: Mĕkīltā, a cura di J. Winter e A. Wünsche, Lipsia 1909; Sifrē, a cura di G. Kittel, I, Stoccarda [1922]; Midrasḥ Rabbōt a cura di A. Wünsche, in Bibliotheca rabbinica, Lipsia 1880-85; Pĕsīqtā dě-Rab Kahănā, id., Lipsia 1885 (passi scelti, a cura di J. Bloch, in Steinschneider-Festschrift, Lipsia 1896, pp. 41-71; v. anche Cohen-Festschrift, Berlino 1912, pp. 703-721); Midrash Těhillīm, a cura di A. Wünsche, Treviri 1892-1893; Midrash Mishlē, id., in Bibliotheca rabbinica, Lipsia 1885; molti dei midrāshīm minori, id., Aus Israels Lehrhallen, I-V, Lipsia 1907-1910; tacendo di minori saggi di traduzioni di testi midrashici, sono da ricordarsi le raccolte di M. J. bin Gorion, Die Sagen der Juden, I-V, Francoforte sul Meno 1913-27; Der Born Judas, I-VI, Lipsia 1916-1923;

Bibl.: H. L. Strack, Einleitung in Talmud und Midras, 5ª ed., Monaco 1921, pp. 195-226, e la bibliografia ivi citata.

© Istituto della Enciclopedia Italiana - Riproduzione riservata