Mies van der Rohe, Ludwig

Enciclopedia dei ragazzi (2006)

Ludwig Mies van der Rohe

Fabrizio Di Marco

L’architetto della semplicità delle strutture

Mies van der Rohe è uno dei maestri del movimento moderno in architettura. Tutte le sue opere, sia in Europa sia negli Stati Uniti d’America, sono caratterizzate da scelte minimaliste, dalla raffinatezza dei particolari costruttivi e dalla semplicità delle strutture

I contatti con le avanguardie

Anche Mies van der Rohe, come Le Corbusier, divenne architetto attraverso esperienze di collaborazione e contatti con i movimenti d’avanguardia. Nato nel 1886 ad Aquisgrana, sin da giovanissimo lavorò nella bottega di scalpellino del padre; in seguito si trasferì a Berlino, dove lavorò con Peter Behrens, e poi in Olanda, presso Petrus Berlage. Durante la Prima guerra mondiale entrò in contatto con le avanguardie artistiche europee, in particolare con l’espressionismo, con il gruppo olandese De Stijl e con il costruttivismo russo, che lo influenzarono nei progetti di case e grattacieli elaborati tra il 1919 ed il 1924.

Sin dalle prime esperienze progettuali il linguaggio architettonico di Mies fu chiaramente rivolto a una ricerca di semplicità strutturale e di chiarezza nell’uso dei materiali: pochi elementi, studiati e disegnati nei minimi particolari, costituiscono l’essenza delle sue costruzioni.

Questi principi progettuali vennero resi pubblici dallo stesso Mies attraverso una serie di slogan, tra i quali il più noto è less is more («il meno è il più»), che testimonia il suo rigore costruttivo e la capacità di creare spazi ricchissimi con elementi minimi, sapientemente combinati e accostati.

I capolavori degli anni Venti

Alla fine degli anni Venti Mies progettò e realizzò due opere considerate tra i capisaldi dell’architettura del movimento moderno. Il padiglione della Germania all’Esposizione internazionale di Barcellona (1929) racchiude in sé i principi progettuali di Mies: posto su un basamento in travertino, con una semplice struttura a otto pilastrini in acciaio cromato che sorreggono la soletta di copertura, gli spazi interni sono definiti da setti in vetro e lastre in onice e marmo verde, proiettate verso l’esterno. Nella contemporanea casa Tugendhat a Brno (Cecoslovacchia, 1928-30) gli stessi elementi, con una diversa combinazione, individuano le funzioni nell’ampia zona pranzo-soggiorno: una lastra in onice separa la zona conversazione dallo studio-biblioteca, una parete semicircolare in ebano racchiude la zona pranzo e un’ampia vetrata scorrevole verticalmente connette lo spazio al giardino.

L’esperienza negli Stati Uniti d’America

Nel 1930 Mies fu invitato da Walter Gropius alla direzione del Bauhaus, che mantenne fino al 1933, quando la scuola fu chiusa per l’avvento del nazismo. Dal 1937 al 1969, anno della sua scomparsa, Mies intraprese una prolifica attività professionale e didattica negli Stati Uniti d’America.

Le caratteristiche della sua architettura, pur dovendosi confrontare con richieste diverse, rimasero inalterate: la perfezione degli accostamenti tra elementi strutturali e superfici in vetro o mattoni, la cura dei particolari costruttivi, il trattamento dei materiali. La casa Farnsworth a Plano (Illinois, 1945-50) è costituita da un solo ambiente a un piano, sollevato da terra, con otto pilastri a forma di H che collegano le due solette del pavimento e del tetto; le facciate sono tutte vetrate. Qui le ricerche di Mies per le strutture cosiddette pelle e ossa, in vetro e acciaio, raggiunsero la perfezione.

Le ultime opere

Negli anni Cinquanta l’interesse di Mies ritornò sul grattacielo, tema già affrontato in progetti giovanili. L’esempio più notevole è il Seagram building a New York (1954-58), caratterizzato dalla struttura in acciaio rivestita da un curtain wall («parete a sipario») in bronzo e vetro; arretrato nei confronti del filo stradale, l’edificio viene esaltato dalla vasta piazza antistante, inquadrata da due vasche d’acqua simmetriche.

L’ultima opera di Mies fu la Nuova galleria nazionale di Berlino (1962-68), che rappresenta un ulteriore passo nella ricerca della struttura perfetta, con la monumentale copertura quadrata sorretta da otto pilastri in acciaio che sovrasta l’involucro vetrato della sala espositiva, arretrato rispetto all’allineamento dei pilastri, in analogia con lo schema dei templi classici.

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