MINIERA

Enciclopedia Italiana (1934)

MINIERA (fr. mine; sp. mina; ted. Bergwerk; ingl. mine)

Giuseppe CARDINALI
Ugo Enrico PAOLI
Giuseppe CARDINALI
Ugo LA MALFA
Carlo RODANO
Fulvio MAROI
S. Gi. S. Gi.

S'indica con questo nome sia il terreno nel quale giacciono e dal quale si possono estrarre economicamente minerali utilizzabili dall'uomo, sia l'escavazione praticata nel terreno, per estrarne tali minerali e il complesso degl'impianti che servono all'estrazione. Contrariamente all'uso scientifico - secondo il quale si chiama minerale una sostanza omogenea e di composizione chimica ben definita, che si trova già formata in natura - nell'industria s'intende per minerale (fr. mineral; sp. mineral; ted. Erz; ingl. ore) anche un aggregato di minerali diversi, quando uno dei costituenti dell'aggregato abbia un valore commerciale che superi il costo dell'estrazione e del trattamento di tutto l'aggregato. Quei costituenti dell'aggregato che non hanno valore economico - e, in qualche caso, riescono nocivi all'utilizzazione degli altri - si chiamano minerale sterile o anche ganga del minerale utile. Alcuni minerali (come, per es., il carbone) possono essere utilizzati dopo essere stati semplicemente liberati dallo sterile; gli altri (come, per es., i minerali dei metalli) contengono la sostanza utile combinata chimicamente con sostanze inutili, dalle quali la si separa con ulteriori trattamenti. In ogni caso, il minerale grezzo (fr. tout-venant) estratto dalla miniera viene lavorato più o meno semplicemente, per separarne quanto più è possibile dallo sterile e ottenerne un prodotto mercantile.

Per l'economica utilizzazione di certi minerali poveri e di costituzione complessa, tale lavorazione, detta concentrazione o arricchimento, è d'importanza fondamentale (v. più oltre).

Col nome di coltivazione delle miniere (fr. exploitation des mines; sp. explotación minera; ted. Bergbau; ingl. mining) s'indica il complesso di tutti i metodi e di tutte le norme che servono a ricercare, estrarre ed elaborare i minerali utili contenuti nella crosta terrestre.

Un tempo il nome di miniera era limitato a quelle escavazioni, generalmente in sotterraneo, con le quali si ottenevano i minerali dei metalli di più comune impiego. Attualmente, invece, si chiamano miniere tutte quelle che forniscono determinati minerali, anche quando si tratta di escavazioni a cielo aperto, simili a quelle di una cava (v.). Così, p. es., si chiamano miniere quelle dalle quali si estraggono metalli allo stato libero (oro), oppure combinato (atgento, ferro, rame, piombo, zinco, mercurio, manganese, cromo, ecc.); quelle di pietre preziose (diamanti, ecc.); quelle di combustibili, sia solidi (antracite, litantrace, lignite, torba) sia liquidi o gassosi (petrolio, gas naturali); quelle di zolfo, di piriti, di grafite, di asfalto, di salgemma, di nitrati, di sali di potassio, ecc. Si chiamano cave quelle dalle quali si estraggono i materiali da costruzione (pietre, marmi, ghiaia e sabbia, ecc.) e le argille. Per alcuni altri minerali si usa indifferentemente sia il nome di miniera, sia quello di cava.

Storia.

Antichità classica. - Gli antichi, e tra loro in particolare modo i Romani, scoprirono e sfruttarono la maggior parte dei giacimenti metallici di qualche importanza, che ancora oggi esistono, o di cui si hanno le tracce nelle regioni che loro appartennero.

Le più famose miniere in Grecia furono quelle d'oro e d'argento dell'isola di Sifno, assai prospere nel sec. VI a. C., ma già quasi abbandonate nel sec. V a. C., quelle di rame e di ferro dell'Eubea, quelle d'argento del Laurio, scoperte e sfruttate sino da tempi assai antichi, entrate in periodo di grande prosperità sul principio del sec. V a. C. con la scoperta dei grandi filoni di galena argentifera del distretto di Maronea, ma nei secoli successivi rapidamente impoveritesi; i giacimenti auriferi di alcuni monti della Macedonia, della valle dello Strimone, delle sabbie dell'Ebro in Tracia, dell'isola di Taso; i filoni d'argento del Pangeo, i quali giacimenti tutti furono messi in valore già in tempi remoti, e alcuni diedero grande ricchezza a Filippo, ad Alessandro Magno, e poi anche ai Romani (che soltanto per pochi anni chiusero le miniere d'oro e d'argento della Macedonia). Notevoli pure i giacimenti di ferro della Laconia, della Beozia e di alcune isole. In Asia Minore: le miniere d'oro di Atarneo, di Cremaste, di Lampsaco, del Tmolo e del Sipilo, le sabbie aurifere dell'Ermo e del Pattolo; in Cipro le miniere di rame e suoi composti, che fecero dell'isola uno dei principali centri metallurgici dell'antichità e il cui sfruttamento continuò con successo dai tempi più remoti a tutto l'impero. Meno siamo informati delle miniere di ferro della Cappadocia, d'oro dell'Armenia, d'oro e d'argento della Colchide, delle sabbie aurifere dell'Oxus, delle miniere di rame del Sinai. Nell'Egitto erano famose le miniere d'oro dell'isola di Meroe, delle montagne del deserto arabico e dell'Etiopia, oltre i giacimenti di ferro di Meroe e della Nubia. Nelle provincie libiche i Romani sfruttarono largamente miniere d'oro, di piombo, di rame e di ferro.

L'Italia invece non ebbe grande ricchezza di miniere. D'oro ne sono segnalate nel paese dei Salassi (Dora Baltea), nel territorio di Vercelli, nei dintorni di Aquileia, ma grande importanza ebbero forse soltanto le miniere di rame, piombo argentifero e ferro dell'isola d'Elba e dell'Etruria; da rilevarsi sono pure i giacimenti di galena argentifera della Sardegna.

Tra i paesi più ricchi di metalli fu la Spagna, i cui giacimenti cominciarono a essere sfruttati sino dai tempi preistorici e dai Fenici, sicché se ne ha un'eco nei poemi omerici. I Cartaginesi si gettarono su essi con la massima avidità, e loro tennero dietro i Romani dai primi tempi della conquista a tutto l'impero. Delle miniere spagnole le più importanti furono quelle di piombo argentifero, della zona che si estende da Cartagena ad Almeria e a Huebon, traversando la Sierra Morena (Mons Argyrus, metallum Sanariense e metallum Antonianum), ma giacimenti d'argento furono sfruttati anche nella Galizia, nelle Asturie, nella Lusitania e altrove. Con l'argento gareggiava il rame delle miniere di Cotinae, dei monti Mariani, della Tarraconese (metallum Albocolense), della Lusitania (metallum Vipascense, celebre per il testo epigrafico scoperto nel 1876), e lo stagno delle miniere delle ultime due regioni ora citate e della Galizia.

In Gallia citazioni d'autori e tracce di sfruttamento antico ci fanno persuasi dell'esistenza di una rilevante ricchezza di metalli. Numerosi furono i giacimenti d'oro utilizzati quasi completamente prima della dominazione romana, ma sussistenti in parte anche allora (Strabone ricorda miniere d'oro presso i Tectosagi e i Tarbelli), e notevoli quelli di piombo argentifero, di rame e soprattutto di ferro, cui si riferiscono testi di Cesare e di Strabone.

Quanto ai paesi Danubiani, il Norico e la Dalmazia erano già noti per le loro ricchezze in oro e in ferro, nei primi tempi della dominazione romana, ma l'attività mineraria si andò poi sviluppando sempre più durante l'impero per tutto l'Illirico.

Per la Britannia già Erodoto parlava dello stagno proveniente dalle isole Cassiteridi (forse sul litorale roccioso delle Munier), e abbiamo tracce di sfruttamento antico dei giacimenti di questo metallo nella Cornovaglia e nel Devonshire. Dai tempi di Claudio in poi furono utilizzate le altre notevoli ricchezze minerarie della regione (miniere d'oro e di rame del paese di Galles, più estese miniere di piombo, e soprattutto di piombo argentifero nel Cumberland e nel Northumberland).

Circa il processo d'estrazione dei metalli nell'antichità c'informano in modo imperfetto e lacunoso dati archeologici e letterarî. Tranne che per l'oro, se si trovava mescolato alla sabbia dei fiumi (ψάμμος χρυσῖτις, arena aurifera) e nel terreno di giacimenti superficiali (ὑπόχρυσος γῆ, tellus aurosa), quando, come normalmente avviene, il filone si trovava nell'interno della montagna, la prima operazione necessaria consisteva nello scavare delle gallerie (χρυσωρυχεῖα, ἀργυρωρυχεῖα, aurifodinae, argentifodinae, ecc.), penetrando nelle viscere della terra. I metodi di scavo delle miniere erano primitivi e imprudenti; la fatica disumana; il pericolo continuo e grave. In mancanza di mine, per staccare e spezzare i blocchi di macigno si ricorreva a quello stesso sistema che si dice adottato da Annibale, quando passò le Alpi: si arroventava la roccia e si faceva schiantare col gettarvi dell'aceto. I pezzi del minerale venivano portati fuori delle gallerie e consegnati a operai (κοπεῖς) che col martello li riducevano in pezzetti grossi come un pisello. Questi frantumi erano poi stritolati e ridotti in polvere da pesantissime macine di pietra. Mediante lavaggio si separava il metallo ricercato.

Nell'estrazione dell'argento, di regola associato col piombo, durante il lavaggio si favoriva la separazione dei due metalli azionando un crivello. Un'ulteriore purificazione si otteneva mediante la fusione (ἕψειν, ἀϕέψειν, conflare). Della fusione si servivano anche per ottenere prodotti medicinali (p. es., l'ossido di zinco) o industriali, fra cui le leghe (bronzo = rame e stagno; elettro = argento e oro).

Sul regolamento legale delle miniere in Grecia, a cominciare dal diritto di proprietà a loro relativo, si hanno sufficienti informazioni soltanto per quanto riguarda Atene, poco soddisfacenti invece per il resto della Grecia. Sappiamo che Pisistrato possedeva in Tracia miniere d'oro di grande rendimento, ma non sappiamo donde gli derivasse tale proprietà; altrettanto si dica delle miniere d'oro che Tucidide ebbe nella stessa regione. Sappiamo, d'altro lato, che al principio del sec. V a. C. Taso ricavava dalle miniere d'oro di Scapte-Ile una rendita di ottanta talenti all'anno, la quale, aggiuntavi quella un po' minore derivante dalle miniere dell'isola, bastava a risparmiare ai cittadini il pagamento dell'imposta fondiaria; a Sifno nel sec. VI a. C. i proventi delle miniere d'oro e d'argento erano divisi tra i cittadini; ma non si può indurre da ciò che esse fossero di proprietà demaniale, ma soltanto che allo stato spettava un diritto sul loro prodotto. Nell'Attica invece le miniere erano (forse come principio generale, ma certamente nella grandissima maggioranza dei casi concreti) parte del demanio pubblico: costituivano cioè una proprietà perpetua dello stato.

Non è escluso che nei tempi più antichi tale proprietà, la parte principale della quale era rappresentata dalle miniere del Laurio, fosse gestita direttamente dallo stato, ma poi il modo normale di sfruttamento fu la cessione in appalto aggiudicata dai poleti, per un periodo che generalmente era di tre anni per le miniere in corso di sfruttamento e di dieci per quelle che si cominciavano a sfruttare. Per ulteriori particolari, v. laurio.

I Romani, durante la repubblica, non si riservarono la proprietà di tutte le miniere che arricchivano i territorî da loro via via conquistati, sia che esse facessero parte dei demanî dei regimi precedenti alla loro conquista, sia che fossero state in possesso dei privati; ma ne cedettero un gran numero a privati, sia cittadini romani e italici, sia anche indigeni, sottoponendoli però naturalmente al pagamento di tasse speciali. Sappiamo infatti che dopo la conquista della Spagna le miniere furono invase da una folla di Italici avidi di guadagni, che Crasso ne possedette là di numerose e redditizie, che anzi ancora nei primi tempi dell'impero Sesto Mario, che fu messo a morte da Tiberio, ve ne aveva d'oro e d'argento; e, quanto a indigeni, sappiamo che le miniere d'oro dei dintorni di Aquileia appartennero per molto tempo ai Taurisci. Ma è certo che della maggior parte delle miniere d'oro e di non poche altre lo stato si riservò la proprietà, facendole appaltare ogni cinque anni dai censori, i quali si riservavano la direzione delle condizioni di sfruttamento, giungendo perfino a imporre in qualche caso i limiti numerici della mano d'opera da impiegare; ma, durante la repubblica, nella maggior parte dei casi i conductores metallorum all'estrazione e al trattamento del minerale facevano lavorare operai per proprio conto. Durante l'impero, gl'imperatori sottentrarono ai censori nell'amministrazione dei beni dei demanî pubblici, e nelle loro mani, mediante confische, compere e successioni, si vennero a concentrare la più parte delle miniere, che prima erano state proprietà private; sicché, tranne rarissime eccezioni, le miniere appaiono nell'impero proprietà del fisco o del patrimonium Caesaris. L'amministrazione ne era fatta per mezzo di procuratores, scelti tra liberti e schiavi imperiali, e generalmente preposti non a tutte le miniere di una provincia, ma a gruppi di miniere dello stesso genere, ed ecco i procuratores aurariarum Dacicarum e il procurator argentariarum Pannoniarum et Dalmatiarum. Questi funzionarî dirigevano essi stessi lo sfruttamento minerario adoperando direttamente il personale tecnico necessario, come nelle cave di Tralle, di Sinnada, di Caristo e in alcune della Numidia e in alcune miniere d'oro della Dacia, della Pannonia, della Dalmazia, o le davano in appalto a uno o più pubblicani, conductores, i quali non dirigevano da sé i lavori di scavo o di carattere metallurgico, ma li affidavano, alla loro volta, a impresarî obbligati a pagare canoni determinati.

Il sistema dell'appalto era usato per i monopolî dei servizî resi necessarî dalle grandi agglomerazioni di funzionarî, soldati, impresarî, schiavi, e ciò sia per assicurare al fisco altri cespiti, sia per garantire la continuità di quei servizî stessi necessarî allo sfruttamento delle miniere. Particolare luce su tutto ciò ha gettata, ma insieme non pochi problemi di difficile soluzione ha suscitati, il testo epigrafico, scoperto nel 1876, relativo alle miniere di Aljustrel, detto lex metalli Vipascensis (Corp. Inscr. Lat., II, 5181; v. anche appresso al paragrafo: Diritto).

Bibl.: A. Ardaillon, in Daremberg e Saglio, Dict. des ant. gr. et rom., p. 1840 segg.; Orth, in Pauly-Wissowa, Real-Encycl., Suppl. IV, col. 108 segg. (cfr. Fiehn, ibid., s. 2ª, III, col. 2241 segg.); H. Blümner, Techologie und Terminologie der Gewerbe und Künste, IV, Lipsia 1886; A. Böckh, Staatshaushaltung der Athener (ed. Fränkel), Berlino 1886 (trad. it. in V. Pareto, Bibl. di storia economica, I, i, Milano 1903); P. Guiraud, La main d'oeuvre industrielle dans l'ancienne Grèce, Parigi 1900; Freise, Geschichte der Bergbau- und Hüttentechnik, Berlino 1908; O. Hirschfeld, Die Kaiserlichen Vrwaltungsbeamte bis auf Deocletian, 2ª ed., Berlino 1905, p. 145 segg.; J. Marquardt, Römische Staatsverwaltung, II, 2ª ed., Lipsia 1884, pp. 159 segg., 252 segg.; M. C. Dubois, Étude sur l'administration et l'exploitation des carrières dans le monde romain, Parigi 1908; P. Louis, Le travail dans le monde romain, Parigi 1912, pp. 227 segg., 348 segg.; M. Rostovtzeff, The social and economic history of the Roman Empire, Oxford 1926 e trad. ital., Firenze 1932 (v. gli indici); A. Momigliano, in Athenaeum, X (1932), p. i segg.

Medioevo. - Con la decadenza del mondo antico e il sorgere delle signorie feudali e dell'economia curtense (v. industria), la coltivazione delle miniere perdette ovunque d'importanza e venne limitata, in genere, all'estrazione dei pochi quantitativi di minerali di uso locale. Ma, a partire dal sec. XI, col risvegliarsi delle attività cittadine e degli scambî, essa ebbe nuovo grande sviluppo. Tornarono a essere estratti tutti i metalli conosciuti e sfruttati nell'antichità, l'argento specialmente, disponibile in vecchi e nuovi giacimenti mentre l'oro scarseggiava, il ferro, il rame, lo stagno, il piombo, il mercurio. Si conobbe anche il carbon fossile, e sembra che fino dal 1113 i monaci del monastero di Klosterrath (Klosterroda) nella prov. di Limburgo ne avessero iniziato il primo sfruttamento minerario, mentre del suo uso parlano documenti della città di Ruttichen del 1198 e di Newcastle del 1243, ma in verità questo prodotto non acquistò vasta importanza mineraria che verso la metà del sec. VII.

Notevoli furono, in relazione col nuovo sviluppo minerario, gli spostamenti dei centri di estrazione. Delle molte e celebri miniere dell'antichità, riacquistarono importanza, nel Medioevo, quelle di rame, mercurio, ferro, ecc., della Spagna, riaperte dagli Arabi, le miniere di ferro della Stiria, quelle aurifere della Transilvania, i giacimenti delle Isole britanniche. Ma il vero centro dell'industria mineraria si trasportò nei territorî dell'Europa centrale, dove si erano andati utilizzando giacimenti sconosciuti nell'antichità classica: le miniere di argento dell'alto Harz (Clausthal, Goslar) e di rame del basso Harz (Mansfeld), le miniere di argento, stagno, piombo, ferro dell'Erzgebirge o Monti Metalliferi, miniere che si sviluppano sia in territorio sassone (Freiberg, Manenberg, Annaberg), sia in territorio boemo (Joachimsthal, oggi Jáchymov, Přibram), le miniere di ferro, rame, ecc., dell'attuale Slovenské Krušnohori o Monti Metalliferi slovacchi (Schemnitz, oggi Baňská Stiavnica; Kremnitz, oggi Kremnica, ecc.), i giacimenti auriferi delle Alpi Taure (Gastein e Greibenberg) nel Salisburgo, le miniere di piombo della valle di Gail (Bleiberg, Raibl) nella Carinzia, le miniere di ferro dell'Erzberg stiriano, le miniere di rame e argento di Falkenstein presso Schwaz nel Tirolo, le miniere di ferro della Slesia (Gleiwitz, Beuthen), dell'Alsazia, ecc.

In ragione di questa nuova distribuzione territoriale, la Germania si assicurò un primato nella lavorazione mineraria, ed ebbe grande, se non esclusiva, influenza nell'elaborazione di consuetudini, statuti, regolamenti minerarî. Minatori tedeschi, specie del Harz, lavorarono nelle principali miniere e fondarono le più celebri città minerarie del Medioevo (Joachimsthal in Boemia, Schemnitz in Slovacchia, ecc.). Non pare tuttavia che la tecnica avesse segnato, in tale epoca, alcun sensibile progresso su quella antica. Perduto il ricordo della costruzione di gallerie, già praticata nell'antichità, il lavoro minerario era condotto in campi di limitatissima estensione, a cielo aperto o con scavo di piccoli pozzi. Gli utensili del minatore consistevano nel piccone, nella tina o mastello per la raccolta e il trasporto dell'acqua, nella corba per il trasporto del minerale. I trasporti erano tutti fatti a braccia o con argano a mano. Solo quando si dovette scendere a maggiori profondità, incontrandosi difficoltà per l'eduzione delle acque e la ventilazione, si pensò a praticare la costruzione di gallerie. E questa costruzione, iniziata in Boemia nel secolo XIII, e diffusasi in altri centri minerarî nel secolo XIV, pare sia rimasto l'unico importante progresso tecnico del tempo.

L'ordinamento feudale, con l'obbligo di prestazione di lavoro verso il signore, caratterizzò la coltivazione mineraria per tutto il Medioevo e talvolta anche, in alcuni territorî, fino al sec. XVIII. Ma accanto a questo ordinamento, si andò sviluppando, specialmente in Germania, la cosiddetta società per quote (Anteilsgenossenschaft). Era questa un'associazione di artigiani per l'esercizio delle miniere, alla quale ciascun membro contribuiva con una quota patrimoniale e col proprio personale lavoro, avendo diritto, in ragione delle sue prestazioni, a una determinata quota della produzione.

Fu da queste associazioni di artigiani che, col crescere delle necessità patrimoniali nell'esercizio delle miniere, si andò distaccando un tipo di società a quote prettamente patrimoniali. Speciale disciplina ebbe poi il diritto sulle sabbie aurifere e sui detriti dei fiumi. Grande celebrità acquistò, nel campo minerario, dal punto di vista giuridico, il regolamento di Iglau, poi adottato da altri paesi.

Secoli XV-XVII. - A partire dalla seconda metà del sec. XV, l'industria mineraria subì importantissime evoluzioni. Si fece avvertire, da una parte, il grande contributo di produzione di metalli preziosi delle miniere del Messico e del Perù (Potosí, ecc.) e delle minori africane, prima manifestazione d'una espansione mineraria dei nuovi continenti che doveva assurgere alla massima importanza nel sec. XIX; si andò attuando dall'altra una profonda trasformazione tecnico-economica nelle miniere europee.

In queste miniere l'esaurimento degli strati superficiali rendeva ormai necessario il lavoro a grandi profondità. Ma un ostacolo gravissimo era rappresentato dalle crescenti difficoltà di eduzione delle acque, e da una soluzione economica dei problemi collaterali di ventilazione e trasporto di minerale. Questo momento critico si presentò già dalla seconda metà del sec. XV nelle miniere di argento, ferro e rame, nel sec. XVIII nelle miniere di carbone e stagno. Una via di soluzione consistette, per alcune miniere, nell'ammassamento di mano d'opera. Un cronista riferisce che nel 1523 a Schwaz nel Tirolo erano accentrati 600 e più portatori d'acqua, i quali si disponevano, a turno, giorno e notte, lungo le scale dei pozzi, passandosi l'un l'altro le bigonce o tine di acqua raccolta al fondo. Ma questa soluzione, per i pericoli e i costi che determinava, non poteva essere che transitoria. Si studiò piuttosto e si riuscì a effettuare l'introduzione di mezzi meccanici e, già nella seconda metà del sec. XV, macchine idrauliche, ventilatori, montacarichi entrarono in uso in molte miniere. Fra le macchine idrauliche, ebbero allora applicazione la noria a secchi, disegnata da K. Kyeser nel 1405 e, secondo Calvör, introdotta nelle miniere del Harz fin dal 1535, la noria a dischi, descritta da J. Mariano nel 1438 e da G. Agricola nel 1550, la pompa a stantuffi o pistoni, descritta pure da Mariano, e, secondo Calvör, introdotta nelle miniere di Joachimsthal fin dal 1565, per opera di uno straniero. Fra i ventilatori, furono in uso il soffiatore a mantice, descritto da Kyeser nel 1405, da Mariano nel 1438 e da Agricola nel 1550, e la macchina soffiante centrifuga o rotativa descritta da G. Agricola nel 1550 e certamente applicata nelle miniere sassoni fino dalla prima metà del secolo XVI. Dei montacarichi dà una descrizione G. Agiicola nel suo De re metallica, scritto nel 1550 e pubblicato a Basilea nel 1556. Molte di queste macchine erano conosciute nell'antichità, ma cadute in disuso e dimenticate. Esse venivano azionate con timpani, ruote idrauliche, argani, e un po' più tardi col maneggio. Descritto da Mariano nel 1438, sembra che questo fosse introdotto nelle miniere tedesche nel 1504 e vi restasse lungamente in uso. Se ne costruirono, secondo qualche cronista, per alcune decine di cavalli.

L'introduzione di queste macchine fu seguita nei primi anni del sec. XVII da altre innovazioni tecniehe. Nel 1627 tale C. Weindel faceva brillare la prima mina nelle miniere di Oberbieber in Schemnitz: l'uso non si poté subito estendere mancando un mezzo di sicurezza per l'otturamento del foro da mina, ma nel 1687 K. Zumbe risolse il problema, applicando a questo scopo un'argilla del Harz e inventando anche la miccia o innesco. Nel 1636 tale H. Hutmann introduceva la prima perforatrice per miniere, adottando a questo specifico lavoro la sonda geologica di B. Palissy del 1550. Nel 1630 l'ingegnere inglese H. Beaumont, perfezionando un uso delle miniere tedesche, costruiva un binario in legno per il trasporto del carbone da Newcastle al porto, e rendeva con ciò possibile la trazione animale di 60 q. alla volta di minerale. Furono così raggiunte tutte le condizioni tecniche per il lavoro a grande profondità e in estensione.

Non pare che questi perfezionamenti tecnici, a cagione appunto dell'estensione del lavoro, avessero influenza sul numero dei lavoratori occupati nelle miniere. Nel sec. XVI, un'alta maestranza si conservò nelle miniere d'argento e risulta che nel 1556 nelle 36 miniere di Falkenstein in Tirolo erano occupate 6850 persone, delle quali 450, 421 e 416 rispettivamente nelle tre più grandi. Quando nel sec. XVII tali miniere decaddero, un'alta maestranza si ebbe nelle miniere di carbone inglesi, e G. Corgraphia riferisce come un imprenditore di Newcastle nel 1649 impiegasse da 500 a 1000 minatori.

Le innovazioni tecniche ebbero invece profonda influenza sulle forme economico-giuridiche di esercizio delle miniere. Già fino dalla seconda metà del sec. XV, o società per quote, o la stessa amministrazione pubblica avevano assunto il compito d'installare le macchine per l'estrazione dell'acqua, troppo costose per la disponibilità dei singoli possessori di miniera: così nel 1475 una società si era costituita fra i ricchi borghesi di Cracovia per estrarre le acque dalle miniere di rame slovacche (allora ungheresi), che stavano quasi per essere abbandonate, dietro un compenso in parte fisso in parte commisurato al minerale estratto; nel 1554 a Falkenstein nel Tirolo, l'amministrazione pubblica si assumeva il carico dell'estrazione dell'acqua, ecc. Ma col progredire degli anni, i mutamenti nell'esercizio divennero molto più profondi. Vere e proprie imprese capitalistiche, talvolta derivate dalle società per quote sopraddette, più spesso sorte in via del tutto indipendente, assorbirono la proprietà delle miniere, organizzandovi il grande esercizio. Non fu raro il caso, che gli stessi compratori del minerale, o gli anticipatori di capitali, assorbissero l'esercizio minerario, come fecero i Fugger per le miniere di rame allora ungheresi, e i commercianti inglesi per le miniere di stagno (The Mine Adventurers Co.); o che lo stato stesso intervenisse, come in Boemia per le miniere di argento. In Inghilterra, sì diffuse il tipo d'impresa capitalistica per la ricerca e lo sfruttamento di nuovi giacimenti di carbone. Notevole la partecipazione di nobili a queste prime imprese capitalistiche (W. Sombart).

L'ordinamento del lavoro in questo periodo risultò dei più varî. Si conservò in molte miniere di Germania, Austria, Polonia, Russia, la servitù rustica e si protrasse fin quasi alla fine del sec. XVIII, come ci ricorda un privilegio del Nassau-Saarbrüch del 1788, il quale esentava un servo della gleba, che lavorasse nelle miniere e pagasse un tallero del Reich, dai servizî feudali e di caccia.

In altri casi si diffuse, invece, il cosiddetto lavoro obbligatorio, come ci risulta nel sec. XVII per alcuni stati di Germania, per l'Inghilterra e la Scozia. Altrove i lavoranti dedicavano alcune ore al lavoro minerario, altre al lavoro agricolo. Andarono sparendo in quest'epoca le società di artigiani minatori del Medioevo. Prima costrette ad assumere anticipazioni dal possessore di capitali, e a entrare quindi in rapporti di Verlag, andarono poco a poco subendo la trasformazione di questo rapporto in contratto di cottimo. Ancora nel sec. XVIII, comunità di minatori stringevano contratti di tal genere con l'impresa mineraria, e vi era, tipico residuo di vecchie usanze, l'obbligo per il minatore di apprestare gli utensili personali. Il contratto di cottimo divenne poi di uso quasi generale nelle miniere.

Secoli XVIII-XIX. - Nel 1713 si cominciò a utilizzare il coke negli alti forni, e nel 1789, con l'introduzione del processo detto del puddellaggio, nella fabbricazione dell'acciaio (v. ferro). Ciò ebbe enorme influenza sull'industria di fusione del ferro e su quella mineraria del carbone. La prima, che fino a quel tempo si era localizzata in luoghi prossimi ai boschi e alle selve, per avere disponibilità di carbone vegetale, si spostava verso i grandi centri minerarî del carbone. La seconda, che già si era notevolmente sviluppata nella seconda metà del sec. XVII, riceveva nuovo impulso: nei soli distretti del Northumberland e del Durham in Inghilterra il numero delle miniere di carbone passava da 14 nel 1753 a 400 nel 1800, ma anche in Belgio, nella Ruhr, nell'Alsazia, nella Slesia, si aprivano e sfruttavano nuove miniere. Contemporaneamente si acquistavano le prime conoscenze chimiche su altri metalli, quali l'alluminio, il nichel, il platino, ecc. e s'iniziava, in Inghilterra e in Alta Slesia, la coltivazione di qualche miniera di zinco, metallo, sembra, conosciuto dall'antichità, ma non sfruttato fino a questo tempo nelle miniere d'Europa, e importato piuttosto dalla Cina (lo si chiamava stagno delle Indie).

La tecnica mineraria, intanto, progrediva per effetto della costruzione delle prime macchine a vapore e della loro applicazione all'eduzione delle acque dalle miniere. Modelli di macchine a vapore avevano già brevettato o descritto O. Ramsey nel 1630, E. Somerset nel 1659, Th. Savery nel 1698, ma la prima macchina che avesse effettiva applicazione industriale fu quella costruita da Th. Newcomen nel 1711: essa entrò in esercizio a Griff nel Worwickshire e nel 1715 fu introdotta in Germania. Nel 1763-64, J. Watt, studiando la macchina di Newcomen, riuscì a perfezionarla, e nel 1768 impiantò la sua nuova macchina nella miniera di carbone di Kimeil, presso Borrowstoress. Da allora, la macchina a vapore ebbe notevole diffusione e dominò la tecnica mineraria fino all'introduzione dei motori elettrici (seconda metà del sec. XIX).

Nel sec. XIX l'industria mineraria raggiungeva le condizioni del suo massimo sviluppo. L'estrazione del carbon fossile e dei minerali di ferro, materie prime necessarie alla grande trasformazione industriale dell'epoca, avveniva ormai per quantitativi imponenti: nel solo Northumberland e nel Durham, il numero delle miniere di carbone era salito da 40 nel 1800 a 130 nel 1843, e ciascuna aveva grandemente sviluppato la sua potenzialità produttiva. D'altra parte ai metalli comuni, sfruttati fin da tempi remoti, si era andato sempre più largamente aggiungendo lo zinco: fin dal 1807 un grandioso centro minerario-metallurgico per lo sfruttamento di questo metallo era sorto a Vieil Montagne nel Belgio, che più tardi utilizzò anche i minerali dell'Alta Slesia e della Sardegna. Progressivamente altri prodotti minerarî entrarono nell'uso, che erano stati o sconosciuti nel passato o noti soltanto come curiosità: così molti metalli, poi divenuti d'importanza fondamentale nei procedimenti siderurgici e di preparazione delle leghe (manganese, cobalto, cromo, tungsteno, vanadio, eec.), la bauxite per la produzione dell'alluminio, i minerali delle terre rare (monazite, thorite, ecc.), le sostanze concimanti (fosfati, nitrati, ecc.).

I progressi stessi della metallurgia, della chimica industriale, della tecnologia mineraria, quando non portarono a nuove scoperte e a nuove utilizzazioni minerarie, consentirono lo sfruttamento di giacimenti di minerali poveri di materia utile o di difficile trattamento. Ebbe enorme importanza, a questo riguardo, la scoperta del processo di defosforazione Thomas, avvenuta nel 1868, che consentì lo sfruttamento dei grandi giacimenti di minerale di ferro fosforoso del Lussemburgo e della Lorena (v. ferro). Ma anche la scoperta del trattamento di cianurazione dei minerali auriferi a basso tenore di metallo, quella del processo Mond per il trattamento dei minerali di nichel, l'introduzione dei forni Spirek per il trattamento del mercurio, portarono a sviluppi minerarî impensati. Nel campo strettamente tecnico-minerario, influirono poi sull'estensione del lavoro, l'introduzione dei procedimenti di trattamento del minerale per fluttuazione (v.), lo sviluppo dell'energia elettrica come forza motrice, l'impiego delle dinamiti e di altri esplosivi ad alta potenza, l'uso di pompe centrifughe ad alta pressione e di impianti ad aria compressa, ecc.

Ma quel che soprattutto caratterizzò questo periodo, fu la rapidissima estensione della coltivazione mineraria fuori dei centri classici dell'Europa. Abbiamo visto che, già fin dal sec. XV, oro e argento provenivano dall'America in gran quantità, mentre fin dalle più remote antichità prodotti minerarî erano forniti dai paesi africani e asiatici prospicienti o vicini al mare Mediterraneo. Tuttavia solo nel sec. XIX la coltivazione mineraria poté acquistare sviluppo mondiale. Grandi giacimenti di minerali delle più diverse specie furono scoperti e sfruttati, durante il secolo, in lontani paesi: così il ferro e il carbone negli Stati Uniti, il rame nel Chile e negli Stati Uniti, lo stagno nelle Indie olandesi (Banka, Billiton) negli Stabilimenti degli stretti e in Bolivia, lo zinco e il piombo negli Stati Uniti, nel Canada, in Australia, nel Messico, il nichel nel Canada e nella Nuova Caledonia, lo zolfo negli Stati Uniti, l'argento nel Sud-Africa, nel Canada, negli Stati Uniti, nel Messico, ecc. La sola produzione del rame che era appena di 91 mila tonn. nel 1801-10 passava a 3,7 milioni di tonn. nel 1891-900. La produzione dell'oro che si aggirava intorno ai 20 mila kg. prima che si scoprissero intorno alla metà del secolo le miniere di Australia e California, passava a 150-200 mila kg., per salire, dopo la scoperta delle miniere del Canada e del Sud-Africa, fino a un massimo di 700.000 kg. (1912). In questo sviluppo, grandissima parte ebbero gli Stati Uniti, con le loro enormi risorse di carbon fossile, ferro, rame, piombo, zinco, bauxite, produzioni minerarie tutte per le quali attualmente essi detengono il primo o il secondo posto.

Naturalmente, dopo queste scoperte, il commercio minerario, prima limitato a zone relativamente vicine, divenne uno dei più importanti rami del commercio internazionale. Mentre, per altra via, i grandi aggruppamenti industriali metallurgici, per garantirsi l'approvvigionamento di materie prime, cominciavano a controllare le imprese minerarie che così perdevano in gran parte la loro autonomia. Un'evoluzione tipica delle condizioni di lavoro si è avuta nelle miniere extra-europee, dove non di rado i lavoratori di razza non bianca sono arruolati per lungo periodo di anni, e concentrati intorno alla miniera, in campi detti "compounds".

Bibl.: A. M. Héron de Villefosse, La richesse minerale, voll. 3, Parigi 1819; R. Graf Sternberg, Umrisse einer Geschichte der böhmischen Bergwerke, voll. 2, 1836-38; G. Schmoller, Die geschichtliche Entwicklung der Unternehmung, X: Die deutsche Bergwerksverfassung von 1400-1600, in Jahrbuch, XV (1891); Max v. Wolfstsigl-Wolfskron, Die Tiroler Erzbergbaue, Innsbruck 1903; J. Bernard Mannix, Mines and their story, Londra 1913; A. Zycha, Das böhmische Bergrecht des Mittelalters auf Grundlage des Bergrechts von Iglau, II, 1900; O. Hué, Die Bergarbeiter, I, 1910.

Tecnica mineraria.

L'arte mineraria, oltre alla coltimzione propriamente detta, comprende i lavori di ricerca, i quali servono a scoprire i giacimenti, (v. minerarî, giacimenti), ad accertare se sono coltivabili e a stabilirne il valore, i lavori di approccio, per i quali i giacimenti sotterranei sono messi in comunicazione con l'esterno, e i lavori di preparazione e di tracciamento, per tracciare la rete di scavi che deve formare l'ossatura della coltivazione. E cioè, dopo avere - nella fase precedente - raggiunto il giacimento con pozzi e gallerie, lo si segue con gallerie a diversi livelli e queste gallerie si mettono in comunicazione l'una con l'altra per mezzo di pozzetti o di gallerie inclinate; in tal modo esso viene diviso m zone, quartieri o massicci. Di solito, i lavori di preparazione continuano sistematicamente anche nella fase successiva, e cioè mentre con i lavori di coltivazione si scava il minerale utile nei cantieri di abbattimento. Questi ultimi sono aperti nei massicci secondo un piano che risponde al metodo di coltivazione, scelto in modo da ottenere il massimo rendimento in minerale utile con la minima spesa e, insieme, curando la sicurezza delle persone e la conservazione delle opere necessarie alla completa coltivazione del giacimento. Tutti i lavori sopra elencati hanno importanza diversa, secondo le condizioni delle singole miniere; in certi casi una delle fasi manca, oppure è abbinata a un'altra.

Per rendere possibili i lavori, si provvede a una buona ventilazione del sotterraneo, assicurando il ricambio dell'aria viziata e anche l'eliminazione dei gas nocivi, che, in certi casi, si sviluppano dal giacimento. In quasi tutti i lavori sotterranei si hanno venute d'acqua più o meno importanti; se la configurazione del terreno non consente di farla uscire dalla miniera traverso semplici gallerie di scolo, quest'acqua viene estratta con gli appositi impianti di eduzione. Altri servizî accessorî indispensabili nei lavori minerari sono quelli dell'illuminazione (che richiede speciali precauzioni, quando si è in presenza di gas infiammabili); quelli della circolazione degli operai e della sicurezza e prevenzione degl'infortunî. Inoltre hanno grande importanza i mezzi di trasporto del minerale dai cantieri di abbattimento all'esterno e dalla miniera alla stazione ferroviaria o al porto d'imbarco.

Quanto si è detto finora si riferisce a coltivazioni sotterranee. La coltivazione a cielo aperto è diversa e più semplice (v. cava).

In ogni caso, l'operazione caratteristica dell'arte mineraria - operazione alla quale sono subordinate tutte le altre - è quella dell'abbattimento o scavo, sia delle rocce sterili che si debbono attraversare per raggiungere il giacimento, sia del materiale utile.

Ricerca dei giacimenti minerarî. - I lavori di ricerca servono a scoprire i giacimenti e a fornire i dati per determinarne con la maggiore approssimazione possibile l'estensione, l'andamento, la potenza e il tenore. In certi casi servono anche a ritrovare la continuazione di un giacimento già coltivato, oppure orizzonti minerarî prossimi.

I lavori che mirano alla scoperta si dicono di indagine (o anche prospezione). Quelli praticati fino a non molti anni fa consistevano nell'esame degli affioramenti, delle alluvioni, delle frane, dei tagli artificiali del terreno, delle vestigia di antiche coltivazioni, ecc. Dove si avevano buoni indizî dell'esistenza di un giacimento, si scavavano trincee o pozzetti per completare l'indagine degli strati superficiali. I giacimenti profondi si ricercavano con trivellazioni e sondaggi (v.). Tutti i metodi accennati sono sempre largamente usati. La prima indagine viene eseguita di preferenza con metodi scientifici, fondandosi sulla conoscenza della struttura geologica della regione, delle proprietà fisiche dei diversi minerali e dell'origine dei giacimenti. Trovano sempre maggiori applicazioni i metodi gravimetrici, magnetometrici, sismici, elettrici, ecc., che vanno compresi sotto il nome di metodi geofisici. Per tutti i metodi d'indagine, v. prospezione.

Quando i lavori d'indagine hanno dato la prova, o, almeno, una seria presunzione, dell'esistenza di un giacimento, si continuano le ricerche con gallerie e con pozzi, oppure con sondaggi.

Se il giacimento affiora in qualche punto, bastano delle trincee per metterne a nudo la formazione e determinarne la direzione, la pendenza e lo spessore; per esaminare il suo comportamento in profondità, a intervalli si abbassano delle gallerie inclinate. Talora, se lo scavo delle rocce incassanti di tetto o di muro riesce più facile di quello del materiale che costituisce il giacimento, oppure se questo per la sua natura franosa o spingente esige costosi consolidamenti, lo si segue, a breve distanza, nelle rocce incassanti e lo si riconosce a intervalli con traverse (fig. 1). I giacimenti di grande potenza e, in generale, quelli irregolari, si esplorano con gallerie che ne contornano le sponde in tutte le irregolarità del loro andamento e con traverse che lo esplorano nei particolari (fig. 2).

Se un giacimento corre quasi parallelamente a una valle e il rilievo del terreno non permette di seguirlo partendo dagli affioramenti, si cerca di tagliarlo in profondità con una o più gallerie normali, o quasi, alla sua direzione (fig. 3). Quando la pendenza del giacimento è piccola e le gallerie suaccennate riuscirebbero troppo lunghe, lo si esplora con pozzi oppure con gallerie inclinate, dalle quali partono, a diversi livelli, le gallerie secondo la direzione del giacimento (fig. 4). Infine, quando il terreno è pianeggiante e il giacimento quasi orizzontale e non affiora in nessun punto, le ricerche si possono compiere solo con pozzi dai quali partono le gallerie di esplorazione, oppure con sondaggi.

Quando il giacimento è molto profondo, quando si debbono attraversare terreni acquiferi o, comunque, difficili, e quando si ricercano petrolî, gas naturali e acque, che vengono estratti per mezzo degli stessi fori ottenuti con le trivellazioni, i sondaggi costituiscono l'unico mezzo di esplorazione. Con essi però il giacimento viene riconosciuto in punti isolati e, perciò, meno completamente che con le gallerie. Può accadere che un giacimento di mineralizzazione poco costante sia attraversato dai fori di sonda in zone sterili, oppure in zone molto ricche e che questo induca a giudizî errati sul suo valore. Invece, i sondaggi sono utili nella ricerca dei giacimenti stratificati, nei quali la potenza e il tenore si mantengono costanti o, per lo meno, variano in modo graduale.

Subordinatamente all'obiettivo principale - che è quello di studiare il giacimento con la minima spesa - si procura di fare in modo che gli scavi eseguiti per i lavori di ricerca possano essere utilizzati nella coltivazione della miniera. Ai lavori di ricerca si deve sempre dare quello sviluppo che è necessario per riconoscere una quantità di minerale sufficiente a compensare le spese d'impianto della miniera.

In molti casi i lavori di ricerca non sono nettamente distinti da quelli di preparazione della miniera. Nei giacimenti molto irregolari, nei quali le ricerche debbono essere eseguite con una rete fitta di scavi per seguire le brusche variazioni dell'andamento della potenza e del tenore, a ricerche finite la miniera si trova in gran parte preparata. Invece, se i giacimenti sono regolari e il loro tenore non varia improvvisamente, possono bastare pochi pozzi o sondaggi.

Per determinare il tenore medio del minerale, si prelevano campioni dalle pareti dei pozzi e delle gallerie, possibilmente a intervalli regolari, mettendo la massima cura nello sceglierli in modo che rappresentino esattamente la massa del giacimento. Tale prelevamento può dare luogo a errori gravissimi, se non è eseguito con le necessarie cautele.

Lavori di approccio. - Sono quei lavori che servono a raggiungere dall'esterno la porzione di giacimento da coltivare.

Nel caso della fig. 5 il giacimento è raggiunto a diversi livelli con traverso-banchi. Inveee, in quelli delle figg. 6 e 7, lo si raggiunge con pozzi dai quali partono gallerie tutte allo stesso livello se il giacimento è orizzontale (fig. 6), a diversi livelli se inclinato (fig. 7). In certi casi, per evitare traverso-banchi troppo lunghi, si aprono discenderie o pozzi inclinati, talora ricavati nel giacimento stesso, più spesso parallelamente a ess0 nella zona del letto (fig. 8).

Lavori di tracciamento. - Raggiunto il giacimento, lo si segue con gallerie in direzione, che lo dividono in zone orizzontali, dette livelli. Poi, a intervalli più o meno regolari, si aprono comunicazioni tra un livello e l'altro con pozzetti o fornelli, oppure con rimonte e discenderie. Se il giacimento è quasi orizzontale, si mettono in comunicazione l'una con l'altra le gallerie in direzione per mezzo di gallerie normali a esse. In tale modo il giacimento viene diviso in massicci, nei quali poi si apriranno i cantieri di abbattimento, e sono tracciate le vie per accedervi, per estrarre il materiale, per attivare la ventilazione, ecc.

Nella fig. 9 è illustrato un tracciamento fra due diversi livelli. Si hanno due gallerie-base in direzione, un piano inclinato per la discesa del materiale e la discenderia di transito. Dal piano inclinato si tracciano poi gallerie intermedie fino alla fronte di abbattimento; l'intervallo fra due piani inclinati consecutivi limita i cantieri di abbattimento. I lavori di tracciamento possono, in parte, essere fatti a tetto oppure a muro del giacimento.

Metodi di abbattimento. - I metodi e i mezzi impiegati nell'abbattimento dipendono dalla durezza, dalla compattezza e dalla tenacità delle rocce e anche dalla loro fissilità e cioè dalla presenza di fratture dovute a dislocazioni, di fessure dovute al raffreddamentti delle rocce eruttive e di piani di minore resistenza, che non mancano neanche nelle rocce più dure e compatte a causa dalla stratificazione, di azioni dinamiche, ecc.

Rispetto alla durezza e alla tenacità le rocce possono essere divise in diverse classi: 1. durissime e tenaci: p. es., diabasi, basalti, granuliti, porfidi silicei, gneiss quarzosi; 2. dure: p. es., graniti, calcari silicizzati, gneiss, porfidi, arenarie; 3. semidure: p. es., calcari, dolomie, scisti cristallini e ardesiaci; 4. tenere: p. es., anidrite, gesso, tufi, scisti, carboni, ecc.; 5. plastiche, di minima durezza, ma relativamente tenaci: per es., marne, argille compatte, torbe, limonite; 6. sciolte o incoerenti: p. es., sabbie, alluvioni, terreno vegetale. Quelle delle prime tre classi, quando la durezza predomina sulla tenacità, si dicono rocce fragili, come il quarzo cristallino, i graniti, i calcari spatici, ecc.; nel caso opposto tenaci e consistenti, come le rocce anfiboliche, le serpentine, i diabasi, gli scisti micacei, ecc.

Nelle coltivazioni a giorno (v. cava), le rocce sciolte vengono abbattute a mano con pale, vanghe, ecc., oppure a macchina con escavatori, se il lavoro si compie all'asciutto, con draghe, se sott'acqua (v. escavatrici, macchine). Per l'abbattimento di sabbie alluvionali metallifere, in qualche caso (p. es., in quelle della California) è stata utilizzata l'azione disgregatrice di un getto d'acqua ad alta pressione, erogata a mezzo di speciali lance a ugello (monitors). Le rocce plastiche agglutinate, vengono abbattute con utensili a zappa e marre o mediante picconi a zappa o gravine (fig. 10); oppure con macchine escavatrici le cui tazze sono munite di denti a scalpello fissati al loro bordo, consistenti in ruota munita di denti. Per le rocce tenere o plastiche sopra elencate e talora anche per quelle semidure, quando sorio molto fessurate e la loro coesione è stata diminuita anche con l'uso di esplodenti, s'impiega il piccone, oppure macchine speciali, e cioè le picconatrici o picconi pneumatici e le scanalatrici.

Il piccone, strumento tipico delle miniere di carbone, di quelle di zolfo, ecc., ha forme svariatissime a seconda della natura delle rocce, del genere di lavoro e anche delle consuetudini locali. Si hanno picconi a punta semplice, a punta doppia, a punte ricambiabili, a lama, ecc. (fig. 10). Col piccone si disgrega la roccia praticando un solco detto intaglio, possibilmente in modo da liberare la parte da abbattere e ottenere che si stacchi facilmente dalla rimanente roccia. Si hanno, così, sottoscavi AB e soprascavi MN, se i tagli sono orizzontali e incastri o intagli PPI, PAB se verticali (fig. 11). Per es., mediante il sottoscavo AB e i due intagli laterali AM e BN (fig. 11) e con l'aiuto dí leve e di poco esplosivo, si riesce a staccare facilmente il parallelepipedo ABMN lungo il piano MN. Il lavoro, poi, può proseguire lungo AA1 e A1M4.

Nelle rocce durissime e in quelle dure e semidure si usa quasi esclusivamente l'abbattimento con gli esplosivi, che si compie facendo brillare delle mine nelle rocce da abbattere. Lo scavo dei fori di mina in alcune miniere si esegue ancora a mano, ma, generalmente, si preferiscono i metodi moderni di perforazione meccanica e specialmente quelli che usano i martelli perforatori (v. mina; perforatrice; perforatori, martelli).

Il materiale abbattuto ha sempre un volume superiore a quello della roccia dalla quale proviene. Il rapporto fra il primo e il secondo, detto coefficiente di aumento di volume, è (secondo Treptow) 1,25 per la sabbia, 1,50 per le rocce tenere, 2,00-2,50 per le rocce compatte. Il volume del materiale abbattuto diminuisce con l'assestamento. Questi fenomeni hanno molta importanza nel riempimento dei vuoti lasciati dagli scavi.

Gallerie. - Le gallerie servono per il trasporto del materiale scavato e di quello di riempimento, per il transito degli operai, per la ventilazione, per il passaggio delle condutture dell'acqua e di quelle dell'aria, ecc. Esse hanno ordinariamente una leggiera pendenza, per favorire il deflusso delle acque e il movimento dei vagoni carichi.

Secondo la loro posizione in rapporto al giacimento, si distinguono gallerie: 1. in traverso (traverso-banco); 2. in direzione (allungamenti, avanzamenti, gallerie di livello); 3. in pendenza (rimonte o discenderie, secondo che il loro scavo è stato iniziato dal basso oppure dall'alto). Le gallerie in traverso sono quelle che tagliano trasversalmente la formazione geologica. Le gallerie in direzione e quelle in pendenza possono essere scavate dentro il giacimento, oppure fuori di esso: al disotto (a muro) oppure al disopra (a tetto). Secondo lo scopo, si distinguono in gallerie di ricerca, gallerie di transito, gallerie di carreggio, gallerie di scolo, gallerie di ventilazione, ecc.

La parte superiore delle gallerie è detta cielo o corona o vòlta; le parti laterali pareti, piedritti o paramenti; quella inferiore suola o piede. Sopra quest'ultima si posa il binario sul quale corrono i vagoni; per lo scolo delle acque si può avere una cunetta (o rigola).

Le rocce, nelle quali sono scavate le gallerie, tendono a franare. Nelle rocce molto compatte non si ha che una spinta verticale, quasi trascurabile, sulla vòlta; invece, i terreni fluenti o scorrevoli esercitano forti pressioni, sia verticali sia orizzontali, e tutte le pareti delle gallerie aperte in essi tendono a deformarsi e a riempire lo scavo. Generalmente, per impedirne la chiusura, la galleria viene rinforzata con armature o rivestimenti e la sezione viene scelta anche in relazione all'intensità e alla direzione delle pressioni. La sezione che meglio resiste nelle rocce plastiche, è la circolare (v., per le gallerie stradali e ferroviarie, galleria, XVI, 293-300), ma di solito per facilità di armamento, si dà alle gallerie di miniera una sezione trapezia (fig. 12). La larghezza alla base e l'altezza sono presso a poco uguali e di 1,80-2,00 m.

Costruzione. - Le gallerie si scavano abbattendo successivamente, con le mine, parallelepipedi di roccia, di base eguale alla sezione della galleria o fronte, e asportando il materiale rimosso (sgombro). L'altezza del parallelepipedo, e cioè la profondità dello scavo ottenuto a ogni attacco, si chiama avanzamento, oppure volata o sfondo. Nelle rocce tenere si usa anche il piccone.

Se i terreni da attraversare sono sciolti o spingenti (sabbie, ghiaie, argille, ecc.), il metodo ordinariamente impiegato consiste nello spingere sul cielo della galleria alcuni tavoloni tagliati a cuneo, disposti sopra un'apposita intelaiatura (fig. 12); qualora occorra, si spingono altri tavoloni sui lati, in modo da formare una specie di tramoggia o cassettone intorno al parallelepipedo da scavare. Questo metodo viene comunemente chiamato a marcia avanti.

Armature. - Le armature servono a proteggere gli operai dalla caduta di frammenti di roccia, e, nelle rocce tenere, a mettere la galleria in condizione di resistere meglio alle pressioni. Nella loro costruzione si cerca di evitare ogni spesa che non sia proporzionata all'importanza delle opere da mantenere e così quelle delle gallerie di livello e dei traverso-banchi principali, che devono avere maggiore durata, sono molto più robuste di quelle delle gallerie di coltivazione, nelle quali si usano spesso armature cedevoli che consentono, senza spezzarsi, un graduale assestamento.

Il materiale più frequentemente impiegato è il legno, che, se ha il difetto dell'insufficiente resistenza alle forti pressioni e della breve durata, presenta i vantaggi della grande adattabilità e della cedevolezza. L'elemento più comune delle armature in legno è il quadro fatto di travi tonde o squadrate (preferibilmente di essenza forte) e, cioè, di due puntelli laterali detti gambe o ritti sui quali poggia, sotto il cielo della galleria, una terza trave detta cappello; quando anche la suola della galleria è soggetta a pressione, si impiega il quadro completo, munito di una soletta o soglia sotto le gambe (fig. 13). I quadri sono disposti a distanze che variano secondo la pressione; di solito a o,50-1,00 metro l'uno dall'altro. Sopra il cappello e dietro le gambe si collocano le guarniture, costituite da tavole, tondini, grossi rami d'albero, ecc.; gli spazî vuoti fra le guarniture e le pareti irregolari degli scavi si riempiono accuratamente con pietrame, perché la pressione delle rocce si distribuisca sui quadri. Quando uno dei piedritti è costituito da rocce sufficientemente solide, si usa un quadro zoppo; se sono solidi tutt'e due si usa il solo cappello, sul quale si dispone un tavolato quando si deve sostenere materiale di riempimento (fig. 14). Quando le rocce del cielo sono solide, si usano soltanto puntelli o butte (fig. 15); nelle gallerie inclinate si dà alle gambe e ai puntelli una certa inclinazione rispetto alla normale al tetto, perché non si rovescino in seguito allo scorrimento del tetto (fig. 16).

Si fanno anche armature in ferro o in acciaio, che possono anche essere costituite da quadri circolari, ellittici od ovali fatti con ferri profilati (a doppio T, a U, ecc.) e spesso con spezzoni di vecchie rotaie. Quando le armature debbono avere una lunga durata, si usano le murature di conci o di mattoni, oppure il calcestruzzo o il cemento armato.

Pozzi. - I pozzi servono agli stessi scopi delle gallerie. Di regola hanno asse verticale, ma ve ne sono anche ad asse inclinato. I pozzi principali mettono in comunicazione con l'esterno i piani di carico situati ai diversi livelli della miniera. I pozzetti o fornelli non sboccano all'esterno, ma mettono in comunicazione due gallerie a diversi livelli; sono verticali o quasi e prendono il nome di fornelli di gettito o trabocchetti (fig. 17), quando servono a scaricare per caduta naturale il materiale scavato, oppure quello di riempimento.

I pozzi verticali di solito hanno sezione circolare, di 3-5 m. e più di diametro, e sono rivestiti di muratura, oppure hanno armature di ferro. Nelle rocce sufficientemente solide se ne fanno anche a sezione rettangolare, da 2 × 4 a 3 × 6 m. di lato, con armature di legno oppure di ferro. I pozzi inclinati possono essere circolari oppure con sezioni simili a quelle delle gallerie. Alcuni pozzi destinati non all'estrazione, ma alla ventilazione, all'eduzione delle acque, ecc., hanno diametri anche inferiori a 1 m.

Per la costruzione dei pozzi in genere, v. pozzo; per quella dei pozzi di piccolo diametro v. sondaggio; trivellazioni.

Metodi di coltivazione - Coltivazione a giorno. - Per questi metodi, detti anche a cielo aperto, v. cava. Oltre che nelle cave di materiale litoide, sono usati in alcune miniere metallifere (Elba, Rio Tinto), in molte miniere di lignite, nelle torbiere, ecc.

Coltivazione in sotterraneo. - Questi metodi possono essere divisi in due classi, secondo che il vuoto lasciato dal materiale estratto viene riempito oppure no.

Nelle coltivazioni per vuoti, a sostegno dello scavo si lascia in posto una parte del minerale utile sotto forma di pilastri, pareti, diaframmi, suole, ecc. (fig. 18). La sezione dei massicci così abbandonati è tanto maggiore, quanto minore è la resistenza del materiale. Questi metodi possono essere adottati, quando il materiale sia del giacimento sia del tetto è molto solido e, per la perdita che con essi si ha, solo quando il minerale è di poco valore. Si coltivano in tal modo certi minerali di ferro poveri, materiali cementizî, sali, ardesie, ecc. Sono metodi che tendono sempre più a scomparire.

Nelle coltivazioni per riempimento, il materiale scavato viene man mano sostituito con materiale sterile (ripiena) proveniente dalle zone sterili che s'incontrano nell'abbattimento del minerale utile oppure nei lavori di tracciamento e di esplorazione. Spesso questi materiali sono sufficienti, per il fenomeno già accennato dell'aumento di volume delle rocce abbattute; quando non lo sono, si supplisce portandone dall'esterno. Il riempimento si può compiere anche a umido, con materiale in sospensione nell'acqua, condotto mediante tubazioni a depositarsi nei vuoti da colmare (riempimento idraulico). Con questi metodi si arriva a estrarre quasi completamente il minerale utile, non si hanno cedimenti apprezzabili nelle rocce del tetto né alla superficie del suolo e non si corrono i pericoli inevitabili nella coltivazione per vuoto; sicché essi sono generalmente applicati, specialmente quando il minerale ha valore elevato.

Affini ai metodi per riempimento sono i metodi per franamento o per scoscendimento, secondo i quali il riempimento si compie con materiale del cielo stesso dello scavo. E cioè, dopo avere protetto con armature provvisorie la fronte di abbattimento, a una certa distanza da essa si provoca il franamento del cielo. Questi metodi sono i più economici, ma siccome, con essi - a differenza dei metodi per riempimento - si hanno forti cedimenti nelle rocce vicine e alla superficie del suolo, sono applicabili solo nei giacimenti di piccola potenza e nei casi in cui gli effetti dei cedimenti possono essere tollerati.

Con tutti i metodi, lo spessore del materiale che si abbatte in una sola volta non supera normalmente i 2,50-3,00 m. I giacimenti di potenza superiore si spogliano a più riprese, considerandoli divisi in fette, orizzontali o inclinate, dello spessore suaccennato.

La fronte dello scavo può essere verticale o quasi, se il giacimento è orizzontale, oppure ha piccola inclinazione (taglio in piano), può essere obliqua di fronte al minatore se il giacimento è inclinato fino a 30-35°. In quest'ultimo caso il taglio si dice montante, se procede dal basso in alto; discendente, nel caso opposto. Nei giacimenti fortemente raddrizzati e in quelli verticali la fronte di abbattimento può essere al cielo dello scavo (taglio a gradino diritto) oppure al piede (taglio a gradino rovescio, fig. 19).

Il costo della coltivazione è tanto maggiore, quanto minore è la percentuale di minerale che si abbandona negli scavi. Tale percentuale va dal 5 al 50%; si consentono perdite alte nel caso di minerali di poco valore.

A) Metodi di coltivazione nei giacimenti di piccola e media potenza, con inclinazione da 45° a 90°. - Si usano i seguenti metodi:

1. a gradini rovesci - Il massiccio compreso fra due gallerie di livello AB e CD e i fornelli AC e BD (fig. 20) viene attaccato alla base di uno dei fornelli, rialzando di circa 2 m. la galleria, in modo da spogliare una prima striscia. Quando lo scavo ha raggiunto una certa lunghezza, si attacca una seconda striscia superiore alla prima, poi una terza superiore alla seconda, ecc. Man mano che si abbatte la roccia, si colma il piede RS dello scavo con lo sterile e si fa cadere il materiale utile nella sottostante galleria di carreggio o direttamente oppure per mezzo dei caminetti di gettito F, ricavati nella ripiena. Se lo sterile non è sufficiente, si fa scendere altro materiale di riempimento dal fornello. La fronte dello scavo, oltreché in senso orizzontale, avanza dal basso verso l'alto prendendo la forma di una gradinata rovescia. Con questo metodo l'abbattimento e la manovra del minerale e del materiale di riempimento sono facilitati dalla gravità.

2. a gradini inclinati - Il minerale è abbattuto con un metodo simile al precedente, però per strisce oblique anziché orizzontali (fig. 21). Il materiale occorrente a completare il riempimento viene rovesciato in testa allo scavo, in P. Con questo metodo la perforazione delle mine riesce molto più facile e la discesa del minerale abbattuto M avviene lungo la scarpata S, il che è vantaggioso quando il minerale è fragile (p. es. nel caso di carbone, minerale di zolfo, ecc.), e la caduta entro fornelli lo danneggerebbe.

3. a gradini diritti - Il massiccio viene attaccato dalla galleria superiore, abbassandone la suola di 2,00-2,50 m. Quando lo scavo di una striscia MN ha raggiunto una certa lunghezza, si attacca la striscia MN′. inferiore e così di seguito (fig. 22). Al contrario del metodo 1, la fronte dello scavo avanza dall'alto verso il basso, prendendo la forma di una gradinata. Il minerale abbattuto scende lungo questa gradinata e lungo il fornello AC nella galleria di carreggio. Lo sterile e la ripiena che scendono dal fornello AC vengono gettati su un'impalcatura costruita in ogni striscia immediatamente dietro la fronte di abbattimento R. Se le sponde del giacimento sono resistenti, si fa scendere anche lo sterile alla galleria inferiore. Con questo metodo l'apertura dei fori di mina è facile e si ha inoltre il vantaggio di raccogliere al fondo dello scavo anche il minerale fino il quale, coi metodi 1 e 2, si disperde facilmente fra il materiale di ripiena, però si hanno vuoti più grandi e occorrono più armature.

4. a gradini simmetrici - Nei metodi a gradini l'abbattimento può anche essere iniziato contemporaneamente dalle due estremità del massiccio (gradini convergenti, fig. 23), oppure dalle due parti di un fornello (gradini divergenti, fig. 24).

I metodi a gradini sono quelli classici per i filoni metalliferi. Essi sono essenzialmente metodi per riempimento, i quali traggono partito dalla solidità delle rocce incassanti.

B) Metodi di coltivazione nei giacimenti di piccola e media potenza e con piccola inclinazione oppure orizzontali. - Si usano i seguenti metodi:

5. per grandi tagli a piena fronte - Il massiccio compreso fra le due gallerie di livello AB e CD e le due gallerie montanti AC e BD viene attaccato su tutta la fronte di una delle gallerie perimetrali e facendo avanzare la fronte sia parallelamente sia obliquamente a dette gallerie. Lo sterile viene gettato alle spalle dei minatori, in modo da riempire il vuoto creato dallo scavo, a eccezione delle vie G, che servono per fare discendere del minerale a una delle gallerie perimetrali. Se lo sterile non è sufficiente, si ottiene altro materiale di ripiena coltivando in sottoscavo, oppure lo si trasporta dall'esterno, lungo la galleria di livello superiore. Se l'attacco comincia dalla galleria in direzione CD e avanza parallelamente a essa verso il livello superiore AB si ha il taglio montante (fig. 25-a); in tale caso le gallerie G sono in pendenza o verticali e i vagoncini scendono lungo esse direttamente alla galleria di carreggio CD. Se l'attacco comincia dalla galleria montante BD e avanza parallelamente a essa verso la AC si ha il taglio in direzione (fig. 25-b); in tale caso le gallerie G riescono orizzontali e i vagoncini, dopo averle percorse, scendono lungo la galleria BD prima di arrivare a quella di carreggio CD. Se l'attacco avanza obliquamente dallo spigolo D verso lo spigolo C del massiccio, si ha il taglio obliquo (fig. 25-c); in tale modo le gallerie G hanno pendenza minore di quella che avrebbero col taglio montante e i vagoncini che le percorrono arrivano alla galleria di carreggio CD direttamente, oppure per la BD.

Si può applicare questo metodo quando la potenza del giacimento non è superiore all'altezza ordinaria delle fronti di abbattimento e quando il tetto è molto resistente, perché esso resta scoperto e senza sostegno per una vasta estensione. L'abbattimento e le manovre del minerale utile e dello sterile riescono facili e si hanno pochissime perdite di minerale utile. Per contro, se lo sterile non fornisce pietrame per rivestire le gallerie G con muri a secco, si ha un notevole consumo di legname per la loro armatura.

6. per grandi tagli a fronte frazionata - Questi metodi sono analoghi a quelli precedenti; con essi, però, la fronte viene frazionata e assume la forma di una gradinata (fig. 26-a, b e c). Si adottano quando il tetto non è così resistente da permettere di lasciare senza appoggio tutta la fronte di taglio.

7. per pilastri - Il massiccio compreso fra le due gallerie in direzione AB, CD e le gallerie montanti AC, BD (fig. 27-a) viene abbattuto in due tempi: nel primo, partendo dalla galleria montante AC si aprono le gallerie in direzione G, lasciando lunghi pilastri che poi vengono abbattuti partendo dalla galleria montante BD e ritirandosi verso la AC (coltivazione in ritirata). I vagoncini di minerale percorrono le gallerie G, scendono lungo la AC e giungono al livello inferiore CD. Lo sterile si getta dietro le spalle dei minatori, per riempire il vuoto F lasciato dallo scavo; in sua mancanza, spesso si lascia franare il tetto, togliendo gradatamente i puntelli e le armature provvisorie con le quali si sostiene il cielo dello scavo per breve distanza dalla fronte di taglio. Quest'ultima è la tipica coltivazione per franamento; la si adotta per risparmiare il costo del materiale di riempimento.

Se le gallerie G che dividono il massiccio in pilastri, anziché parallelamente a quelle di direzione, sono tracciate parallelamente a quelle montanti, la fronte di taglio si ritira dalla galleria di livello superiore AB verso quella inferiore CD di carreggio e il minerale scende direttamente verso questa (fig. 27-b).

Per l'applicazione di questi metodi è necessario che il tetto non sia eccessivamente franoso. Il riempimento richiede manovre costose e perciò questi metodi convengono nei giacimenti che si possono coltivare senza riempimenti o per franamento. Presentano dei pericoli, perché durante l'abbattimento dei pilastri i minatori si trovano vicino ai crollamenti, e sono sempre costosi, perché una parte del minerale viene abbattuta con scavo in galleria.

8. per gallerie e camere - Il massiccio ABCD viene abbattuto scavando una serie di gallerie in direzione G come nel primo tempo del metodo per lunghi pilastri; poi si riempiono queste gallerie e se ne scavano altre parallele e contigue a esse, anche queste si riempiono e se ne apre una terza serie, fino a quando tutto il massiccio sia abbattuto.

Questo metodo è applicabile - qualunque sia la loro inclinazione e la loro franosità - a tutti i giaeimenti di potenza non superiore all'altezza di una ordinaria galleria di miniera. Con esso non si ha quasi affatto dispersione di minerale utile. Però la ventilazione è cattiva, perché l'abbattimento si compie in gallerie a foro cieco, e la produzione è discontinua, perché ai periodi di scavo si alternano quelli di riempimento contemporaneamente per tutto il massiccio. È più costoso di tutti i metodi precedentemente accennati.

C) Metodi di coltivazione per giacimenti di grande potenza. - Qualunque sia la loro inclinazione, si usano metodi per riempimento, che consentono il ricupero quasi completo del minerale utile, e solo quando il minerale è di poco valore si usano metodi per franamento, che sono molto meno costosi, ma dànno perdite che talvolta superano il 50% e, quel che è peggio, sono pericolosi per gli operai. Le gallerie di livello, le gallerie inclinate e i pozzetti che delimitano i massicci, non occupano che una piccola porzione dei giacimenti di grande potenza e vengono scavati, come meglio conviene, nella regione del tetto oppure in quella del muro o anche in mezzo al giacimento stesso. Il modo migliore di vincere le grandi difficoltà che s'incontrano sempre nella coltivazione dei giacimenti di grande potenza consiste nel coltivarli come se si trattasse di una serie di giacimenti di piccola potenza, divisi da piani paralleli che distino 2-3 m. l'uno dall'altro. Si hanno così i seguenti metodi:

9. per tagli verticali - Il massiccio (fig. 28-a, b) limitato dai piani che passano per le due gallerie di livello AB e CD e le due gallerie montanti AC e BD (invece di queste potrebbero esservi due pozzetti F) si considera diviso in fette da piani verticali, che possono essere normali oppure paralleli alla sua direzione media; in tale modo si hanno tagli verticali trasversali oppure tagli verticali in direzione. Le singole fette possono essere coltivate a gradino rovescio, oppure con tagli orizzontali per gallerie. Secondo il primo metodo, partendo dalle gallerie di livello si tracciano, per ogni fetta, due traverse AL e CP, che toccano le sponde opposte; il minerale abbattuto scende per il fornello MN ricavato nelle ripiene; il minerale di riempimento R, proveniente dall'esterno, scende per GF (fig. 29-a). Con il secondo metodo il minerale si abbatte scavando, a partire dal pozzetto, una galleria orizzontale I, che poi si riempie per scavarne un'altra al disopra di essa; il minerale scende per il tratto RC del fornello e il materiale di ripiena per il tratto AR (fig. 29-b). Questi diversi metodi presentano i vantaggi e gli svantaggi già accennati alla lettera A).

Nella coltivazione a magazzino si lascia al piede dello scavo, come ripiena, una gran parte del minerale abbattuto; finito lo scavo della fetta, questo minerale si estrae dal basso.

Indipendentemente, poi, dal metodo scelto per l'abbattimento delle singole fette, è possibile coltivarne contemporaneamente più di una, a condizione, però, che fra due fette in corso di coltivazione il tetto sia bene sostenuto da una fetta di minerale, oppure da una fetta di ripiene già assestate.

10. per tagli orizzontali - Il massiccio si considera diviso in una serie di fette orizzontali, ciascuna delle quali si coltiva con i metodi descritti alla lettera B) e cioè, con gallerie trasversali successive (tagli in traverso, fig. 30), oppure con fronti scaglionate (fig. 31) disponendo le ripiene in modo che seguano lo scavo. Sia il minerale sia le ripiene scendono per i fornelli. L'abbattimento delle singole fette può procedere dall'alto al basso, oppure dal basso all'alto. Nel primo caso si hanno i tagli orizzontali discendenti; con essi il minerale delle fette ancora da abbattere si mantiene sano e si può risparmiare sui riempimenti, facendo franare quelli delle fette già abbattute (coltivazione per franamento del cielo dello scavo). Nel secondo caso si hanno i tagli orizzontali montanti, che sono molto più usati. Con essi i riempimenti debbono essere messi in posto col paleggio e riescono costosi; però si evitano le frane e l'abbattimento delle fette superiori è facilitato dalle fessure che vi si aprono per l'assestamento delle ripiene sulle quali poggiano. Ma se le ripiene sono troppo cedevoli e i livelli troppo alti, le fette superiori possono essere sconquassate in modo pericoloso.

11. per tagli inclinati - Se il giacimento è molto regolare, il massiccio si considera diviso in fette parallele alle sue sponde, che si coltivano coi metodi descritti alla lettera A).

I metodi a tagli verticali e a tagli orizzontali sono quelli più generalmente usati nella coltivazione di molti giacimenti italiani di grande potenza (per es., quelli di pirite del Massetano e di Gavorrano; alcuni di quelli di piombo e zinco della Sardegna; alcuni di quelli di zolfo, ecc.). La coltivazione a magazzino è usata nelle miniere di ferro della Svezia settentrionale (Gellivara) e ha qualche applicazione anche in Italia (miniere di ferro di Cogne).

Trasporti nelle miniere. - Si considerano qui soltanto i trasporti del minerale utile e dello sterile nell'interno delle miniere e cioè dai cantieri di coltivazione alle gallerie secondarie di carreggio e poi, attraverso le gallerie maestre, i piani inclinati e i pozzi, fino all'esterno. Le imprese minerarie ordinariamente provvedono - con ferrovie da cantiere, ferrovie a scartamento ridotto, piani inclinati, teleferiche, automezzi e talvolta con ferrovie a scartamento normale - all'ulteriore trasporto del minerale fino alle stazioni ferroviarie, talvolta fino al porto d'imbarco e alle officine che utilizzano il minerale stesso, se sono vicine. Anche questi trasporti hanno grande importanza per l'economia della produzione, specialmente quando il minerale è di poco valore; ma per essi, v. ferrovia; teleferica.

I trasporti all'interno delle miniere sono generalmente complessi; il materiale deve successivamente percorrere tratte orizzontali, inclinate e verticali, parte su vie permanenti, parte su vie provvisorie. Per queste ragioni, i mezzi impiegati, pur essendo sostanzialmente uguali a quelli ordinariamente usati nei trasporti esterni, se ne distinguono per caratteristiche che li rendono adatti alle particolari esigenze alle quali debbono soddisfare.

Come principio di massima, si cerca di sfruttare quanto più è possibile l'azione della gravità, disponendo le cose in modo che per la massima parte i trasporti si compiano in discesa. Se è indispensabile vincere un dislivello, si cerca di limitare il sollevamento a una sola tratta; in quest'ultimo caso il trasporto prende il nome di estrazione.

Il trasporto dai cantieri alle gallerie si effettua con modalità diverse, secondo la pendenza dei giacimenti. Talora si ha un primo trasporto orizzontale nel cantiere stesso, eseguito con semplice paleggio, oppure con carriole o piccoli vagoni. Il metodo più semplice per far arrivare il materiale dai cantieri alle vie di carreggio e il materiale di ripiena dai livelli superiori ai cantieri consiste nel farlo scendere per gravità traverso fornelli o trombe di gettito (fig. 32), rivestiti di legname oppure di muratura, i quali sono generalmente ricavati nelle ripiene e fanno capo a tramogge chiuse da paratoie; i vagoni si caricano da queste tramogge. Se la pendenza del giacimento è di 30°-45°, si usano scivoloni, canali o truogoli di legno oppure di lamiera; se la pendenza è minore (fino a 3°-5°), si ricorre a canali a scossa (fig. 33; v. trasportatori) mossi da aria compressa oppure da motori elettrici. Con questi canali è anche possibile eseguire trasporti in orizzontale e in contropendenza. Meno frequentemente si usano trasportatori a nastri senza fine, a catene e funi di trascinamento, ecc.

In molti casi il minerale viene caricato su vagoni nei cantieri stessi di abbattimento e lo si fa scendere alle gallerie per mezzo di piani inclinati automotori. Alcuni di questi piani sono doppî; i vagoni corrono su due binarî e sono trattenuti da funi avvolte sopra un tamburo all'estremità superiore del piano inclinato; durante la discesa, i vagoni carichi sollevano quelli vuoti; altri sono semplici: i vagoni pieni sollevano un contrappeso, che serve poi a sollevare i vagoni vuoti. In ogni caso la discesa è moderata da freni.

Il trasporto orizzontale nelle gallerie di carreggio secondarie e principali si compie per mezzo di vagoni o vagoncini da miniera, o berline, che corrono su binarî il cui scartamento d'ordinario è di 50-60 cm. I vagoncini hanno quattro ruote; in certi casi hanno cassa fissa, in altri cassa rovesciabile; la forma e le dimensioni variano molto secondo la natura del materiale e il carico da trasportare. Quando le distanze non superano i 300 m. e il traffico non è molto intenso, i vagoni vengono spinti a braccia. Per distanze maggiori s'impiegano animali da tiro e treni di 4-8 vagoni. Nelle miniere con grandi produzioni e lunghi percorsi, se le vie non sono troppo sinuose, i vagoni sono trainati da speciali locomotive ad aria compressa, a motori a scoppio; oppure da locomotori elettrici. Per rendere minimo lo sforzo di trazione, generalmente si dà alle vie di carreggio una leggiera pendenza nel senso del trasporto, possibilmente tale che lo sforzo necessario per spingere i vagoni carichi in discesa sia eguale a quello necessario per spingere in salita i vagoni vuoti (pendenza d'equilibrio).

In alcune miniere, specialmente di carbone, nelle quali si hanno grandi produzioni e lunghezze notevoli delle gallerie maestre, si usa la trazione con funi o catene mosse da motori fissi. Di solito si hanno funi o catene senza fine, a movimento continuo, alle quali si agganciano isolatamente i vagoni; in altri casi il moto delle funi è discontinuo e viene invertito a ogni corsa e i vagoni sono riuniti in treni.

Il trasporto nei pozzi si compie per mezzo di speciali macchine di estrazione, azionate da motrici a vapore oppure da motori elettrici, le quali-generalmente sollevano i vagoncini stessi della miniera entro gabbie che in certi casi ne contengono parecchi, disposti su diversi piani. I pozzi sono divisi in due compartimenti, in ciascuno dei quali corre una gabbia, guidata da apposite guide, di legno o di ferro, fissate alle pareti del pozzo per mezzo di traverse. Durante la manovra di carico dei vagoni pieni e di scarico di quelli vuoti nelle camere di carico corrispondenti a ciascuno dei livelli della miniera, le gabbie posano su naselli (tacchetti) che si fanno sporgere a guisa di mensola. Dapprima in America e nell'Africa meridionale, poi in Europa, sono stati fatti impianti nei quali il minerale, anziché con gabbie e vagoncini, è trasportato con benne che vengono caricate per mezzo di una tramoggia (fig. 34) e scaricate automaticamente; in tale modo la capacità di trasporto è molto maggiore, perché le manovre per l'entrata e l'uscita dei vagoncini dalle gabbie richiede molto più tempo che non il riempimento e lo scarico delle benne. Per tutti questi impianti, v. pozzo.

Eduzione delle acque. - Per coltivare una miniera è sempre necessario edurre le acque che spesso vi si trovano e, per conservare la rete sotterranea di scavi, ordinariamente l'eduzione non può essere sospesa neanche quando viene sospesa la coltivazione. L'acqua proviene in certi casi dalla superficie del suolo che sta sopra la miniera, attraverso rocce permeabili o fratture (naturali oppure provocate dagli scavi); in altri casi proviene da strati acquiferi attraversati dagli scavi. Talvolta il giacimento minerario è costituito da rocce permeabili, oppure comunica con rocce permeabili che costituiscono un bacino sotterraneo. Vi sono miniere dalle quali si deve estrarre una quantità di acqua superiore a quella del minerale: talvolta doppia o tripla; in altre, invece, l'acqua manca quasi completamente. Da miniera a miniera variano molto anche le conseguenze di una sospensione dell'eduzione. Quando il giacimento fa parte di un grande bacino sotterraneo, questo funziona da regolatore del livello delle acque della miniera, facendo sì che si abbassi lentamente con l'eduzione e, d'altra parte, risalga lentamente quando l'eduzione viene sospesa.

Le acque di miniera generalmente sono impure e fangose.

Se le condizioni topografiche lo permettono, queste acque sono convogliate a una galleria di scolo sboccante all'aperto; ordinariamente, però, esse debbono essere sollevate meccanicamente. Per rendere meno costoso il sollevamento, si cerca di diminuire l'afflusso delle acque nel sotterraneo, deviando corsi d'acqua oppure rendendone il letto impermeabile, o anche drenando il terreno, se si tratta di acque esterne; eseguendo sbarramenti (in legno o in muratura), se si tratta di acque sotterranee. Le acque che non possono essere escluse in tal modo vengono convogliate a una camera di raccolta, dalla quale vengono sollevate. La camera generalmente è situata al fondo di un pozzo e ha una capacità tale che non vi sia il pericolo di un annegamento dei lavori per una improvvisa venuta d'acqua oppure per un momentaneo arresto dei mezzi di estrazione.

Per il sollevamento vengono impiegate pompe a stantuffo oppure pompe centrifughe, che sono azionate da motori elettrici; in altri tempi, invece, venivano usate pompe azionate da macchine a vapore e talvolta pompe comandate da motori ad acqua compressa.

Quando le venute d'acqua non sono molto importanti, l'acqua è sollevata con la stessa macchina di estrazione del minerale in secchioni o benne che portano, sul fondo, una valvola di ritenuta che si apre quando poggiano sul fondo.

Ventilazione. - L'aria delle miniere si vizia rapidamente per molteplici cause. Le sottraggono ossigeno la respirazione degli uomini e degli animali, la combustione delle lampade, l'ossidazione di molti minerali, la putrefazione dei legnami. Anzitutto le si mescolano i prodotti della combustione degli esplosivi impiegati nelle mine ed è particolarmente pericoloso l'ossido di carbonio, che si forma quando la combustione è incompleta. Dalle rocce si sviluppano anidride carbonica, idrogeno solforato, anidride solforosa e (specialmente nelle miniere di carbon fossile) metano (grisou). Nelle miniere di carbone, durante l'abbattimento e il trasporto del minerale si forma del pulviscolo. Sia il grisou sia il pulviscolo di carbone formano con l'aria una miscela esplosiva: il primo, quando è in misura del 5-14%; il secondo, quando è in misura superiore a 70-110 g. per mc. Oltre a questi gas, l'aria delle miniere contiene anidride carbonica e vapore d'acqua; e quest'ultimo, quando l'aria ne è satura, ostacolando l'evaporazione del sudore fa diminuire il rendimento degli operai. Per sopperire alle deficienze dell'aria si ricorre nelle miniere alla ventilazione. Per reintegrare la quantità di ossigeno necessaria occorrono 1-2 mc. al minuto di aria, per diluire invece i gas nocivi occorre arrivare a 3-5 mc. In molti casi s'immette una quantità d'aria maggiore di quella indicata per abbassare la temperatura, la quale spesso è elevata, sia per effetto della respirazione degli uomini e degli animali, della combustione delle lampade, ecc., sia per l'ossidazione di certi minerali e, in qualche caso, per effetto della circolazione di acque termali; ma specialmente perché la temperatura delle rocce cresce col crescere della profondità. La temperatura elevata fa abbassare il rendimento degli operai, specialmente se congiunta all'umidità dell'aria.

La ventilazione può essere naturale o artificiale. La ventilazione naturale è efficace e usata in quelle miniere nelle quali vi sono notevoli dislivelli fra gli scavi e questi comunicano con l'esterno con almeno due aperture, una delle quali più bassa dell'altra. In tale caso, quando l'aria esterna è a temperatura minore di quella del sotterraneo, essa vi penetra attraverso le aperture il cui imbocco è a quota più bassa, si riscalda assumendo una densità minore e sale, uscendo dalle aperture a quota più alta. Se l'aria esterna è più calda del sotterraneo essa circola nel senso opposto a quello indicato.

La ventilazione artificiale in qualche caso si compie riscaldando l'aria con appositi focolai situati presso una via d'uscita, creando così un tiraggio dal sotterraneo. Nella maggior parte dei casi, invece, si crea il tiraggio determinando, con un ventilatore, una compressione presso una bocca d'entrata, oppure una depressione alla bocca di uscita. In ogni caso la differenza di pressione fra le bocche d'entrata e quelle di uscita dev'essere sufficiente a vincere tutte le resistenze che si oppongono al moto dell'aria (attrito delle pareti, cambiamenti di direzione, strozzamenti, dislivelli, ecc.). In generale si usano ventilatori centrifughi; in qualche raro caso ventilatori volumogeni ad alette o capsulismi.

L'aria che entra nel sotterraneo viene guidata e distribuita in tutti i diversi cantieri della miniera mediante diaframmi, tubazioni, ecc., in modo che possa lambire tutte le fronti di lavoro.

Illuminazione. - Si usano lampade a fiamma nuda, lampade di sicurezza e lampade elettriche.

Le lampade a fiamma nuda un tempo erano a olio. La classica lampada da miniera era un recipiente lenticolare, che conteneva l'olio e lo stoppino ed era appeso a una staffa con asta a uncino (fig. 35). Ormai sono quasi completamente abbandonate a favore delle lampade ad acetilene. Le lampade a fiamma nuda possono essere usate solo quando non vi sono gas infiammabili.

Le lampade di sicurezza (fig. 36) hanno come prototipo quella di Davy (v.). In esse la fiamma è separata dall'aria ambiente per mezzo di una reticella metallica, che lascia passare i gas della combustione, raffreddandoli però fino al disotto della temperatura d'ignizione; in tale modo la fiamma non si propaga all'esterno. Le lampade sono alimentate con benzina; il lucignolo viene acceso senza aprire la lampada, con un dispositivo manovrato dall'esterno. Vi sono anche lampade a doppia rete, più sicure di quelle a rete semplice. Per l'accensione si usa un acciarino a ferro-cerio. Vi sono anche lampade di sicurezza ad acetilene, di costruzione simile a quella accennata e che forniscono una quantità di luce 6-8 volte maggiore. Nelle miniere con gas esplosivi (come sono quasi sempre quelle di carbone, quelle di zolfo, ecc.) non si possono usare che le lampade di sicurezza. Il comportamento della loro fiamma serve anche a riconoscere la presenza di grisou.

Oggi si tende a sostituire le lampade a reticella con quelle elettriche portatili, ad accumulatori, che dànno luce migliore e sono più sicure; ma più costose e pesanti.

Preparazione e arricchimento dei minerali. - Si chiama genericamente preparazione, arricchimento o concentrazione dei minerali, l'insieme dei trattamenti cui essi vengono sottoposti dopo l'estrazione dalla miniera, per separare l'uno dall'altro i loro costituenti utili, oppure per eliminare, sia pure parzialmente, la ganga alla quale sono mescolati. Si ottiene così una miscela a tenore più elevato nella sostanza utile, che si chiama concentrato, e un residuo che contiene soltanto una piccola percentuale della stessa sostanza utile. Per es., la blenda si separa dalla galena e la galena dei minerali poveri si concentra separandone la maggior parte della ganga. Nel processo di concentrazione si ha sempre una certa perdita di minerale utile; questa perdita è tanto maggiore, quanto più elevato è il rapporto fra il tenore del concentrato e quello del minerale da cui proviene. Per certi minerali poveri e lontani dal punto dove vengono ulteriormente utilizzati, si tollerano perdite superiori al 50%.

Rientra nei metodi di preparazione anche la classificazione di un minerale secondo la grossezza dei suoi grani, come quella, p. es., che si compie sui carboni per ottenere prodotti di maggior valore commerciale. Non si comprendono sotto il nome di preparazione né sotto quello di concentrazione alcuni metodi particolari di separazione dei minerali utili dalla loro ganga, come quello, p. es., che serve a separare lo zolfo grezzo fuso dal minerale di zolfo e di solito non vi si comprende neppure l'estrazione coi solventi.

Per rendere possibile la separazione, è necessario frantumare il minerale e macinarlo più o meno finemente con frantoi a mascelle, frantoi rotativi, molini a cilindri, molazze, molini a palle, molini tubolari, molini a urto, molini a pendolo, disintegratori, pestelli, ecc. (v. macinazione; molino).

Per l'ulteriore separazione si utilizzano una o più proprietà fisiche delle sostanze utili e delle loro ganghe. Le più importanti fra queste proprietà sono il peso specifico, l'energia superficiale, il colore, la lucentezza, la permeabilità magnetica; sono state utilizzate anche la conduttività elettrica, la fragilità e l'attitudine a cadere in polvere per effetto di rapide variazioni di temperatura (decrepitazione).

Classificazione secondo il volume dei grani. - Il minerale viene fatto passare traverso una lamiera forata (fig. 37), oppure una rete metallica (fig. 38) e una griglia costituita da sbarre parallele (fig. 39) trattiene i pezzi le cui dimensioni superano un certo minimo.

In alcuni apparecchi si ha una griglia (oppure una lamiera forata) fissa, inclinata da 0° a 45° rispetto all'orizzontale; e l'operazione si compie a secco. In altri l'organo che compie la separazione (lamiera forata, rete metallica o griglía) è mobile e possono esservi dei getti d'acqua per impedire che i fori vengano ostruiti. Appartengono a questa classe i tamburi (ted. Trommeln) che possono essere cilindrici con asse inclinato (fig. 40) oppure tronco-conici. In altri apparecchi della stessa classe la griglia prende la forma di un nastro senza fine (fig.41); in altri ancora l'organo separatore è un vaglio vibrante, ecc. Per tutti questi apparecchi, v. vaglio.

Cernita a mano. - Si compie traendo partito dalle differenze di colore, di splendore e di lucentezza che caratterizzano i differenti minerali. È applicabile soltanto ai pezzi di dimensioni comprese fra i 2 e i 10 cm. e perciò è preceduta dall'eliminazione del minerale minuto e in molti casi accompagnata dalla frantumazione col martello dei pezzi più grossi. In certi casi si separano dalla massa i pezzi del minerale più ricco; in altri casi, quelli del minerale più povero. Dai minerali complessi si possono ricavare numerosi (10 e più) prodotti diversi. La cernita a mano richiede sempre molta mano d'opera; perciò è usata soltanto dove questa è molto a buon mercato, oppure per minerali per i quali non esistono soddisfacenti processi meccanici di preparazione.

Nella sua forma rudimentale è eseguita sui piazzali della miniera da operai (spesso donne e fanciulli) seduti per terra davanti ai mucchi del minerale. In certi casi si usano, invece, tavole speciali. Quando si debbono separare solo pochi pezzi di materiale estraneo (legno, corde, ferri, ecc.) invece di tavole si usano griglie o canali inclinati. Dove la mano d'opera è più cara, per risparmiare il trasporto a braccia del minerale da trattare e del rifiuto, si usano trȧsportatori continui di diversi tipi, oppure tavole girevoli, oppure tavole oscillanti, inclinate di circa 100 rispetto all'orizzontale e che, per mezzo di un eccentrico, ricevono 100-250 scosse per minuto; possono essere anche orizzontali, se sospesi su stecche inclinate (apparecchio Ferraris).

Sfangamento. - Quando il minerale utile è unito ad altro minerale facilmente disaggregabile sotto l'azione di un getto d'acqua oppure per esposizione all'aria libera, esso può essere facilmente concentrato sfruttando tali proprietà. È questo il caso particolarmente dei minerali a ganga argillosa. Quando tali minerali vengono lasciati esposti alle intemperie, l'argilla si disaggrega e si può eliminare facendola spappolare e trascinare da acqua corrente, oppure stacciando il minerale; occorre, però, un tempo piuttosto lungo.

Il processo è più rapido se si usano apparecehi, detti lavatoi o sfangatoi, che tengono il minerale in moto nell'acqua. In certi casi si usano semplicemente delle ceste, che si riempiono di minerale e si muovono nell'acqua; oppure cassoni pieni d'acqua, nei quali il minerale viene agitato con la pala; oppure vasche nelle quali il minerale, continuamente agitato con la pala, è sottoposto a un getto d'acqua sotto pressione.

In altri casi si usa un tamburo di lamiera, rotante intorno a un asse orizzontale, dentro al quale il minerale viene continuamente rimescolato con acqua (fig. 42), oppure un tamburo fisso, nell'interno del quale girano bracci che rimescolano e fanno avanzare il minerale verso lo scarico.

Classificazione fondata sulle differenze di peso specifico. - Se una particella solida si muove in seno a un liquido sotto l'azione di una determinata forza, la sua velocità dipende dal suo peso specifico e, insieme, dal suo volume e dalla sua forma. Se due particelle hanno la stessa forma e lo stesso volume, ma peso specifico diverso, quella di peso specifico più elevato si muove con velocità maggiore dell'altra; la differenza di velocità cresce con la differenza di peso specifico e con la resistenza offerta dal fluido. Se due particelle hanno lo stesso peso specifico e la stessa forma, la più grossa si muove con velocità maggiore della più piccola. Perciò, sotto l'azione di forze eguali, si muovono con la stessa velocità particelle che differiscono per la forma e, insieme, per il peso specifico: quando questo accade, le particelle si dicono equivalenti. Così, p. es., in seno all'acqua una sferetta di blenda, sotto l'azione della gravità, cade con la stessa veloeità di una sferetta di quarzo di diametro doppio.

Traendo partito da ciò, una miscela di grani di volume diverso e di peso specifico diverso, ottenuta per macinazione del minerale originario, può essere in un primo tempo divisa in classi di grani equivalenti; in un secondo tempo ciascuna classe può essere divisa per grossezza; così si separano i grani di peso specifico più elevato, che sono grani più piccoli della rispettiva classe.

Se, come d'ordinario, il fluido usato è l'acqua, si dice che la coneentrazione è per gravità ad umido oppure semplicemente per gravità. La forza cui vengono sottoposti i grani può essere soltanto quella di gravità; ordinariamente, però, essi sono sottoposti anche a una forza orizzontale: p. es., facendoli trasportare da una corrente d'acqua. In tale caso, i grani, oltre a cadere con velocità diversa, seguono traiettorie diverse: quelli di peso specifico maggiore cadono più vicino alla verticale che passa per il punto di partenza. Se il fluido usato è l'aria, il metodo è detto di separazione pneumatica. Se la densità del fluido è superiore a quella del minerale di peso specifico più basso, questo galleggia sul fluido e la seconda delle fasi sopra accennate sarebbe superflua: così, p. es., immergendo platino e ferro nel mercurio, il ferro verrebbe a galla. Simili metodi si chiamano a fluido pesante: in pratica si usano solo quelli nei quali il fluido è costituito da acqua che contiene in sospensione della sabbia.

Casse a punta (ted. Spitzkasten). - Questi apparecchi sono costituiti (fig. 43) da un recipiente a forma di piramide col vertice in basso, nel quale la miscela di minerale e d'acqua arriva attraverso il canale a pianta trapezia e l'acqua poi si scarica dalla parte opposta, trascinando le particelle più leggiere. Al suo passaggio nella cassa la corrente si divide in un ramo orizzontale che va allo scarico, e in altri rami che scendono nella cassa e ne risalgono, nel modo indicato dalle frecce; i grani di minerale incontrano queste correnti ascensionali, che ne determinano una classificazione secondo la loro velocità di caduta.

In altre casse a punta, oltre alla corrente orizzontale che trascina il minerale, si fa arrivare dal fondo per mezzo del tubo a (fig. 44) dell'acqua sotto pressione che mantiene nella porzione tubolare b della cassa una corrente ascendente di velocità costante. I granelli dotati di velocità maggiore di quella della corrente si raccolgono sul fondo c della porzione tubolare; gli altri restano sospesi nella porzione d. Se a questa cassa se ne fa seguire una seconda nella quale la corrente ascendente ha velocità minore, si raccolgono al fondo di essa altri granelli la cui velocità è minore di quelli che si raccolgono nella prima, e così via.

Classificatori a correnti ascendenti. - Negli apparecchi a caduta libera l'organo che effettua la classificazione è costituito da una colonna la cui sezione trasversale è uguale per tutta la lunghezza della colonna stessa. Il classificatore Evans (fig. 45) è costituito da una cassa a fondo inclinato, al cui fondo sono disposte parecchie scatole d che comunicano con la cassa principale per mezzo di finestre ad apertura regolabile, b, c. L'acqua entra nelle scatole d per mezzo di tubi f; una parte esce dallo scarico g e il resto sale per le finestre b, c. La pressione dell'acqua è regolata in modo da dare la massima velocità verticale nella prima scatola e la minima nell'ultima. Il minerale mescolato ad acqua entra da a e viene trasportato dalla corrente d'acqua alla prima colonna classificatrice, dove la sua velocità viene diminuita da un basso diaframma e e, anche sotto l'azione delle correnti d'acqua che salgono da b e c, i grani più grossi e pesanti traverso queste finestre b e c cadono nella scatola e ne escono traverso g, mentre gli altri grani passano nella seconda scatola, e così via di seguito.

Classificatori a caduta ritardata. - Differiscono da quelli sopra descritti per il fatto che nella parte inferiore della colonna classificatrice la sezione è ridotta: tale riduzione di sezione può essere ottenuta in diversi modi (fig. 46). In corrispondenza alle sezioni ridotte la velocità dell'acqua è maggiore; perciò alcuni granelli solidi cadono fino a esse, ma non possono cadere al disotto e rimangono in sospensione nel tubo; i granelli che si vanno depositando urtano contro quelli sospesi e la miscela di liquido e di granelli solidi agisce come se fosse un fluido di densità maggiore.

Crivello meccanico (ingl. jig). - La classificazione in una corrente ascendente d'acqua si può anche effettuare facendo compiere ai granelli di minerale una serie di brevi cadute in seno all'acqua, anziché una sola caduta più lunga.

Il più semplice apparecchio di questo tipo è il crivello sardo (usato, con altri nomi, in tutto il mondo, specialmente nei lavori di prospezione). Esso è costituito (fig. 47) da uno staccio a, sospeso a un'asta elastica, che può oscillare dentro un cassone b pieno d'acqua. Il minerale si versa dentro lo staccio; quando questo si abbassa, lo strato di minerale si sposta rispetto all'acqua, come avverrebbe se fosse attraversato da una corrente ascendente, e parte del minerale viene a trovarsi sospeso nell'acqua. A parità di grossezza, i granelli di peso specifico più elevato rimangono indietro; d'altra parte i granelli più piccoli salgono più presto e giungono più in alto degli altri (perché hanno inerzia minore). In un secondo tempo, i granuli sospesi tornano a depositarsi sul vaglio. Quando il ciclo sopraccennato si è ripetuto parecchie volte, il minerale contenuto nello staccio è diviso in strati relativamente omogenei: in alto i granelli piccoli, in basso i grossi e, sia fra i piccoli sia fra i grossi, quelli di peso specifico più elevato si trovano nella parte inferiore del rispettivo strato. Quelli fra i granelli pesanti che possono passare traverso i fori dello staccio cadono al fondo della vasca. La separazione finale si compie facendo trascinare dall'acqua in un altro recipiente gli strati superiori e raccogliendo quelli inferiori.

I crivelli meccanici riproducono sostanzialmente il modo di funzionare dell'apparecchio sopra descritto; però le correnti d' acqua sono ottenute in due modi diversi e cioè, facendo muovere lo staccio in una vasca d'acqua, oppure spingendo l'acqua traverso uno staccio fisso.

Il più noto crivello meccanico a staccio fisso è quello del Harz, che è costituito (fig. 48) da uno o più compartimenti a forma di tramoggia, la cui parte superiore è divisa da un diaframma in una sezione nella quale è montato lo staccio e in un'altra nella quale corre uno stantuffo che fa salire e scendere l'acqua attraverso lo staccio. Il minerale entra nel primo compartimento attraverso l'apertura a. In questo compartimento lo stantuffo ha una corsa più lunga e, per conseguenza, l'acqua pulsa più rapidamente. I granelli più pesanti si depositano sullo staccio; i più fini l'attraversano e cadono sul fondo del compartimento; i grossi formano uno strato sullo staccio e, quando questo strato è abbastanza alto, traverso un apposito dispositivo si scaricano da b. Invece, i granelli leggieri traverso c passano nel secondo compartimento, nel quale l'acqua pulsa meno rapidamente; analogamente a quanto avviene nel primo, i granelli più pesanti restano sullo staccio oppure cadono al fondo, mentre i più leggieri passano nel terzo compartimento, dove vengono ulteriormente classificati.

Un crivello meccanico a staccio mobile è quello Hancock costituito (fig. 49) da una vasca di legno divisa in parecchi compartimenti e da uno staccio b al quale un meccanismo c imprime delle scosse che fanno muovere i granelli di minerale che giacciono su di esso. Il minerale da trattare è introdotto in d; il concentrato attraversa lo staccio e cade al fondo del primo compartimento; le particelle medie vanno più avanti sullo staccio e cadono al fondo dei compartimenti successivi; il rifiuto più grosso cade nel compartimento e; la sabbia fine si raccoglie in f e la fanghiglia e l'acqua escono attraverso lo sfioratore g.

Canale di lavaggio (ingl. sluice). - Questo apparecchio in cui la corrente d'acqua ha direzione quasi orizzontale, è costituito da un canale inclinato, di legno nel quale corre l'acqua che trascina il minerale da trattare. Il fondo è guarnito di costole, oppure di blocchi di legno o anche di pietre (fig. 50) che offrono resistenza alla corrente riducendone la velocità nei suoi strati inferiori e, nello stesso tempo, esercitano una certa azione disgregatrice sul minerale. I granelli di peso specifico più elevato si depositano sul fondo.

La lunghezza del canale ordinariamente è di m. 3,50; le sue dimensioni trasversali dipendono dalla quantità di minerale da trattare. L'apparecchio è stato usato principalmente per il lavaggio delle sabbie aurifere (v. oro).

Tavola a scossa. - Le tavole a scossa sono apparecchi di concentrazione che consistono in una superficie piana, rettangolare e leggermente inclinata rispetto all'orizzontale, che si muove di moto alternativo secondo la direzione del proprio asse maggiore e sulla quale un sottile strato d'acqua scorre secondo la direzione dell'asse minore.

Ciascun granello di minerale si trova, così, sotto l'azione di due forze: 1. l'attrito fra la tavola e il granello; 2. la pressione dell'acqua. Il granello si muove secondo la risultante di queste due forze. A principio di corsa, la velocità della tavola è minima e l'attrito sufficiente a far sì che il granello sia trascinato dalla tavola. Quando la velocità raggiunge il massimo e la direzione del moto s'inverte, la forza di adesione non è più sufficiente a determinare l'inversione del moto del granello, sicché esso scorre in avanti, finché la sua forza viva non è annullata dall'attrito. Siccome i granelli che non sono a contatto con la tavola ricevono il moto da quelli che sono a contatto con essa, i granelli degli strati superiori si muovono anch'essi nel modo descritto, però meno velocemente. E così pure, se i granelli a contatto con la tavola sono della stessa grossezza, ma di peso specifico diverso, quelli di peso specifico più elevato subiranno spostamenti maggiori (perché la loro forza viva in fine di corsa sarà maggiore); a parità di peso specifico, i granelli più grossi subiranno spostamenti maggiori dei piccoli.

La prima e più semplice forma di tavola a scossa di questo tipo è quella di Rittinger, creata verso la metà del sec. XIX. In essa (fig. 51) il minerale entra da a, l'acqua da b; i granelli più leggieri si raccolgono nella tramoggia c, le più pesanti nella d, quelle medie nella e, dopo aver seguito le traiettorie segnate in figura. Nella figura 52 è segnata schematicamente una tavola a scosse moderna. Essa è inclinata nella direzione della freccia e, per mezzo della puleggia a, dell'eccentrico b e della biella flessibile c, riceve un moto alternativo in direzione normale a quella della freccia; alla fine della corsa avanti viene fermata bruscamente dal blocco d. Il minerale entra da e, l'acqua da f; i granelli leggieri escono da g; il rifiuto si scarica da h, i granelli medî da i, il concentrato da l. Le tavole a scosse moderne hanno superficie scanalata oppure munita di costole; questo permette loro di trattare minerale molto meno finemente suddiviso (fino a 10 mm., contro meno di 1 mm. per la tavola Rittinger). Uno dei tipi più noti è la tavola Wilfley.

Vanners. - Sono macchine che consistono essenzialmente in un nastro senza fine, generalmente di gomma, portato da un'incastellatura dotata di moto oscillatorio; il tratto superiore del nastro è inclinato longitudinalmente e si muove lentamente verso l'alto. Il minerale arriva sulla parte alta del nastro, sulla quale arriva anche dell'acqua. Le scosse impartite dall'incastellatura determinano una stratificazione nel minerale: i granelli più piccoli e pesanti vanno al fondo e sono trascinati dal nastro verso l'alto, contro la corrente di acqua e di granelli leggieri che scende lungo il nastro stesso. Entra in giuoco anche l'adesione fra le fini particelle solide e la superficie umida del nastro: si ritiene che questa adesione sia maggiore per i granelli di ganga, sicché contribuirebbe alla classificazione. Il concentrato, costituito dalle particelle più pesanti, in tale modo finisce col risalire il nastro e si scarica dalla parte più alta di esso mentre, invece, i granelli più leggieri si scaricano dalla parte più bassa.

I diversi tipi di vanners differiscono per la direzione e il carattere delle scosse. Alla fig. 53 è illustrato il vanner Johnston.

Separazione magnetica. - I separatori magnetici utilizzano le differenze di permeabilità magnetica di certi minerali e delle loro ganghe. Per es., la magnetite e la pirrotite sono così fortemente permeabili che basta portarli in un debole campo magnetico per separarli dalla ganga; altri minerali, come l'ematite, la limonite, la pirite, ecc., diventano fortemente magnetici con l'arrostimento.

Il separatore magnetico illustrato alla fig. 54 è costituito da un tamburo rotante di materiale non magnetico, entro il quale è disposto un elettromagnete fisso le cui facce polari lo sfiorano internamente. I grani di forte permeabilità magnetica si magnetizzano e aderiscono al tamburo; ma quando questo, nella sua rotazione, esce dal campo magnetico, essi cadono nel compartimento di destra, mentre i grani non magnetici non aderiscono al tamburo e cadono nel compartimento di sinistra. Il separatore illustrato alla figura 55 è costituito, invece, da un nastro senza fine montato su una puleggia ordinaria e una puleggia che porta degli elettromagneti; il minerale da trattare arriva sul tratto superiore del nastro; i grani non magnetici sono lanciati da questo vèrso destra, mentre quelli di forte permeabilità magnetica aderiscono al nastro, finché questo non si stacca dalla puleggia magnetica; allora cadono nel compartimento di sinistra. Accanto ai grani non magnetici, ma più vicino alla puleggia, si raccoglie materiale che contiene ancora dei grani di forte permeabilità magnetica e che viene ulteriormente trattato per separarlo dal rifiuto. Per essere trattati con magneti non eccessivamente grandi, i minerali fortemente magnetici debbono essere ridotti in pezzi di dimensioni non maggiori di 5 cm.; quelli debolmente magnetici in pezzi non maggiori di 2 mm. Altri separatori magnetici lavorano a umido e cioè su granelli di minerale sospesi in acqua.

Altri processi di concentrazione. - La separazione elettrostatica si fonda sulle differenze di conducibilità elettrica. Una piastra ad alto potenziale respinge i granelli di elevata conducibilità facendoli cadere a una certa distanza da quelli di conducibilità bassa.

Alcuni minerali, quando sono sottoposti ad alta temperatura, si riducono in polvere. Questo fenomeno, detto decrepitazione, può essere utilizzato per separarli dalla loro ganga, dividendoli in granelli di dimensioni pressoché uguali, poi portandoli ad alta temperatura in un forno e infine stacciandoli. Così, p. es., la baritina può essere separata dai minerali metallici che spesso l'accompagnano.

Anche le differenze tra la fragilità dei minerali utili e quella della loro ganga possono essere utilizzati per arricchirli. Così, per es., la polvere di minerale di zolfo riesce più ricca di zolfo che non i pezzi di maggiori dimensioni.

Le differenze nell'energia superficiale o nell'adesione sono utilizzate in diversi modi. Così, p. es., i diamanti si possono separare dalle tormaline, dal berillo, ecc., facendoli trascinare dall'acqua sopra tavole spalmate di grasso. I processi più importanti fondati sulle differenze nell'energia superficiale sono quelli compresi sotto il nome di fluttuazione (v.), che hanno assunto grandissima importanza, modificando profondamente la tecnica della concentrazione dei minerali.

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Diritto.

Diritto romano. - Oltre le notizie già date sul regolamento legale delle miniere nel mondo classico (v. sopra, paragr. Storia), si ricorda qui che nel mondo romano vanno distinte le miniere esistenti nel sottosuolo privato da quelle esistenti nei terreni demaniali; di queste ultime lo stato generalmente conservava la privativa dandone in appalto l'esercizio: per i varî distretti minerarî vi erano statuti che disciplinavano l'organizzazione amministrativa delle miniere fiscali che erano sotto la direzione di un procurator metallorum. Per quanto attiene, invece, alle miniere contenute nel sottosuolo privato occorre distinguere il loro regime giuridico nel diritto classico da quello nel diritto giustinianeo. Nel diritto classico vige il principio che non si può nec privato nec publico nomine procedere a escavazioni sul fondo altrui senza il permesso del proprietario, al quale pertanto spettano i prodotti delle miniere e delle cave (Dig., VIII, 4, comm. praed., 13,1). Questo sistema si capovolge nel diritto giustinianeo per influenza di consuetudini locali che riconoscono a chiunque la facoltà di estrarre pietra da una cava corrispondendo al proprietario del fondo un compenso e purché gli sia lasciata la pietra necessaria per i suoi bisogni. Questo principio già si afferma nell'epoca romano-ellenica in una costituzione di Graziano, Valentiniano e Teodosio, dell'anno 382 (Cod. Theod., XI, 19, 10), per cui è riconosciuta la libertà di proseguire una vena di sassi o di metalli nel fondo altrui con l'obbligo solo di una corrisposta del decimo al fisco e di altra simile al proprietario del suolo; l'eccezione ivi stabilita per le cave di marmo viene meno nel diritto giustinianeo (Cod., XI, 7, de metal., 3, 6); nel diritto bizantino nessuna sostanziale modificazione si riscontra rispetto alla legislazione giustinianea.

Diritto intermedio. - Il concetto romano dei monopolî industriali (assai noti a tutto il mondo ellenistico: νόνοι τελονικοί) degenera nell'alto Medioevo nel concetto di regalia, per cui il diritto sulle miniere si considera come un attributo della sovranità, istituto caratteristico del diritto germanico che poneva sotto il banno regio mercati e molini, boschi e corsi d'acqua, saline e miniere. Che se poi la regalia sulle miniere sia da considerarsi come conseguenza della regalia generale sul suolo o se invece essa abbia origine autonoma nel sec. XI per addentellato nel diritto pubblico romano, è un punto ancora controverso tra gli storici del diritto. In Italia la regalia sulle miniere venne introdotta con la celebre costituzione del 1158 di Federico Barbarossa (constitutio de regalibus), nella quale si fa menzione delle miniere col nome di argentariae. Dai metalli preziosi (oro e argento) la regalia presto si estende a ogni genere di miniere per arbitrio di feudatarî, esigenze di reddito, servilità di feudisti. Ma con lo studio delle fonti romane si fa strada e si consolida l'opinione che nega l'esistenza di un diritto regale sulle miniere contenute nei fondi privati, che disconosce al feudatario la spettanza di qualsiasi diritto sulla miniera quando non ne sia stata fatta menzione nell'atto di elargizione sovrana; che, infine, per i metalli inferiori (metalla imperfecta), richiama in vigore la consuetudine per cui essi sono reputati di spettanza dei privati.

Già si delinea così nell'ordinamento minerario quell'eclettismo che prima si riscontra negli statuti (in alcuni di essi si attribuisce ai comuni un ius regale sulle miniere; in altri, invece, e sono la maggior parte, si riconosce agl'inventori la libertà di scavo, il che favorisce i primi esperimenti di organizzazione capitalistica applicati all'industria mineraria) e poi più tardi nelle legislazioni dei varî principati. In esse si può dire prevalente il sistema della regalia, che si mantiene in vita nei molti rescritti sovrani del secolo XIX e nelle prime leggi minerarie degli antichi stati italiani, nelle quali, se pure ancora affiora il concetto di regalia, esso va inteso come concessione attinente a prerogative statali.

Legislazione moderna. - È noto che prima dell'unificazione della legislazione mineraria, compiutasi col decreto-legge 29 luglio 1927, n. 1443, vigevano in Italia, anche sotto l'impero del cod. civ. del 1865 (e da questo espressamente richiamate: art. 431 cod. civ.) legislazioni varie che s'ispiravano a tre diversi tipi: 1. sistema fondiario che attribuiva la proprietà della miniera al dominus soli: questo sistema, già proprio del diritto romano classico, si riscontrava nella legislazione toscana (motuproprio 13 maggio 1788 del granduca Leopoldo); 2. sistema della demanialità: in vigore nel regno sardo (legge 20 novembre 1859 estesa poi alle provincie lombarde e alle Marche), a Lucca (legge 3 maggio 1847), a Parma (legge 21 giugno 1852), negli stati estensi e pontifici; 3. sistema misto a cui s'ispirava la legge napoletana del 17 ottobre 1826, secondo la quale la miniera spettava al proprietario del suolo; ma, se questi non ne avesse curata la coltivazione, lo stato poteva concederla a chi ne avesse fatto domanda con l'obbligo di corrispondere un'indennità al dominus soli.

Inizî di unificazione legislativa si ebbero con la legge 30 marzo 1893, n. 184, e relativo regolam. 19 gennaio 1907, n. 152, per quanto riguarda la polizia delle miniere; ma soprattutto durante la guerra mondiale una numerosa serie di decreti, autorizzando l'intervento dello stato nella ricerca e nello sfruttamento di miniere di combustibili e di altri minerali necessarî per le industrie belliche, preparò l'avvento della nuova legislazione unificatrice, che fu voluta dal governo nazionale col r. decr. 29 luglio 1927, n. 1443. Non è il caso di enumerare la lunga serie di progetti di riforma (da quello Pepoli del 1862 a quello Micheli del 1920 e a quello Corbino del 1924) che precedettero la nuova legge. Essa s'ispira al principio della demanialità: solo lo stato può, anche contro il consenso del dominus soli, concedere il permesso di ricerca mineraria e solo lo stato può, mediante concessione, alla quale si fa luogo con decreto ministeriale, attribuire facoltà di aprire e coltivare miniere a chi (sia egli lo stesso proprietario del fondo, sia un estraneo) dimostri idoneità tecnica ed economica a condurre l'impresa. Da ciò deriva che il nuovo sistema implica sottrazione della miniera al diritto del superficiario, in quanto viene considerata bene di pubblica utilità. Il proprietario del fondo non ha alcun diritto a indennità per il fatto della concessione (il che sarebbe giustificato solo se la miniera fosse riconosciuta come pertinenza del suolo); egli può solo pretendere (come qualsiasi possessore) di essere risarcito dei danni cagionati dai lavori di ricerche e di esercizio della miniera e a questo scopo la legge gli riconosce il diritto di chiedere idonea cauzione per gli eventuali danni.

La concessione non è una mera autorizzazione: è una vera concessione amministrativa che viene resa pubblica con la sua inserzione nella Gazzetta ufficiale del regno e con la sua trascrizione nei registri ipotecarî. Tale rapporto di concessione a favore del privato importa il carattere di un vero e proprio diritto patrimoniale di natura reale idoneo a essere oggetto d'ipoteca, di espropriazione forzata, di tutela possessoria, di trasferimento. Per facilitare le iniziative colturali della miniera, la legge, infatti, riconosce al concessionario il diritto di trasferire ad altri la concessione purché ciò avvenga previa autorizzazione ministeriale; la legge stessa prevede poi la trasmissione per diritto ereditario della concessione. Questa viene meno per scadenza del termine, per rinunzia o per decadenza, qualora il concessionario non adempia gli obblighi impostigli in vista di quelle finalità di ordine pubblico a cui è ispirata la legge. Speciali disposizioni regolano i rapporti di vicinanza fra più concessionarî e i consorzî minerarî allo scopo di assoggettare la lavorazione della miniera a un'unica gestione.

A diversi principî s'ispira la disciplina giuridica delle cave e torbiere. La differenza qualitativa dei materiali di estrazione in esse contenuti, il diverso stato di profondità dei giacimenti in relazione alla possibilità della loro utilizzazione da parte del proprietario del fondo, giustificano la diversità del sistema. L'art. 45 della legge riconosce, infatti, al proprietario del suolo la disponibilità delle cave e torbiere (sistema fondiario); il diritto di proprietà privata non è però senza limiti o controllo, poiché il proprietario è obbligato a tenere in esercizio le cave e le torbiere contenute nel suo fondo sotto pena di confisca e di attribuzione di esse ad altro titolare. Da ciò deriva altresì che, mentre rispetto alle miniere nessun altro tipo negoziale di coltivazione è possibile che non sia quello della concessione, in corrispondenza al sistema della demanialità instaurato dalla nuova legge, per le cave, invece, il regime contrattuale è informato al principio della più larga autonomia onde si rendono per esse possibili i più varî tipi contrattuali (vendita immobiliare della cava, locazione di essa, vendita dei prodotti da estrarsi).

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