MINNESANGER

Enciclopedia Italiana (1934)

MINNESANGER (o Minnesinger)

Bruno Vignola

È la denominazione, già usuale nel Medioevo (resa italianamente, anche dal Carducci, con minnesinghero) dei poeti lirici tedeschi del sec. XII e del XIII, derivata dal fatto che essi, a somiglianza dei trovatori provenzali, trattarono quasi esclusivamente soggetti d'amore (Minne nel medio tedesco "amore"). L'arte loro, il Minnesang, che è una delle manifestazioni più caratteristiche dell'epoca cavalleresca al suo culmine, può definirsi la poesia lirica, legata a determinate forme d'arte e destinata alla recitazione con accompagnamento di uno strumento musicale, di solito il liuto, davanti a una cerchia spesso ristretta di persone, appartenenti alla società delle corti e dei castelli signorili. Nell'accezione specifica essa è poesia d'amore, nel senso particolare che a questo vocabolo dava la mentalità cavalleresca, vale a dire di rapporti ideali e convenzionali fra il poeta e la dama, cioè la signora della corte, rapporti i quali non avevano alcuna necessità di corrispondenza nella realtà. Nel senso più largo il Minnesang comprende tutta la poesia lirica medievale, che aveva con esso identità di forme e di modi di recitazione. Come peculiare prodotto artistico la lirica dei Minnesänger si afferma verso il 1175 - nessun Minnelied, giunto a noi, è anteriore all'avvento di Federico Barbarossa - raggiunge il massimo suo splendore con Federico II, e declina quindi, trapassando nella poesia dei Meistersänger (v.).

Sull'origine del Minnesang e sui rapporti di esso con la lirica popolare, con la lirica latina dei clerici vagantes e con la poesia romanza, si è molto discusso con varie e contraddittorie conclusioni. Benché non si possa negare l'esistenza di una lirica cavalleresca nazionale precedente al formarsi del Minnesang, (rappresentata, p. es., dal Kürenbelger e da Dietmar von Aist, austriaci, i quali furono ancora del tutto estranei, specie il primo, agl'influssi neolatini) si può tuttavia affermare che questo, nella sua forma definitiva sia un'arte cresciuta sotto il fascino della lirica provenzale-francese del cui influsso si può seguire il graduale estendersi dai paesi del Reno verso oriente, e rappresenti perciò, in sostanza, un'arte di imitazione, dominata nell'intera cerchia dei suoi concetti e dei suoi sentimenti dal Frauendienst (culto della donna) e dalle sue regole, elementi tutti importati in Germania di Francia con le usanze cortigiane e gl'ideali della cavalleria, e che, in Germania, avevano trovato un terreno singolarmente adatto.

Ma quest'arte ebbe però in Germania un colorito morale suo, diverso da quello della poesia dei trovatori francesi. L'arditezza e audacia di questi nell'amore lasciò qui il posto a una maggiore profondità e tenerezza; il fuoco dei sensi o il giuoco dei pensieri fu corretto da una più meditativa e quasi ascetica aspirazione. Non che la poesia dei Minnesänger manchi di elementi sensuali, i quali anzi abbondano talora e sono rappresentati a colori vivamente realistici, ma, nel complesso, essa si muove in un'atmosfera di più seria idealità e si libra più naturalmente nel mondo etereo del sogno.

Data la cerchia limitata e quasi fissa dei concetti e dei sentimenti: umile aspirazione alla grazia della dama, assicurazione della propria costanza, querele sulla sua durezza, giubilo per il conseguimento di un favore, si comprende come ogni originalità si dovesse manifestare nella forma: onde, da una parte, una ricerca continua di raffinatezza linguistica e dall'altra un continuo sforzo di novità nella melodia, che doveva accompagnare la recitazione, e che, composta dal poeta stesso, si riannodava strettamente alla struttura della strofe: l'una e l'altra dovevano essere nuove e originali e non ripetere motivi precedentemente uditi. Ma la stessa ricercatezza e ricchezza formale fu la causa della sua pronta degenerazione nell'artificiosità e nel manierismo.

Le forme poetiche principali adottate dai Minnesänger, dopo l'abbandono della strofa epica ancora in uso presso i più antichi, furono quelle del Lied, del Leich e dello Spruch. La prima, la più comune, solitamente di contenuto amoroso, ma talvolta anche gnomico o religioso, come il Kreuzlied che esprimeva sentimenti relativi alle crociate, si compone di strofe uguali formate per lo più di tre parti, cioè di due Stollen costituenti l'Aufgesang e l'epodo o Abgesang. Una specie caratteristica è l'alba, Tagelied o Tageweise o Wächterlied (vedi quello stupendo di Wolfram), d'intonazione spesso sensuale, che descrive la separazione di due amanti allo spuntare del giorno. Il Leich, con cui i Minnesänger tradussero anche il lai provenzale, costituito da un insieme di strofe ineguali, ordinariamente divise in due parti simili, è, nella sua forma primitiva, una diretta derivazione della sequenza latina, e fu usato sia per le ballate sia per la poesia religiosa. Lo Spruch, infine, è componimento di contenuto dottrinale, encomiativo o anche satirico: consta, di solito, di una sola strofa, spesso di notevole estensione, e di versi più lunghi che quelli del Lied.

I Minnesänger, che davano a sé stessi volentieri il nome di "usignoli" appartenevano, come i poeti epici di quel periodo, da principio esclusivamente al ceto cavalleresco, del quale, fra i nomi a noi pervenuti, sono rappresentati tutti i gradi, dal più povero vassallo all'imperatore Arrigo VI; nel periodo più tardo, posteriore all'epoca del massimo fiore del Minnesang, che cade al principio del Duecento, incontriamo nomi di ecclesiastici e di semplici borghesi e fra questi persino quello di un ebreo, un Süsskind di Trimberg. Come centri del culto della lirica d'amore si devono citare specialmente le corti dei duchi d'Austria, dei re di Boemia, dei margravî del Brandeburgo, la corte imperiale dei Hohenstaufen, e soprattutto quella del langravio Ermanno di Turingia.

Data l'importanza che la poesia lirica era venuta acquistando nella vita aristocratica, si comprende che il numero dei Minnesänger dovette essere straordinario, e grandissimo il numero delle canzoni che ebbero maggiore o minore voga durante quasi un secolo. Tuttavia molta parte della produzione si è perduta insieme coi nomi stessi dei Minnesänger. A noi pervenne direttamente o indirettamente notizia di circa 300 poeti e ci furono conservate opere di circa 160 di essi, in alcuni manoscritti, composti senza dubbio in base a precedenti raccolte individuali o generali.

Le melodie che accompagnavano le composizioni dei Minnesänger si sono in gran parte perdute; tuttavia in alcuni manoscritti conservati a Münster, Jena, Vienna, Colmar, si trovano liriche dei Minnesänger con la notazione della melodia (con i nomi, tra gli altri, di Walther von der Vogelweide, Vizlav von Rügen, Neidhart von Reuenthal, Frauenlob, Wilder Alexander, ecc.), così che possiamo formarci un'idea abbastanza soddisfacente di quella sensibilità musicale, se almeno si accetti l'interpretazione che di quei documenti propone H. Riemann. Di solito la melodia è viva e fresca, in un senso tonale talvolta chiaramente prossimo al nostro del maggiore-minore. Per alcuni caratteri essa mostra una certa affinità con la melodia, coeva, dei trovieri e trovatori, e, nei varî generi corrispondenti, manifesta corrispondente tendenza estetica. La struttura melodica è anch'essa strofica, seguendo ora lo schema libero a-b (ripetuto) -c-, ecc., ora schemi più esplicitamente architettonici, con riprese e variazioni di questa o di quella frase.

Quanto al valore artistico delle opere dei Minnesänger, giudicato sulla pura lettera, si può dire ch'esso sia molto vario; solo poche liriche, sotto la frigida levigatezza della forma e dei motivi fissi e convenzionali, lasciano sentire un palpito personale e spontaneo. Uno solo, veramente, nell'infinita schiera dei Minnesänger, si può dire che abbia pienamente trasfuso nei suoi versi, oltre alla raffinatezza dell'arte, anche la calda vita della poesia, portando il Minnesang oltre la cerchia della fredda cortesia nel dominio dell'anima: Walther von der Vogelweide.

Di tutti gli altri basti qui citare, fra i predecessori di Walther, di qualche importanza, Enrico di Veldeke più noto come autore dell'Eneit, il quale fu forse il primo a comporre Lieder secondo il gusto francese e il cui influsso sul romanizzarsi della lirica tedesca fu largo e durevole; Federico di Hausen dei dintorni di Worms, la cui poesia, fatta in parte di giuochi di antitesi e di paradossi, ripete in alcuni casi fedelmente i modelli provenzali; Enrico di Morungen, turingio, il quale, dotato forse più degli altri di fantasia e di sentimento, riuscì a mettere qua e là un po' di vita nei motivi ricalcati dai francesi; l'alsaziano Reinmar di Hagenau, il maestro di Walther, che portò l'influsso straniero alla corte di Vienna e che Goffredo di Strasburgo esaltò alla sua morte (1210) come "il duce del coro polifonico", mostrò una tal quale indipendenza dai suoi modelli; ma l'innegabile abilità formale non compensa, neppure in lui, generalmente la freddezza sentimentale.

Tra i successori di Walther, ch'ebbe innumeri imitatori, il Minnesang perde a poco a poco la purità delle sue linee, mentre la ricerca forzata di una qualsivoglia originalità conduce rapidamente a una tecnica sempre più complicata. Ben presto nella lirica si vanno introducendo, per salutare reazione, motivi e maniere d'arte crudamente verista, come nei Lieder di Neidhart von Reuental, fondatore del cosiddetto "poetar rusticano", o si associano spunti ironici o parodistici con lo Steinmar di Klingenau. In pari tempo la nobiltà, decimata nelle crociate e rovinata durante il grande interregno, andava perdendo, coi benefici d'ordine materiale, anche la prerogativa dell'esercizio dell'arte, e questa entrava sempre più nelle sfere dei borghesi: e fu nelle mani dei poeti borghesi della fine del Duecento e del principio del Trecento, nelle maniere di un Marner, nelle tendenze erudite di un Enrico von Meissen, detto Frauenlob, e nella loro predilezione per i motivi dottrinali ed eruditi con cui essi arricchivano il repertorio della poesia gnomica dei girovaghi, che il Minnesang decadde definitivamente verso il puro formalismo, nel quale bisogna cercare le origini e i principî fondamentali del Meistergesang.

Manoscritti ed edizioni. - Le composizioni dei Minnesänger ci pervennero in alcuni manoscritti della fine del sec. XIII o del principio del XIV. I più notevoli sono il Piccolo codice di Heidelberg (A), composto probabilmente a Strasburgo, attualmente nella biblioteca universitaria di Heidelberg; quello di Weingarten (B), originario di Costanza e presentemente nella biblioteca di Stoccarda, più ricco di materiale che non A e adorno di 25 figure di poeti; e infine il Grande codice di Heidelberg (C), originario di Zurigo, detto anche Parigino o Manessiano, perché lo si ritenne già compilato dallo zurighese Rüdiger Manesse (morto nel 1304): esso costituisce non solo la nostra fonte principale per la conoscenza della lirica medievale (comprende circa 7000 strofe di oltre 130 Minnesänger, ma è anche notevole artisticamente poiché contiene 138 immagini a colori, di fine esecuzione, rappresentanti i singoli poeti coi loro stemmi, talora con illustrazioni di scene delle poesie o della vita cavalleresca.

Il primo che "riscoprì" la lirica medievale e richiamò su essa l'interesse degli studiosi fu J. J. Bodmer, Proben der alten schwäbischen Poesie des XIII. Jahrh., Zurigo 1748, a cui seguì: Sammlung von Minnesingern aus dem schwäbischen Zeitpunkt (voll. 2, Zurigo 1758-59, ambedue dal grande codice Manessiano). La prima edizione critica, capitale e fondamentale per il metodo, fu quella di C. Lachmann, Walther von der V. (Berlino 1827) e, per i Minnesänger del sec. XII, Des Minnesangs Frühling, terminato soltanto da F. Haupt e uscito nel 1856 (4ª ed., rielaborata da F. Vogt, 1923). Fondamentale è ancora sempre la raccolta completa di F. von der Hagen, Minnesinger (Lipsia 1838, voll. 4). Una buona antologia generale è quella di K. Bartsch, Deutsche Liederdichter des 12. bis 14. Jahrh. (4ª ed., a cura di W. Golther, Berlino 1901). Buone traduzioni neotedesche sono quelle di L. Tieck, Minnelieder aus dem schwäbischen Zeitalter (Berlino 1803), e di K. Simrock (Elberfeld 1857).

V. tavola a colori.

Bibl.: W. Scherer, Die Anfänge des Minnesangs, Vienna 1875; K. Burdach, Reinmar der Alte und Walther v. der V., Lipsia 1880; A. E. Schönbach, Die Anfänge des deutschen Minnesangs, Graz 1898; A. Schultz, Das höfische Leben zur Zeit der Minnesinger, Lipsia 1889; H. Riemann, Handb. d. Musikgeschichte, Lipsia 1908; W. Wilmans, Leben und Dichten Walthers v. d. V., Bonn 1882; 2ª ed., 1916-24; G. Müller, Das Formproblem des Minneangs, in Deutsche Vierteljahrschrift für Literaturwissenschaft, I (1923); F. Gennrich, Sieben Melodien zu mittelhochdeutschen Minneliedern, in Zeitschr. f. Musikwissenschaft, 1924; T. Gérold, La musique au moyen âge, Parigi 1932.

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