Miti e mitologia

Enciclopedia dei ragazzi (2006)

Miti e mitologia

Emanuele Lelli

Un serbatoio inesauribile di racconti e di simboli

Prodotto dall’innata tendenza dell’uomo a raccontare, il mito propone in ogni cultura una serie multiforme di figure simboliche e di modelli di comportamento. Per affascinare, ma al tempo stesso insegnare, le storie del mito devono essere avventurose e piene di colpi di scena, ma anche semplici e chiare, così come lo sono i personaggi che simboleggiano i caratteri fondamentali dell’uomo. Spesso queste storie sono costruite su opposizioni: bello e brutto, buono e cattivo, maschile e femminile. L’uomo e la natura ne sono i protagonisti: dalla nascita del mondo ai viaggi degli eroi, il mito cerca di rispondere alle domande fondamentali degli uomini e al loro desiderio di conoscere

Il piacere di raccontare

Una sera d’estate, di tanti secoli fa. Un gruppo di uomini, dopo una battuta di caccia, è seduto attorno a un fuoco. Uno degli uomini di solito il più anziano, inizia a raccontare di molti anni prima, quando, in un’altra caccia, altri uomini avevano rincorso per giorni una fiera spaventosa ed enorme, fino a raggiungerla e riuscire finalmente ad abbatterla. I compagni, in silenzio, ascoltano il racconto, che narreranno ai loro figli, magari esagerando alcuni particolari e dando un nome a quella terribile fiera o a quegli eroici cacciatori. È nato un mito.

Dal piacere del racconto, dalla tendenza di ogni uomo a narrare storie, proprie e reali, ma anche inventate, nasce uno dei più significativi fenomeni culturali che i popoli antichi ci hanno lasciato: la mitologia. Mitologia è una parola che deriva dal greco e che significa proprio «racconto del mito», e mìto, a sua volta, è sinonimo di «storia», «vicenda». Come ogni racconto, il mito segue alcune regole che contribuiscono a renderlo il più possibile affascinante per chi lo ascolta: ecco allora che nei miti troviamo personaggi fantastici e vicende avventurose, mostri ed eroi, paesaggi incantati e straordinari. Tutti gli ingredienti, insomma, di una storia che possa colpire e interessare il suo pubblico, con giochi di attese e ansie, tensioni e lieto fine.

Mito e linguaggio

La capacità umana del linguaggio, per certi versi, agisce come un grande amplificatore, da epoca a epoca. È come una sorta di telefono senza fili che elabora, generazione dopo generazione, fatti e personaggi fino a farli diventare mitici. A volte, per esempio, è sufficiente un nome proprio a suggerire una storia fantastica, una leggenda. Il nome di un personaggio o di un luogo, reinterpretato o avvicinato a termini che vi assomigliano, produce un’associazione di idee e di fatti che creano infine una vicenda.

Gli studiosi – ancora una volta con una parola greca – chiamano questo fenomeno mitopoiesi. Il processo di creazione fantastica tramite il linguaggio proprio dell’uomo, cioè la sua innata tendenza a raccontare, crea un intero mito anche a partire da un semplice nome. Così Mosè, che significa «salvato dalle acque», diventa il bambino sottratto alle acque del Nilo, ma anche il profeta che proprio con la separazione miracolosa delle acque del Mar Rosso salverà il suo popolo: l’acqua sarà insomma l’elemento centrale della storia di Mosè.

Uomo e natura

Di cosa si parla nei miti? Anche nelle storie più complesse e ricche di significato, al centro del racconto mitico vi sono sempre due personaggi fondamentali: l’uomo e la natura. Spesso il tema principale è proprio il rapporto fra di essi.

La natura ha i suoi elementi costitutivi: il cielo, la terra, il mare, il sottosuolo. In tutte le mitologie di ogni cultura e di ogni età troveremo allora racconti in cui sono protagonisti questi elementi, personificati, a volte accanto all’uomo. Il mito è l’immagine di come l’uomo li vede e si rapporta a essi.

Il mare, per esempio, è una grande risorsa: vi si può pescare, vi si può navigare per spostarsi e conoscere nuove terre. Ma il mare è anche un grande pericolo: le sue onde possono rovesciare in un istante le fragili barche degli uomini, o inondarne i villaggi. L’uomo, allora, immagina il mare come un dio capriccioso, a volte calmo e a volte terribile.

Dal cielo tempestoso scendono sulla terra strani e terribili fuochi: sono i fulmini, seguiti da un rombo potente. Il mito greco ne fa le frecce di Zeus (il romano Giove) che punisce i mortali; per le leggende germaniche i fulmini sono le scintille del dio-fabbro Thor che batte le nubi come incudini; per il mito giapponese a produrli è Rai-ten facendo rullare nella tempesta i suoi tamburi.

Lucrezio, poeta romano del 1° secolo a.C., riflettendo sulla tendenza dell’uomo a personificare le forze della natura afferma: «Gli uomini primitivi vedevano alternarsi le diverse stagioni dell’anno, né potevano rendersi conto di come ciò avvenisse: così, come unico scampo per sé, trovarono di attribuire tutto agli dei. E in cielo collocarono le dimore divine, poiché nel cielo la notte e la luna si vedono girare, e le stelle che vagano in cielo di notte e le fiamme volanti, e nuvole, sole, piogge, neve, venti, grandine, lampi, e i rombi veloci e i grossi mormorii delle folgori».

Un racconto che insegna

Se il mito nasce dal piacere di raccontare, non è estraneo, in ogni mitologia, il fine dell’insegnamento. Una storia è bella da ascoltare perché affascinante e avventurosa, ma con i suoi personaggi e con le sue vicende vuole anche parlare all’uomo, comunicare nel profondo valori e insegnamenti.

Ecco perché i miti mettono spesso al centro dei loro racconti azioni e personaggi eccezionali: una passione o un sentimento vissuti in modo esagerato sono più facilmente comprensibili, servono a chiarire meglio ciò che si deve o che non si deve fare. La crudeltà o la violenza, ma anche l’esplicita ingenuità di certi miti si spiegano proprio così. Tutto deve essere immediatamente chiaro: il buono e il cattivo, il bello e il brutto, il grande e il piccolo, la vita e la morte.

La forza della paura

Uno dei meccanismi fondamentali con cui il mito agisce sulla coscienza dell’uomo è la paura. Ascoltando il racconto di personaggi che compiono azioni terribili ci rendiamo conto di quanto male gli uomini sono in grado di fare ad altri uomini e ne prendiamo le distanze. Aristotele, il grande filosofo greco del 4° secolo a.C., afferma che assistere alle rappresentazioni teatrali in cui vengono messi in scena miti di questo tipo provoca nello spettatore una catarsi («purificazione») dagli eccessi delle passioni. Le teorie psicoanalitiche di Freud, nel Novecento, chiariranno che le tendenze all’odio e al male, come ogni nevrosi, si superano proprio rivivendo certe situazioni o passioni negative.

Medea, principessa di un paese lontano, si innamora di Giasone, straniero venuto dalla Grecia, e lo segue per amore lasciando la casa e la patria e compiendo per lui atroci delitti. Ma Giasone la abbandona per un matrimonio di convenienza: Medea allora si vendica uccidendo i loro figli. Il mito rappresenta simbolicamente l’azione più tragica che una madre può compiere.

Limiti e divieti

Oltre al tema della paura, uno dei messaggi più frequenti nelle mitologie è il richiamo ai limiti dell’uomo di fronte alla natura e agli dei. Il meccanismo, in questi casi, è quello del divieto e dell’ordine: non si può intraprendere un’azione, non si può superare un limite, non si può imitare qualcuno.

Ulisse, così come rappresentato da Dante nell’Inferno, è l’uomo assetato di conoscere anche ciò che Dio ha voluto rendere celato ai mortali: intraprende con i suoi compagni un «folle» viaggio navigando oltre le colonne d’Ercole, invalicabile limite fissato alla conoscenza umana. Quando è quasi arrivato a scorgere la montagna del Purgatorio, dove mai nessuno da vivo è giunto, un’onda gigantesca si alza dal mare e sommerge in un istante la nave. Ulisse ha peccato di superbia, tentando di conoscere il segreto dell’aldilà.

Sentimenti positivi

Nei miti non ci sono solamente la paura e il male, il divieto e l’ordine. Anche il bene ha un ruolo importantissimo, e si manifesta soprattutto in due sentimenti: l’emulazione e l’altruismo.

Alcesti è la moglie di Admeto, re di Tessaglia, destinato a una morte prematura perché è stato colpito dall’ira di Artemide (la romana Diana). Admeto ottiene da Apollo la concessione di ritardare la propria morte, se un’altra persona scenderà agli inferi al posto suo. Ma né il padre né la madre, ormai vecchi, accettano lo scambio. È Alcesti a morire per lui, divenendo così il più alto esempio dell’amore coniugale di tutti i tempi.

Amore e odio, vita e morte: questi, e altri innumerevoli motivi, sono l’argomento dell’enorme patrimonio di miti e leggende che i popoli antichi ci hanno lasciato. Alcuni esempi sui temi più ricorrenti mostrano che all’origine di molte storie c’è un desiderio di rispondere alle domande fondamentali dell’uomo, di fornire una spiegazione della realtà in forma allegorica, cioè in forma di racconto che ha per protagonisti simboli e metafore di elementi e vicende reali.

Le nascite del mondo

Uno degli interrogativi principali dell’uomo riguarda la sua nascita e quella della realtà che lo circonda.

Come nasce il mondo? Qual è la sua storia? In genere le spiegazioni sono di due tipi: o gli elementi della natura, in forma di esseri animati, si uniscono gli uni agli altri dando vita a tutto il resto, oppure esiste un essere supremo che crea dal nulla natura e viventi (cosmogonia).

In Grecia è Gea, la Terra, a unirsi con Urano, il Cielo, dando origine agli altri dei e infine all’uomo. Nel mondo ebraico e poi cristiano, Dio crea il mondo in sei giorni, partendo dagli elementi della natura e concludendo con la creazione dell’uomo. In Cina il gigantesco dio originario, Panku, si trasforma nelle varie parti del mondo. Dalle pulci che infestano la sua pelliccia nascono gli uomini.

In quasi tutti i racconti l’uomo è l’ultimo a essere creato: spesso è formato da materia vile, ma ha l’immagine del creatore e la posizione eretta, che gli consente di ammirare il cielo e di rivolgersi alla divinità. I miti spiegano così il ruolo dell’uomo nella natura: egli è l’ultimo arrivato, ma ha le capacità per emergere su tutte le altre creature. Non deve però superare i limiti imposti dal dio e dalla natura stessa. Quando lo fa è punito con eventi catastrofici. Il più diffuso, nei miti di molti popoli, è il diluvio universale, che provoca la scomparsa di una generazione malvagia e la ripopolazione del mondo per opera di una nuova gente più rispettosa delle leggi divine.

Il viaggio

Tutti i grandi eroi e i protagonisti del mito antico viaggiano. Spesso non per loro volontà, ma per ordine di un dio o di qualcuno che li ha sfidati od obbligati a compiere una prova, viaggiano da una parte all’altra del mondo fino a raggiungere paesi fantastici alle estremità della Terra. Il viaggio rappresenta, per gli eroi come per gli uomini, un passaggio non soltanto da un luogo all’altro, ma da una fase a un’altra della vita.

Viaggiare è metafora del crescere e del conoscere. Nel viaggio l’uomo incontra altre realtà rispetto a quella a lui familiare, a volte veri e propri mondi alla rovescia, che lo fanno riflettere e lo mettono a confronto con i veri valori dell’esistenza.

I viaggi più famosi del mito greco sono certamente quelli di Ulisse, che è costretto a peregrinare per dieci anni dopo aver suscitato l’ira degli dei per aver distrutto la città di Troia. Nelle sue avventure il desiderio di conoscere si alterna alla struggente nostalgia per la patria e per la famiglia, simboleggiando l’eterno dissidio dell’uomo tra noto e ignoto.

A viaggiare per prime, nel mito greco, sono tuttavia la nave Argo e il suo equipaggio formato dagli eroi più famosi di tutta la Grecia, chiamati da Giasone in suo aiuto allo scopo di riportare in patria il vello d’oro, simbolo di potere, dalla lontana Colchide nel Mar Nero. Lungo un tragitto fantastico che si snoda dal Mediterraneo fino alle estreme regioni dell’Oriente, e poi, attraverso immaginari collegamenti fluviali tra Danubio, Po e Rodano, fino all’Occidente greco e ancora alla Libia, Giasone e gli Argonauti entrano in contatto con uomini e società lontanissime da quella greca, mettendo alla prova i principi su cui si fonda la propria civiltà: l’amore, la lealtà, l’amicizia.

Nei viaggi del mito, dunque, l’uomo conosce mondi meravigliosi, sempre diversi dal proprio. Ci sono paesi popolati da mostri crudeli e terribili, che rappresentano le paure dell’inconscio ma anche le violenze di cui l’uomo è capace in questo mondo. Ci sono però anche paesi straordinari in cui è il bene a regnare, paesi senza guerre né violenze: sono le terre immaginarie in cui proiettiamo le nostre speranze di una civiltà fondata sull’amore e sull’altruismo.

Da ieri a oggi: il mito nella storia

Il mito racconta storie e personaggi che si collocano prima dell’età della storia, in epoche lontane e senza tempo. Quei racconti, proprio perché senza tempo, risultano sempre attuali e sempre interpretabili in modi nuovi. Questa è la grande capacità di adattamento del mito, la tendenza a essere attualizzato.

In ogni cultura, antica ma anche moderna, i personaggi e le vicende del mito costituiscono un immenso serbatoio di modelli, di figure tipiche, simboliche, archetipali, cioè rappresentanti i valori primari dell’esistenza. A esse si attinge per le più diverse funzioni, per i più disparati scopi. Dall’arte alla letteratura, dalla politica alla comunicazione, il mito ha fornito materia inesauribile di spunti e di riferimenti. Anche la filosofia, che all’inizio, proprio in Grecia, nasce con lo scopo di distinguere la verità ricercata con la ragione umana da quella suggerita nel mito, finisce per impiegare miti, vecchi e nuovi. Pensiamo agli straordinari racconti in cui Platone rappresenta i principi della sua filosofia.

Se per tutta l’età classica il mito è l’oggetto principale, in alcuni generi quasi esclusivo, dell’arte e della letteratura, con l’età cristiana molte figure della mitologia greca e romana vengono reinterpretate e divengono simboli di virtù o vizi: Dante, per esempio, rappresenta numerosi personaggi mitologici.

Con la riscoperta della cultura classica che si verifica durante l’Umanesimo e nel Rinascimento la mitologia vive una nuova stagione di splendore: le corti europee si riempiono di dipinti e statue che ritraggono personaggi del mito greco, nei quali si identificano i valori ideali della purezza e della perfezione.

Il mito nell’età contemporanea

Con il Romanticismo e con l’età contemporanea la funzione educativa del mito passa in secondo piano, e la mitologia diventa oggetto di studio: si confrontano i patrimoni mitici di diversi popoli alla ricerca di regole e temi comuni che rivelano le tendenze e i bisogni primari dell’uomo. I personaggi del mito classico divengono allora simboli dei comportamenti umani, positivi e negativi, lontane personificazioni in cui l’uomo ha fissato le proprie ansie, le proprie speranze, le proprie nevrosi. Il complesso di Edipo è la tendenza latente del bambino a innamorarsi della madre, Narciso è chi ama troppo sé stesso, il letto di Procruste (o Procuste) è qualcosa che appiattisce le persone, come la moderna società che ci rende tutti uguali. Anche nei modi di dire, nel linguaggio di tutti i giorni, sono numerosi i riferimenti alle figure del mito classico, che divengono per antonomasia specchio delle qualità, dell’aspetto o del carattere di una persona: giunonica (da Giunone) è una donna prosperosa: marziali (da Marte) sono le arti di difesa personale: ermetico (da Ermete, il romano Mercurio) è qualcosa che sfugge ed è difficile da afferrare; chi incute timore ma al tempo stesso affascina col suo sguardo è una Gorgone; chi ci incanta con la sua voce melodiosa è una sirena.

Oltre a ciò, nelle attualizzazioni del cinema e della televisione, nelle riprese delle opere teatrali antiche e nei fumetti, il mito classico continua ancora oggi a esercitare il suo fascino e a fornire una galleria impressionante di figure e di punti di riferimento per ogni occasione della vita: è l’ennesima dimostrazione che l’uomo di oggi non può fare a meno delle idee e dei modelli dell’uomo di ieri.

Maschile e femminile

I miti, in ogni cultura, sottolineano sentimenti e valori, spesso attraverso opposizioni di concetti: grande e piccolo, lontano e vicino, umano e divino. Una delle opposizioni più frequenti è quella tra maschile e femminile. Il ruolo dell’elemento maschile è quello della forza, del coraggio, della guerra; le sfere della femminilità sono la dolcezza, l’amore, anche le passioni smisurate e l’inganno. Nel genere di alcuni protagonisti dei miti si può già leggere il loro carattere. In molti miti l’entità originaria è la Terra, femminile, che dal suo grembo dà vita alle varie parti del mondo: in questa visione si rispecchia una società di tipo agricolo, matriarcale (matriarcato), in cui la donna ha un ruolo importante nell’organizzazione della casa e della famiglia. L’immagine della Morte, in molte culture, è maschile: l’evento è allora personificato da un cavaliere nero con cui si ingaggiano duelli.

Al contrario, nelle culture in cui è di genere femminile, la Morte è immaginata come una vecchia ammantata di nero che avvolge chi è destinato in un abbraccio fatale. In Grecia i personaggi femminili sono spesso contraddistinti da forti sentimenti, da passioni turbolente e, in molti casi, drammatiche. La donna, nella cultura maschilista classica, è perlopiù simbolo di trasgressione e di imprevedibilità, portatrice di guai e di rovine.

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