Modifiche legislative all'espropriazione presso terzi

Libro dell'anno del Diritto 2014

Modifiche legislative all’espropriazione presso terzi

Giuseppe Olivieri

Ancora una volta il legislatore ha perseguito l’aspirazione (o l’illusione) di ridurre la durata dei processi civili mediante un intervento limitato alle norme processuali.

Recuperati vecchi progetti – da tempo giacenti (forse non a caso) nei cassetti ministeriali – è stata messa a fuoco l’espropriazione presso terzi, ponendo a carico del terzo (estraneo all’esecuzione) l’onere di contestare esplicitamente, mediante dichiarazione inviata al creditore o resa in udienza, l’affermazione del creditore circa il suo possesso di cose del debitore o la sua qualità di debitore del debitore. Si tratta di un onere di cui il terzo non è avvertito, sicché – ove non aduso alla lettura del codice procedura civile – ne può ignorare l’esistenza. Nel contributo si è offerta una sintetica ricostruzione delle novità legislative, con l’indicazione dei principali problemi.

La ricognizione

Nel dicembre 2012 il legislatore ha introdotto significative innovazioni alla disciplina delle espropriazione presso terzi, sicché è opportuno dar subito conto delle linee generali assunte dall’istituto e del regime transitorio.

Sono state anche fissate le modalità di produzione telematica degli atti processuali e dei documenti e ampliate le possibilità di notificazione a mezzo posta elettronica certificata: anche di queste novità conviene dare immediata informazione.

1.1 L’intervento legislativo del 2013

La cd. legge di stabilità 2013, vale a dire la l. 24.12.2012, n. 2281 – secondo una tecnica messa in atto da tempo – non è sfuggita alla tentazione di inserire altre (e non marginali) riforme alla disciplina del processo civile in un testo (quello fondamentale) di carattere economico, essendovi state inserite numerose disposizioni destinate a incidere oltre che sul processo, più in generale sulla tutela giurisdizionale civile.

L’azione dedicata al codice di rito (nel senso delle modificazioni apportate al r.d. 28.10.1940, n. 1443) è limitata al libro III (recte: all’espropriazione presso terzi) ed è contenuta nel comma 20 dell’art. 1, che – modificato l’art. 543 – ha riscritto gli articoli 548 e 549 c.p.c.

In concreto, le novità hanno inciso sul perfezionamento del pignoramento, e perciò sul significato dell’assenza o della mancata dichiarazione del terzo e sulle modalità di accertamento del suo obbligo.

Le soluzioni percorrono la via già tracciata dalle riforme (operate col d.l. 14.3.2005, n. 35 e poi con l. 28.12.2005, n. 80) dell’intervento dei creditori (art. 499 c.p.c.) e della distribuzione del ricavato, con le relative controversie (artt. 510 e 512 c.p.c.): il comportamento (anche omissivo) del debitore è decisivo ai fini del riconoscimento del credito (art. 499, co. 6) e la risoluzione dei conflitti in sede distributiva – abbandonata la cognizione ordinaria (e la decisione con sentenza idonea al giudicato) a favore di quella sommaria – è definita da un’ordinanza con efficacia (almeno nell’opinione prevalente) soltanto endoesecutiva2.

Il restyling è completato, oltre che dalle norme (di carattere generale) dedicate alle notificazioni e alle comunicazioni, da quelle concernenti l’impignorabilità dei crediti verso i fondi, delle aperture di credito, degli emolumenti e delle pensioni contemplati dall’art. 294 bis della l. 23.12.2005, 2663.

Le nuove regole dell’espropriazione presso terzi si applicano ai procedimenti «iniziati successivamente all’entrata in vigore della ... legge» (art. 1, co. 20), fissata dall’art. 1, co. 561, al «1° gennaio 2013».

1.2 Il regime transitorio

La norma appena richiamata ha enunciato una specifica disciplina transitoria, in virtù della quale – non rilevando il perfezionamento del pignoramento, ma soltanto l’inizio del procedimento – i nuovi artt. 543, 548 e 549 c.p.c. hanno valore per le espropriazioni presso terzi in cui l’atto contemplato dall’art. 543 c.p.c. sia stato notificato a partire dal 1° gennaio 2013 (quindi dal successivo 2 gennaio, non essendone ancora consentita la notificazione mediante posta elettronica certificata), perciò operando il regime previgente per tutte le esecuzioni in corso (anche in virtù della semplice notificazione del pignoramento) al 31 dicembre 2012.

L’esatta individuazione della disciplina applicabile impone pertanto stabilirsi se l’inizio dell’espropriazione sia segnato dalla mera consegna dell’atto all’ufficiale giudiziario (art. 149, co. 3, c.p.c.) o, in caso di notificazione effettuata dall’avvocato, dalla data di spedizione del piego raccomandato, ovvero dalla ricezione dell’atto.

Appare preferibile ancorare l’inizio dell’esecuzione alla data di consegna dell’atto all’ufficiale giudiziario (o a quella di spedizione del piego raccomandato da parte dell’avvocato autorizzato alla notificazione), giacché con tale attività si perfeziona la notificazione per il soggetto notificante. Tanto si deve ritenere sufficiente per l’operatività della nuova disciplina, che per il debitore non inserisce alcuna decadenza e per il terzo prevede unicamente l’effetto della non contestazione (soltanto) per i crediti di cui ai co. 3 e 4 dell’art. 545 c.p.c. La soluzione prescelta rende irrilevante appurare se la ricezione debba riguardare soltanto il debitore o anche il terzo4.

1.3 Produzione telematica degli atti e dei documenti; notificazioni e comunicazioni in forma elettronica

Prima di osservare più da vicino la disciplina delle espropriazioni in esame, non possono essere ignorate le conseguenze cagionate (anche) su questo procedimento dalle altre disposizioni (di carattere generale, riguardando non soltanto l’espropriazione presso terzi) contenute nella stessa legge di stabilità per concorrere «al raggiungimento degli obbiettivi di riduzione della spesa (sic !) del Ministero della giustizia», e specificamente – secondo la dichiarazione dell’art. 1, co. 16 – nei «commi da 17 a 29».

Dal 30 giugno 2014 il creditore che si avvalga dell’espropriazione presso terzi – depositato dall’ufficiale giudiziario l’atto di pignoramento notificato personalmente al debitore e al terzo (art. 543, co. 1 e 4, c.p.c.) – dovrà procedere alla produzione «degli atti processuali e dei documenti ... esclusivamente con modalità telematiche ...», salvo peraltro il potere del giudice di autorizzarne il deposito con modalità non telematiche in caso di mancato funzionamento dei sistemi informatici del dominio giustizia, ovvero in copia cartacea di singoli atti e documenti per ragioni specifiche5 (art. 16 bis, co. 3, 8 e 9, d.l. 18.10.2012, n. 179, conv. con modificazioni dalla l. 17.12.2012, n. 221, introdotto dall’art. 1, co. 19 della legge).

La legge – con disposizioni entrate in vigore il 24.5.2013 a seguito del d.m. 3.4.2013, pubblicato sulla G.U. n. 107 del 9.5.20136 – è intervenuta ampliando considerevolmente le possibilità di notificazione mediante posta elettronica eseguita dall’avvocato.

Innanzitutto, siffatta facoltà sarà riconosciuta all’avvocato in virtù della semplice iscrizione all’albo, non esigendo alcun’altra formalità. In particolare, il professionista non dovrà munirsi del registro cronologico, previamente vidimato dal presidente del consiglio dell’ordine: le disposizioni dell’art. 8 l. 21.1.1994, n. 53 non si applicano («alle notifiche effettuate a mezzo posta elettronica certificata»: co. 4 bis dell’art. 8 cit., introdotto dall’art. 1, co. 19, n. 6, lett. h).

La notificazione a mezzo posta elettronica certificata del pignoramento presso terzi – non consistendo esso in un documento informatico – obbligherà l’avvocato «ad estrarre copia informatica dell’atto formato su supporto analogico»; ad attestarne «la conformità all’originale a norma dell’art. 22, comma 2, del decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82»; ad allegare la copia informatica «dell’atto da notificarsi al messaggio di posta elettronica certificata» (co. 2, dell’art. 3 bis l. n. 53/1994, introdotto dall’art. 1, co. 19, n. 9, lett. d).

Infine, rinviando alla l. n. 53/1994 per la disciplina generale (e per i passaggi necessari alla sua piena operatività), la notificazione a mezzo posta elettronica certificata richiede, per così dire, la reciprocità: notificante e destinatario dovranno essere titolari di «un indirizzo di posta elettronica certificata risultante da pubblici elenchi»; il tutto nel rispetto «della normativa, anche regolamentare, concernente la sottoscrizione, la trasmissione e la ricezione dei documenti informatici» (co. 1, art. 3 bis cit.).

La legge è poi intervenuta (forse meno di quanto sarebbe stato necessario: cfr. infra, § 2.1) sui requisiti di contenuto – forma dell’art. 543 c.p.c., obbligando il creditore procedente a indicare il proprio indirizzo di posta elettronica certificata (art. 543, co. 2, n. 3, c.p.c.). Ha pure consentito al terzo di rendere la dichiarazione di quantità per i crediti diversi da quelli indicati dall’art. 545, co. 3 e 4, c.p.c., oltre che con lettera raccomandata, anche mediante posta elettronica certificata.

Poiché la dichiarazione del terzo non richiede la notificazione (ma soltanto la spedizione della raccomandata) al creditore, la mancata indicazione dell’indirizzo elettronico escluderà (come invece previsto per le notificazioni dall’art. 480, co. 3, c.p.c.) l’invio della dichiarazione in cancelleria.

Peraltro, qualora il terzo e il creditore procedente dispongano di un indirizzo di posta elettronica risultante da pubblici elenchi, si deve ritenere – in armonia con la disciplina generale della posta elettronica certificata – che la dichiarazione di cui all’art. 547 c.p.c. potrà essere inviata secondo questa modalità anche se il creditore non l’abbia indicata.

La focalizzazione

I punti caratterizzanti le modificazioni del 2012 alla disciplina dell’espropriazione presso terzi vanno individuati – come s’è avuto già modo d’indicare – nelle conseguenze dell’assenza del terzo (o del mancato invio al creditore della dichiarazione) all’udienza fissata a norma dell’art. 547 c.p.c., nonché del sistema di accertamento dell’obbligo del terzo, semplificato dall’abbandono della cognizione ordinaria e dell’efficacia di giudicato.

I profili problematici. L’assenza del terzo all’udienza e il mancato invio della dichiarazione

Le modificazioni all’art. 547 c.p.c. e la riscrittura del successivo art. 548 hanno radicalmente mutato le conseguenze del comportamento del terzo manifestatosi nel silenzio o nell’assenza all’udienza fissata per la dichiarazione di cui all’art. 547 c.p.c.: questi comportamenti (omissivi) sono ora autonomamente in grado di perfezionare il pignoramento.

Il legislatore della riforma – non avendo ritenuto di modificare (salvo quanto appena detto sull’indirizzo elettronico) l’art. 543 c.p.c. – ha però completamente ignorato il terzo, al quale ha addossato l’onere di essere informato sulle conseguenze prodotte da suoi comportamenti omissivi.

La soluzione, a mio avviso, non può essere giustificata per il fatto che: a) il terzo non è il soggetto passivo dell’espropriazione; b) il riconoscimento tacito ha valore soltanto endoesecutivo; c) anche prima della riforma il terzo non era reso edotto delle conseguenze delle sue scelte; d) l’art. 115, co. 1, c.p.c. non fa dipendere la non contestazione dalla preventiva conoscenza delle sue conseguenze7.

Si può, nell’ordine, replicare che il terzo, pur estraneo all’esecuzione, potrebbe essere tenuto ad adempiere (al creditore procedente) un’obbligazione (di pagamento o di consegna) da lui non riconosciuta nei confronti del debitore, con innegabile pregiudizio anche all’interesse (pubblico) alla sollecita conclusione del processo esecutivo, dovendosi immaginare contestazioni all’ordinanza di assegnazione e comunque successive azioni di ripetizione.

L’efficacia endoesecutiva non elimina il pregiudizio a carico del terzo, comunque obbligato a eseguire l’ordinanza di assegnazione, e costretto poi a instaurare giudizi di ripetizione; anche se pur prima della riforma il terzo ignorava le conseguenze dei suoi comportamenti, l’assenza o il silenzio non erano in alcun modo in grado di pregiudicarlo, vista la necessità (a carico del creditore procedente) di instaurare il giudizio di accertamento del suo obbligo.

Infine, l’art. 115, co. 1, c.p.c. postula la costituzione della parte; non solo, la sua operatività esige comunque l’invito a comparire e a costituirsi.

Le innovazioni vanno lette non solo in vista della ragionevole durata del processo, ma anche in considerazione delle esigenze di quei soggetti (enti pubblici, banche, grandi e medie imprese), che in altra occasione – per le quantità di denaro amministrate e per il numero di dipendenti (loro creditori per le retribuzioni) – ho definito grandi debitori8, e che perciò molto spesso assumono la veste di terzo debitor debitoris.

La disciplina entrata in vigore nel 2013 – consentendo di calibrare le strutture preposte alle dichiarazioni (da rendere in udienza o mediante lettera raccomandata) richieste dall’art. 547 c.p.c. unicamente in funzione di quelle (totalmente o parzialmente) negative – permette ai grandi debitori non trascurabili riduzioni di costi.

L’espropriazione in esame tende a conseguire tra i suoi protagonisti (creditore, debitore, terzo) la certezza sul fatto che il terzo sia debitore del debitore (o possessore di cose di quest’ultimo)9, ovvero – secondo diversa ricostruzione – sulla spontanea collaborazione del terzo10. Questa certezza – in applicazione dell’ideologia del codice del 1942, secondo cui la volontà di non partecipare al processo non era suscettibile di alcuna qualificazione o conseguenza – era raggiungibile soltanto mediante la cooperazione del terzo, che avrebbe dovuto rendere esplicita dichiarazione (dal 2006 fuori udienza, a mezzo raccomandata, per i crediti diversi da quelli contemplati dall’art. 545, co. 3 e 4, c.p.c.).

Come noto, dopo la riforma del 2006, per le «le somme dovute dai privati a titolo di stipendio, di salario o di altre indennità relative al rapporto di lavoro o di impiego, comprese quelle dovute a causa di licenziamento», la dichiarazione (positiva) poteva essere resa soltanto in udienza, laddove per tutti gli altri crediti il terzo avrebbe dovuto procedervi mediante lettera raccomandata diretta al creditore procedente.

Il legislatore del 2012 ha conservato la distinzione – così che anche oggi la dichiarazione del terzo deve essere fatta nelle forme appena indicate seguendo la natura del credito – ma ha fatto scaturire comunque dal comportamento omissivo (o, se si vuole, inerte) del terzo il perfezionamento della fattispecie (complessa) pignoramento presso terzi.

Secondo l’art. 548, co. 1, c.p.c. – quando il credito del debitore rientri in quelli contemplati dall’art. 545, co. 3 e 4, c.p.c., per i quali è confermata l’impossibilità della dichiarazione a mezzo raccomandata (o posta elettronica certificata) – l’assenza del terzo all’udienza stabilita (in seguito alla notificazione dell’atto di cui all’art. 543 c.p.c.) comporterà la non contestazione del credito nei termini indicati dal creditore, consentendo (recte: imponendo) al giudice dell’esecuzione la pronuncia delle ordinanze di assegnazione o di vendita dei crediti.

Si deve sottolineare come l’effetto di non contestazione operi in una duplice prospettiva: non solo perfeziona il pignoramento, stabilendone l’assoggettamento all’espropriazione con efficacia nei rapporti fra creditore procedente e terzo debitor debitoris e perciò rilevante soltanto per l’esecuzione in corso11, ma fa sì che la successiva ordinanza di assegnazione del credito sia fondata su di un credito non contestato.

Gli stessi effetti – ma all’esito di un procedimento più articolato, giacché la non contestazione non richiede soltanto la mancata ricezione della raccomandata da parte del creditore – possono prodursi quando il credito del debitore non sia compreso nei co. 3 e 4 dell’art. 545 c.p.c. ovvero concerna cose del debitore in possesso del terzo (art. 548, co. 2, c.p.c.).

Se all’udienza fissata per la comparizione il creditore dichiari di non aver ricevuto alcuna raccomandata, il giudice dell’esecuzione – naturalmente previo accertamento della valida notificazione dell’atto previsto dall’art. 543 c.p.c. – sarà tenuto a fissare con ordinanza, da notificare (perciò a cura del creditore) al terzo, almeno dieci giorni prima, una nuova udienza.

Si tratta evidentemente di termine non libero – sicché il calcolo va operato secondo l’art. 155 c.p.c., non conteggiando i giorni e l’ora iniziali e invece computando quelli finali12 – stabilito nell’interesse del terzo. Pertanto, al fine di valutarne il rispetto, dovrà essere presa in considerazione (non quella di consegna all’ufficiale giudiziario, ma) la data della ricezione dell’atto da parte del terzo.

In caso di nullità della notificazione (e in questa categoria va inserita anche la notificazione ricevuta dopo il decimo giorno antecedente l’udienza, trattandosi di difformità dal modello che ne ha impedito il raggiungimento dello scopo), il giudice dell’esecuzione dovrà ordinarne la rinnovazione a norma dell’art. 291, co. 1, c.p.c., che – ancorché dettato per la nullità della notificazione della citazione – deve ritenersi, anche in funzione dell’effettività della tutela giurisdizionale e delle esigenze di ragionevole durata del processo, espressione di un principio generale13.

La non contestazione del credito (con gli effetti appena indicati) – evidentemente per non indurre il creditore procedente nella tentazione di celarne la ricezione – esigerà dunque la dichiarazione di non aver ricevuto la lettera raccomandata (o il messaggio di posta elettronica certificata) e l’assenza del terzo nella successiva udienza.

L’udienza successiva fissata a mente dell’art. 548, co. 2, c.p.c. resta – come dimostra l’onere per il terzo (che intenda contestare il credito del debitore nei suoi confronti) di rendere dichiarazione negativa – un’udienza destinata alla comparizione del debitore e del terzo davanti al giudice dell’esecuzione ai fini di quanto stabilito dall’art. 547 c.p.c.

Sebbene sembri corretto ritenere che il termine di dieci giorni dalla notificazione del pignoramento presso terzi per la comunicazione mediante raccomandata da parte del terzo (art. 543, co. 2, n. 4, c.p.c.) sia meramente ordinatorio14, una volta che il giudice dell’esecuzione abbia fissato l’udienza imposta dall’art. 548, co. 2, c.p.c., l’unico modo del quale il debitore del debitore dispone per evitare la non contestazione della somma o della cosa (indicate dal creditore procedente come) dovute è quello di rendere la dichiarazione in udienza. Infatti, ove si consentisse ancora la spedizione della raccomandata, la dichiarazione del creditore di non averla ricevuta comporterebbe la fissazione di una nuova udienza a norma dell’art. 548, co. 2, c.p.c., con evidente contrasto (almeno) con le esigenze di ragionevole durata del processo.

Il profilo esaminato assume rilievo soltanto quando il terzo abbia inteso affidare alla raccomandata una dichiarazione parzialmente positiva (se avesse integralmente confermato il credito del debitore nei suoi confronti, la conseguenza sarebbe infatti identica a quella prodotta dall’assenza). A mio avviso – non potendosi ammettere effetti diversi secondo che la dichiarazione (non resa all’udienza fissata ai sensi dell’art. 548, co. 2, c.p.c., ma inviata prima di questa con lettera raccomandata) sia totalmente o soltanto parzialmente negativa, e dovendosi anche in questa eventualità evitare comportamenti contrari alla lealtà processuale del creditore procedente – deve ritenersi non superabile il dato testuale della norma, che richiede la presenza in udienza del terzo, collegando tout court alla sua assenza l’effetto di non contestazione del credito del debitore nei suoi confronti.

3.1 La non contestazione e i suoi effetti

Il silenzio o l’assenza del terzo all’udienza fissata per la sua dichiarazione a norma dell’art. 543, co. 2, n. 4, c.p.c. nonché a quella successiva stabilita dal giudice ai sensi dell’art. 548, co. 2, c.p.c. determinano (a) la non contestazione (b) ai fini del procedimento (esecutivo) in corso (c) del credito pignorato o del possesso del bene di appartenenza del debitore nei termini indicati dal creditore.

La scelta di un’espressione da tempo entrata a far parte del diritto positivo consente di utilizzare i dati (dottrinali e giurisprudenziali) formatisi su quell’espressione.

Infatti, mentre il tacito riconoscimento regolato dall’art. 499 c.p.c. può essere inserito (soltanto) nella «vasta gamma di comportamenti inquadrabili nell’ambito dell’ampio genus della non contestazione in senso lato»15, la condotta inerte del terzo di cui all’art. 548, co. 1 e 2, c.p.c. va senz’altro compresa nella situazione regolata dall’art. 115, co. 1, ult. pt., c.p.c.

Nel paragrafo precedente s’è osservato che – insieme al silenzio del terzo all’invito a indicare con lettera raccomandata i crediti del debitore nei suoi confronti (ovvero le cose del debitore di cui sia in possesso) e alla sua assenza (per i crediti regolati dall’art. 545, co. 3 e 4, c.p.c.) all’udienza stabilita – il perfezionamento della fattispecie non contestativa dell’art. 548, co. 1 e 2, c.p.c. pretende la rituale notificazione dell’atto di pignoramento, cui deve accompagnarsi (per i crediti suscettibili di conferma mediante raccomandata) la notificazione dell’ordinanza disciplinata dall’art. 548, co. 2, c.p.c.

Il dato, nella prospettiva dell’evoluzione della disciplina processuale, merita una riflessione. Se è vero che l’art. 548 c.p.c. non avrebbe potuto certo reclamare (ai fini della non contestazione) la costituzione, trattandosi non solo di attività priva di cittadinanza nel processo esecutivo, ma addirittura inconcepibile per il terzo, cui si tende a negare la qualità di parte nell’espropriazione in esame, resta il fatto che il legislatore (a differenza di quanto accaduto nel 2005), anziché prevedere effetti tipici, non ha esitato ad attribuire al semplice comportamento omissivo di un estraneo all’esecuzione la medesima conseguenza per la quale gli articoli 115, co. 1, e 186 bis c.p.c. ritengono indispensabile l’attiva partecipazione della parte al processo.

È stata così di molto accorciata la strada verso il riconoscimento della non contestazione come effetto collegato alla semplice inerzia (desumibile perciò anche dalla contumacia): se il silenzio o l’assenza consentono al giudice di ritenere certo (sia pure ai soli fini esecutivi) l’obbligo del terzo e anche – sub specie di un’ordinanza di assegnazione – la pronuncia dell’ordinanza di pagamento di somme non contestate a carico di un soggetto assimilabile alla parte non costituita16, non ritengo esservi ostacoli significativi per attribuire analoghe conseguenze in ordine ai fatti allegati dall’attore e consentire la pronuncia di ordinanze di pagamento anche (nel processo di cognizione) in caso di contumacia del convenuto.

L’inserimento delle condotte omissive considerate dall’art. 548, co. 1 e 2, c.p.c. nella non contestazione libera il creditore (al pari della dichiarazione positiva) – a norma dell’art. 115, co. 1, c.p.c. – dall’onere di offrire alcuna prova (e di affrontare qualsiasi procedimento) per ottenere la soddisfazione del diritto consacrato dal titolo esecutivo e perciò l’assegnazione (o la vendita) del credito vantato dal debitore nei confronti del terzo o della cosa da questo posseduta.

Naturalmente, della non contestazione si giovano anche i creditori intervenuti muniti di titolo esecutivo (e quelli non titolati il cui credito sia stato riconosciuto dal debitore nei modi previsti dall’art. 499, co. 6, c.p.c. ovvero si provvedano del titolo ai sensi degli articoli 499, co. 6, e 510, co. 3, c.p.c.).

Perché si realizzi la non contestazione rilevante agli effetti dell’art. 548, co. 1 e 2, c.p.c. sono necessari e sufficienti il silenzio o l’assenza del terzo, non essendo prevista anche la mancanza di contestazione da parte del debitore, a sua volta creditore del terzo. La ragione è semplice (e condivisibile): il debitore non avrebbe interesse a contestare il suo credito o la proprietà di beni nel possesso del terzo (se lo facesse, si aprirebbe il procedimento di cui all’art. 549 c.p.c.).

In caso di espropriazione diretta contro più di un terzo – il che, come noto, è possibile17 – la non contestazione opererà in danno unicamente del terzo assente o silente.

Le conseguenze descritte valgono però unicamente per il procedimento in corso, vale a dire per il procedimento iniziato con la notificazione dell’atto di pignoramento presso terzi in seguito al quale il terzo avrebbe dovuto rendere la dichiarazione mediante lettera raccomandata (o posta elettronica certificata) ovvero direttamente in udienza. Detto altrimenti, il creditore non potrà invocare la non contestazione del credito (che egli afferma) vantato dal debitore nei confronti del terzo non soltanto in un’espropriazione a carico dello stesso debitore fondata su un titolo esecutivo diverso, ma anche sullo stesso titolo, in caso di estinzione di un precedente procedimento.

La certezza (nei limiti e per gli effetti appena precisati) conseguente alla non contestazione ha a oggetto il credito del debitore verso il terzo «nei termini indicati dal creditore» (art. 548, co. 1 e 2, c.p.c.).

Pertanto, in applicazione del generale principio secondo cui l’art. 115, co. 1, c.p.c. opera in ordine ai fatti effettivamente dedotti dalla parte onerata18: s’intenderà non contestato quanto affermato dal creditore a norma dell’art. 543, co. 2, n. 2, c.p.c., e cioè il fatto che il terzo deve consegnare al debitore un bene determinato, ovvero che è debitore del debitore di una somma di denaro.

Lo stretto collegamento fra la dichiarazione del creditore e la delimitazione dei fatti non contestati comporta che a più specifica allegazione del creditore si colleghi una maggiore ampiezza della fattispecie accertata (soltanto però con efficacia endoesecutiva).

Poiché anche le ordinanze pronunciate a norma degli articoli 552 e 553 c.p.c. presuppongono un fatto non contestato, le indicazioni dell’atto di pignoramento presso terzi devono consentirne l’individuazione: un’indicazione del creditore tanto generica da non rendere possibile identificare le cose o le somme dovute impedirebbe al giudice dell’esecuzione la pronuncia di quei provvedimenti19 (recte: dovrebbe dichiarare l’impossibilità di disporre la vendita della cosa o l’assegnazione del credito) per difetto del fatto giustificativo dell’ordinanza.

Gli effetti prodotti dal silenzio ovvero dalla mancata dichiarazione – correlati alla certezza dell’obbligo ai soli fini dell’esecuzione in corso (e dell’ordinanza di vendita o di assegnazione) – hanno consentito di lasciare immutata la previsione secondo cui, ai fini della validità dell’atto notificato a norma dell’art. 543 c.p.c., il creditore può limitarsi alla «generica indicazione delle cose o delle somme dovute», senza necessità di allegare la causa petendi, visto che la citazione del terzo è «un mero atto d’invito al terzo ... a rendere ... la collaborazione all’esecuzione mediante la specificazione di quanto o di che cosa egli deve»20.

Il dato conferma l’opinione secondo cui l’oggetto dell’espropriazione è il bene (in tale categoria dovendosi inquadrare anche le somme, comprese quelle dovute per crediti futuri)21, nonché l’irrilevanza dell’accertamento della causa petendi in caso di collaborazione del terzo.

Infatti, la certezza sulla causa petendi dell’obbligo di consegna o del credito del terzo (eventualmente) indicata dal creditore procedente, pure prodotta dal silenzio o dall’assenza del terzo – non potendo essere utilizzata fuori di quel processo esecutivo – sarà del tutto irrilevante, nulla aggiungendo (rispetto alla semplice allegazione della somma o della cosa) all’accertamento dei rapporti fra debitore e terzo e al dovere di questo di consegnare al creditore procedente (anziché al suo creditore) la somma o il bene, ovvero al dovere di cooperare ai fini della vendita del bene o del credito.

L’irrilevanza dell’accertamento della causa petendi del credito del debitore verso il terzo è confermata dall’ampia previsione dell’art. 2917 c.c.22: se l’estinzione del credito successiva al pignoramento non è opponibile al creditore, non ha importanza identificare il credito, giacché comunque la somma dovrà essere destinata alla soddisfazione del creditore procedente.

Naturalmente, la conseguenza più importante della non contestazione dipendente dal silenzio del terzo o dalla sua assenza è quella del perfezionamento del pignoramento, sicché il giudice dell’esecuzione, nella stessa udienza fissata a norma dell’art. 543, co. 2, n. 4, c.p.c. ovvero (nel caso di mancato invio della raccomandata) in quella successiva imposta dall’art. 548, co. 2, c.p.c., avrà il potere-dovere di provvedere alla vendita della cosa dovuta dal terzo o all’assegnazione dei crediti del debitore nei suoi confronti.

In conclusione, può dirsi che l’espropriazione presso terzi ora contempla – accanto alla non contestazione esplicita (ammissione) manifestata dalla dichiarazione positiva23 – anche quella tacita (silenzio o assenza), sicché, come si vedrà, alla dichiarazione positiva del terzo vanno annesse le medesime conseguenze che l’art. 548, co. 1 e 2, c.p.c. collega al silenzio o all’assenza.

I co. 1 e 2 dell’art. 548 c.p.c. fanno scaturire l’effetto della non contestazione (o, se si vuole, il perfezionamento del pignoramento) dal mancato compimento di due attività da eseguire nei termini e secondo le forme stabilite (la raccomandata entro il termine indicato dall’art. 543, co. 2, n. 4, c.p.c. e comunque non più tardi dell’udienza fissata per la dichiarazione, ovvero – per i crediti insuscettibili di conferma epistolare – l’assenza all’udienza destinata alla dichiarazione). In conseguenza, gli effetti della non contestazione (e perciò il perfezionamento del pignoramento) non possono essere posti nel nulla da una successiva contestazione: dovendo questa essere esercitata mediante le attività appena descritte, si avrebbe un’ingiustificata e perciò inammissibile (anche perché ostativa alla ragionevole durata del processo esecutivo) rimessione in termini del terzo.

La conclusione – attesa l’ineliminabile identità di conseguenze da attribuire alla dichiarazione positiva (in sostanza un’esplicita non contestazione delle allegazioni del creditore procedente) – non consente più, come forse era possibile prima della riforma24, una revoca della dichiarazione positiva.

3.2 L’ordinanza di assegnazione

Acquisita la certezza dell’obbligo del terzo nei confronti del debitore, il giudice dell’esecuzione dovrà ordinare l’assegnazione o la vendita della cosa secondo le regole dell’espropriazione mobiliare presso il debitore (art. 552 c.p.c.), ovvero l’assegnazione o la vendita (se si tratta di crediti esigibili in un termine superiore a 90 giorni) del credito (art. 553 c.p.c.). Prima di pronunciare l’ordinanza dovrà controllare la regolarità della notificazione del pignoramento ovvero, se richiesta, di quella dell’ordinanza di cui al co. 2 dell’art. 548 c.p.c.

L’efficacia di titolo esecutivo nei confronti del terzo dell’ordinanza di assegnazione – già riconosciuta prima della riforma del 2012 – è inequivocabilmente sancita dai (nuovi) articoli 548, co. 1, e 549, co. 1, c.p.c. nei quali si fa riferimento alla «esecuzione fondata sul provvedimento di assegnazione».

Il legislatore del 2012 ha concesso al terzo – nelle forme dell’opposizione agli atti esecutivi – un rimedio per evitare le conseguenze (di riconoscimento tacito del suo obbligo) di suoi comportamenti omissivi (silenzio o assenza alle udienze fissate a norma dell’art. 543, co. 2, n. 4 e 548, co. 2, c.p.c.) per così dire involontari.

Il co. 3 del nuovo art. 548 c.p.c. dispone infatti che «il terzo può impugnare nelle forme e nei termini di cui all’articolo 617, primo comma, l’ordinanza di assegnazione di crediti adottata a norma del presente articolo, se prova di non averne avuto tempestiva conoscenza per irregolarità della notificazione o per caso fortuito o forza maggiore».

La norma richiede innanzitutto un’opera di ricostruzione del suo preciso tenore, non sembrando redatta in maniera linguisticamente chiara. Infatti, l’uso della enclitica ne nel contesto può assumere soltanto valore pronominale, rappresentando un pronome dimostrativo preceduto dalla preposizione di25, così che il vizio giustificante l’opposizione agli atti andrebbe riferito all’ordinanza di assegnazione.

È però dubbio che questa sia stata l’intenzione del legislatore.

Infatti – ove la legittimazione a opporsi secondo le regole dell’art. 617 c.p.c. fosse riferita all’ordinanza di assegnazione – la norma nulla avrebbe aggiunto alle possibilità di tutela del terzo destinatario della notificazione di quella ordinanza (titolo esecutivo a suo carico) già esercitabili a mente dell’art. 617, co. 1, c.p.c. e sarebbe stato necessario ammettere il terzo attinto da un’ordinanza di assegnazione non preceduta dalla regolare notificazione dell’atto di pignoramento o dell’ordinanza imposta dall’art. 548, co. 2, c.p.c. alla rimessione in termini per comunicare o rendere la dichiarazione negativa.

S’aggiunga l’incomprensibilità del riferimento alla tempestività della conoscenza, visto che il provvedimento di assegnazione non contempla alcun termine a beneficio del terzo e che l’eventuale inosservanza di quello previsto per il precetto dall’art. 480, co. 1, c.p.c. trova già rimedio nell’opposizione agli atti preesecutiva.

La necessità di dare un senso alla norma, identificando una disciplina tale da proteggere il terzo assente o silente involontario per il caso della tardiva conoscenza (o dell’incolpevole ignoranza) dell’invito a rendere la dichiarazione, impongono di interpretare l’art. 548, co. 3, c.p.c. concedendo il rimedio dell’art. 617 c.p.c. al terzo in grado di collegare quell’assenza o quel silenzio al «non aver avuto tempestiva conoscenza per irregolarità della notificazione o per caso fortuito o forza maggiore» dell’atto di pignoramento o dell’ordinanza di fissazione dell’udienza successiva ai sensi dell’art. 548, co. 2, c.p.c.

In sostanza – secondo l’interpretazione proposta – la disposizione ha esteso l’utilizzabilità dell’opposizione agli atti esecutivi, consentita per far valere vizi che non colpiscono direttamente l’ordinanza di assegnazione, ma atti che l’hanno preceduta e dai quali essa dipende e non solo per la nullità della notificazione (irregolarità formale), ma anche per il caso fortuito o la forza maggiore.

La formula adoperata dal legislatore è identica a quella enunciata dagli articoli 650, co. 1 (opposizione tardiva a decreto ingiuntivo), e 668, co. 1, c.p.c. (opposizione dopo la convalida), il che conferma, secondo l’interpretazione illustrata, la natura di rimedio straordinario qui assunta dall’opposizione agli atti esecutivi.

L’identità della formula – per evitare conclusioni di dubbia legittimità costituzionale – rende utilizzabile l’opposizione anche quando il terzo non abbia potuto rispondere o comparire in udienza, nonostante la tempestiva conoscenza, per caso fortuito o forza maggiore26.

L’opposizione agli atti a disposizione del terzo silente o assente involontario in virtù dell’art. 548, co. 3, c.p.c. consente di escludere – per l’evidente identità di funzione – l’ammissibilità di qualsiasi istanza di rimessione a norma dell’art. 153, co. 2, c.p.c., col vantaggio (in termini di ragionevole durata del processo) di assoggettare la tutela del terzo a un termine certo di decadenza.

Secondo l’art. 548, co. 3, c.p.c. l’opposizione – pur diretta contro l’atto conclusivo dell’espropriazione presso terzi – va proposta nelle forme dell’opposizione (agli atti) preesecutiva (art. 617, co. 1, c.p.c.) e perciò, con citazione, da notificare al creditore procedente e al debitore entro 20 giorni dalla notificazione dell’ordinanza. La citazione dovrà contenere l’allegazione dei fatti posti a fondamento dell’opposizione, con l’indicazione dei mezzi di prova e la produzione dei documenti necessari a dimostrare il caso fortuito o la forza maggiore rilevanti ai fini della mancata conoscenza del pignoramento o dell’ordinanza di cui all’art. 548, co. 2, c.p.c., ovvero della mancata risposta o comparizione all’udienza.

L’assimilazione del rimedio concesso al terzo dall’art. 548, co. 3, c.p.c. all’opposizione regolata dall’art. 617 c.p.c. comporta la prosecuzione del procedimento (definito da sentenza non appellabile) nelle forme della cognizione piena, secondo il rito ordinario. Naturalmente, a norma dell’art. 618 bis c.p.c., quando oggetto dell’assegnazione siano crediti relativi a uno dei rapporti regolati dall’art. 409 c.p.c., l’opposizione andrà proposta col ricorso contemplato dall’art. 414 c.p.c.

È forse il caso di ricordare, non avendo l’opposizione effetto sospensivo, che l’esecuzione in danno del terzo dell’ordinanza di assegnazione procede regolarmente, a meno che il giudice non eserciti il suo potere di dettare i provvedimenti indilazionabili e di sospendere l’esecuzione.

La previsione del procedimento di opposizione agli atti regolato dall’art. 617, co. 1, c.p.c. (cd. opposizione preesecutiva) è importante, indicandoci che l’ordinanza di assegnazione (che chiude l’espropriazione promossa contro il debitore) deve invece essere considerata – nell’esecuzione promossa contro il terzo – alla stregua di un qualsiasi titolo esecutivo, opponibile quale atto preliminare dell’esecuzione.

Naturalmente, il terzo (soggetto passivo dell’espropriazione promossa dal creditore sulla base dell’ordinanza di assegnazione) potrà sempre proporre opposizione a norma dell’art. 617 c.p.c. per contestare sotto altri profili la regolarità dell’ordinanza di assegnazione (quale titolo esecutivo) e del precetto.

Analogamente, potrà proporre opposizione all’esecuzione, ma soltanto per dedurre l’impignorabilità del credito, giacché ove il terzo voglia contestare il proprio obbligo, dovrà promuovere il procedimento regolato dall’art. 549 c.p.c.

Su quest’ultimo punto è necessario spendere qualche parola, giacché certamente deve essere riconosciuto al terzo il diritto di far affermare l’insussistenza del proprio obbligo, dovendosi evitare che il nuovo sistema di accertamento comprometta il suo diritto di difesa: è perciò necessario stabilire in che modo il debitore del debitore possa far affermare l’insussistenza del proprio obbligo nonostante la non contestazione ritualmente prodotta.

Un orientamento consistente e ragionevole ammette il terzo silente o assente all’azione di accertamento negativo ovvero all’opposizione all’esecuzione27.

Poiché questi rimedi appaiono, per così dire, “eccedenti rispetto allo scopo”, in quanto idonei a negare con efficacia di giudicato un obbligo “accertato” ai soli fini esecutivi e, soprattutto, in grado di ritardare la chiusura del processo esecutivo (in caso di sospensione dell’efficacia esecutiva dell’ordinanza di assegnazione), riterrei percorribile altra strada (secondo me) più aderente alla “nuova” espropriazione presso terzi e all’art. 111, co. 2, Cost., nonché rispettosa degli artt. 3 e 24 Cost.

Considerato che la dichiarazione positiva del terzo produce sul credito o sul possesso del bene i medesimi effetti (endoesecutivi) di quelli cagionati dal suo silenzio o dalla sua assenza (cfr. articoli 548, co. 1, e 549 c.p.c.), deve ritenersi che un rimedio adeguato a disposizione del debitore del debitore in grado di evitargli le conseguenze della (tacita) non contestazione sia offerto dal procedimento sommario contemplato dall’art. 549 c.p.c. (v. infra, § 2.4). Il terzo, pertanto, con ricorso presentato al giudice dell’esecuzione, potrà – senza subire alcuna preclusione conseguente alla pregressa non contestazione – chiedere al giudice un’ordinanza (impugnabile a norma dell’art. 617 c.p.c.) dichiarativa dell’insussistenza del suo obbligo.

In questo caso, l’assenza di termini (certamente non individuabili nell’udienza destinata alla dichiarazione) comporta che il procedimento possa essere esperito fino alla chiusura dell’esecuzione dell’ordinanza di vendita o di assegnazione.

3.3 La dichiarazione del terzo e le contestazioni

Qualora il terzo renda dichiarazione completamente positiva, gli effetti sono gli stessi collegati al silenzio o all’assenza: il credito – ai soli fini dell’esecuzione in corso – si considererà non contestato nei termini indicati dal creditore.

La conclusione – ancorché non esplicitamente dettata – è inevitabile, non potendosi attribuire conseguenze diverse rispetto a quelle collegate all’inerzia o al silenzio del terzo: si tratta, infatti, di due diversi comportamenti (si è ritenuto di riconoscere alla dichiarazione positiva natura di non contestazione esplicita) in grado di produrre il medesimo effetto, vale a dire il perfezionamento del pignoramento.

Nella stessa udienza in cui il terzo ha reso la dichiarazione è concesso al creditore, in caso di dichiarazione negativa (anche soltanto parzialmente) e al debitore (in caso di dichiarazione positiva o, più verosimilmente, in caso di dichiarazione parzialmente positiva) di sollevare contestazioni, che saranno risolte, compiuti «i necessari accertamenti» (evidentemente nel rispetto del contraddittorio), con ordinanza destinata a produrre unicamente «effetti ai fini del procedimento in corso e dell’esecuzione fondata sul provvedimento di assegnazione ed è impugnabile nelle forme e nei termini di cui all’art. 617».

Nel silenzio dell’art. 549 c.p.c. circa forme e termini del procedimento di risoluzione di dette contestazioni, deve ritenersi che esse vadano formulate, a pena di decadenza (giacché con l’ordinanza di assegnazione l’espropriazione è chiusa), nell’udienza in cui è resa la dichiarazione (ovvero in quella successiva eventualmente fissata dal giudice qualora ritenga opportuna la concessione di un termine per l’esame) e che la disciplina del procedimento, del tutto deformalizzato, sia affidata ai poteri discrezionali del giudice. Questi – per l’indefettibile esigenza di rispetto del contraddittorio – dovrà fissare un termine al creditore o al debitore per formalizzare le contestazioni, vale a dire per il deposito di una memoria contenente l’allegazione dei fatti posti a fondamento delle contestazioni e per l’indicazione dei mezzi di prova e il deposito di documenti; un successivo termine per il deposito di memoria contenente le repliche dei controinteressati (terzo, debitore o creditore) e l’indicazione dei mezzi di prova richiesti, ovvero la produzione di documenti. Con lo stesso provvedimento dovrà fissare l’udienza successiva, destinata agli eventuali «necessari accertamenti» e alla decisione28.

Va precisato che la contestazione è condizione necessaria e sufficiente per l’avvio del procedimento, che non richiederà alcuna specifica istanza di parte.

Venuto meno il procedimento (a cognizione ordinaria) di accertamento dell’obbligo del terzo, sostituito dal procedimento (sommario) per la sola risoluzione delle contestazioni alla dichiarazione positiva, è scomparsa la sospensione (indirettamente) prevista dal previgente art. 549 c.p.c.

Dovranno tuttavia ritenersi operanti i principi desumibili dagli articoli 530, co. 4, e 569, co. 3, c.p.c., sicché il giudice dell’esecuzione potrà procedere all’assegnazione (o alla vendita) soltanto dopo aver definito (con la pronuncia dell’ordinanza e con l’eventuale sentenza di cui all’art. 618, co. 2, c.p.c.) le contestazioni sorte sulla dichiarazione del terzo (art. 549 c.p.c.).

È necessario chiarire che il differimento della vendita (o dell’assegnazione) di cui s’è appena parlato è ben diverso dalla sospensione, non comportando la necessità della riassunzione del processo esecutivo.

L’eventuale opposizione avverso l’ordinanza conclusiva del procedimento regolato dall’art. 549 c.p.c. dovrà essere proposta necessariamente ai sensi dell’art. 617, co. 2, c.p.c. al giudice dell’esecuzione con ricorso, da depositare nel termine perentorio di 20 giorni dalla notificazione dell’ordinanza. È forse il caso di ricordare, non avendo l’opposizione effetto sospensivo, che l’esecuzione dell’ordinanza di assegnazione in danno del terzo procederà regolarmente, a meno che il giudice dell’esecuzione – all’udienza di comparizione delle parti, nell’ambito del suo potere di dettare i provvedimenti indilazionabili e di sospendere l’esecuzione – non lo disponga espressamente.

Note

1 L. 24.12.2012, n. 228 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato), in G.U., 29.12.2012, n. 302: a essa ci riferisce quando s’indica soltanto la legge e quando gli articoli sono richiamati senza alcun altro riferimento.

2 Menchini, S., Nuove forme di tutela e nuovi modi di risoluzione delle controversie: verso il superamento dell’accertamento con autorità di giudicato, in Riv. dir. proc., 2006, 900; Saletti, A., Simmetrie ed asimmetrie nel sistema delle opposizioni esecutive, ivi, 2007, 885 ss.; Soldi, A.M., Manuale dell’esecuzione forzata, Padova, 2008, 416 ss.; Perago, C., La distribuzione del ricavato, in L’esecuzione forzata riformata, a cura di G. Miccolis e C. Perago, Torino, 2009, 142; in senso contrario Capponi, B., Manuale di diritto dell’esecuzione civile, II ed., Torino, 2012, 355 ss.

3 Introdotto dall’art. 1, co. 24, della legge di stabilità del 2013.

4 Olivieri, G., I profili e l’evoluzione del sistema di espropriazione presso terzi, in Le espropriazioni presso terzi, diretto da F. Auletta, Bologna, 2011, 18 ss.

5 La differenza fra il deposito con modalità non telematiche e quello di copia cartacea può (probabilmente) ravvisarsi nel fatto che nella prima ipotesi è possibile procedere al deposito utilizzando sistemi informatici diversi da quelli autorizzati.

6 Reale, M., Notifiche avvocati a mezzo pec: dubbi sulle possibilità di immediato utilizzo (articolo 8.7.2013), in www.altalex.com, il quale segnala perplessità sull’immediata operatività della disposizione, giacché – in virtù dell’art. 16 ter l. 17.12.2012, n. 221 (introdotto dall’art. 1, co. 19, n. 2, l. 228/2012) il registro generale – soltanto «A decorrere dal 15 dicembre 2013, ai fini della notificazione e comunicazione degli atti in materia civile, penale, amministrativa e stragiudiziale si intendono per pubblici elenchi quelli previsti dagli articoli 4 e 16, comma 12, del presente decreto; dall’articolo 16 del decreto-legge 29 novembre 2008, n. 185, convertito con modificazioni dalla legge 28 gennaio 2009, n. 2, dall’articolo 6 bis del decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82, nonché il registro generale degli indirizzi elettronici, gestito dal ministero della giustizia» (art. 1, co. 19, n. 9).

7 Saletti, A., Le novità dell’espropriazione presso terzi, in Riv. esecuzione forzata, 2013, 12 ss., non esclude il dubbio di costituzionalità dell’art. 548, co. 2, c.p.c. con riferimento agli artt. 3, 24 e 111 Cost.

8 Olivieri, G., I profili e l’evoluzione, cit., 8.

9 Colesanti, V., Pignoramento presso terzi, in Enc. dir., XXXIII, Milano, 1982, 843 ss.; Soldi, A.M., Manuale, cit., 592.

10 Vaccarella, R., Espropriazione presso terzi, in Dig. civ., VIII, Torino, 1992, 113.

11 Era questo uno degli effetti riconosciuti alla sentenza di accertamento dell’obbligo del terzo da Cass., S.U., 24.6.2008, n. 25037, le cui parole sono state utilizzate nel testo.

12 Cfr. Cass., 23.5.2011, n. 11302.

13 Il terzo non riceverà alcun pregiudizio dalla retroattività della rinnovazione della notificazione nulla, già operando per lui l’indisponibilità delle somme o delle cose dovute in virtù della precedente notificazione dell’atto di pignoramento.

14 Come già da me sostenuto in I profili e l’evoluzione, cit., 25.

15 De Vita, F., Onere di contestazione e modelli processuali, Roma, 2012, 65.

16 Per l’accurata ricostruzione dell’inserimento della non contestazione nella disciplina positiva e sulla “curiosa vicenda” che ha portato a collegare la non contestazione alla costituzione della parte: De Vita, F., Onere di contestazione e modelli processuali, cit., 48 ss., spec. 82 ss.

17 Capponi, B., Manuale, cit., 208 ss.

18 De Vita, F., Onere di contestazione, cit., 120 ss.

19 Storto, A., Riforma natalizia del pignoramento presso terzi: le instabili conseguenze della “stabilità”, in Riv. esececuzione forzata, 2013, 47; Saletti, A, Le novità dell’espropriazione presso terzi, ibidem, 15.

20 Colesanti, V., Pignoramento presso terzi, cit., 844.

21 Olivieri, G., I profili e l’evoluzione, cit., 7.

22 Colesanti, V., Pignoramento presso terzi, cit., 854 s.

23 Per tale qualificazione della dichiarazione positiva del terzo Olivieri G., I profili e l’evoluzione, cit., 27.

24 Come avevo sostenuto in Olivieri, G., op. ult. cit., 27.

25 Serianni, L., Grammatica italiana, Torino, 1988, 217.

26 Secondo le sentenze additive della Corte costituzionale pronunciate in relazione agli artt. 650, co. 1, e 668, co. 1, c.p.c. (C. cost., 2.5.1976, n. 120 e 18.5.1972, n. 89).

27 Monteleone, G., Semplificazioni e complicazioni nell’espropriazione presso terzi, in Riv. esecuzione forzata, 2013, 6 s., secondo cui il terzo – per contestare l’an o il quantum – potrà, a sua scelta, esperire l’azione di accertamento negativo, l’opposizione all’esecuzione e anche l’opposizione concessa dall’art. 548 c.p.c.; Briguglio, A., Note brevissime sull’“onere di contestazione” per il terzo pignorato (nuovo art. 548 c.p.c.), ibidem, 31 s., concede al terzo l’azione di ripetizione da indebito oggettivo e l’opposizione all’esecuzione.

28 Storto, A., Riforma natalizia del pignoramento presso terzi, cit., 51.

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