MOLTEPLICITÀ

Enciclopedia Italiana (1934)

MOLTEPLICITÀ

Goffredo COPPOLA
Guido CALOGERO

. Il problema filosofico della molteplicità nasce nella scuola eleatica, con la polemica zenoniana in difesa di Parmenide. Considerato l'ente parmenideo soprattutto nel suo predicato di unità, esso si contrappone al mondo delle cose apparenti, costituendo con esso l'antitetico binomio dell'unità e della molteplicità: Zenone dimostra quindi gli assurdi derivanti dal presupposto della realtà molteplice, per convalidare con ciò la verità parmenidea dell'esistenza dell'unico ente. Ma già nella critica platonica all'eleatismo zenoniano, contenuta nel Parmenide, viene in chiaro come il carattere intrinsecamente contraddittorio, dimostrato proprio della molteplicità, appartenga insieme anche alla unità, che, se da un lato si contrappone assolutamente alla molteplicità, dall'altro è anche suo elemento, sia come unità base di ogni molteplice, sia come unità risultante dal complesso e facente sì che ogni molteplicità sia pure "una" molteplicità. Questo problema dell'implicazione dialettica dell'unità e della molteplicità, che nel mondo antico si presenta come "problema dell'uno e dei molti", è così già chiaramente posto dal pensiero classico, il quale non può peraltro risolverlo in quanto considera unità e molteplicita come egualmente oggettive e contrapposte al pensiero. La filosofia moderna, da Kant in poi, sposta invece il problema attribuendo l'unità al pensiero conoscente e la molteplicità (il "molteplice dell'esperienza") al materiale oggettivo che tale conoscenza ordina nelle sue forme trascendentali. Così la molteplicità viene respinta al limite dell'irrazionale e la razionalità fatta consistere nella sua stessa traduzione in unità: né l'impostazione del problema cambia sostanzialmente quando, nell'idealismo dialettico dei postkantiani, il rapporto di molteplicità e unità diviene relazione di momenti o forme universali dello spirito.

Per la molteplicità spettrale, v. spettroscopia.

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