monachesimo Complesso fenomeno religioso per cui, nelle maggiori religioni, alcuni individui si allontanano dalla consueta vita sociale, per realizzare nel modo più completo i principi della fede in vita solitaria (anacoretismo) o in vita di comunità (cenobitismo).
Nell’induismo si riscontra sia il fenomeno dell’anacoretismo, per cui singoli individui si ritirano a vivere in solitudine dedicandosi alla contemplazione e alla mortificazione della carne, sia quello del cenobitismo, di solito intorno a un maestro di vita spirituale che, con la rinuncia del mondo, assicuri la salvezza ai seguaci. Essi devono praticare povertà e vita itinerante rifugiandosi nei monasteri solo in caso di necessità. Il m. jainistico si distacca dall’induismo per maggiore sistematicità organizzativa: i monaci jainisti (sādhu), dopo un periodo di iniziazione, vivono in convento sotto la guida di un maestro di vita spirituale. Fra gli anziani viene eletto un capo amministrativo e disciplinare (āchārya), al quale ogni monaco è tenuto a fare la sua confessione.
Il m. costituisce la spina dorsale del buddhismo, facendo risalire la sua origine al
Nel cristianesimo, il m. ebbe le sue prime grandi espressioni nell’anacoretismo di s. Antonio, maestro in Egitto di una gran quantità di eremiti, cui si affianca per importanza e numero di seguaci il cenobitismo di s. Pacomio nell’alta Tebaide durante il 4° secolo. La terza importante manifestazione del m. più antico furono le laure bizantine. Tutte queste forme esigevano il completo distacco dal mondo e una severa disciplina di vita (digiuno prolungato, astinenza da cibi carnei, perfetta castità). Diffusosi in
Il monastero, residenza religiosa stabile destinata a monaci, canonici regolari, o a monache, si dice sui iuris se è una casa religiosa governata in maniera autonoma da un superiore eletto dal monastero stesso; abbazia se il superiore è un abate; priorato conventuale se è un priore (priorato semplice è invece la casa religiosa dipendente da un monastero sui iuris).
La tipologia del monastero venne a precisarsi progressivamente partendo dalla concezione della cella base dell’eremita. Le sue origini possono ritrovarsi nel corso del 5° sec.: muro configurativo di uno spazio all’interno del quale si organizzava il monastero, con successive annessioni di ambienti residenziali addossati al muro, chiesa, e ulteriori edifici sacri, inclusi nel centro di questa chiusa spazialità. Dopo esempi egiziani (5° sec.) o armeni (dal 6° sec.), in