MONOFISITI

Enciclopedia Italiana (1934)

MONOFISITI

Michelangelo Guidi

. Composto, dal gr. μόνος "unico, solo" e ϕύσις "natura", già usato in greco (μονοϕυσ) e poi passato in latino (monophysitae) e nella terminologia storica per designare, in opposizione a "diofisiti", coloro che confessano nel Verbo incarnato, dopo l'unione della divinità e dell'umanità, una sola physis; la disputa per la definizione della natura di questa relazione fra divinità e umanità, vale a dire la disputa cristologica (v. cristologia), si delinea con opposta tendenza (cioè rispettivamente con tendenza a separare e a unire le nature) nelle scuole teologiche di Antiochia e di Alessandria, che sboccano nel nestorianesimo e nel monofisismo, e culmina in tre famosi concilî: il concilio di Efeso (431), nel quale Cirillo, rappresentante della scuola alessandrina, provoca la condanna di Nestorio, cioè dell'estrema tendenza antiochena; il secondo concilio di Efeso (449), chiamato da S. Leone papa "Latrocinium Ephesinum", in cui Dioscuro, patriarca di Alessandria, fece riabilitare con procedimento violento Eutiche archimandrita, rappresentante dell'estrema tendenza alessandrina, già condannato dal patriarca Flaviano nel 448; e infine il concilio di Calcedonia (451; v.), in cui fu deposto il predetto Dioscuro e sulla base del cosiddetto Tomo di Leone Magno (v.) fu definita la dottrina ortodossa e cattolica delle due nature umana e divina in una sola persona. Gli aderenti, non certo a un unico, ma a varî indirizzi, che in questa lotta e nelle vicende posteriori sostennero in varie definizioni l'unicità della physis, sono detti generalmente monofisiti; ma tale parola nelle fonti antiche non è molto usata, preferendosi a essa altre espressioni che si riferiscono a particolari definizioni o dottrine, o agli autori di esse, ecc. (per esempio, eutichiani, severiani, fantasiasti, aftartodoceti, ftartolatri, acefali, enoticiani, ecc.). Appare chiaro dunque che il termine monofisiti è ben lungi dal raggruppare sotto di sé, nell'uso concreto che se ne è fatto nella storiografia, un unico tipo di credenze; si usa al contrario per indicare ugualmente tendenze e definizioni molto varie, che possono però ricondursi a due tipi principali; in primo luogo, il monofisismo vero e proprio, detto anche reale o eutichianismo, che, veramente eretico, è combattuto specialmente in Eutiche (il quale, del resto, come Nestorio, è esponente di dottrine per lo più maturate prima di lui) e in suoi seguaci e in sette chiamate eutichiane; in secondo luogo il monofisismo cosiddetto verbale o moderato, tuttora proprio delle chiese monofisite, che, pure conservando, almeno nella maggior parte dei suoi aderenti, un'opinione ortodossa circa l'unione delle due nature nell'unica persona di Cristo, usa una terminologia (cfr. qui appresso) sua propria, respinta dai cattolici; ed è dichiarato eretico, perché ha rifiutato le formule del concilio di Calcedonia, e ha accusato questo, e il papa, di nestorianismo (v. nestorio e nestoriani); e perché la predetta terminologia si può prestare, come si è prestata, a vere conseguenze monofisite. Il monofisismo verbale che si riattacca specialmente alle formule di S. Cirillo (v.) e alla sua fondamentale μία ϕύσις τοῦ Θεοῦ Λόγου σεσαρκωένη "una sola natura del Dio Verbo incarnata" (v. cirillo; apollinare) ha il suo dottore in Severo patriarca di Antiochia (morto nel 538), ed è detto anche severiano. Si parla anche di un monofisismo pienamente ortodosso, quale è quello di S. Cirillo. Esso però non è mai chiamato cosi nelle fonti, dove monofisiti in senso più proprio sono chiamati coloro che dopo il concilio di Calcedonia si staccarono dalla comunione cattolica e costituirono le chiese monofisite, vale a dire la copta, abissina, siro-giacobita, armeno-gregoriana. Esse naturalmente chiamano sé stesse ortodosse e non monofisite, e professano un monofisismo moderato verbale severiano, il quale ha prevalso assolutamente nel mondo monofisita dopo avere lottato con altre tendenze, a cui si accennerà qui appresso.

Per le vicende delle controversie cristologiche, le loro relazioni con altre, quali le trinitarie, e per l'esposizione della dottrina cattolica circa la relazione tra l'umanità e la divinità in Gesù Cristo, v. chiesa, X, p. 23; gesù cristo, XVI, pp. 872 segg. e 868 segg.; v. inoltre (per personaggi ed episodî) calcedonia: Concilio, VIII, p. 329; cirillo d'alessandria; efeso: I Concili, XIII, p. 513; eutiche, ecc.

È qui opportuno insistere sulla distinzione tra le due principali categorie di credenze, vale a dire il monofisismo reale e il verbale. Il primo, che ha naturalmente le sue manifestazioni anche prima (v. apollinare), è specialmente impersonato in Eutiche, il quale non fu certo l'autore, come si è detto, delle premesse monofisite; ma (nonostante le sue intenzioni di ortodossia più volte affermate, anzi alcuni aspetti ortodossi delle sue dottrine, e le sue esitazioni) egli le portò certamente, del resto con poca perizia teologica (fu detto dal papa S. Leone "multum imprudens et nimis imperitus") all'estrema conseguenza della non consustanzialità di Cristo agli uomini; di qui anche le accuse a lui mosse di docetismo o valentinismo e la facilità con cui si riattaccarono a lui fantastiche dottrine, anch'esse docetiche (v. qui appresso).

Per stabilire le differenze, spesso sottili, delle varie opinioni che sono dette monofisite, è necessario tenere presente il significato che in queste dispute era attribuito a physis, concetto intorno al quale verteva tutta la controversia. Questa parola, nella teologia trinitaria della tradizione, aveva il significato di divinità o natura divina, considerata come astratta e separata dalle tre persone, che la posseggono. L'ortodossia al concilio di Calcedonia e dopo Calcedonia, nel sostenere le due physeis, l'umana e la divina, dava a physis questo valore tradizionale; e la tendenza opposta alla ortodossa, la eutichiana, si può considerare appunto come la confessione che nel Verbo dopo l'unione dell'umanità e della divinità, non vi era che una physis, intesa appunto nello stesso senso. La vera formula di ogni monofisismo reale ed eutichiano è: una sola persona, una sola natura.

Al contrario il monofisismo verbale o moderato, preoccupato nella controversia di colpire al cuore le tendenze nestoriane ad ammettere due persone, adoperò la parola physis per l'incarnazione non più nel senso della teologia trinitaria, ma in un senso speciale per quella cristologica (come avevano già fatto Apollinare, Teodoro di Mopsuestia, Nestorio, e poi Cirillo, per combatterli); le attribuì, cioè, non il valore di natura astratta e universale comune a più individui, ma quello di natura concreta e sussistente in sé stessa per un'esistenza separata e indipendente, facendone insomma un sinonimo di hypostasis e di prosopon. Severo di Antiochia qualifica espressamente questo uso della parola contrario alla tradizione. I monofisiti verbali o moderati, tenendo fermo a questa terminologia per i loro scopi antinestoriani, non potevano per essere ortodossi che confessare dopo l'unione una sola physis, cioè una sola natura concreta; e, in questo anche ortodossi, confessano pure l'esistenza di una umanità e di una divinità perfettamente distinte prima dell'unione. Sono perciò monofisiti in quanto affermano una sola physis nel senso speciale di natura concreta e di prosopon; non sono quindi monofisiti reali. La costanza delle loro opinioni fu determinata da varî fattori, primo tra tutti la rivalità fra Alessandria e Costantinopoli, fiera la prima della figura di Cirillo e fedelissima alla sua memoria e insofferente che s'imponesse da parte dell'antica rivale una fede differente. Si affermava poi in varie parti dell'impero bizantina un senso di autonomia nazionale che prese a segnacolo la fede monofisita. In Siria antiche tendenze docetiche, resti della dottrina di Apollinare, le tendenze mistiche di monaci, facevano accetta l'idea monofisita più che l'opposta. L'Armenia fu indirizzata verso la professione monofisita anche dal fatto che essa ricevette le prime direzioni da centri monofisiti, fiorenti ai suoi confini. La politica imperiale fu favorevole, tranne brevi parentesi, al Calcedonese, che fu anche fieramente difeso da Roma.

Vicende del monofisismo dopo il concilio di Calcedonia. - Il concilio di Calcedonia, che fu interpretato come contraddizione a quell0 di Efeso, sollevò le passioni religiose più vive in quel tempo e fu segnacolo della lotta subito ingaggiata dai seguaci di Cirillo (v.), o tali che pretendevano riattaccarsi a lui, pur essendo di tendenza assai più spinta. La memoria di Calcedonia è rimasta vivissima nella tradizione monofisita. Una fantasiosa letteratura, conservataci specialmente in versione siriaca, come per esempio nelle Pleroforie di Giovanni Rufo, testo del VI secolo, intesse storie di meraviglie e di prodigi divini intervenuti a mostrare soprannaturalmente l'empietà del Calcedonese; il linguaggio dei confessori dell'unicità di natura è il linguaggio di martiri che soffrono per l'ortodossia le angherie imperiali; le famose lettere di Filosseno, vescovo di Mabbūg (Ierapoli), sono un bell'esempio di questo entusiasmo monofisita. Vivo fu l'intervento non solo dei monaci, ma anche delle plebi, nelle lotte accanite che finivano spesso in sanguinosi tumulti; la plebe egiziana era generalmente di parte monofisita, mentre la plebe di Costantinopoli cooperò sempre al trionfo del Calcedonese, e si è sollevata più volte, aizzata dal clero, dai monaci, specialmente dagli acemeti (v. appresso), contro le imposizioni monofisite, come per esempio sotto Anastasio.

Appena deposto dal concilio di Calcedonia Dioscuro, patriarca di Alessandria, responsabile del "Latrocinium Ephesinum" e più che ogni altro monofisita moderato compromesso con Eutiche, fu inviato quale nuovo patriarca ortodosso Proterio, che però fu massacrato dalla plebe inferocita; e al suo posto fu eletto Timoteo Eluro, notissima personalità del monofisismo moderato (morto nel 477). Intanto in Palestina scoppiava, a stento poi domata, una rivolta fomentata dalla vedova di Teodosio II, Eudocia, gelosa della politica dell'imperatrice Pulcheria, moglie di Marciano. Anche la Siria nutriva propositi di ribellione e divenne più tardi il vero focolaio della resistenza monofisita. L'avvento dell'usurpatore Basilisco fu accortamente sfruttato da Timoteo Eluro, che nel frattempo era stato inviato in esilio. Egli riuscì a fare emanare da Basilisco nel 476 un Enkyklion (enciclica), che ci è conservato da Evagrio, e che imponeva, in senso monofisita, il ripudio di Calcedonia. Timoteo tornò trionfalmente in Egitto, mentre anche in Siria la causa monofisita faceva progresso. Ma il ritorno di Zenone, nel 477, provocò una reazione e Timoteo andò in esilio, dove poco dopo morì. Acacio, che sedeva allora sulla cattedra patriarcale di Costantinopoli, constatando il rinforzarsi delle tendenze monofisite in Oriente, preoccupato di assicurare pacificamente l'egemonia religiosa a Costantinopoli, indusse Zenone, d'accordo con Pietro Mongo, patriarca monofisita d'Egitto, a promulgare nel 482 il famoso Henoticon o decreto d'unione, che, nonostante il suo fondo ortodosso e pur anatemizzando Eutiche e Nestorio, abbandona completamente Calcedonia. L'Henoticon creò un doppio scisma, da una parte tra i monofisiti, dei quali i più fanatici, detti Acefali, non restarono contenti dell'abbandono di Calcedonia e videro nelle formule dell'Henoticon un tradimento alla causa monofisita; dall'altro lato tra Roma e Costantinopoli, per 35 anni, perché Roma, sempre ferma nella sua difesa del Calcedonese, condannò, essendo papa Felice III, Acacio e con lui Pietro Mongo. Ma l'Henoticon ebbe un'importanza fondamentale per lo sviluppo dell'idea monofisita, perché permise, all'ombra della tolleranza accordata ai monofisiti moderati che l'accettarono (con più o meno riserve, detti enoticiani, avversarî degli acefali), di formare una salda gerarchia e di propagare la dottrina.

L'avvento dell'imperatore Anastasio (491-518), di sentimenti filomonofisiti, favorì la causa dei dissidenti; la gerarchia si consolidò e il famoso Severo fu sotto di lui patriarca di Antiochia, dal 512 al 518; consigliere dell'imperatore fu anche il grande Filosseno di Mabbūg, i cui scritti, che non lasciano dubbio sulla sua fede monofisita, sono tra le perle della letteratura siriaca, e hanno anche grande importanza per la dottrina monofisita moderata. In questo periodo Pietro Fullone, che fu accusato anche di semieutichianismo, e aveva occupato a tre riprese il patriarcato di Antiochia (469-470, 475-476, 485-488) introduceva nell'inno Trisagion la famosa aggiunta "Crucifixus pro nobis" che, secondo gli ortodossi, portava in quel contesto all'eresia del teopaschismo, che attribuisce alla natura divina la sofferenza e la morte. Quando, nel 512, s'inaugurò a Santa Sofia il canto del Trisagion, così modificato in senso monofisita, scoppiò una grande rivolta della plebe contro i monofisiti e contro Anastasio. Quest'ultimo riuscì con l'astuzia a dominarla. L'avvento di Giustino (518-527) ricondusse l'equilibrio in favore del Calcedonese; egli iniziò subito una politica antimonofisita, per la quale i grandi patriarcati, che attraverso l'Henoticon erano passati ai monofisiti, tornarono in mano degli ortodossi. Severo di Antiochia, deposto, dovette fuggire in Egitto, e anche Filosseno fu esiliato. L'atto più importante di Giustino fu l'accordo da lui conduso con il papa Ormisda nel 519, e che segnò il trionfo della causa romana. Furono condannati Pietro Mongo, Acacio, Pietro Fullone, e fu condannata anche l'aggiunta al Trisagion, "Crucifixus pro nobis", già ripudiata dagli ortodossi come formula monofisita e teopaschita. Con ciò finì lo scisma acaciano. Giustiniano (527-565) aveva la passione di teologizzare e mirava a un accordo tra i dissidenti. Un primo suo atto, favorevole alla tendenza alessandrina, fu la sua decisione a favore dell'aggiunta alle formule di Calcedonia delle parole "Unus de Trinitate passus est carne". Essa era stata suggerita da alcuni monaci sciti per togliere ogni apparenza di nestorianesimo alle definizioni di Calcedonia. Gli acemeti, calcedoniani a oltranza furono acerbamente ostili all'aggiunta, appoggiandosi a Roma, che infatti esitò ad accettarla, finché dopo la solenne dichiarazione di Giustiniano nel 533, il papa Giovanni II l'approvò. Nelle vicende di questo periodo ebbe grandissimo peso l'influenza di Teodora, assai religiosa e completamente guadagnata alla causa del monofisismo. Essa fu la grande protettrice dei capi perseguitati ed esiliati, e al suo favore si deve se la gerarchia monofisita, ridotta a mal partito dalla reazione calcedonese sotto Giustino e Giustiniano, poté ricostituirsi formando i quadri delle chiese dissidenti. Un importante tentativo di Giustiniano per la conciliazione consistette nella discussione ch'egli provocò a Costantinopoli tra ortodossi e monofisiti, conclusa, senza risultato apprezzabile, nel 533; in quell'occasione i severiani produssero come autentici gli scritti dello Pseudo Dionigi l'Areopagita, che furono respinti dagli ortodossi. L'elezione del patriarca Antimo (536) favorì gl'intrighi monofisiti. Severo, che dall'esilio egiziano aveva diretto tutta la resistenza alla pressione calcedonese, venne chiamato a Costantinopoli, dove era anche rifugiato il patriarca egiziano monofisita Teodosio, spodestato da un altro partito monafisita, vale a dire il giulianista, che aveva eletto in suo luogo il patriarca Gaiano (v. sotto). I tre patriarchi, favoriti da Teodora, tramavano per tornare all'Henoticon; ma papa Agapito, che in quel tempo giunse a Costantinopoli, rianimò gli ortodossi e ottenne la deposizione del patriarca Antimo e la sua sostituzione con Menna. Agapito morì a Costantinopoli, ma poco dopo, in un concilio del 546, Severo fu definitivamente condannato e proscritto. Il patriarca Efrem, di Antiochia, ortodosso, lavorava intanto per ricondurre tutta la gerarchia di Siria al Calcedonese: in Egitto fu inviato, dopo la condanna di Severo e anche di Teodosio, il monaco Paolo di Tabennese, con i più ampî poteri e la missione d'imporre all'episcopato, al clero e ai monaci il Calcedonese. Il nuovo patriarca agì con ogni energia; la causa monofisita sembrava perduta anche per l'Egitto; ma il favore accordato da Teodora ai proscritti (alcuni dei personaggi più importanti del monofisismo erano in esilio presso Costantinopoli), e i suoi intrighi, resero vana in parte la politica imperiale e la sorveglianza della polizia. Anzitutto Giovanni di Hephaistos fu fatto fuggire per fare ordinazioni monofisite sia a Costantinopoli sia in Asia Minore; avendo poi richiesto l'emiro o filarco ghassānida al-Ḥārith V, capo del piccolo stato arabo ai confini orientali della Siria e ardente monofisita, due vescovi monofisiti, Teodora inviò un monaco, Teodosio, e il famoso Giacomo Baradeo (v. giacobbe Baradeo). Questi, con miracolo di energia e di zelo, riuscì, nonostante la sorveglianza della polizia imperiale, a ricostituire una gerarchia monofisita, non solo in Siria, ma persino nell'Asia Minore, nelle isole del mare Egeo, e in Egitto. Essa non fu più estirpata, e fu la madre diretta delle chiese monofisite separate che da allora si affermarono in autonomia e furono dette giacobite appunto dal nome di Giacomo Baradeo. Rimase sempre però nei varî paesi una chiesa conformista e aderente a Calcedonia detta melchita o imperiale (v. mblchiti).

Poi Giustiniano, cedendo alle insistenze del vescovo Teodoro Aschida, compromesso con l'origenismo, e che aveva interesse a rivolgere l'attività teologica dell'imperatore verso altri scopi, s'indusse a fare atto di pacificazione con un'ultima concessione ai monofisiti, condannando Teodoro di Mopsuestia, Teodoreto di Ciro e Iba di Edessa ("i tre capitoli", v. chiesa, X, p. 23), che erano gli ortodossi più vicini al nestorianismo. Questa condanna cadeva in parziale contraddizione con il concilio di Calcedonia e fu rifiutata da papa Vigilio, ma fu infine da lui accettata dinanzi al fermo atteggiamento dell'imperatore, e dopo la convocazione del V concilio generale di Costantinopoli, che sanzionò tale condanna (v. nestorio e nestoriani). Da essa nascono questioni assai gravi, sia per la contraddizione dei due concilî, sia per il giudizio differente di Vigilio nelle sue varie decisioni.

Nello sforzo di armonia fra teologia monofisita e calcedonese si segnalarono anche grandi teologi, quale specialmente il monaco scita Leonzio di Bisanzio, scrittore di gran fama, che tentò l'armonia delle idee opposte - in senso nettamente ortodosso - sulla base della filosofia aristotelica e neoplatonica.

Le vicende ulteriori portarono ad altri tentativi di conciliazione, come la Ekthesis di Eraclio, dalla quale nacque la crisi monotelita (v. monoteliti) e il Typos di Costante II.

Ma l'unione era ormai spezzata per sempre, le tendenze separatiste e nazionali assicuravano stabilità alle chiese dissidenti, che però, staccate dalla grande comunione della cultura bizantina e occidentale, decaddero facilmente. La separazione facilitò senza dubbio, indebolendo l'impero bizantino, l'invasione araba; e i monofisiti d'Egitto videro negli Arabi i vendicatori e i garanti di una libertà completa. Le chiese monofisite (come le nestoriane) e l'azione missionaria di esse ebbero la maggiore importanza per la storia religiosa e culturale d'Oriente (v. specialmente siri). Furono in prevalenza forme nestoriane o monofisite che diedero a Maometto la sua conoscenza del cristianesimo, che per quanto potesse essere superficiale è importantissima come fonte del Corano e delle dottrine o prescrizioni musulmane (per quello che concerne le chiese monofisite, la diffusione della dottrina monofisita, v. armena, chiesa; copti; etiopia; nestorio e nestoriani; siri).

Le varie sette monofisite. - Durante il tempestoso periodo che seguì il concilio di Calcedonia e portò alla formazione delle predette chiese, sorsero dentro e intorno alle due principali varietà di monofisismo che abbiamo indicate sopra, il reale e il verbale o moderato, una grande varietà di sette, la cui storia non può essere tracciata senza lo studio di molte fonti inedite; ed è anche difficile del resto una rigorosa separazione di esse in ordine alle due varietà suddette. Del monofisismo reale o eutichiano si indicano qui sotto, secondo l'enumerazione dello Jugie nell'articolo citato nella bibliografia, alcune forme o teorie principali, che spesso erano state già formulate e professate anche prima di Eutiche.

1. L'assorbimento dell'umanità da parte della divinità, da cui deriva logicamente il teopaschismo (v. sopra), fu l'accusa fatta generalmente ai monofisiti, la quale è ingiusta certo per i severiani. Non k agevole indicare i nomi dei partigiani di questa forma monofisita, attribuita a Eutiche e a Pietro Fullone.

2. Sparizione del Verbo nell'umanità, che si fonda sul famoso passo di S. Paolo nell'epistola ai Filippesi, II, 7, ἑαυτὸν ἐκένωσεν "exinanivit semetipsum". È la questione della kenosis, risollevata dal protestantesimo tedesco nel secolo XIX. Attribuita a Eutiche, l'idea è certamente anteriore a lui.

3. Metamorfosi reale del Verbo nella carne, già segnalata da S. Cirillo e attribuita anche a Eutiche. Severo cita eutichiani di questo genere.

4. Metamorfosi apparente del Verbo nella carne, vale a dire docetismo. I seguaci di tale dottrina si chiamano fantasiasti, e, per es., Timoteo Eluro ha combattuto eutichiani di questa specie.

5. La mescolanza, teoria tipica del monofisismo reale, che sostiene dopo l'incarnazione una specie di composto teandrico, né Dio né Uomo. Questa teoria è combattuta da Severo in modo speciale contro il vescovo d'Aleppo, Sergio il Grammatico, che la professava. Per i niobiti, che sono attribuiti alla tendenza severiana e sostenevano la mancanza di ogni differenza tra umanità e divinità, v. qui appresso; così per gli aftartodoceti.

Il monofisismo severiano, più ancora che l'eutichiano, si frazionò in un numero grandissimo di sette prima di fissarsi in un'espressione prevalente e stabile. Una grave scissione fu procurata dall'Henoticon; si ebbero acefali, contrarissimi all'accordo, ed enoticiani. Gli acefali, che si estinsero presto, erano ancora sotto l'imperatore Maurizio (582-602) divisi in più sette.

Giuliano d'Alicarnasso sostenne poi, in opposizione a Severo, la tesi dell'impassibilità e incorruttibilità del corpo di Cristo (alla quale, negli ultimi anni della sua vita, aderì Giustiniano) e che insieme con alcune altre particolarità, dà alla setta qualche colore di eutichianismo. I giulianisti, che costituirono un forte gruppo, prendono anche il nome, derivato dalla loro dottrina, di aftartodoceti (ed essi chiamavano i severiani phtartolatrae, in latino corrupticolae) e sono chiamati anche gaianiti da Gaiano, che fu eletto dai giulianisti patriarca d'Egitto, in luogo del severiano Teodosio. Dei giulianisti ancor più decisamente eutichiani possono ancora dirsi gli actisteti, che sostennero che la carne di Cristo era non solo incorruttibile, ma anche increata.

Sempre in relazione con la lotta tra severiani e giulianisti si formò l'opinione degli agnoeti, che attribuivano a Cristo l'ignoranza umana; all'estremo si manifestò verso il 570, la setta dei niobiti, che rimonta a un sofista alessandrino, Stefano Niobe, il quale sostenne che l'unione di umanità e divinità è così stretta, che non è più possibile parlare di differenza di natura, tra umanità e divinità dopo l'unione.

Infine, alla seconda metà del sec. VI, apparve tra i severiani o teodosiani, il triteismo, di cui il maggior dottore fu l'aristotelico alessandrino Giovanni Filopono. Il triteismo che, occorre dirlo subito, è un triteismo puramente verbale, è in fondo un tentativo di ristabilire l'accordo fra terminologia trinitaria e terminologia cristologica in uso presso i severiani. Ciò avviene specialmente attribuendo a physis, nella teologia trinitaria, lo stesso significato che il monofisismo moderato le aveva dato in quella cristologica. Nella Trinità quindi ogni physis concreta è necessariamente una hypostasis o persona. La natura divina è tre volte hypostasis, e la Trinità è tre hypostasis e tre persone. Ma i triteisti evitano di dire tre Dei o tre divinità e quindi il nome di triteisti a loro applicato è improprio e tendenzioso. Fra i personaggi triteisti più notevoli furono i vescovi Colone ed Eugenio. Naturalmente la dottrina triteista fu combattuta dagli ortodossi con argomenti che non è qui il caso di riferire; e d'altra parte portò molta discordia nel campo monofisita. Dal triteismo nacquero molte altre sette, tra cui quella dei pietriti, dal nome di Pietro di Callinico, patriarca monofisita di Antiochia (581-591) e i condobauditi, detti così da un quartiere di Costantinopoli, dove essi si radunavano.

Bibl.: Per le trattazioni di storia ecclesisatica, v. la bibliografia alla voce chiesa; importantissima la parte relativa ai monofisiti nell'Histoire de l'Église, di L. Duchesne, e utilissimo per un rapido ma sicuro orientamento, il terzo volume della Histoire des Dogmes, del Tixeront, 5ª ed., Parigi 1922. Inoltre v. specialmente gli ottimi ed esaurienti articoli Eutychès et Eutychianisme, e Monophysisme, nel Dictionnaire de théologie catholique, dovuti al Jugie, e dai quali è presa qui sopra molta materia. Per la storia del monofisismo severiano e la sua distinzione dal monofisismo reale, è fondamentale J. Lebon, Le monphysisme sévérien, Lovanio 1909. Per le fonti originali e studî più particolari v. i citati articoli del Jugie e la bibliografia delle varie voci richiamate in questo articolo.