MONOPOLIO

Enciclopedia Italiana - IV Appendice (1979)

MONOPOLIO (XXIII, p. 692; App. III, 11, p. 154)

Carlo Pace
Franco Gallo

Economia. - Gli sviluppi teorici. - La tendenza a conseguire una più accentuata capacità di comprensione dei fenomeni reali, che caratterizza la scienza economica contemporanea, ha largamente improntato le ricerche in tema di m. e di forme di mercato. Dalla classificazione sostanzialmente bipolare dei mercati, con la concorrenza da un lato e il m. dall'altro, si è passati a classificazioni che riconoscono come queste due forme di mercato costituiscano soltanto dei casi limite. Nel campo delimitato agli estremi dalla concorrenza e dal m., s'individua - in aggiunta al duopolio, che già aveva richiamato l'attenzione degli studiosi - tutta una serie di forme di mercato intermedie, quali il m. parziale, l'oligopolio, il polipolio, la concorrenza monopolistica o imperfetta. Al riconoscimento della varietà delle forme reali e della maggiore frequenza nelle economie contemporanee delle forme intermedie rispetto a quelle estreme, si accompagna la constatazione che le differenze tra le varie forme di mercato hanno carattere quantitativo e non qualitativo. Per es., il m. può essere considerato come un caso speciale di duopolio, con livello nullo di produzione per uno dei duopolisti. Le forme di mercato intermedie presentano, in varia misura, i caratteri del m. e della concorrenza; in esse è comunque presente un qualche potere di controllo dell'impresa sul prezzo, sicché appare corretto riferirsi a esse con il termine generale di situazioni monopolistiche. Le classificazioni quantitative delle diverse forme di mercato appartengono sostanzialmente a due tipi: quello morfologico o strutturale e quello funzionale. Secondo il primo criterio, la distinzione tra i regimi è stabilita in base al numero e alla distribuzione per dimensioni delle imprese appartenenti a un'industria; mentre il criterio funzionale pone l'accento sul tipo di comportamento delle imprese, condizionato dall'elasticità della relativa curva di domanda o curva delle vendite. Benché non immune da difetti, il criterio funzionale risulta preferibile a quello strutturale. Quest'ultimo, infatti, da un lato non consente di discriminare sempre con precisione tra situazioni contigue, dall'altro ha un campo di applicazione limitato al caso in cui conservi validità il concetto d'industria, inteso come l'insieme di imprese producenti una data merce. Per consentire di valutare appieno questa seconda limitazione, va detto che uno degli aspetti più notevoli che la teoria della concorrenza monopolistica prende in considerazione è l'eterogeneità risultante da azioni preordinate delle imprese (quali le campagne pubblicitarie), ossia la differenziazione dei prodotti. In base al secondo criterio, si può procedere alla seguente classificazione essenziale delle situazioni monopolistiche. Si ha il m. totale, o m. in senso stretto, in tutti i casi in cui la curva di domanda del prodotto dell'impresa è determinabile e inclinata negativamente. Si noti che la curva di domanda, cui si fa qui riferimento, non è quella tradizionale del metodo dell'equilibrio parziale; essa infatti pone in relazione la quantità domandata con il prezzo del prodotto, ma detta relazione viene individuata scontando gli effetti degli aggiustamenti che intervengono nei prezzi degli altri beni per ricostituire l'equilibrio nei rispettivi mercati. Quando il prodotto di un'impresa trova dei perfetti sostituti nei prodotti di altre imprese, ma la sua curva delle vendite è determinabile per differenza tra le quantità complessivamente domandate a ciascun prezzo e le quantità corrispondentemente offerte dalle rimanenti imprese, si configura il m. parziale. Se la domanda del prodotto di ciascuna impresa è determinabile in base all'esistenza di accordi tra le imprese, si ha il m. collettivo quando il gruppo di imprese agisce come un unico monopolista. Se la curva delle vendite dell'impresa non è determinabile a priori, dipendendo dalla condotta dei rivali, si ha l'oligopolio o il duopolio (forme queste tra cui non sussistono differenze funzionali). Si parla di oligopolio o duopolio puro in presenza di prodotti omogenei, oppure di oligopolio o duopolio con differenziazione dei prodotti. In entrambi i casi, e come conseguenza dell'indeterminazione delle curve delle vendite delle imprese, la posizione di equilibrio è indeterminata a priori.

Gli ulteriori sviluppi dell'analisi possono essere ricondotti ad alcune principali direttrici di ricerca. In primo luogo, si è proceduto ad analizzare gli effetti dell'accesso di nuove imprese e le condizioni che lo regolano. Così, in regime di concorrenza monopolistica e nel caso di un largo gruppo d'imprese, E.H. Chamberlin individua la posizione d'equilibrio di lungo periodo, caratterizzata dalla tangenza della curva delle vendite con quella dei costi unitari medi. In tale assetto di equilibrio le imprese pur dotate di potere di mercato, ossia di potere di controllo sul prezzo, non conseguono profitti né sopportano perdite: si tratta, in altri termini, di un assetto analogo a quello della concorrenza perfetta. L'inclinazione negativa della curva delle vendite dà luogo peraltro alla tangenza tra le due curve in corrispondenza di una scala di produzione inferiore a quella di minimo costo, ossia a un sistematico eccesso di capacità. Vanno inoltre ricordate le ricerche di J.S. Bain e P. Sylos Labini in tema di analisi delle condizioni di accesso. Una seconda linea di ricerca è volta a classificare le varie situazioni monopolistiche in base alla misura del rispettivo potere di mercato o, più in generale, del grado di monopolio. Una terza direttrice di ricerca riguarda la descrizione del comportamento delle imprese oligopolistiche, In tale campo va segnalato il contributo di P.M. Sweezy che, mediante la cosiddetta curva di domanda ad angolo, fornisce una spiegazione logica dell'asserita tendenza alla rigidità dei prezzi in regime di oligopolio. Un'altra nutrita serie di ricerche si svolge sul piano empirico e tende alla verifica di relazioni deduttivamente individuate. In questo ambito si collocano le ricerche econometriche (come per es. quelle volte a controllare il realismo dell'ipotesi della rigidità dei prezzi in regime di oligopolio) e le indagini empiriche sui processi di formazione dei prezzi e sulle motivazioni imprenditoriali. A proposito di queste ultime e del rilievo che esse assumono nelle situazioni monopolistiche, va ricordato che già Pareto e Schumpeter avevano osservato come la massimizzazione del profitto, che è motivazione non solo sufficiente, ma anche necessaria del comportamento delle imprese concorrenziali, non caratterizza invece necessariamente la condotta delle imprese negli altri regimi di mercato. Le motivazioni alternativamente proposte sono molteplici, e vanno dalla realizzazione di un certo e stabile livello di profitto alla massimizzazione delle vendite o del loro ritmo di crescita, all'espansione degli emolumenti dei dirigenti, ecc.

I monopoli nell'economia italiana. - Benché la crescente apertura dei mercati abbia indubbiamente ridotto negli ultimi dieci anni l'incidenza dei comportamenti monopolistici sull'economia italiana, la fonte primaria di documentazione in materia rimane costituita dal complesso di accertamenti effettuati dalla Commissione parlamentare d'inchiesta sui limiti posti alla concorrenza nel campo economico. Gli "Atti" della Commissione, pubblicati dalla Camera dei Deputati tra l'ottobre e il dicembre 1965, comprendono il volume della Relazione alla Camera dei Deputati, due volumi che raccolgono i Resoconti degli interrogatori conoscitivi e sei volumi di Studi e monografie. Le conclusioni cui la Commissione è pervenuta sono raccolte nel primo volume, che contiene: a) un'indagine sull'autofinanziamento industriale; b) le relazioni di maggioranza e di minoranza sulla Federazione italiana dei consorzi agrari e sull'Ente nazionale risi, nell'ambito dell'indagine sugli enti operanti in agricoltura; c) le relazioni tecniche, di maggioranza e di minoranza, relative al settore del cemento; d) la relazione unitaria sul settore farmaceutico. Riguardo al meccanismo di finanziamento delle imprese e tenuto conto dei mutamenti nel frattempo intervenuti, può affermarsi che il mercato finanziario e quello creditizio operano in senso limitativo della concorrenza, attuando delle discriminazioni a favore delle maggiori imprese, private e pubbliche. Per quanto riguarda gli enti operanti in agricoltura, la Commissione parlamentare non è stata in grado di pervenire a una conclusione univoca. Situazioni che rendono opportuno un più puntuale e incisivo controllo pubblico sono invece emerse con riferimento ai settori del cemento e farmaceutico. Altre situazioni di limitazione alla concorrenza sono individuabili sulla base della documentazione fornita dagl'interrogatori conoscitivi e dagli studi monografici e riguardano in particolare i settori siderurgico, meccanico (nel campo automobilistico e delle macchine per ufficio in special modo), tessile, dell'industria saccarifera, di quella chimica, nel campo delle assicurazioni e nei contratti della Pubblica amministrazione.

Va infine notato che, nonostante la presentazione in diverse legislature di vari disegni di legge, non si è tuttora pervenuti all'emanazione di una disciplina nazionale di tutela della concorrenza.

Bibl.: E.H. Chamberlin, The theory of monopolistic competition, Cambridge, Mass., 1933; J. Robinson, The economics of imperfect competition, Londra 1933; H. von Stackelberg, Sulla teoria del duopolio e del polipolio, in Rivista italiana di statistica economia e finanza, 1933; id., Marktform und Gleichgewicht, Vienna-Berlino 1934; A.P. Lerner, The concept of monopoly and the measurement of monopoly power, in Review of economic studies, 1934; L. Amoroso, Principi di economia corporativa, Bologna 1938; P.M. Sweezy, Demand under conditions of oligopoly, in Journal of political economy, 1939; R. Triffin, Monopolistic competition and general equilibrium theory, Cambridge, Mass., 1940; G. Demaria, Sulla misura del grado di monopolio economico, in Giornale degli economisti, 1949; L. Amoroso, Economia di mercato, Bologna 1949; E.H. Chamberlin, Monopoly and competition and their regulation, Londra 1954; J.S. Bain, Barriers to new competition, Cambridge, Mass., 1956; P. Sylos Labini, Oligopolio e progresso tecnico, Milano 1957; E.H. Chamberlin, Towards a more general theory of value, New York 1957; G. Becattini, Il concetto di industria e la teoria del valore, Torino 1962; C. Pace, Il grado di monopolio economico, Padova 1962; R.E. Kuenne, Monopolistic competition theory: studies in impact, New York 1967; F. Machlup, Theories of the firm: marginalist, behavioral, managerial, in American economic review, 1967.

Monopoli fiscali. - Nell'ambito dei m. legali o di diritto - risolventisi nell'attribuzione normativa a un solo soggetto del diritto di esercizio di una certa attività economica - occupano un posto preminente i cosiddetti m. (o privative) fiscali, intendendosi per tali quelle situazioni di esclusiva create dal legislatore per utilizzarne i vantaggi al fine di conseguire più elevate entrate finanziarie a favore dello stato stesso o di un ente pubblico. L'ampiezza di tale nozione e la sua funzionalizzazione all'obiettivo di reperire maggiori e nuove entrate fa comprendere come, almeno da parte degli economisti, non vi sia stata alcuna difficoltà a considerare i m. fiscali come un normale strumento di riscossione di un'imposta o di un dazio.

Tali posizioni monopolistiche, un tempo assai numerose, sono venute, peraltro, sempre più riducendosi a causa dell'estensione di forme diverse di controllo pubblico dell'economia (realizzate, per es., attraverso la creazione di enti finanziari di gestione) e della nazionalizzazione di alcuni settori di attività economiche.

Dopo l'abolizione del m. relativo ai prodotti chinacei, alle banane, all'importazione e vendita dei tubetti e cartine per sigarette, alla produzione dei fiammiferi e alla vendita dei sali e dei tabacchi greggi, le più importanti riserve monopolistiche attualmente rimaste in vigore sono quelle attinenti alla produzione e all'introduzione dei sali, alla fabbricazione, preparazione e vendita dei tabacchi lavorati, all'esercizio del gioco del lotto, delle lotterie nazionali, dei giochi di abilità e concorsi pronostici.

Monopolio del sale e dei tabacchi. - Riguardo a tale genere di m. giova tener presente innanzi tutto che, a seguito dell'entrata in vigore della l. 13 luglio 1965, n. 825, e del d.P.R. 30 dic. 1969, n. 1131, le relative riserve sono divenute meno rigide esercitandosi, anziché attraverso un divieto generalizzato, mediante la subordinazione dell'introduzione dei generi a un nulla osta dei m. di stato.

Per quanto attiene in particolare ai soggetti e al procedimento di esercizio dell'esclusiva si deve rilevare che, secondo la vigente legislazione in materia, beneficia della posizione di m. lo stesso stato mediante l'amministrazione dei monopoli. Questa cura sia la produzione attraverso diverse aziende sia parte del processo di distribuzione a mezzo dei propri organi periferici; dopo la ricordata liberalizzazione della vendita del sale, solo la vendita dei tabacchi rimane attribuita alla suddetta amministrazione che l'affida a privati aventi la veste di concessionari (i gestori dei magazzini di vendita e i rivenditori al pubblico). I prezzi di vendita sono stabiliti attraverso una procedura che prevede l'intervento sia del Parlamento che dell'amministrazione finanziaria. In particolare spetta al Parlamento approvare una tabella nella quale sono elencati, in rapporto tra loro, i prezzi richiesti dai fornitori del genere di m. e i prezzi di vendita al pubblico dello stesso in relazione al prezzo richiesto dal fornitore (o proposto dall'amministrazione dei m.): il ministro per le Finanze provvede, con proprio decreto, all'inserimento del genere di m. in detta tabella.

Per quanto attiene più specificamente al m. del sale, esso è tuttora regolato dalla l. 17 luglio 1942, n. 907, e si estende (con le modificazioni di cui diremo) al solo territorio continentale dell'Italia, non essendovi soggette le isole maggiori (Sicilia e Sardegna) e quelle minori a esse adiacenti; sono esclusi dal m. anche i comuni di Livigno e di Campione d'Italia. La ricordata esclusione della vendita del sale dal m. ha radicalmente mutato l'assetto delle entrate, poiché queste, in gran parte, erano costituite appunto dalla vendita del prodotto. Il consumatore all'atto dell'acquisto del prodotto versava infatti un prezzo che conglobava due voci: l'una, corrispondente al costo del prodotto, l'altra dovuta a titolo di un'imposta di consumo (cosiddetta "quota fiscale") regolata dalla l. 13 luglio 1965, n. 825.

Questa imposta è stata abolita, a far data dal 10 gennaio 1973, e sostituita dall'IVA per cui il sale oggetto di vendita è attualmente soggetto all'imposta sul valore aggiunto secondo le norme previste dal d.P.R. n. 633 del 1972.

Lo stato quindi consegue le entrate derivanti dal m. in modo sensibilmente diverso da quanto avveniva in precedenza, poiché esse oggi sono costituite in buona parte dal prezzo che ricava dalla vendita ai commercianti del prodotto in questione.

Entrate più propriamente fiscali lo stato ricava dal m. fiscale concedendo a enti o soggetti di svolgere l'attività ancora soggetta al monopolio. Ciò si verifica nelle seguenti ipotesi:

a) estrazione del sale dalle acque o sorgenti o produzione del sale stesso come sottoprodotto della lavorazione industriale: l'attività è soggetta ad autorizzazione dietro versamento di un canone annuo stabilito dal ministro per le Finanze;

b) produzione del sale con metodo idrolitico nella preparazione degli estratti alimentari: l'attività è soggetta ad autorizzazione ed è dovuto un diritto di m., che può essere corrisposto in abbonamento in base a decisione del ministro delle Finanze, determinato con decreto del presidente della Repubblica, emanato su proposta del ministro per le Finanze, sentito il Consiglio dei ministri;

c) estrazione di sali per scopi igienico-curativi: anche in tale caso è necessaria l'autorizzazione e sulla quantità di sali è dovuto un diritto di m. pari al prezzo fissato per la vendita al pubblico dei sali alimentari;

d) introduzione dei sali nel territorio soggetto a monopolio.

Quanto al m. dei tabacchi, deve rilevarsi che anch'esso, come già si è detto, ha subito una profonda evoluzione che ha portato gradualmente all'esclusione dal suo ambito della coltivazione, della prima lavorazione e della vendita e importazione dei tabacchi greggi. Il m., quindi, riguarda attualmente solo la produzione, l'importazione e la vendita dei tabacchi lavorati.

Con l. 10 dic. 1975, n. 724, l'oggetto del m. è stato ulteriormente limitato, poiché ne è stata esclusa l'importazione e la vendita all'ingrosso di tabacchi lavorati di provenienza comunitaria. Questa situazione ha quindi eliminato il sistema di entrate che derivano dalle concessioni per la coltivazione e prima lavorazione del tabacco; inoltre, per quanto riguarda le vendite di prodotti provenienti dalla Comunità europea, lo stato riscuote solo la quota fiscale, costituita da un'imposta di consumo e dall'imposta sul valore aggiunto. L'imposta di consumo viene corrisposta all'importazione dai soggetti passivi come sovrimposta di confine. La stessa legge ha, inoltre, istituito nuove tabelle, fissando il prezzo di vendita al pubblico dei tabacchi e, nel contempo, determinando i prodotti che possono essere importati liberamente. È vietata infatti ai privati l'introduzione di prodotti non previsti nella tabella, oltre, naturalmente, a quelli di provenienza extra-comunitaria.

Lo stato all'atto della vendita riscuote una somma che viene distinta in costo industriale e quota fiscale, corrisposta dall'acquirente a titolo d'imposta di consumo sul genere di m. e a titolo d'imposta sul valore aggiunto.

Monopolio del lotto e delle lotterie. - a) Lotto pubblico. - Dopo alcune brevi esperienze di gestione privata realizzate in Italia nei secoli 15° e 16° il lotto è passato nelle mani dello stato che se ne è riservata l'organizzazione e lo ha fatto oggetto di un m. fiscale.

L'ordinamento del lotto pubblico fa capo, a livello centrale, al ministero delle Finanze, direzione generale per le entrate speciali e, a livello locale, alle intendenze di finanza.

È previsto il generale divieto all'esercizio del lotto senza autorizzazione amministrativa pena l'ammenda da L. 5000 a L. 25.000 (così elevate dalla l. 5 luglio 1966, n. 518). Altre sanzioni (pene pecuniarie da L. 3000 a L. 6000) colpiscono la vendita o l'esposizione in vendita di biglietti del lotto pubblico fuori del luogo destinato all'esercizio del giuoco. È proibito inoltre, come violazione del m. dello stato, il lotto clandestino esercitato in qualsiasi modo e sotto qualsiasi forma. S'intende proibito qualsiasi lotto fatto clandestinamente con promessa ai giocatori di premi in danaro o mediante raccolta o sottoscrizione di poste sopra combinazioni di numeri, lettere o indici, ordinati in modo uguale o simile al lotto pubblico.

La violazione di queste disposizioni è punita con la reclusione da uno a otto mesi e la multa da L. 50.000 a L. 250.000 a carico dell'organizzatore e con la multa da L. 500 a L. 2000 a carico dei giocatori.

Una particolare sanzione è infine prevista per i ricevitori del lotto e gli aiuto ricevitori che si siano resi colpevoli delle sopra esposte violazioni in materia di lotto pubblico: essi incorrono nella destituzione o nella revoca dell'incarico.

b) Lotterie nazionali. - Le lotterie nazionali sono autorizzate, in deroga al generale divieto sancito dal citato d.l. n. 1933 del 1938, con legge speciale su proposta del ministro per le Finanze. La l. 4 ag. 1955, n. 722, prevede l'effettuazione di quattro lotterie all'anno denominate rispettivamente Lotteria di Merano, Lotteria di Agnano, Lotteria di Monza e Lotteria Italia. Le prime tre sono abbinate alle omonime manifestazioni sportive, mentre l'ultima è collegata a una manifestazione artistica che negli ultimi anni ha coinciso con un popolare spettacolo musicale radio-televisivo. L'esecuzione delle lotterie nazionali è affidata al ministero delle Finanze, direzione generale per le entrate speciali, il quale per la pubblicità e la distribuzione e vendita dei biglietti si avvale di enti concessionari. Gli utili di ciascuna lotteria sono riservati a enti che hanno finalità sociali, assistenziali e culturali indicati di volta in volta con decreto del presidente della Repubblica.

Monopolio dei giuochi di abilità e concorsi pronostici. - I principali concorsi pronostici esistenti in Italia sono costituiti dal Totocalcio e dal Totip, rispettivamente gestiti in regime di m. dal CONI e dall'UNIRE.

Fino al 1951 questi giuochi, il primo dei quali fu introdotto in Italia nel 1946, furono assoggettati ai diritti erariali sulle scommesse, all'IGE e a una tassa di lotteria del 16% su tutti gl'introiti lordi a carico degli enti organizzatori. Con l. 22 dic. 1951, n. 1379, i tre tributi applicati in precedenza (diritti erariali, IGE, tassa di lotteria) furono unificati in uno che prese il nome di imposta unica sui giuochi di abilità e sui concorsi pronostici.

L'imposta unica è dovuta con l'aliquota del 26,80% (così determinata con l. 18 nov. 1973, n. 764) sull'intero complessivo ammontare delle poste di giuoco. Per i concorsi pronostici relativi alle corse dei cavalli, rimane fermo l'abbuono del 28,301886% sull'imposta unica concesso a favore dell'UNIRE dall'art. 1 della l. 29 sett. 1965, n. 1117. Soggetti passivi dell'imposta sono il CONI e l'UNIRE, mentre la riscossione è affidata mediante una convenzione alla SIAE presso la cui sede centrale l'imposta è versata direttamente entro 20 giorni dalla data di svolgimento di ogni manifestazione del giuoco o concorso periodico.

È però da tener presente che sebbene il CONI e l'UNIRE figurino formalmente quali soggetti passivi dell'imposta unica, nella sostanza questa colpisce i giuocatori poiché, essendo il monte-premi costituito dall'ammontare delle poste di giuoco ridotto dell'imposta, questi percepiscono un premio che è decurtato dell'imposta rispetto a quello che avrebbero conseguito a condizioni di parità, al netto delle spese organizzative.

In base alla l. 29 sett. 1965, n. 1117, il fondo premi nei giuochi di abilità e nei concorsi pronostici esercitati tanto dallo stato che dal CONI e dall'UNIRE è stato fissato nel 38% del complessivo ammontare delle poste di giuoco. La parte che rimane, dopo detratta l'imposta unica del 26,8% e dopo la costituzione del fondo premi, è riservata ai due enti organizzatori per i loro scopi istituzionali. L'imposta unica è sostitutiva nei confronti del CONI e dell'UNIRE di ogni tributo diretto o indiretto a favore dello stato e degli enti minori, connesso con le attività medesime.

Nei confronti dei vincitori l'imposta unica è sostitutiva delle imposte dirette sul reddito afferenti ai premi.

Per quanto riguarda l'accertamento dell'imposta, l'amministrazione finanziaria può soltanto controllare i bollini di convalida apposti sulle schede del concorso, per verificare se l'obbligazione è stata soddisfatta integralmente dagli enti organizzatori.

A conferma della natura sostitutiva dell'imposta unica l'art. 6 della l. n. 1379 dispone che l'ammontare dell'imposta è iscritto nel bilancio dell'entrata:

per il 40% in apposito capitolo intestato alla Direzione generale per le entrate speciali;

per il 35% in apposito capitolo intestato alla Direzione generale delle imposte dirette;

per il 25% in apposito capitolo intestato alla Direzione generale delle tasse e delle imposte indirette sugli affari, la quale provvederà a ripartire i 18/25 tra i comuni interessati in sostituzione dei diritti erariali loro devoluti a norma dell'art. 2 d. l. 26 marzo 1948, n. 261. Tale ripartizione potrà essere effettuata dalla SIAE secondo le modalità della convenzione stipulata per la riscossione dell'imposta unica. A decorrere dall'esercizio 1966 una parte dei proventi dell'imposta affluisce direttamente alla Regione Sicilia in base al d.P.R. 26 luglio 1965, n. 1074, recante norme di attuazione dello statuto della regione siciliana in materia finanziaria.

Bibl.: F. Capelli, Il monopolio italiano dei tabacchi dopo la fine del periodo transitorio, in Diritto degli scambi internazionali, 1970, p. 259 segg.; G. Mangione, Natura "tributaria" del monopolio dei tabacchi e diritto costituzionale alla libertà di iniziativa economica, in Giur. it., 1973; II, p. 46 segg.; G. Pini, Aspetti dell'armonizzazione fiscale della C.E.E.: una applicazione al settore dei tabacchi manifatturati, in Ras. econ., 1973, p. 1465 segg.; G. Liccardo, voce Lotterie e tombole (diritto tributario), in Noviss. dig. it., vol. IX, 1963, p. 1085; P. Torre, Il giuoco del lotto. Profilo storico dalle origini ai giorni nostri (1576-1963), Roma 1964; id., voce Lotto pubblico, in Noviss. dig. it., vol. IX, 1963, p. 1091; B. Giussani, Concorsi a premi e imposta di R. M., in Riv. dir. fin., 1965, I, p. 722 segg.; B. Tenti, Il giuoco del lotto, in Ras. tasse e imp. dir., 1967, p. 131; S. Carruba, Lotto, lotterie, concorsi a premi: trattamento tributario, in Ras. imp. dir., 1969, p. 655; A. Fantozzi, voce Lotto e lotterie (imposta su), in Encicl. dir., vol. XXV, 1975, p. 39 segg.; F.A. Repaci, L'imposta unica sui giuochi di abilità e sui concorsi pronostici, in Riv. dir. fin., 1952, pp. 201-15; C. Sciacca, voce Giuochi III, Giuochi di abilità e concorsi pronostici (Imposta sui), in Encicl. dir., vol. XVX, 1970.

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