MORTALITÀ INFANTILE

Enciclopedia Italiana - V Appendice (1993)

MORTALITÀ INFANTILE

Marcello Natale

Concetti e criteri di misura. − La m. nel primo periodo della vita, normalmente limitato al primo anno, costituisce da sempre un settore di particolare interesse per i complessi elementi problematici che pone, essendo determinata da un ampio insieme di fattori le cui connessioni fanno variare nel tempo, in maniera profonda, la presenza della morte nella famiglia e nella società.

Il criterio di misura tradizionale rapporta i morti (M) nel primo anno di vita in un dato anno t ai nati vivi (NV) dello stesso anno

Tale misura, a ben guardare, può suscitare qualche perplessità, almeno sul piano formale, in quanto i morti nel primo anno di vita in un dato anno possono derivare anche dai nati vivi dell'anno precedente. In concreto la distorsione che si determina è irrilevante, tranne nel caso di m. particolarmente consistente o in presenza di una forte variazione causata, per es., da un'epidemia.

In ogni caso, per calcolare il quoziente corretto è necessario conoscere in quale proporzione i morti, nel primo anno di vita in un dato anno, provengono dai nati nell'anno e da quelli nell'anno precedente.

La m.i., nel secolo 18° e ancora nella prima metà del 19°, era particolarmente elevata per l'effetto cumulativo di situazioni molto differenziali legate soprattutto a condizioni abitative, di lavoro, e ad abitudini relative all'alimentazione dei bambini (come la durata dell'allattamento e l'uso del baliatico). L'alta frequenza dell'abbandono e della sottoalimentazione sembrano testimoniare la mancanza di un ''sentimento dell'infanzia'' generata da una specie di fatalismo legato alla percezione dell'impossibilità di lottare contro i fattori di morte. A partire dalla seconda metà del 19° secolo inizia in Europa, e anche in altre aree, una fase di forte riduzione, determinata dal graduale miglioramento delle condizioni ambientali, dall'introduzione sistematica della profilassi e dal progresso nella terapia. In tali aree, attualmente, la m. si verifica soprattutto intorno al momento della nascita, poiché la m. nel periodo successivo, che è dovuta essenzialmente a fattori esogeni, è notevolmente contenuta (per i dati relativi all'Italia, v. tab. 2).

L'evoluzione temporale del fenomeno della m.i. ha avuto una portata generale e ha ridotto le distanze tra i singoli paesi; tuttavia, per effetto dei diversi livelli di partenza e del diverso ritmo di diminuzione, la variabilità territoriale è ancora abbastanza elevata. I minimi si registrano nell'Europa centro-settentrionale (6÷7‰) e in Giappone (4‰), i massimi in alcuni paesi dell'Asia e dell'America latina, nei quali un livello superiore al 40‰ è ancora abbastanza frequente (tab. 1).

È comunque da osservare che i confronti territoriali non hanno un rigoroso significato, sia per la diversità dei criteri adottati tra nato vivo e nato morto, sia perché nel caso dei paesi in via di sviluppo i dati disponibili devono essere considerati nei limiti di un'ampia approssimazione. Per quanto concerne l'Italia, i minimi si riscontrano nelle regioni nordorientali, i massimi in Campania e in Sicilia, regioni in cui esistono alcune aree degradate nelle quali la m.i. costituisce tuttora una seria preoccupazione sociale.

Determinanti biologiche e ambientali della mortalità infantile. - I fattori che influiscono sulla m. della prima infanzia sono numerosi e di diverso ordine; s'intrecciano inoltre reciprocamente, rendendo così non facile la distinzione delle cause di fondo. Un fenomeno generalmente accertato è quello della supermortalità nel primo anno nei maschi, variabile al variare del livello stesso del fenomeno. La m.i. varia inoltre al variare del grado di maturità biologica del feto espresso normalmente dal peso alla nascita. Altri fattori biologici sono l'età della madre al parto e l'ordine di nascita. I massimi si riscontrano per le donne di età inferiore ai 20 anni e per i primogeniti; i minimi in corrispondenza dei 25÷30 anni e dei secondogeniti. Infine di notevole rilievo sono il genere del parto (i nati da parti plurimi sono più soggetti a causa della più intensa selezione subita all'atto della nascita) e l'intervallo intergenesico: la m.i. è più elevata al ridursi della distanza tra i parti.

Se alcuni caratteri biologici si riflettono chiaramente in una diversa resistenza dell'organismo del neonato pur essendo connessi a fattori esterni, per altri l'azione dell'ambiente è nettamente prevalente nel determinare o modificare le condizioni nelle quali un neonato viene ad affrontare il primo periodo della vita. Tra tali fattori ambientali sono da considerare: la filiazione (la m.i. è notevolmente più elevata negli illegittimi); il tipo di allattamento (la selezione è più forte nel caso di bambini allattati artificialmente); la dimora urbana e rurale (nel passato era più elevata la m.i. nelle città per effetto del più facile diffondersi del contagio). Infine, particolarmente rilevante risulta la condizione economico-sociale della famiglia, generalmente espressa dal livello d'istruzione della madre, carattere chiaramente correlato in maniera inversa con il livello di m. infantile. L'influenza della classe sociale sembra essere in parte diretta e in parte mediata da fattori di comportamento demografico determinanti condizioni di rischio biologico. Le persone appartenenti a classi sociali più basse mediamente si sposano in età più giovanile, hanno figli a distanza più ravvicinata, e tendono a terminare in età più tarda l'attività riproduttiva.

Prospettive e obiettivi. - Rispetto a un secolo fa si sono fatti enormi progressi nella lotta contro la m.i., in particolare in Italia. Tuttavia, un notevole cammino è ancora da percorrere per raggiungere il livello ottimale di alcuni paesi del Nord-Europa. Ciò può attuarsi sia eliminando il notevole surplus di m.i. che ancora si registra in alcune aree fortemente degradate, sia, e soprattutto, attraverso una politica sanitaria, peraltro già prevista nell'attuale piano nazionale, tesa, attraverso una migliore organizzazione delle risorse esistenti, a un più rigoroso controllo della gravidanza.

Se un miglioramento sensibile è al più presto augurabile in Italia, un progresso notevole e rapido appare indispensabile per diversi paesi all'inizio della fase di sviluppo, paesi nei quali l'alto livello di m.i. costituisce un problema assolutamente non tollerabile dall'attuale società e risolvibile solo attraverso una stretta ed efficace cooperazione internazionale.

Bibl.: J. Bourgeois-Pichat, Analyse de la mortalité infantile, in Bulletin démographique, Nations Unies, 2 (1952); J.-L. Flandrin, L'attitude à l'égard du petit enfant et les conduites sexuelles dans la civilisation occidentale, in Annales de Démographie historique, 1973; A. M. Omran, A century of epidemiologic transition in the United States, in Preventive Medecine, 6 (1977); N. Federici, Istituzioni di demografia, Roma 1979; WHO (World Health Organisation), A WHO report on social and biological effects on perinatal mortality, Ginevra 1979; M. Livi Bacci, Introduzione alla demografia, Torino 1981; A. Klinger, Infant mortality in seven European socialist countries, 1955-1980, UN/WHO/CICRED, Seminar on mortality differentials, Roma 24 maggio/27 maggio 1983; M. Natale, C. M. Gramegna, P. Pasquali, Recenti livelli e caratteristiche della mortalità infantile in Italia: analisi critica dell'informazione e proposte di miglioramento, ISTAT, Collana di informazione, vii, 4 (1983); United Nations, Consequences of mortality trends and differentials, New York 1986; A. Pinnelli, Mortalità feto-infantile e qualità della sopravvivenza, in IRP (Istituto Ricerche Popolazione), Secondo rapporto sulla situazione demografica italiana, novembre 1988; Id., La sopravvivenza infantile, in Demografia e società, a cura di E. Sonnino, Roma 1989.

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