BIANCHI, Mosè

Enciclopedia Italiana (1930)

BIANCHI, Mosè

Arduino Colasanti

Pittore, nato a Monza il 13 ottobre 1840 da Giosuè, modesto ritrattista ed esecutore di pale d'altare, di miniature e di acquerelli; morto a Monza il 15 marzo 1904. Compiuti i primi studî tecnici nel collegio Bosisio, e vinta l'opposizione paterna, nel novembre 1856 fu ammesso all'Accademia di Brera, dove ebbe a maestri lo Schmidt, il Bisi, lo Zimmermann e il Sogni. Durante la campagna del 1859 si arruolò nelle file garibaldine e fece parte di un battaglione di Cacciatori delle Alpi, ma non prese parte a nessun combattimento. Un suo biografo narra che "per la sua indisciplinatezza passò buona parte di quel tempo agli arresti e un'altra parte la occupò riempiendo di schizzi e di caricature foglietti e albums". Finita la guerra, rientrò a Brera e fu per tre anni nella scuola di Giuseppe Bertini, dove ebbe a condiscepolo Tranquillo Cremona. Sono di quel tempo L'arciprete Stefano Guandeca che accusa l'arcivescovo di Milano di sacrilegio (1862) e il Giuramento di Pontida (1863), saggi scolastici che attirarono sul giovanissimo pittore l'attenzione generale, tanto che il primo di essi fu subito acquistato dalla Società di belle arti. Un anno più tardi, licenziato ormai dall'accademia, dipinse per la chiesa di S. Albino presso Monza La comunione di S. Luigi Gonzaga, e, subito dopo, il suo primo quadretto di genere, la Vigilia della sagra (Galleria d'arte moderna di Milano), briosa e vivace scena, nella quale appariscono già tutte le qualità che lo studio e l'esperienza dovevano affinare e maturare. Sembrava che con quel quadro il B. avesse trovata la sua via, ma, nonostante il successo ottenuto, egli se ne allontanò l'anno appresso esponendo a Brera la Signora di Monza e presentandosi al concorso per il pensionato Oggioni con una Visione di Saulle. Ottenuta la pensione, passò due anni fra Venezia e Parigi. Riapparve alle mostre di Brera nel 1868, con due ottimi ritratti e alcune tele minori, e vi trionfò l'anno seguente con una delle sue opere più belle e più note, I fratelli al campo. Oramai la fama dell'artista era assicurata, e la sua produzione larga, ordinata, instancabile la veniva confermando di anno in anno, nel 1870 con la Benedizione delle case (Accademia di Brera, Milano), nel '72 con la Cleopatra (Galleria Durini), nel'74 con un Interno del duomo di Monza (collezioni del re del Belgio) e col Dilettante di musica, nel '79 col Crocifisso e con la Laguna in burrasca a Chioggia, che fu la prima di quella serie di opere che levarono tanto alto il suo nome, così che più tardi, quando qualche critico non avrebbe voluto più permettergli di dipingere altro che marine, esclamava argutamente: "È inutile; sono un Mosè rovinato dalle acque".

Nel 1888 il B. espose a Bologna, insieme con altre tele, Parola di Dio (Galleria nazionale d'arte moderna, Roma) e sette anni più tardi, indotto da circostanze domestiche a passare i mesi dell'autunno in montagna, specialmente a Gignese, sul lago Maggiore, fece oggetto dei suoi studî la vita delle Alpi e dei montanari.

Il Bertini gli aveva insegnato a non dimenticare per l'amore del vero i vecchi maestri, sulla tecnica dei quali egli condusse studî lunghi, pazientissimi e tenaci. Il viaggio che egli compì giovanissimo a Venezia, mettendolo a contatto con i grandi pittori veneti del '700, dal Ricci e dal Tiepolo al Guardi, maturò il suo sano e diritto istinto pittorico, sottraendolo alla suggestione dell'arte minuta, rapida, sfavillante, di un virtuosismo strabiliante, del Fortuny, che egli conobbe a Parigi. Fu saldo disegnatore, compositore disordinato, schiettissimo pittore, succoso, fresco, vario in quel suo cromatismo in cui il colore dei Veneziani riecheggia senza affievolirsi, esperto di ogni segreto dell'arte nel rendere la finezza dell'atmosfera e nel modellare con l'efficacia della pennellata nervosa. Festevole animatore di scenette di vita, paesista dotato di un personale senso della verità e della poesia, largo decoratore negli affreschi della villa Giovanelli a Lonigo, egli interpreta la natura con libero spirito. Fu acquafortista apprezzatissimo.

(V. tavv. CCIX e CCX).

Bibl.: E. Verga, in Thieme-Becker, Künstler-Lexikon, III, Lipsia 1909 (con la bibl. precedente); G. Pisa, Mosè Bianchi, Bergamo 1906; G. Marangoni, Mosè Bianchi, Bergamo s. a.; F. Malaguzzi Valeri, M. B. in una recente pubblicazione, in Cronache d'arte, I (1924), pp. 320-28; A. Colasanti, Catalogo della galleria nazionale di arte moderna, Roma s. a.; U. Ojetti, La pittura dell'Ottocento, Milano 1929.

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